Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12490 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12490 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12557/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende
-ricorrente-
nonché da
RAGIONE_SOCIALE tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME
-ricorrente incidentale – contro
FIRENZE INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale-
nonché contro
INGG. NOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO, NOME COGNOME, NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME – elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
nonché contro
NOME – erede di COGNOME NOME – NOME– eredi di COGNOME NOME già erede di COGNOME NOME .
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5544/2020 depositata il 09/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. – Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma ha riformato la decisione del locale Tribunale, che aveva parzialmente accolto l’opposizione proposta da Ingg. RAGIONE_SOCIALE in liquidazione volontaria e concordato preventivo e da Firenze INDIRIZZO s.p.aRAGIONE_SOCIALE in liquidazione e NOME COGNOME (fideiussori della prima) al decreto ingiuntivo richiesto nei loro confronti da Banca di Roma s.p.a. per la somma di 1.537.681,04 euro, qualche saldo debitorio del c/c aperto in data 29.6.979.
2.- Il Tribunale, revocato il decreto ingiuntivo in accoglimento delle ragioni di opposizione relative alla illegittima modalità di capitalizzazione degli interessi, alla validità della CMS, alla invalida pattuizione di interessi ultralegali) aveva accertato che il credito della banca era pari a 1.195.099,58 €, condannando gli opponenti in solido tra di loro al pagamento di detta somma nei confronti della società opposta; aveva, altresì, respinto la domanda di regresso avanzata da Firenze via INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e NOME COGNOME, quali fideiussori.
3.- La società fideiubente Firenze RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, proponeva appello chiedendo la rideterminazione del rapporto di dare/avere con rinnovazione della CTU partendo dal saldo zero a far data dal 23 giugno 1993 e senza alcuna capitalizzazione degli interessi.
Proponevano appello incidentale anche NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME – quali eredi di NOME COGNOME -nonché la debitrice principale RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, i quali chiedevano che venisse dichiarato che nulla doveva essere corrisposto in favore della Unicredit Credit Management Bank s.p.a. (già UGC Banca s.p.a. che aveva incorporato Banca di Roma s.p.a. e si era costituita, perciò, in appello), e che venisse rideterminato il saldo del conto corrente per cui è causa partendo da un saldo pari a zero alla data del 21 giugno 1993, oltre che riducendo il credito azionato della misura corrispondente a quanto già versato dalla procedura di concordato preventivo all’istituto di credito in sede di riparto parziale; in via ulteriormente subordinata di limitare la responsabilità degli eredi NOME ex art. 490 numero 2 c.c.
La Banca si costituiva per chiedere il rigetto del gravame. Nelle more del processo decedeva NOME COGNOME e subentravano gli eredi NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME
3.1 -Corte territoriale, ritenuto l’appello principale parzialmente fondato, con una prima sentenza parziale, ha:
effettuato una ricognizione dell’onere della prova gravante sulla banca attrice in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo che sia stata fondata anche sulla contestazione dell’importo addebitato (per ragioni quali l’applicazione di tassi di interesse ultralegali, di interessi anatocistici vietati, di una CSM illegittimamente applicata) quale onere che implica che la banca sia tenuta a produrre il contratto su cui si fonda il rapporto e a documentare l’andamento di quest’ultimo integralmente attraverso tutti gli estratti a partire dalla data della sua apertura, onde effettuare l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere;
considerato che nella specie non era stato prodotto alcun estratto conto antecedente al 23 giugno 1993, pur essendo stato il contratto di conto corrente aperto il 29 giugno 1978, ha ritenuto che dovesse procedersi alla rideterminazione del saldo per cui è causa sulla base di dati contabili certi e, quindi, a partire dal c.d. saldo zero a far data dal 23 giugno 1993, e che detto saldo doveva essere depurato dagli interessi ultrelegali, dalla capitalizzazione annuale degli interessi passivi e dalla CMS (ritenendo invece non meritevoli di accoglimento le censure riguardanti il differimento dell’accredito della valuta, il superamento del tasso soglia, non avendo l’appellante principale prodotto i decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2 comma 1 della legge n. 108/96);
ritenuto fondato il motivo d’appello relativo all’intervenuta parziale estinzione del debito da parte della debitrice principale RAGIONE_SOCIALE che, in sede di concordato preventivo aveva corrisposto l’importo di 540,074,00 € a parziale soddisfo del credito per cui è causa, con conseguente pari riduzione dell’importo dovuto da parte dei fideiussori;
ha respinto l’ottavo motivo d’appello riguardante il rigetto della domanda di regresso poiché nell’ipotesi di garanzie
fideiussorie plurime come nella specie, stante l’autonomia dei rapporti di garanzia, non è configurabile un’azione di regresso tra i fideiussori ed è ammessa soltanto la possibilità di surrogazione del garante che abbia estinto l’obbligazione garantita nei diritti del creditore soddisfatto.
Di conseguenza ha rimesso la causa sul ruolo affinché venisse disposto il rinnovo della CTU onde pervenire all’esatta determinazione dei rapporti di dare avere tra le parti alla luce dei principi affermati nella pronuncia parziale, riservando all’esito la valutazione delle domande dell’appellante principale tese a ordinare la cancellazione dell’ipoteca giudiziale e della sua estensione nonché la cancellazione della segnalazione in centrale rischi.
Quanto all’appello incidentale, ha ritenuto che lo stesso fosse assorbito dalle argomentazioni svolte nell’ambito dell’appello principale con riserva di esaminare la richiesta di limitare la responsabilità degli eredi NOME ex art. 490 n. 2 c.c. all’esito degli approfondimenti istruttori predetti.
3.2- Con sentenza definitiva -preso atto che oltre a Unicredit Management Bank s.p.a., erano nel frattempo intervenute ex arti. 111 c.p.c. la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (entrambe tramite la mandataria doBank s.p.a.) -la Corte d’appello:
ha fatto proprie le conclusioni della CTU giunta ad accertare un credito nel rapporto dare avere tra le parti di euro 251.903,06 quale saldo positivo in favore dei correntisti e che la somma di euro 542.074,00 corrisposta in sede di concordato preventivo doveva essere riferita ad un altro c/c bancario, oggetto del diverso giudizio aveva definito con sentenza dal Tribunale di Roma;
ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata da RAGIONE_SOCIALE per le somme addebitate in conto corrente ante decennio in quanto tardiva (non avendo la parte opposta nel costituirsi in primo grado né Unicredit Credit Management Bank nel
frattempo succeduta alla prima in alcun modo formulato la relativa eccezione); ha respinto anche la pretesa di FINO RAGIONE_SOCIALE Securization di eliminare le somme indicate in conto alla data del 26 marzo 1993 solo a fine conteggio, per un conteggio più equo ed evitare un indebito arricchimento da parte della società che aveva usufruito di costanti finanziamenti, dovendosi solo valutare gli esiti dell’accertamento disposto con la CTU sulla base del criterio – già stabiliti nella precedente sentenza parziale -della decorrenza del cosiddetto saldo zero dal 26 marzo 1993;
ha ordinato la cancella dell’ipoteca giudiziale e di quella iscritta in estensione della prima, nei limiti dell’incidenza del credito accertato rispetto a una eventuale più complessa situazione debitoria esistente; nonché respinto la domanda di cancellazione della segnalazione in centrale rischi proposta per la prima volta in appello e quindi inammissibile;
quanto all’appello incidentale e alla possibilità che la responsabilità degli eredi NOME fosse limitata ex art. 490 n. 2c.c. l’ha ritenuto assorbito e superato dall’esito dell’accertamento peritale che evidenziava che tra gli appellanti incidentali l’istituto di credito il saldo era positivo in favore dei correntisti;
ha compensato le spese processuali nella misura di un terzo in ragione della complessa dialettica processuale del presente giudizio e al mancato accoglimento di alcuni motivi di gravame.
– Avverso detta sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE affidato ad un unico motivo di cassazione. RAGIONE_SOCIALEtramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE – ha aderito al ricorso preposto da RAGIONE_SOCIALE ed ha proposto ricorso incidentale per il medesimo motivo. Hanno resistito Firenze INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE in liquidazione che ha proposto ricorso incidentale e depositato memoria, nonché la Ingg. COGNOME RAGIONE_SOCIALE in
liquidazione e concordato preventivo e NOME e NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo di ricorso principale la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. errores in procedendo et in iudicando sull’accoglimento della domanda di accertamento negativo del credito del correntista nonostante la mancata produzione in giudizio degli estratti conto dall’inizio del rapporto; erronea applicazione del c.d. saldo zero, violazione degli articoli 115, 116 c.p.c. e dell’articolo 2697 c.c. per illegittima inversione dell’onere della prova.
2.- Identico è il motivo di ricorso incidentale di Arena NPL.
3.- Sostengono le due ricorrenti che quanto ritenuto dalla Corte d’appello è vero nella misura in cui la banca agisca in sede monitoria e, nel successivo giudizio di opposizione, l’ingiunto non formuli domanda di accertamento negativo del credito e/o di ripetizione dell’indebito, limitandosi a resistere alla pretesa avversaria; ma quando il debitore ingiunto formuli una propria domanda di accertamento negativo e/o di ripetizione di indebito nei confronti della banca vigerebbero principi sull’onere della prova del tutto diversi da quelle richiamati dalla Corte territoriale e ciò in quanto l’ingiunto diventa a sua volta attore sostanziale in riconvenzionale, e, come tale, è tenuto a dare dimostrazione degli elementi costitutivi della sua pretesa. Perciò non si sarebbe potuto applicare il c.d. saldo zero in virtù della coesistenza nell’ambito del medesimo giudizio di due contrapposte pretese alle quali si sarebbero dovuti applicare due regimi probatori diversi.
3.- I motivi sono infondati.
Sul punto la Corte d’appello di Roma ha fatto corretta applicazione dei principi sull’onere della prova in un caso siffatto.
3.1Circa la distribuzione dell’onere della prova nei casi in cui si tratti di ricostruire l’andamento di un rapporto del c/c tra le parti
onde rideterminarne il saldo, la giurisprudenza di legittimità è giunta ad approdi consolidati, che tengono conto dei diversi ruoli processuali che le parti assumono in giudizio, anche in ragione di domande c.d. incrociate, che il Collegio condivide e a cui intende dare continuità. Per quel che qui interessa -stante le censure mosse dalla ricorrente -l’onere della prova si configura diversamente laddove agisca una sola delle parti (il correntista o la banca) per ottenere in giudizio il riconoscimento del proprio preteso diritto e l’altra resti solo convenuta, e laddove, invece, nello stesso giudizio entrambe le parti facciano valere proprie opposte pretese. Perciò giova chiarire che:
a) laddove l’attore correntista non adempia compiutamente mediante deposito di tuti gli estratti periodici di conto – all’onere di dare prova tanto dei pagamenti quanto dell’assenza di valida causa debendi in riferimento ad un determinato periodo di durata del rapporto, in presenza di un primo saldo risultante a debito del cliente che però non coincida con il primo degli estratti del c/c per determinare il saldo del periodo successivo a quello non documentato, non si deve partire da un saldo pari a zero, poiché l’accertamento del dare e dell’avere fra le parti del cessato rapporto deve essere effettuato dal giudice di merito partendo dal primo saldo a debito del cliente, risultante dal primo estratto disponibile prodotto dall’attore oppure dalla banca in adempimento di un ordine di esibizione a lei impartito dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 30789 del 2023; Cass. n. 12993 del 2023; Cass. n. 11543 del 2019; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 28945 del 2017; Cass. n. 500 del 2017); peraltro è stato opportunamente puntualizzato (v. Cass. n. 37800 del 2022 confermata dalle già menzionate Cass. n. 7697 del 2023 e Cass. n. 12993 del 2023), che « l’estratto conto, , non costituisce l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto ; a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del
merito potrebbe valorizzare, esemplificativamente, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o, a norma degli artt. 2709 e 2710 c.c., le risultanze delle scritture contabili (ma non l’estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. n. 10692/2007 e Cass. n. 23974/2010) la condotta processuale della controparte, ed ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. Ne deriva che l’incompletezza della serie degli estratti conto si ripercuote comunque sul cliente, gravato dall’onere della prova degli indebiti pagamenti: in quanto, a quel punto, si comincia volta a volta dal ‘saldo a debito’, risultante dal primo estratto conto disponibile o da quelli intermedi dopo intervalli non coperti che, nel quadro delle risultanze di causa, è il dato più sfavorevole allo stesso attore »;
b) nel giudizio, invece, in cui la banca vanta un credito derivato dal saldo finale di segno negativo del rapporto di c/c, cui si contrapponga il correntista, che eccepisca la nullità di alcune pattuizioni in funzione della rideterminazione di tale saldo finale con la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, l’onere della prova della banca attrice implica la produzione di tutti gli estratti conto a partire dalla apertura del c/c, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione, incompleta, in giudizio depositata dalla banca (cfr. (cfr. Cass. n. 7697 del 2023; nonché Cass. n. 15148/ 2018 e Cass. n. 21466/ 2013 entrambe richiamate, in Cass. n. 35979/ 2022); indirizzo ermeneutico, questo, precisato da Cass. n. 23852/ 2020 e Cass. n. 22387/ 2021, secondo cui: nei rapporti bancari di conto corrente, ove alla domanda principale diretta al pagamento del saldo del rapporto, proposta dalla banca, si contrapponga la domanda riconvenzionale del correntista di accertamento del saldo e di ripetizione dell’indebito, ciascuna delle parti è onerata della
prova delle operazioni da cui si origina il saldo, con la conseguenza che la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi.
Invero, proprio in quanto ognuna delle parti assume la veste di attore all’interno del giudizio, è inconcepibile che l’una (il correntista in tesi debitore che contesta il saldo negativo) e l’altra (la banca che pretende il saldo negativo finale del c/c) possano giovarsi delle conseguenze del mancato adempimento dell’onere probatorio della controparte, sicché, ove manchi la prova delle movimentazioni del conto occorse nel periodo iniziale del rapporto, il correntista non potrà aspirare al rigetto della domanda di pagamento della banca, ma, nel contempo, quest’ultima non potrà invocare, in proprio favore, l’addebito della posta iniziale negativa del primo degli estratti conto prodotti (cfr. Cass. n. 22276 del 2023);
c) con riguardo, in particolare, all’utilizzazione del criterio del cd. saldo zero, Cass. n. 25417/2023, ha chiarito che « il criterio del cd. saldo zero, che consente, nel caso in cui la mancata produzione di parte degli estratti conto impedisca di ricostruire l’intero andamento del rapporto, di determinare il saldo finale considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, è utilizzabile, in quanto più sfavorevole alla banca, soltanto nel caso in cui il giudizio sia stato promosso dalla stessa, e non possa provvedersi all’accertamento del dare e dello avere sulla base di altri mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete in ordine al saldo maturato all’inizio del periodo documentato, ovvero sulla base di ammissioni compiute dal correntista, idonee ad escludere quanto meno che, con riferimento al periodo non documentato, egli abbia maturato un credito d’imprecisato ammontare ».
d) infine, questa Corte con la pronuncia n. 1763/2024 (cui numerose pronunce non massimate hanno dato continuità) ha chiarito che per le controversie come quella oggi in esame, in cui in presenza di contrapposte domande della banca e della correntistanessuna delle due aveva ritualmente e tempestivamente depositato gli estratti conto integrali, ha affrontato funditus la questione (che anche qui rileva in ragione della denuncia specifica di erroneo ribaltamento dell’ onus probandi ) se, operando il c.d. azzeramento del conto alla data dell’estratto più risalente nel tempo depositato dalla banca in giudizio, il giudice di merito finisca per attribuire l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, finendo in sostanza per violare l’art. 2697 cod. civ.; ed ha escluso che detta censura meriti accoglimento, giacché nei giudizi con domande incrociate: (i) « il reciproco onere probatorio deve trovare concreta attuazione in modo tale da scongiurare, ove possibile, il risultato di ritenere che, nell’ambito della medesima causa, il saldo da prendere in considerazione (la cui determinazione costituisce, come appare intuitivo, il sostrato comune delle contrapposte istanze) possa essere diverso a seconda che si valuti la domanda di una o dell’altra parte »; (ii) « parimenti, occorre evitare di gravare una delle parti dell’onere di dimostrare l’eventuale insussistenza di un credito o di un minor debito dell’altra ».
Sicchè, ha concluso che « potrà certamente trovare applicazione il criterio dell’azzeramento del saldo o del cd. saldo zero, il quale altro non rappresenta che uno dei possibili strumenti attraverso il quale può esplicitarsi il meccanismo della ripartizione dell’onere probatorio tra le parti sancito dall’art. 2697 cod. civ. », specificando come si atteggia detta ripartizione a seconda dei casi nei seguenti termini:
d.1) ove la banca agisca in giudizio per il pagamento dell’importo risultante a saldo passivo ed il correntista chieda, a sua volta, la rideterminazione del saldo, concludendo per la condanna dell’istituto di credito a pagare la differenza in proprio favore o per l’accoglimento della domanda principale in misura inferiore (com’è nella specie avendo la banca, convenuta con azione di accertamento negativo, ripetizione di indebito e relativa condanna, proposto in via riconvenzionale domanda di condanna appunto al pagamento del saldo), l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque, di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che:
per quanto riguarda la banca, il calcolo del dovuto potrà farsi: a.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, azzerando il saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e procedendo, poi, alla rideterminazione del saldo finale utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto o alla data della domanda; a.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi -ipotesi che qui non interessaazzerando i soli saldi intermedi, intendendosi con tale espressione che non si dovrà tenere conto di quanto eventualmente accumulatosi nel periodo non coperto da documentazione, sicché si dovrà ripartire, nella prosecuzione del ricalcolo, dalla somma che risultava a chiusura dell’ultimo estratto conto disponibile;
per quanto riguarda, invece, il correntista che lamenti l’illegittimo addebito di importi non dovuti a vario titolo e ne chieda la restituzione (come nel caso di specie), il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto che: b.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, egli, salvo dimostri l’eventuale vantata esistenza iniziale di un saldo positivo in
suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico (onde procedere ad una rideterminazione più favorevole) beneficia, comunque, dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile che va operato in ragione della domanda riconvenzionale della banca, nonché della successiva rideterminazione del saldo finale mediante la documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto o alla data della domanda; b.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, anche in tal caso, egli, se sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto di interessi o commissioni non dovute, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione che, in tal caso, però, nuovamente sarà utilizzabile anche per la controparte, secondo il meccanismo di acquisizione processuale; in caso contrario, lo stesso beneficerà del meccanismo di azzeramento del o dei saldi intermedi, con il risultato che la banca, per quel o quei periodi, non ottiene niente ed il correntista, per lo stesso o gli stessi periodi, nulla recupera; così da prevenire, in definitiva, il rischio di due saldi difformi per la banca o il correntista all’esito del ricalcolo.
In altre parole, ove si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente – e in assenza tanto di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato quanto di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l’esistenza, in quell’arco di tempo, di un credito o di un debito di un certo importo – è la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista (che implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa) che conduce alla possibilità del correntista di avvalersi, nella rideterminazione del rapporto di dare e avere, dell’azzeramento del saldo a debito che risulti dal primo degli estratti prodotti in quanto detto criterio si
applicherà per la banca, onerata della ricostruzione integrale dell’andamento del conto in ragione della pretesa avanzata in giudizio ma non in grado di produrre gli estratti conto iniziali; dunque si procederà al ricalcolo con l’azzeramento del primo saldo a debito del correntista documentato, di cui, in tesi, la banca onerata non è in grado di provare la formazione.
Laddove, invece, il correntista non possa avvantaggiarsi di tale azzeramento che avviene solo in funzione dell’accertamento del diritto che sia fatto valere nello stesso giudizio dalla banca (ovvero nell’ipotesi che la banca non abbia proposta la relativa domanda), questi non potrà pretendere l’azzeramento del primo saldo « a debito », poiché è proprio da questo che si dovrà partire in assenza di dimostrazione che tale debito non esiste o era di minor importo.
Perciò, nella specie, la Corte d’appello di Roma bene ha fatto ad utilizzare il criterio del saldo zero, in corretta applicazione dei principi sull’onere della prova sopra precisati, e il motivo di ricorso è infondato.
4.Passando all’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale di Firenze Ponte alle Mosse, si osserva che esso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 75 disp. att. c.p.c., dell’art. 9, comma II, del d.l. n.1 del 24/1/2012, convertito in legge dalla l. n. 27 del 24/3/12, degli artt. 91 e 92, degli artt. 2, 4 e 6 del decreto del ministro della giustizia 10 marzo 2014, n. 55, così come modificato dall’art. 1 del dm 8/3/2018, n. 37, nella parte in cui la Corte d’Appello di Roma ha liquidato le spese del doppio grado di giudizio senza tener conto della nota spese depositata dalla RAGIONE_SOCIALEora RAGIONE_SOCIALE. Osserva la controricorrente incidentale che così come previsto dall’art. 75 disp. att. c.p.c. -contestualmente alla comparsa conclusionale, aveva depositato la nota delle spese nella quale aveva indicato la misura dei compensi dei quali chiedeva la rifusione ed aveva esplicitato le ragioni per le quali alcune delle voci previste dalla tariffa ex D.M. 55/2014
avrebbero potuto e dovuto essere maggiorate rispetto ai medi della tariffa stessa, pur rimanendo ampiamente entro i limiti massimi. Più in particolare nell’indicata nota spese era stato evidenziato che: « stante la complessità e quantità di questioni trattate, la nota spese viene predisposta facendo applicazione, per il primo grado di giudizio, dei medi con leggero arrotondamento per eccesso e applicazione della maggiorazione per il numero delle parti (art. 4, comma 2). Per il secondo grado di giudizio, sempre in considerazione della complessità delle questioni e quantità delle questioni trattate, nonché della doppia fase decisionale, è stata indicato un importo superiore ai medi (comunque inferiore ai massimi di tariffa), nonché la maggiorazione per il numero delle parti » . Sulla base dell’indicata premessa, l’ammontare dei compensi era stato poi così dettagliato:
«-P rimo grado di giudizio: Fase di studio della controversia: € 6.000,00 Fase introduttiva del giudizio: € 4.000,00 Fase istruttoria e/o di trattazione: € 17.000,00 Fase decisionale: € 10.000,00 Totale € 37.000,00 Maggiorazione più parti (art. 4, comma 2) € 10.000,00 Totale: € 47.000,00;
-Secondo grado di giudizio: Fase di studio della controversia: € 10.000,00 Fase introduttiva del giudizio: € 7.000,00 Fase istruttoria e/o di trattazione: € 10.000,00 Doppia fase decisionale: € 5.000,00 Totale: € 42.000,00 Maggiorazione più parti (art. 4, comma 2) € 10.000,00 Totale: € 52.000,00 ».
La Corte d’Appello, senza dare alcun conto dell’indicata nota, definitivamente accogliendo l’appello così disposto sulle spese di lite: ha condannato « RAGIONE_SOCIALE(già denominata RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE(quest’ultima limitatamente al presente grado di giudizio), in solido, al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio in favore di Firenze INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME,
COGNOME NOME, COGNOME NOME, e di RAGIONE_SOCIALEi n Liquidazione e Concordato Preventivo, tenuto conto della compensazione nella misura di un terz o», quanto al primo grado di giudizio, al pagamento di « complessivi € 5.000,00 per ciascuna parte processuale, a titolo di compenso onnicomprensivo », e quanto al secondo grado di giudizio a « complessivi € 4.000,00 per ciascuna parte processuale, a titolo di compenso onnicomprensivo », senza fare alcun cenno al contenuto della nota e violando le norme richiamate nel liquidare le spese in modo cumulativo per ciascun grado di giudizio ed in misura di gran lunga inferiore ai minimi tariffari.
4.1 Il motivo è fondato.
E’ orientamento consolidato di questa Corte « che in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed dalle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. n. 794 del 1942, art. 24 (cfr. tra le tante Cass. n. 21791/2015, Cass. n. 12840 del 2019) » (Cass. 2021, n. 9296/2021, v . conforme Cass. n. 31566/2024: « in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari, in relazione a ciascun grado del giudizio, per consentire alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e, in presenza di una nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può rideterminare globalmente i compensi in misura inferiore a quelli esposti, ma deve motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle singole voci »).
4.2.- Nel caso di specie la Corte territoriale ha liquidato le spese di lite cumulativamente per ciascun grado di giudizio, senza tener conto della nota spese depositata, e senza rispettare il minimo tariffario previsto che, per il primo grado, doveva identificarsi in euro 1.195.000,00 euro, questo essendo il valore della causa oggetto dell’impugnazione con appello incidentale della correntista e dei fideiussori (invero rispetto al decreto ingiuntivo emesso in favore della banca per euro 1.537.000,00 l’opposizione era stata accolta con riduzione dell’importo a euro 1.195.000,00 euro); e che per il secondo grado doveva riferirsi alla somma medesima, giacché l’appello è stato proposto dalla fideiubente con l’adesione degli altri garanti e della debitrice principale -proprio contro tale liquidazione, onde ottenere una rideterminazione del rapporto di dare/avere tramite rinnovo della CTU partendo dal saldo zero a far data dal 23 giugno 1993, come poi in effetti ottenuto, con una rideterminazione del saldo che ha escluso la sussistenza di un debito, ed accertato, piuttosto, il credito della correntista per l’importo di euro 251.903,0 6.
4.3 -Pertanto, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, II comma, ed in riforma dell’impugnata sentenza -ferma la decisa compensazione delle spese di lite nella misura di un terzo in entrambi i gradi del giudizio di merito rispetto alla quale non è stata mossa da parte ricorrente alcuna contestazione -si deve procedere alla liquidazione delle spese lite come segue:
per il primo grado, tenuto conto dello scaglione individuato in relazione alla somma richiesta dall’opposto risultato soccombente (euro 1.195.000 euro) e dei minimi tariffari, euro 28.370,62 (comprensivo della variazione in aumento per il numero delle parti), da ridursi di un terzo, e quindi euro 18.913,75, oltre accessori;
b) per il secondo grado, tenuto conto dello scaglione individuato in relazione alla somma contestata con esito positivo e dei minimi tariffari, euro 25.417,99 (comprensivo della variazione in aumento per il numero delle parti) da ridursi di un terzo, e quindi euro 19.945,33, oltre accessori
Pertanto, in riforma della predetta sentenza, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE vanno condannate in solido fra di loro a rifondere in favore della società Firenze INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE in liquidazione che ha proposto appello incidentale le spese di lite dei due gradi di merito come sopra liquidate; mentre nei confronti dei fideiussori NOME e NOME COGNOME e della debitrice principale Ing. COGNOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, resta ferma la condanna come già pronunciata in loro favore dalla Corte d’Appello di Roma e da questi non impugnata.
Per il giudizio di legittimità si provvede come in dispositivo tenuto conto del valore della causa di euro 251.000. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e quello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE
accoglie il ricorso incidentale proposto da Firenze INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE; per l’effetto, decidendo la causa nel merito, in riforma della gravata sentenz:
condanna RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in solido fra loro, a rifondere alla predetta società i due terzi delle spese di lite -ferma la compensazione nella misura di un terzo – di dette spese sia per il primo che per il secondo grado di giudizio, come sopra liquidate rispettivamente in euro 18.913,75 per compensi oltre accessori come da sentenza impugnata, ed in euro 19.945,33 per compensi oltre accessori come da sentenza impugnata;
b) condanna, altresì, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in solido fra loro, a rifondere in favore di Firenze INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE nonché di NOME e NOME COGNOME e dell’Ing. COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità, liquidate per la prima, in euro 6200,00 di cui 200 per esborsi, e per le altre parti resistenti in euro 4700,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambe le parti ricorrenti soccombenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sez. Civile