Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6959 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6959 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8160/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale p.t,. NOME COGNOME, COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella qualità di soci della RAGIONE_SOCIALE, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende;
-ricorrenti-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 2291/2020 depositata il 18/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato in fatto che
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 2291/2020, resa pubblica in data 18/09/2020, ha rigettato l’appello proposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 160/20180 che aveva dichiarato l’inefficacia del decreto n. 27530/2014 con cui era stato loro ingiunto il pagamento, a favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 76.168,23 per omesso pagamento di fatture relative alla fornitura di energia elettrica alla RAGIONE_SOCIALE , aveva dichiarato la carenza di legittimazione attiva di NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e condannato la RAGIONE_SOCIALE a pagare a RAGIONE_SOCIALE la somma ingiunta, oltre agli interessi ex d.lgs. n. 231/2002;
segnatamente la Corte territoriale, ai fini che ancorano qui interessano, ha rilevato che il credito azionato in INDIRIZZO monitoria era basato sull’estratto notarile dei libri contabili, sulle fatture insolute di conguaglio e sulle fatture di rettifica emesse da RAGIONE_SOCIALE, che RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto il contratto di somministrazione stipulato in data 22 maggio 2007, un prospetto riepilogativo dei consumi cui si riferivano le due fatture monitoriamente azionate nonché tutte le fatture emesse per il periodo di contestazione con il dettaglio dei consumi e che quindi era stata dimostrata la corrispondenza tra le fatture di RAGIONE_SOCIALE e quelle di RAGIONE_SOCIALE e l’effettiva erogazione di energia elettrica, per il periodo di riferimento, alla RAGIONE_SOCIALE; ha escluso che la RAGIONE_SOCIALE avesse dimostrato di avere ricevuto la corrente
elettrica per il periodo agosto 2007-maggio 2009 da altri fornitori nonchè di aver provato la minore fatturazione a seguito della sostituzione del contatore;
RAGIONE_SOCIALE, NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano, formulando un solo motivo;
resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Considerato che
I ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ. nonché la violazione dell’art. 115 cod.proc.civ.;
in particolare, ritengono prescritto, ex art. 2948 n. 4 cod.civ., il credito posto a base del decreto ingiuntivo in quanto le fatture sulla base delle quali era stato emesso si riferivano al 2007-2009, e l’unico atto interruttivo, la notificazione del decreto ingiuntivo, era del 12 novembre 2014; lamentano di avere eccepito detta prescrizione, ma che la Corte d’appello non si sarebbe pronunciata; aggiungono che con perizia giurata depositata agli atti e non contestata era stata censurata la contabilizzazione dei consumi e che, pertanto, spettava a RAGIONE_SOCIALE dimostrare che il contatore fosse perfettamente funzionante;
il motivo è, in parte, inammissibile, in parte, infondato;
è inammissibile perché:
affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente e inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronuncia si sia resa necessaria e ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente
ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis , la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi; ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 cod.proc.civ., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di ” error in procedendo ” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente -per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere a una loro autonoma ricerca, ma solo a una verifica degli stessi ( ex multis cfr. Cass . 05/08/2019, n. 20924);
ii) l’onere di contestazione per la parte attiene alle circostanze di fatto (Cass. 21/4/2016, n. 12748; Cass. 6/04/2016, n. 6606); la perizia di parte non è che un’opinione che la parte contro cui viene prodotta non ha alcun onere di contestare (Cass. 22/05/2014), n.11349), perché ciò che attiene alla componente valutativa è sottratto al principio di non contestazione (Cass. 28/09/2016, n. 19181; Cass. 21/12/2017, n.30744);
1.1) è infondata, invece, la censura con cui i ricorrenti deducono che la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una presunzione semplice di veridicità, sicché in caso di contestazione grava sul somministrante dimostrare che il contatore è perfettamente funzionante;
è vero che questa Corte ha ripetutamente affermato che la fattura emessa dal somministrante non costituisce prova dell’esistenza del credito, tale affermazione si deve “coordinare, nel caso di contratti di somministrazione di utenze in cui i consumi sono contabilizzati mediante un contatore, con il valore di attendibilità riconosciuto dall’ordinamento al sistema di lettura a contatore” (così, in motivazione, tra le altre Cass. 22/11/2016, n. 23699);
“il contatore, quale strumento deputato alla misurazione dei consumi, è stato accettato consensualmente dai contraenti come meccanismo di contabilizzazione”, sicché, “di fronte alla pretesa creditoria” avanzata dal somministrante “è l’utente che deve dimostrare che l’inadempimento non è a lui imputabile, ai sensi dell’art. 1218 c.c.” (così, in motivazione, Cass. 21/05/2019, n. 13605; Cass. 9/01/2020, n. 297); nondimeno, “l’obbligo del gestore di effettuare gli addebiti” a carico dell’utente “sulla base delle indicazioni del contatore”, evidentemente, “non si può risolvere in un privilegio probatorio fondato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, sicché l’utente conserva il relativo diritto di contestazione e il gestore è tenuto a dimostrare il corretto funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta”, con la conseguenza, dunque, che “la rilevazione dei consumi è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità”; ne deriva, dunque, un sistema in cui “grava sul somministrante l’onere di provare che il sistema di rilevazione dei consumi (il contatore) fosse perfettamente funzionante, mentre grava sul fruitore l’onere di provare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo”, essendo tale riparto degli oneri probatori un precipitato del principio della “vicinanza della prova”, in ragione del fatto che “le disfunzioni dello strumento dipendono da guasti per lo più occulti e che comunque comportano verifiche tecniche non eseguibili dal
debitore sprovvisto delle necessarie competenze” ( Cass. n. 13605/2019, cit.);
tale regola sul riparto dell’onere della prova presuppone che l’utente contesti il funzionamento del contatore;
non risulta nondimeno che i ricorrenti abbiano formulato tale contestazione né essa poteva dedursi dall’allegazione fatta in primo grado circa l’abnormità dei consumi; infatti, vi era stata sì una denuncia per asserita manomissione del contatore mossa da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, ma, a seguito degli accertamenti condotti, non era emersa alcuna alterazione né manomissione del contatore (p. 9 del ricorso);
oggetto di contestazione era stata l’anomalia dei consumi, la quale poteva derivare da una perdita, da un guasto di altro genere; era invocato semplicemente l’anomalo andamento dei consumi, da cui non poteva con verosimiglianza ricavarsi che la causa fosse il malfunzionamento del contatore; viene dunque meno la premessa su cui i ricorrenti basano la loro censura, cioè la contestazione del malfunzionamento del contatore;
non v’è stata, dunque, violazione della regola di giudizio, da parte della Corte di merito, sul punto del riparto dell’onere probatorio, bensì l’applicazione di una regola diversa da quella postulata dai ricorrenti ed adeguata al caso concreto (Cass. 17/11/2021, n. 34787);
non può infine sottacersi, quanto alla doglianza relativa alla prescrizione di <>, che la stessa risulta formulata in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c. là dove i ricorrenti non riportano debitamente nel ricorso gli atti e i documenti del giudizio di merito su cui risulta fondata, oltre a prospettare inammissibili profili di novità ( cfr. Cass., 22/7/2005, n. 15422 );
2) il ricorso è, dunque, infondato;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.800,00, di cui euro 5.600,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.pr. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 9/01/2024 dalla Terza