Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4198 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4198 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1335/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’ AVV_NOTAIO (EMAIL) -ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata n INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO. COGNOME NOME (EMAIL) -controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO. COGNOME AVV_NOTAIO (EMAIL), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al controricorso. -controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 6824/2022 depositata il 28/10/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 6824/2022 del 28 ottobre 2022 della Corte d’Appello di Roma , di rigetto del l’appello e conferma della sentenza n. 1080/2018 con cui il Tribunale di Cassino ha respinto la domanda di accertamento dell’inesistenza del credito per consumi di energia elettrica.
Resistono con distinti controricorsi RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia <>.
Censura la decisione della Corte di Appello di Roma nella
parte in cui ha rigettato la sua domanda di accertamento negativo dei consumi che le sono stati addebitati da RAGIONE_SOCIALE, erroneamente applicando la regola di riparto degli oneri probatori ed omettendo di considerare che né la società fornitrice né la società erogatrice dell’energia elettrica avevano assolto al proprio onere di provare i consumi effettivi di essa RAGIONE_SOCIALE nel periodo in contestazione.
Con il secondo motivo denuncia <>.
Lamenta che il giudice del gravame non ha accolto la richiesta di espletamento di c.t.u. finalizzata a provare il difettoso funzionamento del contatore, sul rilievo che essa società, ora ricorrente ma già appellante ed originaria attrice, non ha fornito gli elementi da cui presumere un difetto di contabilizzazione del contatore ovvero una errata compilazione della bolletta.
Con il terzo motivo denuncia <>.
Censura l’impugnata sentenza là dove ha rigettato la richiesta di compensazione delle spese di lite.
Il primo motivo è inammissibile.
In particolare, deve muoversi dalla premessa che <>, sicché, <> (così, in motivazione, Cass., 21/05/2019, n. 13605, non massimata, nello stesso senso, sempre in motivazione, Cass., 09/01/2020, n. 297).
Nondimeno, l’obbligo del gestore di effettuare gli addebiti a carico dell’utente sulla base delle indicazioni del contatore, evidentemente, <>, con la conseguenza, dunque, che <>’ (Cass., 23699/2016, cit.; Cass., 19/07/2018, n. 19154; Cass., 297/2020, cit.).
Ne scaturisce, dunque, un sistema in cui <> (così, sempre in motivazione, Cass., 23699/2016, cit.), essendo tale riparto degli oneri probatori un precipitato del principio della <>, in ragione del fatto che <> (così Cass., 297/2020 cit.).
Si è inoltre precisato, sotto il AVV_NOTAIOilo del riparto dell’onere probatorio, che l’utente deve contestare il malfunzionamento dello strumento, richiedendone la verifica, dimostrando quali consumi di energia ha effettuato nel periodo, avuto riguardo al dato statistico di consumo normalmente rilevato nelle precedenti bollette e corrispondente a determinati impieghi di energia
derivanti dalle specifiche attività svolte (secondo la tipologia di soggetto: impresa, famiglia, persona singola), ove dimostrabili equivalenti anche nel periodo in contestazione (Cass. 21/05/2019, n. 13605, non massimata; Cass., 09/01/2020, n. 297).
4.1. Orbene, il giudice di appello: a) nell’affermare che <>; b) nel sottolineare il fatto che per un certo periodo invero il contatore risultava funzionante, mentre, per il successivo periodo decorrente dall’anno 2011, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non ha dimostrato né il malfunzionamento del contatore, né di essersi attivata per chiederne controlli e verifiche; c) nel rilevare che, sebbene RAGIONE_SOCIALE abbia omesso di comunicare la fatture per la maggior parte dell’anno 2014, la RAGIONE_SOCIALE è rimasta inerte, mentre ben avrebbe potuto dimostrare la incongruenza dei consumi nel periodo di omessa fatturazione attraverso l’opportuno riferimento ad elementi indiziari, ha fatto buon governo dei suindicati principi, correttamente attribuendo l’onere della prova alla parte che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (così,
Cass., 29/05/2018, n. 13395; Cass., 31/08/2020, n. 18092).
Rispetto a tale congrua motivazione, scevra da vizi logicogiuridici, la società ricorrente si è invece limitata ad affermare (v. pp. 7 e 8 del ricorso): <>, ed ancora: <>.
Per un verso, dunque, la ricorrente svolge una prospettazione generica, in violazione del disposto dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., perché omette di specificare se, dove e quando, nei precedenti gradi di giudizio, abbia dedotto tali circostanze, in forza delle quali ora censura la motivazione dell’impugnata
sentenza; per altro verso la ricorrente travisa i principi posti da questa Corte in materia di riparto dell’onere probatorio tra somministrante e somministrato.
5. Il secondo motivo è inammissibile.
Sia perché la ricorrente invoca il vizio del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. in presenza di c.d. doppia conforme, dunque in violazione dell’art. 348 ter cod. proc. civ., sia perché lo invoca lamentando il mancato espletamento di una c.t.u., dunque ponendosi fuori dal paradigma in cui il vizio può essere dedotto, secondo la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, in caso di omesso esame di un vero e proprio fatto in senso storico e normativo ossia un fatto principale o anche secondario (Cass., 29883/2017; Cass., 17761/2016), ma comunque pur sempre un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico naturalistico (Cass., Sez. Un., 5745/2015), un dato materiale od un episodio fenomenico rilevante (Cass., 5133/2014), o comunque una vicenda la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054), mentre non costituiscono fatti rilevanti ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. gli elementi e le istanze istruttorie in quanto tali (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
6. Il terzo motivo è inammissibile.
Esso risulta invero volto a sostanzialmente sollecitare un riesame delle questioni di fatto, laddove in tema di spese processuali il sindacato di legittimità della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. è limitato all’accertamento che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza
reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (tra le tante, Cass., 22/11/2021, n. 35849 Cass., 17 ottobre 2017, n. 24502).
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore di ciascuna delle controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza