Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1594 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1594 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
Oggetto: conto corrente
bancario – ordine di
esibizione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15474/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente
–
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3044/2020, depositata il 24 novembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata il 24 novembre 2020, di reiezione dell’appello avverso la sentenza del Tribunale di Lodi che aveva respinto le sue domande di accertamento della nullità e/o inefficacia delle clausole del contratto di conto corrente relative alla determinazione degli interessi ultralegali, alla loro capitalizzazione trimestrale, all’applicazione delle commissione di massimo scoperto e di altri oneri e spese non pattuiti e di rideterminazione del saldo di tale conto;
la Corte di appello, dopo aver riferito che il giudice di primo grado aveva respinto le domande attoree in ragione della mancata produzione del contratto, ha disatteso il gravame osservando che la mancata produzione in giudizio degli estratti conto integrali non consentiva di poter individuare analiticamente le poste annotate in modo asseritamente indebito;
il ricorso è affidato a due motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 117 e 119 t.u.b., 210 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., per aver la sentenza impugnata respinto l’istanza di esibizione , avanzata ai sensi dell’ art. 210 cod. proc. civ., del contratto di conto corrente bancario e dei relativi estratti conto in ragione della mancata attivazione della correntista ne ll’acquisizione di tali documenti a seguito di richiesta avanzata alla banca ai sensi dell’art. 119 t.u.b. ;
evidenzia, sul punto, che a seguito di una siffatta richiesta la banca si era limitata a indicare alla correntista la possibilità di rivolgersi in filiale e che non aveva inviato alcun documento;
aggiunge che il giudice di appello, nonostante avesse riconosciuto
nell’ordinanza con cui era stata ammessa la consulenza tecnica d’ufficio che la mancata produzione del contratto di conto corrente non era imputabile alla correntista per aver quest’ultima dato prova di aver inutilmente richiesto il documento alla banca, aveva posto a carico della correntista medesima l’onere di dimostra re «la prova negativa della documentazione dell’accordo »;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello ha riferito che, a seguito della richiesta della correntista di avere copia del contratto e dei relativi estratti conto ex art. 119 t.u.b., la banca aveva invitato la richiedente a prendere contatto con la filiale «che provvederà in merito, con i costi pubblicizzati sui fogli informativi … », ma la correntista non si era attivata in tal senso;
ha, quindi, ritenuto che la condotta della banca fosse coerente con gli obblighi previsti dall’art. 119 t.u.b., mentre la condotta inerte della correntista non giustificava l’emissione del sollecitato ordine di esibizione della documentazione in oggetto;
-ha, quindi, concluso per l’inidoneità della documentazione prodotta a consentire la chiesta rideterminazione del saldo del conto corrente;
orbene, la doglianza non coglie la ratio decidendi vertente sulla imputabilità della mancata produzione in giudizio del contratto di conto corrente bancario e dei relativi estratti alla ricorrente;
con il secondo motivo quest’ultima deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 119 t.u.b. e 166 e 167 cod. proc. civ., per aver la sentenza impugnata travisato il contenuto dei documenti contabili in atti ed errato in ordine all’interpretazione dell’onere della prova ;
si duole, in particolare, che fatto che la Corte di appello non ha esaminato le argomentazioni sviluppate con le note difensive del 16 settembre 2019 e riprese con la comparsa conclusionale e non ha tenuto conto del fatto che il consulente tecnico d’ufficio aveva riferito
di essere in grado di espletare il mandato;
sottolinea la possibilità di pervenire a una rideterminazione del saldo di un conto corrente anche in caso di estratti conto incompleti utilizzando, a tal fine, i conti scalari;
il motivo è inammissibile;
nella parte in cui critica la valutazione effettuata dal giudice di merito in ordine all’apprezzamento della concludenza della documentazione contabile prodotta in giudizio, la doglianza si risolve in una critica alla valutazione delle risultanze probatorie che non può essere sindacata in questa sede con censura per violazione e falsa applicazione di legge (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2017, n. 34476);
con riferimento, poi, alla contestata applicazione del principio dell’onere della prova, si osserva che nei rapporti di conto corrente bancario il cliente che agisce per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle ha l’onere di provare l’esistenza di siffatte clausole e delle annotazioni a debito effettuate in esecuzione delle stesse;
se è vero che ai fini del l’ individuazione dell ‘importo delle annotazioni indebite può farsi riferimento non solo agli estratti conto, ma anche ad altri strumenti rappresentativi delle movimentazioni, l’accertamento in ordine all’idoneità di tali altri strumenti a dimostrare il credito vantato, in relazione al loro grado di certezza e completezza, è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, in quanto tale anch’essa non sindacabile in questa sede sotto il profilo della violazione o falsa applicazione della legge;
pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente
alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 4.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 20 dicembre 2023.