Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30346 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30346 Anno 2024
Presidente: CONDELLO NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12253/2020 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, domiciliata presso l’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO (EMAIL), che la rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al controricorso.
–
contro
ricorrente – nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso.
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 9418/2019 depositata il 24/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/09/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME NOME conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, RAGIONE_SOCIALE, affermando che questa le aveva sostituito il contatore in sua assenza e che a seguito della sostituzione le era pervenuta una fattura indicante una somma sproporzionata, tenuto conto che l’immobile al quale la fornitura afferiva era rimasto chiuso e disabitato per molti anni. Chiedeva pertanto dichiararsi non dovuta la somma di cui alla fattura e la condanna di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni materiali ed esistenziali conseguenti alla sua condotta colposa.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE, resistendo e spiegando domanda riconvenzionale volta alla condanna dell’NOME al pagamento della somma portata dalla fattura; chiedeva inoltre chiamarsi in giudizio RAGIONE_SOCIALE, che si costituiva successivamente in causa.
1.1. Con sentenza n. 31716 del 2015 il Giudice di Pace di Napoli accertava che NOME non era tenuta al pagamento della fattura in contestazione, rigettava la domanda di risarcimento e la domanda riconvenzionale e condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE proponeva appello principale ed RAGIONE_SOCIALE spiegava appello incidentale.
2.1. Con sentenza n. 9418 del 24 ottobre 2019 il Tribunale di Napoli
accoglieva l’appello principale , e pertanto rigettava la domanda proposta da COGNOME NOME, ed accoglieva altresì l’appello incidentale, dunque pervenendo a condannare l’NOME al pagamento della somma di cui alla fattura, a compensare le spese del primo grado di giudizio ed a condannare l’appellata a rimborsare a RAGIONE_SOCIALE ed a RAGIONE_SOCIALE le spese del secondo grado di giudizio.
In particolare, il Tribunale, sul rilievo dell’esistenza dell’interesse ad impugnare anche di RAGIONE_SOCIALE, poiché la sentenza di primo grado aveva evidenziato errori di calcolo dei consumi addebitabili alla stessa, riteneva che il giudice di primo grado avesse errato nel valutare gli oneri probatori a carico delle parti, dato che le parti appellanti, in via principale ed in via incidentale, avevano dato idonea prova dei risultati della misurazione del contatore e dunque dell’ammontare dei consumi, senza che l’appellata NOME contestasse alcunché.
Affermava, inoltre, il Tribunale che non vi era alcun obbligo da parte dell’RAGIONE_SOCIALE di fotografare il contatore al momento della sostituzione e che, in ogni caso, alla sostituzione era presente il marito dell’RAGIONE_SOCIALE, che aveva firmato il verbale di sostituzione, contenente anche le misurazioni ed i rilievi dei consumi, senza contestazione alcuna.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
Resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ., prima della quale la sola RAGIONE_SOCIALE depositava memoria illustrativa.
All’esito dell’adunanza camerale il Collegio emetteva ordinanza interlocutoria del 21 giugno 2023, con cui rilevava ‘che questa Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 11111 del 27/4/2023, all’esito della camera di consiglio del 29/3/2023, ha rimesso a l Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, oggetto di contrasto nella giurisprudenza delle Sezioni semplici, se il cd. travisamento della prova –
inteso come errore di percezione che sia caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della stessa -sia denunciabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (sempre che investa una circostanza che abbia formato oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere di decisività), ovvero sia invocabile unicamente come motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. La decisione sul quarto motivo di ricorso proposto dalla ricorrente dipende palesemente dalla soluzione, in un senso o nell’altro, del contrasto di orientamenti sviluppatosi nella giurisprudenza di questa Corte’ e pertanto rinviava il ricorso a nuovo ruolo, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite.
Il ricorso è stato nuovamente avviato alla adunanza camerale.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Parte ricorrente e la resistente RAGIONE_SOCIALE hanno depositato rispettive memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 100, 342, 343 e 345 cod. proc. civ.
La ricorrente lamenta l’inammissibilità di entrambi gli appelli spiegati: dell’appello principale di RAGIONE_SOCIALE, perché non avrebbe avuto interesse ad impugnare, dato che – diversamente da come erroneamente aveva sostenuto il giudice di primo grado – non era affatto subentrata ad RAGIONE_SOCIALE; dell’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE perché proposto tardivamente.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Devesi al riguardo richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale ‹‹ Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne
la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo››. Ne deriva, pertanto, in riferimento al ricorso per Cassazione, che ‹‹tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.›› (v. da ultimo Cass., sez. 3, 12/01/2024, n. 1341, che richiama Cass., 11/01/2005, n. 359; Cass., Sez. Un., 20/03/2017, n. 7074, in motivazione, non massimata sul punto; Cass., 05/08/2016, n. 16598; Cass., 03/11/2016, n. 22226; Cass. 15/04/2021, n. 9951; Cass., 05/07/2019, n. 18066; Cass., 13/03/2009, n. 6184; Cass., 10/03/2006, n. 5244; Cass., 04/03/2005, n. 4741).
Orbene, nel caso di specie il motivo non risulta correlato alla motivazione dell’impugnata sentenza.
Nel riconoscere il suo interesse ad impugnare, infatti, il giudice d’appello non ha -diversamente da quanto prospetta la ricorrente -argomentato in riferimento all’essere RAGIONE_SOCIALE ‘subentrata’ ad RAGIONE_SOCIALE, bensì sul diverso rilievo per cui era RAGIONE_SOCIALE ad essere competente per le misurazioni e che la sentenza di primo grado aveva evidenziato che gli errori di rilevazione o di trascrizione dei consumi, che rendevano indebite le somme fatturate all’utente NOME, erano add ebitabili proprio ad RAGIONE_SOCIALE, in quanto competente per le misurazioni, tant’è che la medesima veniva considerata soccombente e condannata alla rifusione delle spese processuali.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. e la nullità della sentenza in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.
Deduce che il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere assolto da RAGIONE_SOCIALE l’onere della prova di aver correttamente rilevato i consumi, sulla base della mera produzione della fattura.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge che il giudice d’appello:
ha anzitutto ribadito il principio per cui l’onere della prova del funzionamento del contatore incombe al gestore, dunque facendo buon governo dell’art. 2697 cod. civ. secondo g li insegnamenti di questa Suprema Corte (Cass., sez. 3, 22/11/2016, n. 23699; Cass., sez. 3, 19/07/2018, n. 19154; Cass., sez. 3, 21/05/2019, n. 13605; Cass., sez. 6 -3, 09/01/2020, n. 297; Cass., sez. 3, 16/11/2021, n. 34701; Cass., sez. 3, 09/08/2023, n. 28984) ed ha altresì correttamente affermato che, avendo l’RAGIONE_SOCIALE spiegato domanda riconvenzionale per conseguire il credito negato dalla controparte, su di essa RAGIONE_SOCIALE gravava l’onere della prova della corrispondenza tra le risultanze del contatore ed il dato inserito in fattura; b) non ha affatto considerato quale unico elemento probatorio la fattura, bensì l’ultima lettura in essa riportata nel confronto con quanto rilevato nel rapporto di sostituzione del contatore depositato da RAGIONE_SOCIALE, non contestato dalla utente RAGIONE_SOCIALE; c) ha infine ritenuto che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse assolto al proprio onere della prova sulla base della valutazione di questo complessivo compendio probatorio (v. p. 8 dell’impugnata sentenza).
L’errata trascrizione delle misurazioni e dei rilievi di consumo doveva invece essere provata dalla utente NOME COGNOME, ora ricorrente, che agiva per l’accertamento negativo del proprio debito, prospettato come eccessivo, e che, secondo consolidato orientamento di legittimità, avrebbe potuto fornire la prova o mediante la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (Cass., 11/01/2017, n. 500; Cass., 13/06/2013, n. 14854; Cass. 11/01/2007, n. 384; Cass. 13/12/2004, n. 23229).
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza in relazione all’art . 115 cod. proc. civ. ed ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 , cod. proc. civ. e in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ed ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 , cod. proc. civ. e omessa valutazione di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 , cod. proc. civ., con riferimento alla parte di motivazione attinente all’impugnazione principale.
Lamenta che il giudice di appello sarebbe incorso in erronea percezione, in relazione al documento prodotto dall’appellante principale, circa i dati delle letture dei consumi, e lo avrebbe anche erroneamente ritenuto non contestato. Rileva inoltre che il giudice di appello per un verso avrebbe omesso di considerare che il documento prodotto dall’appellante RAGIONE_SOCIALE era di sua provenienza unilaterale, mentre, per altro verso, avrebbe omesso di valutare le comunicazioni delle letture dei consumi provenienti da essa stessa utente, costituite -come sempre sostenuto in giudizio -da quattro cifre oltre ad un decimale e non da cinque cifre, come invece affermato da RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Il motivo è inammissibile, per plurime ragioni.
In primo luogo, non risulta correlato alla motivazione dell’impugnata sentenza, che sul punto ha espressamente motivato che tutte le letture dei consumi, acquisite gli atti, risultavano a cinque cifre (v. p. 8 ove si puntualizza: ‘e tanto si desume dalla s cheda riepilogativa dei dati della fornitura, depositata da RAGIONE_SOCIALE (documento non contestato dall’attrice). Nella detta scheda risultano a cinque cifre anche le letture comunicate dal cliente ‘ ).
Inoltre, evoca un comportamento di contestazione di essa ricorrente, in allora parte appellata, che sarebbe avvenuto ‘in corso di causa, a verbale e negli scritti difensivi (verbale udienza 10/12/204)’, salvo poi sostenere che ‘la contestazione è in re ipsa nella domanda giudiziale di accertamento negativo’; il motivo ha dunque contenuto assertivo e generico e, in patente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., omette di trascrivere il contenuto del verbale e degli scritti invocati e non specificare, se, dove e quando nel contesto processuale la contestazione sia avvenuta.
Costituisce consolidato orientamento di legittimità (cfr. Cass., Sez. Un., 02/12/2008, n. 28547; Cass., Sez. Un., 29/04/2009, n. 9941; Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469) che, quando l’illustrazione di un motivo di ricorso si fonda su documenti e/o atti processuali, è necessario, per soddisfare i
contenuti prescrittivi dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., che: a) ne venga trascritto direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, o, come sarebbe stato possibile in alternativa, lo si riproduca indirettamente indicando la parte del documento o dell’atto, in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione; b) venga indicata la sede del giudizio di merito in cui il documento venne prodotto o l’atto ebbe a formarsi; c) venga indicata la sede in cui nel giudizio di legittimità il documento, in quanto prodotto (ai diversi effetti dell’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.), se nella disponibilità, sarebbe esaminabile dalla Corte, ovvero, sempre in quanto prodotto, se esaminabile in copia, se trattasi di documento della controparte; d) venga specificamente indicata la sua presenza nel fascicolo d’ufficio (come ammette Cass., Sez. Un., 03/11/2011, n. 22716).
Il novellato art. 366 cod. proc. civ. -anche interpretato in modo non formalistico, alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 (Cass. S.U. 18 marzo 2022, n. 8950) – richiede la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, al fine di realizzare l’assoluta precisa delimitazione del thema decidendum , attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di esorbitare dall’ambito dei quesiti che gli vengono sottoposti e di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente. Né può ritenersi sufficiente la generica indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (v. Cass., Sez. Un., 31/10/2007, n. n. 23019).
Infine, privo di pregio è il rilievo per cui nel caso di specie la contestazione delle pretese creditorie di RAGIONE_SOCIALE sarebbe in re ipsa , dato che l’utente ha proposto azione di accertamento negativo del suo debito per la fornitura: si desume infatti dall’art. 115 cod. proc. civ. (‘ salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita ‘) che la contestazion e deve essere specifica e riguardare fatti specifici, cioè i fatti costitutivi e giustificativi ex adverso allegati a sostegno
della domanda (v. Cass., 26/11/2020, n. 26908), mentre la mera negazione di un fatto , come l’affermazione che di quel fatto manca la prova, equivale a contestazione generica (così Cass., 27/08/2020, n. 17889).
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1559, 1398 e 1399 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 , cod. proc. civ. e nullità della sentenza, in relazione all’art. 115 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. e pone questione di travisamento della prova , affermando che il giudice d’appello ha dato per certa la sottoscrizione del verbale di sostituzione del contatore da parte del marito della ricorrente, senza tener conto del disconoscimento intervenuto nel corso del giudizio di primo grado.
Premesso che in tema di travisamento della prova le Sezioni Unite di questa Suprema Corte si sono pronunciate con sentenza 5 marzo 2024, n. 5792 -ponendo il seguente principio di diritto: ‹‹Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in conc orso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4), c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4) e 5), cod. proc. civ., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale›› il motivo è inammissibile, per le ragioni che seguono.
La ricorrente lamenta la mancata considerazione, da parte della corte di merito, del disconoscimento della sottoscrizione, apposta al verbale di sostituzione del contatore, che sarebbe avvenuto nel corso del giudizio di primo grado da parte di essa NOME COGNOME.
Orbene, ammesso e non concesso che tale disconoscimento possa avere giuridica rilevanza, posto che l’art. 214 cod. proc. civ. parla di disconoscimento della ‘propria’ scrittura o sottoscrizione, mentre risulta dagli atti che la
sottoscrizione è stata apposta non dalla odierna ricorrente, bensì dal di lei coniuge, di tale preteso disconoscimento la sentenza di appello non fa menzione alcuna; né la ricorrente precisa se nei motivi di gravame avesse prospettato la questione, censurando sotto tale profilo la sentenza di primo grado.
Il motivo risulta pertanto dedotto e formulato in patente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. (v. la recente Cass., 01/07/2024, n. 18018: ‹‹ In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel ” thema decidendum ” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio ›› ; quale precedente conforme, v. Cass., 09/08/2018, n. 20694).
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Lamenta, come già nel secondo motivo, che incombeva sulle appellanti RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE provare la correttezza della misurazione e che il giudice di appello, non tenendo conto di ciò, ha fatto malgoverno della regola di riparto de ll’onere della prova.
Il motivo è infondato, per le stesse ragioni svolte in sede di scrutinio del secondo motivo.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. per omessa motivazione, violazione del diritto di difesa, manifesta illogicità della motivazione ed omesso esame delle istanze istruttorie.
Lamenta che il giudice d’appello avrebbe errato, dal momento che, per un verso, avrebbe del tutto omesso di considerare le istanze istruttorie formulate da essa appellata, in allora attrice, nel giudizio di primo grado ed
espressamente rinnovate nella comparsa di costituzione in appello e, per altro verso, avrebbe ritenuto che essa ricorrente, in allora appellata, non avesse assolto all’onere della prova in ordine alla proposta domanda di accertamento negativo del debito.
6.1. Il motivo è infondato.
6.2. Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che il giudice d’appello ha ritenuto sussistente la pretesa creditoria di RAGIONE_SOCIALE, rigettando invece la domanda di accertamento negativo dell’NOME, ‘sulla base delle risultanze istruttorie (di natura documentale) acquisite al presente giudizio’ (v. p. 7 della sentenza impugnata).
Aggiungasi, come già rilevato a proposito del secondo e del quinto motivo, che il giudice di appello, dopo aver posto correttamente a carico del gestore l’onere della prova della corrispondenza tra le risultanze del contatore ed il dato inserito in fattura, ha rilevato che il gestore lo aveva assolto, con la conseguenza di ritenere dovuta la somma da parte dell’utente RAGIONE_SOCIALE, la quale, da parte sua, nessuna idonea prova contraria aveva invece fornito (v. p. 10: ‘a fronte della documentazione depositata dall a convenuta e dalla terza chiamata, nessuna prova aveva invece offerto l’attrice a sostegno delle domande avanzate’).
Orbene, il giudice di appello non ha omesso di pronunciare sulle istanze di prova testimoniale dedotte dalla NOME, ma, nel motivato esercizio del suo potere di prudente apprezzamento della prova, ha ritenuto decisive le risultanze della prova documentale offerta da controparte, anche sottolineando che dalla scheda riepilogativa dei dati della fornitura, depositata da RAGIONE_SOCIALE, documento non contestato dall’attrice, risultavano a cinque cifre anche le letture comunicate dal cliente (v. p. 8 dell’impugnata sentenza).
A fronte di tale motivata valutazione, la ricorrente si limita qui a censurare la mancata ammissione della prova orale da lei dedotta sin dal primo grado, senza tuttavia prospettare le ragioni della sua decisività.
Questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che ‹‹Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi
istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimi tà un controllo sulla decisività delle prove›› (v. tra le tante, Cass., 04/10/2017, n. 23194). Tale onere non risulta assolto dall’odierna ricorrente che si limita a contrapporre una propria diversa ricostruzione del fatto ed una diversa valutazione della prova, in tal modo formulando una censura esulante dai limiti posti dal novellato n. 5 dell’art . 360 cod. proc. civ. (v. Cass., Sez. Un., n. 8053 e 8054 del 2014).
È infatti consolidato il generale principio di diritto secondo cui l’apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento. Sono infatti riservate al Giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta tra le risultanze probatorie di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, per cui è insindacabile, in sede di legittimità, il “peso” dei singoli elementi probatori, in base al quale il Giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, (Cass. n. 1359 del 2014; Cass. n. 16716 del 2013; Cass. n. 1554 del 2004).
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia omessa valutazione di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.
Lamenta che il giudice d’appello, nell’accogliere l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che la domanda di accertamento negativo del debito per la fornitura fosse sfornita di prova ed ha omesso di considerare la prova documentale offerta dalla allora attrice, ora ricorrente, in primo grado.
7.1. Il motivo è inammissibile.
7.2. Contiene un mero elenco della documentazione prodotta dall’attrice in primo grado, ed altresì menziona la p. 5 della comparsa di costituzione in appello, in cui sarebbe stata prospettata la rilevanza e la decisività dei documenti; tuttavia, omette di trascriverne, come pure di riportarne, almeno indirettamente, il contenuto, con conseguente violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di co ntributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione