Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27702 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27702 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5120/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di TRIBUNALE BRESCIA n. 10126/2018 depositata il 26/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che :
-l’AVV_NOTAIO proponeva ricorso ex artt. 28 L. 794/1942 e 14 D.lgs. 150/2011 dinanzi al Tribunale di Brescia, deducendo di avere prestato la propria attività in favore della RAGIONE_SOCIALE (di seguito ‘RAGIONE_SOCIALE‘), in numerose vertenze giudiziarie, con mandato conferito unitamente all’AVV_NOTAIO, all’epoca in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con il ricorrente; -deduceva ancora che la RAGIONE_SOCIALE decideva di proseguire l’attività difensiva con il solo AVV_NOTAIO e che, con diverse lettere e raccomandate, aveva sollecitato il pagamento dei compensi alla RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva replicato, a mezzo del RAGIONE_SOCIALE, che tutte le attività difensive erano state dall’AVV_NOTAIO, comunicando l’avvenuto pagamento in favore dello ‘RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIORAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO‘, di cui l’AVV_NOTAIO COGNOME aveva fatto parte sino all’11.04.2017;
-deduceva inoltre di avere invitato la cliente a inviare copia della documentazione relativa ai pagamenti, non ottenendo tuttavia risposta;
-chiedeva, pertanto, l’accertamento del proprio credito e la condanna della RAGIONE_SOCIALE al relativo pagamento;
-il Tribunale di Brescia, con ordinanza del 26.11.2018, respingeva il ricorso, osservando che il ricorrente non «aveva allegato con la dovuta precisione l’attività svolta in favore di parte resistente» ed aggiungeva che la resistente aveva «già pagato allo ‘RAGIONE_SOCIALE le somme qui richieste dallo stesso professionista»;
-per la cassazione della suddetta ordinanza propone ricorso l’AVV_NOTAIO affidato a due motivi, cui ha resistito la RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
-le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
Considerato che :
-i due motivi di ricorso possono così riassumersi:
violazione del principio del contraddittorio: il giudice, laddove ha rilevato che la parte istante non aveva «allegato con la dovuta precisione l’attività svolta a favore della parte resistente, ha effettuato un rilievo ufficioso, che imponeva di assegnare alle parti un termine per memorie, come prescrive l’art. 101, comma 2, c.p.c. ;
il secondo motivo (violazione dell’art. 26 9 7 c.c., dell’art. 74 disp. att. c.p.c., 163, 167 e 702 c.p.c.) pone le seguenti censure: 1. il Tribunale ha dato seguito a un’eccezione di pagamento proposta genericamente, tramite rinvio ai documenti; 2. l’indice dei documenti, al quale la convenuta ha fatto riferimento, è generico e cumulativo; 3. sono stati dati per ammessi fatti che avrebbero dovuto essere provati; 4. il Tribunale non ha tenuto conto della corrispondenza precedente alla lite, in particolare la lettera con la quale si chiedeva alla cliente l’elenco dei pagamenti; 5. la produzione di controparte giustificava la concessione di un termine a difesa o comunque la conversione del rito.
Il primo motivo è infondato:
-l’art. 101, comma 2, c.p.c. si riferisce soltanto alla rilevazione d’ufficio di circostanze modificative del quadro fattuale che non sono state valutate dalle parti (Cass., S.U., n. 30883/2024);
-in tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.c. (nel testo introdotto dall’art. 45, comma 13, della l. n. 69 del 2009), se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali (Cass. n. 6218/2019);
-alla luce di tali principi, il rilievo ufficioso della genericità della domanda non integra questione da sottoporre al preventivo contraddittorio fra le parti;
Il secondo motivo è infondato in tutte le sue articolazioni, come emerge dalla semplice considerazione dei seguenti principi:
-l’eccezione di pagamento ha efficacia estintiva di un rapporto giuridico indipendentemente dal tramite di una manifestazione di volontà della parte, sicché integra un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio dal giudice sulla base degli elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (Cass. n. 41474/2021);
-va da sé, in presenza di eccezione rilevabile d’ufficio, che il problema sollevato con il motivo di ricorso, della genericità della deduzione, non sussiste;
-i documenti si considerano ritualmente prodotti in giudizio quando siano posti nella reale disponibilità dell’ufficio per essere inseriti nel fascicolo di parte, con l’adempimento delle formalità previste dagli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c., in
particolare dell’ultimo comma del citato art. 74, in base al quale il cancelliere, dopo aver controllato la regolarità degli atti, sottoscrive l’indice del fascicolo ogni volta che in esso viene inserito un atto;
-si chiarisce che l’inosservanza delle indicate formalità preclude alla parte la possibilità di utilizzare come fonte di prova documenti irritualmente prodotti, al giudice del merito di esaminarli ed alla Corte di cassazione di prenderli in considerazione in sede di controllo dell’attività da quello svolta, sempreché la controparte legittimata a far valere le irregolarità non abbia, pur avendone preso conoscenza, accettato, anche implicitamente, il deposito della documentazione, dal momento che ove non sussista alcuna tempestiva opposizione alla produzione irrituale (da effettuarsi nella prima istanza o difesa successive all’atto o alla notizia di esso), non è dato apprezzare la violazione del principio del contraddittorio, che le anzidette norme sono dirette ad assicurare (Cass. n. 14661/2019; Cass. n. 5671/2010);
-nella memoria il ricorrente obietta che, nella specie, la mancanza di contestazione in ordine ai modi della produzione non potrebbe comportare accettazione della produzione, perché a fare difetto non era solo la sottoscrizione del difensore, mancando persino l’elenco;
-la distinzione proposta non trova appiglio nei principi di cui sopra e una volta mancato il tempestivo rilievo dell’irritualità della produzione, la preclusione di cui sopra si verifica anche nel caso di documenti prodotti in assenza di specifica indicizzazione (cfr. Cass. n. 15969/2024);
-quanto alla denunziata violazione dell’art. 2697 c.c., si osserva che siffatta violazione è configurabile quale motivo di ricorso per cassazione soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 n. 5 c.p.c.) (Cass. n. 13395/2018);
-sotto tale profilo il motivo, pur sotto l’egida del vizio di violazione di legge o motivazionale, finisce in realtà per sindacare un accertamento di puro fatto, relativo all’esistenza, o no, della prova del pagamento, in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 331/2020; Cass. n. 23055/2024);
-vale la pena ancora ricordare che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. n. 27490/2019);
-infine, l’ulteriore censura mossa con il motivo in esame (riguardante l’ iter procedimentale seguito dal giudice di merito, che avrebbe dovuto disporre il mutamento del rito) si pone in contrasto con orientamento di questa Corte, inaugurato da Cass., S.U., n. 4485/2018, secondo il quale la controversia di cui all’art. 28 della l. n. 794 del 1942, introdotta sia ai sensi dell’art. 702bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta soggetta al rito di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all’ an debeatur . Soltanto qualora il convenuto ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda (riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale) non esorbitante dalla competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 14 d.lgs. cit., la trattazione di quest’ultima dovrà avvenire, ove si presti ad un’istruttoria sommaria, con il rito sommario (congiuntamente a quella proposta ex art. 14 dal professionista) e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena (ed eventualmente con un rito speciale a cognizione piena), previa separazione delle domande. Qualora
la domanda introdotta dal cliente non appartenga, invece, alla competenza del giudice adito, troveranno applicazione gli artt. 34, 35 e 36 c.p.c., che eventualmente possono comportare lo spostamento della competenza sulla domanda, ai sensi dell’art. 14 (Cass. n. 10864/2023);
-le spese seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate in € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME