Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10178 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10178 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29416/2022 R.G., proposto da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, domiciliato come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona della procuratrice speciale NOME COGNOME, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO, domiciliata come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona della procuratrice speciale NOME COGNOME, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO, domiciliata come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente –
Somministrazione
per la cassazione della sentenza n. 5685/2022 della CORTE d’APPELLO di Roma pubblicata il 15.9.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 10.1.2025 dal AVV_NOTAIO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 18.12.2017 il Tribunale di Roma rigettò la domanda di accertamento negativo del credito (successivamente modificata in domanda di ripetizione di indebito per aver nel frattempo l’attore provveduto al pagamento) proposta da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) ed RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) in relazione alla fattura n. 5817981501144 del 9.9.2013 di euro 13.848,39 afferente al bimestre gennaio-febbraio 2013 e al conguaglio dal 3 agosto 2011 al 9 dicembre 2012 per la fornitura di energia elettrica per uso domestico.
Il Tribunale di Roma osservò che era dovuto l’importo rettificato dal venditore a seguito della comunicazione fatta dal distributore, che in data 9.12.2012 aveva dato atto degli ‘effettivi prelievi di energia, effettuando il ricalcolo dei costi e delle altre voci contenute nella bolletta, in relazione ai maggiori consumi giornalieri , e detraendo quanto già corrisposto e non dovuto’ ; che era irrilevante la mancata sottoscrizione del verbale, poiché RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto la fotografia del contatore riportante il consumo al momento della sostituzione, a seguito della segnalazione di un principio di incendio, avvenuta alla presenza dell’attore , il quale non aveva fornito la prova del malfunzionamento; che il principio di incendio occorso il 9.12.2012 non poteva aver influito sulla contabilizzazione dei consumi precedenti, rendendo così non applicabile la regolamentazione contrattuale (art. 15.2.CGC) in materia di ricostruzione dei consumi in caso di guasto del misuratore; che tardiva era l’eccezione di prescrizione sollevata dall’attore nell a prima memoria ex art. 183, comma sesto, cod. proc. civ. e non nella prima udienza di comparizione e trattazione.
La Corte d’Appello di Roma con sentenza pubblicata il 15.9.2022 rigettò l’appello proposto da NOME COGNOME, con l’aggravio delle spese del grado, sulla base dei seguenti rilievi:
-il ricalcolo dei consumi era stato effettuato sulla base del raffronto tra la lettura iniziale al 28.7.2003 e quella finale al 9.12.2012, che smentiva i dati da precedente autolettura o da lettura rilevata (il 6.10.2007 e il 3.8.2011), mentre il ricalcolo del dovuto era stato fatto anche in base ai reclami dell’attore, tanto che erano stati stornati dalla fattura gli importi di euro 1.361,37 e di euro 2.422,08; il dato della lettura al 9.12.2012 (da intendersi Kwh 125.514 trattandosi di misuratore a cinque cifre) era suffragato dalla fotografia del contatore, la cui sostituzione era avvenuta alla presenza dell’attore ;
-posto che la sostituzione del contatore era avvenuta il 9.12.2012 a seguito della segnalazione da parte dell’attore di un principio di incendio e che in precedenza mai era stato segnalato il malfunzionamento dell’apparecchio , correttamente era stato escluso dal primo giudice che il segnalato principio di incendio, che aveva portato alla sostituzione in giornata, potesse avere influito sulla contabilizzazione dei consumi; dal verbale di rimozione del contatore non risultava alcun «guasto» del misuratore e l’espressione «intervento per guasto» doveva intendersi riferita al principio di incendio; dal prospetto allegato da RAGIONE_SOCIALE alla memoria ex art. 183, comma sesto, n. 2, cod. proc. civ. emergeva che i consumi ricalcolati erano sostanzialmente in linea con quelli dei mesi successivi alla sostituzione del contatore (fino al 13.6.2013), mentre erano sensibilmente superiori a quelli contabilizzati, qualora si fosse tenuto conto della lettura al 3.8.2011; i dati del consumo al 13.6.2013 non erano stati contestati dall’attore , il quale avrebbe potuto dimostrare sulla base delle fatture che i dati erano differenti o allegare l’eventu ale loro incremento in epoca successiva al 9.12.2012; l’omessa lettura con cadenza annuale era irrilevante sul piano causale rispetto ai consumi effettivi, poiché il dedotto inadempimento non poteva aver influito sui prelievi
di energia effettuati dall’utente , rimanendo così assorbite le ulteriori istanze, compresa la chiesta C.T.U. sul contatore rimosso;
–RAGIONE_SOCIALE, costituitasi tempestivamente, aveva espressamente dedotto che il credito riguardava il ricalcolo dei consumi a decorrere dal 28.7.2003 , sì che in base all’art. 183 cod. proc. civ. l’attore era tenuto nella prima udienza a proporre le eccezioni conseguenti alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni del convenuto, salvo poi verificare, in corso di causa, il deposito o meno di documentazione a sostegno, sì che era tardiva la proposizione dell’eccezione di prescrizione da parte dell’attore nella pri ma memoria ex art. 183 cod. proc. civ..
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre NOME COGNOME, sulla base di due motivi. Resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ..
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente dichiarata l’improcedibilità del ricorso, oggetto di verifica d’ufficio in ordine alla tempestività dell’impugnazione (v. Cass., sez. 6 -I, 7 giugno 2021, n. 15832), in assenza della produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima (adempimento prescritto dall’art. 369, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ.).
Infatti, nel ricorso si asserisce che la sentenza impugnata è stata notificata a mezzo P.E.C. il 21.10.2022 , ma dall’esame degli atti alla data dell’adunanza risulta depositata soltanto copia autentica della sentenza senza la relata dell’indicata notificazione. La prova di resistenza (v. Cass., sez. 6 -III, 10 luglio 2013, n. 17066) con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza, avvenuta il 15.9.2022, non consente di considerare tempestivo il ricorso calcolando il decorso del temine breve da essa, atteso che il ricorso è stato notificato in data 16 dicembre 2022, mentre il termine è scaduto il 14 novembre 2022.
Sussiste, pertanto, l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ. (v. Cass., Sez. Un., 6 luglio 2022, n. 21349).
Senza sottacersi la relativa inammissibilità per le ragioni di seguito illustrate.
Con il primo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ., la violazione e /o la falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
Sostiene il ricorrente che secondo l’orientamento espresso da questa Corte in materia di contratto di somministrazione, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sì che in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante. Per contro, il ricorrente aveva provato per via documentale non solo gli effettivi consumi, ma anche il malfunzionamento del contatore posto che dall’ultima let tura del 3.8.2011 riportante Kwh 84.156 si era giunti a quella «interpretata» di Kwh 125.514 al 9.12.2012 con consumo nell’arco di 16 mesi di Kwh 41.358, mentre in 8 anni (dal 28.7.2003 al 3.8.2011) i consumi totali erano stati di Kwh 19.604. In questo contesto, il somministrante era gravato dall’onere della prova del corretto funzionamento del contatore, che era stato sostituito «per guasto» in un giorno festivo (il 9.12.2012 cadeva di domenica).
Erroneamente, la Corte d’appello non aveva considerato che nella memoria ex art. 183, comma sesto, n. 3, cod. proc. civ. aveva contestato i prospetti dei consumi prodotti da RAGIONE_SOCIALE, allegando le fatture del periodo successivo al guasto, da cui si riscontravano, non un incremento, ma consumi coerenti alla sostituzione del contatore .
Premesso che i consumi relativi al periodo precedente la sostituzione del contatore erano provati dalle letture effettive fatte dall’operatore incari cato, il corretto funzionamento del misuratore non emergeva dal verbale di sostituzione. L’errore in punto di distribuzione dell’onere della prova aveva determinato anche la violazione dell’art. 15.2 delle condizioni generali di contratto, in base al quale ‘Se il momento del guasto o della rottura del contatore non è determinabile, il fornitore provvederà alla ricostruzione dei consumi per un periodo non superiore
a 365 giorni precedenti la data di esecuzione della verifica e per l’ulteriore periodo compreso tra la verifica e quello di sostituzione o riparazione del contatore’ .
3.1. Il motivo primariamente non indica la motivazione oggetto di critica, così delegando inammissibilmente questa Corte ad individuare a che cosa dovrebbe riferirsi la riferita censura dell’art. 2697 cod. civ. , mentre è onere del ricorrente provvedervi, atteso che per svolgere qualsiasi motivo di impugnazione, che si correli alla motivazione della decisione impugnata, è necessario identificare quest’ultima.
In secondo luogo si deve osservare che secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313). In altri termini, non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle. Compito, quest’ultimo, al quale il ricorrente non ha ottemperato non formulando in modo debito una censura della motivazione, che, come già detto, non ha neanche compiutamente indicato, in relazione allo sviluppo argomentativo legato alla pretesa violazione dell’art. 2967 cod. civ. da parte della Corte d’appello .
A ciò s’aggiunga che il ricorrente ha richiamato solo una parte della motivazione resa dalla Corte d’appello in relazione al secondo motivo d’appello, segnatamente quella riportata a pagina 6, ultimo capoverso, peraltro formulando una censura che non scalfisce quanto sostenuto dalla Corte d’appello a proposito
della non contestazione del prospetto dei consumi allegato da RAGIONE_SOCIALE alla memoria ex art. 183, comma sesto, n. 2, cod. proc. civ.
In particolare, scrive la Corte d’appello, ‘i dati di consumo al 13.6.2013, indicati nel prospetto, non sono stati oggetto di contestazione da parte del COGNOME, che pure avrebbe potuto agevolmente dimostrare, sulla base delle fatture, che i dati erano differenti o allegare la eventuale ragione per la quale i consumi, dopo il 9.12.2012, avevano subito un sensibile incremento ‘ . Al riguardo, il ricorrente ha dedotto di aver contestato nel corso del giudizio di primo grado i prospetti di ricostruzione dei consumi di RAGIONE_SOCIALE depositati con la memoria ex art. 183, comma sesto, n. 2, cod. proc. civ. , perché ‘con la memoria ex art. 183 n. 3 c.p.c. , cui venivano allegate, tra l’altro le fatture del 2013, 2014 e 2015 … contesta va quanto sostenuto e depositato da controparte con il secondo termine, allegando le fatture del periodo successivo al guasto da cui si riscontrava, non un incremento come erroneamente sostenuto dalla Corte d’appello, ma consumi coerenti alla sostituzione del contatore’ (v. ricorso pag. 17 ultimo capoverso).
In disparte il rilievo che il ricorrente in violazione dell’art. art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ. omette di provvedere alla riproduzione dell’atto processuale su cui poggia la sua censura ed alla relativa localizzazione, al fine di consentire l’esame nella presente sede, la svolta censura corrobora quanto sostenuto dalla Corte d’appello, ossia che nel periodo successivo al 9.12.2012 non si era verificato un incremento dei consumi e che i consumi ricalcolati erano in linea con quelli registrati nei mesi successivi alla sostituzione fino al 13.6.2013.
3.2. Ad ogni modo il ricorrente non si è confrontato con la ratio decidendi enunciata dalla Corte d’appello nella parte iniziale di pagina 6 : ‘[…] il primo giudice con ragionamento aderente alla prospettazione di parte attrice e alle risultanze in atti , ha evidenziato che il COGNOME, lungi dall’aver richiesto la verifica per il malfunzionamento del gruppo di misura relativamente all’annotazione dei consumi, ha chiesto l’intervento dei tecnici denunciando un principio di incendio . È pacifico, oltre che provato, che il 9.12.2012, il COGNOME aveva segnalato un «guasto» al fornitore, consistente in un principio di incendio al misuratore, e che
in pari data era intervenuto il tecnico del Distributore e aveva sostituito il misuratore con altro di nuova generazione (con lettura da remoto). Tali risultanze escludono che fosse stata segnalata una anomalia in merito alla registrazione dei dati di misura da parte del contatore, che, quale strumento deputato alla misurazione dei consumi, è stato accettato consensualmente dai contraenti quale meccanismo di contabilizzazione ‘. Di qui la corretta valutazione operata dal primo giudice secondo cui, in assenza di precedenti segnalazioni di anomalie, il principio di incendio denunciato il 9.12.2012 con immediata sostituzione del contatore non potesse aver influito sulla contabilizzazione dei consumi precedenti difettando in modo evidente il collegamento eziologico , aggiungendo la Corte d’appello che l’espressione «intervento per guasto» presente nel verbale di rimozione del contatore doveva intendersi riferita al segnalato principio di incendio. Solo nella memoria presentata in occasione dell’adunanza ai sensi dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ, il ricorrente ha prospettato di essersi ‘ rifiutato di sottoscrivere il verbale di rimozione, poiché contestava la lettura del contatore ‘ ed ha richiamato, a sostegno delle proprie doglianze , ‘ oltre a tutte le lettere di contestazione in atti (Cfr. all.4, 5, 9, 11 atto di citazione) ‘ (pagina 2 della memoria).
Il ricorrente, inoltre, non ha censurato la motivazione enunciata dalla Corte d’appello a pagina 4 e s. in relazione al primo motivo d’appello , là dove si riferisce che la rettificazione di consumi fu effettuata sulla base del raffronto tra la lettura iniziale al 28.7.2003 e quella finale, ‘che smentiva i precedenti dati di misura da autolettura o da lettura rilevate (il 610.2007 e il 3.8.2011), sicché è stato necessario rettificare i calcoli dei consumi e i relativi importi ‘.
Da tanto discende la violazione del consolidato principio secondo cui ‘il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata
e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.’ (v. Cass., sez. un., 5 agosto 2016, n. 16598; 3 novembre 2017, n. 22226; 20 marzo 2017, n. 7074, in motivazione, non massimate sul punto; v., da ultima, Cass., sez. III, 12 gennaio 2024, n. 1341).
Con il secondo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 183 cod. proc. civ. in relazione all ‘eccezione di prescrizione.
Lamenta il ricorrente che in occasione della prima udienza non sarebbe stato possibile formulare l’eccezione di prescrizione poiché RAGIONE_SOCIALE, che aveva emesso la fattura, non si era ancora costituita, tanto da essere dichiarata contumace, mentre RAGIONE_SOCIALE nulla aveva allegato alla comparsa di costituzione circa l’asserito credito.
4.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
Quando sia denunciato un error in procedendo , tale è il caso di specie, poiché la censura investe la violazione dell’art. 183 cod. proc. civ. in relazione agli oneri gravanti sull’attore in occasione della prima udienza di comparizione e trattazione ed alla possibilità di ampliamento del thema decidendum con la prima memoria, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ‘ex officio’, è necessa rio che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di specificità del ricorso ex art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ., tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione
processuale (v., Cass. 2 febbraio 2017, n. 2771; 4 marzo 2005, n. 4741; 23 gennaio 2004, n. 1170).
Infatti, al fine del rispetto del principio di specificità, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma primo, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34469 e ribadito più di recente da Cass., sez. III, 1° luglio 2021, n. 18695).
ll ricorrente, in relazione all’affermata tardività dell’eccezione di prescrizione, prospetta che in occasione della prima udienza non sarebbe stato possibile formularla poiché RAGIONE_SOCIALE, che aveva emesso la fattura, non si era ancora costituita, tanto da essere dichiarata contumace, mentre RAGIONE_SOCIALE nulla aveva allegato alla comparsa di costituzione circa l’asserito credito. Sennonché, il ricorrente non ha documentato il momento in cui è avvenuta la costituzione di RAGIONE_SOCIALE e non ha riprodotto il tenore delle difese RAGIONE_SOCIALE, ma si è limitato a riferire, come già detto, che ‘RAGIONE_SOCIALE nulla aveva allegato alla comparsa di costituzione e risposta circa l’asserito credito’ .
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo in favore
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato improcedibile. di ciascuna delle controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso improcedibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in complessivi euro 2.800,00, di cui euro 2.600,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte