Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4067 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4067 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 673/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE), con sede in Modena, alla INDIRIZZO, in persona del AVV_NOTAIO Generale pro tempore AVV_NOTAIO COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO COGNOME, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME .
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore datata 29 novembre 2023, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Ascoli Piceno, al INDIRIZZO.
-controricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 245/2019, della CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI, pubblicata il giorno 17/05/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 16 maggio 2016, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accolse parzialmente l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 489/12 emesso dal medesimo tribunale, su ricorso della Banca di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., per l’importo di € 204 .724,94, a titolo di scoperto del conto corrente n. 3007814, oltre interessi e spese. In particolare, revocò il decreto opposto e condannò l’opponente al pagamento, in favore dell’istituto opposto, della minore somma di € 18.117,01.
Pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi contro quella decisione, rispettivamente, dal RAGIONE_SOCIALE, quale cessionario del ramo di azienda comprendente anche i crediti in sofferenza della Banca RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, e dallo COGNOME, l’adita Corte di appello di Cagliari, con sentenza del 17 maggio 2019, n. 245 (successivamente oggetto di correzione di errore materiale esclusivamente nella parte in cui non aveva riconosciuto l’attribuzione delle spese processuali in favore dell’AVV_NOTAIO che se ne era dichiarato antistatario), così decise: « 1) Rigetta l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 744/16 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE; 2) in parziale accoglimento dell’appello incidentale, revoca la condanna pronunciata nei confronti di COGNOME NOME, confermando nel resto la sentenza impugnata; 3) compensa tra le parti le spese processuali del grado nella misura della metà, ponendo a carico del RAGIONE_SOCIALE la restante parte, che liquida in euro 7.853,00, di cui euro 6.715,00 per compensi, oltre quanto dovuto per legge; 4) pone le spese di consulenza, già liquidate, a carico delle parti nella misura di metà ciascuna ».
2.1. Per quanto di residuo interesse in questa sede, quella corte ritenne che: i ) nella rideterminazione del saldo del menzionato conto corrente, non
dovevano essere conteggiate le commissioni di massimo scoperto (c.m.s.) relative al contratto del 1996, né quelle successive alla sua ricontrattualizzazione del 2008, perché prive di titolo, così come la commissione disponibilità fondi (c.d.f.) dall’1 lugl io 2009 e le spese addebitate fino al 9 aprile 2008 (dipendenti, cioè, dal contratto del 1996); ii ) andava eliminata anche la somma relativa alle ‘ competenze ‘ del conto anticipi, atteso che la mancata produzione del corrispondente contratto aveva impedito di determinare gli interessi nel medesimo pattuiti e la individuazione di commissioni e spese, sicché la banca non aveva fornito la dimostrazione dell’effettiva consistenza, della natura e, quindi, della legittimità degli addebiti , per tali ‘ competenze ‘, provenienti da quel conto, in difetto della quale non potevano riconoscersi, in suo favore, i relativi emolumenti; iii ) « Attraverso la consulenza tecnica espletata nel presente grado, le cui risultanze superano anche le contestazioni mosse con il terzo motivo d’appello circa l’asserita erronea lettura dei dati contabili, è stato ricostruito il saldo del rapporto di c/c al tasso legale fino al 9-04-08, al tasso contrattuale per il periodo successivo, senza capitalizzazione, con esclusione delle spese e commissioni non previste espressamente in contratto (ivi comprese le c.m.s.) ed escludendo le competenze derivanti al conto anticipi per le ragioni già espresse dal primo giudice »; iv ) « All’esito del nuovo esame, il c.t.u. ha accertato che, alle condizioni predette, il saldo era credito del cliente (v. punto 2.B.1 a pag. 12 della relazione depositata in questo grado) », per cui « In riforma della sentenza impugnata ed accogliendo sul punto l’appello incidentale, ferma la revoca del decreto ingiuntivo opposto, non deve dunque essere pronunciata condanna a carico di COGNOME NOME ».
3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso, nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, la sua mandataria RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, NOME COGNOME. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va rapidamente respinta la eccezione pregiudiziale di inammissibilità per doppia soccombenza conforme ex art. 348ter , comma 5, cod. proc. civ. (nel testo, qui applicabile ratione temporis , anteriore alla sua abrogazione disposta dal d.lgs. n. 149 del 2022), formulata dal controricorrente in relazione ai primi due motivi di ricorso di controparte.
1.1. In proposito, infatti, è sufficiente rimarcare che entrambe tali doglianze non invocano il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (riferendosi le stesse alle sole fattispecie di cui, rispettivamente, ai nn. 4 e 3, del menzionato com ma dell’articolo da ultimo citato), al quale soltanto si riferisce la suddetta causa di inammissibilità.
Tanto premesso, i formulati motivi di ricorso di denunciano, in sintesi:
« Vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per error in procedendo in relazione alla violazione degli artt. 99, 112, 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 342 c.p.c. -Omessa pronuncia -Omesso esame di fatto rilevante -Motivazione apparente -Nullità della sentenza ». Si ascrive alla corte distrettuale di avere « omesso ogni pronuncia su un punto indispensabile ovvero sul motivo di appello relativo alla qualificazione come ‘nuova’ dell’eccezione relativa al conto anticipi fatture, così co me sollecitata in primo grado »;
II) « Vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (error in iudicando) con riferimento agli artt. 1832, 1857 c.c., 119, commi 2 e 3, T.U.B., e 2697 c.c. ». Si contesta alla decisione impugnata di aver violato le norme sul funzionamento del conto corrente bancario, in relazione alla necessità che le contestazioni alle poste inserite nell’estratto conto (anche se derivanti dal conto anticipi) siano formulate entro sessanta giorni, e di aver attribuito alla banca un onere probatorio non configurabile spettando all’opponente (quale attore in riconvenzionale) dimostrare il proprio credito derivante dalle ‘ competenze ‘ del conto anticipi;
III) « Vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per error in procedendo in relazione alla violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 345 c.p.c. -Motivazione apparente -Nullità della sentenza ». Ci
si duole della qualificazione in termini di novità degli estratti conto relativi al conto anticipi prodotti in appello, da considerarsi, invece, chiarificatori degli estratti del conto ordinario già in atti. In ogni caso, si aggiunge, se fossero stati documenti nuovi, la banca non avrebbe potuto depositarli in primo grado perché la relativa esigenza era emersa a decadenze maturate, con conseguente non imputabilità alla stessa del mancato loro tempestivo deposito;
IV) « Vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per error in iudicando in relazione alla violazione degli artt. 1362 e 1823 c.c. -Violazione dei canoni legali di ermeneutica ». Si imputa alla corte territoriale di aver violato il criterio ermeneutico del tenore letterale della clausola contrattuale concernente la previsione di commissione di massimo scoperto (percentuali e montante delle c.m.s.) successive al 9 aprile 2008 e del comportamento delle parti posteriore alla stipula del corrispondente contratto (applicazione concreta delle percentuali delle c.m.s.).
Il primo di tali motivi non merita accoglimento.
3.1. Invero, come risulta dal ricorso in esame ( cfr . pag. 15, dove si legge che, « Nel caso di specie, nell’impugnativa si è affermato (cfr. pag. 19) che ‘Si censura la sentenza posto che, preliminarmente, come da sempre rilevato, era onere avverso produrre i documenti relativi al conto anticipi poiché di fatto oggetto di eccezione nuova formulata in corso di causa’ »), la doglianza sollevata in sede di gravame dal RAGIONE_SOCIALE (nella ivi indicata qualità), aveva riguardato non già l’essersi il tribunale pronunciato su di una domanda/eccezione tardivamente formulata dallo COGNOME in relazione al conto anticipi, bensì, esclusivamente, la questione, logicamente affatt o diversa, concernente la spettanza dell’onere probatorio concernente la fondatezza, o non, quanto a tale domanda/eccezione. Tanto, del resto, si desume pure dal tenore letterale, in parte qua, di quella impugnazione della banca (essendo consentito a quest a Corte l’accesso agli atti del fascicolo di ufficio, attesa la natura di error in procedendo del vizio denunciato), laddove si legge ( cfr . pag. 19), oltre a quanto si è precedentemente riportato, che
« Peraltro, non è mai stata formulata alcuna istanza di esibizione al riguardo. Inoltre, sin dal primo grado, il c.t.u. ben poteva chiedere, al momento della redazione dell’elaborato contabile, gli estratti conto e ciò anche perché, come sopra chiarito, l’an alisi sul conto anticipi era stata chiesta in corso di causa e non con la citazione in opposizione ».
3.2. Da un lato, dunque, nessuna specifica censura analoga a quella oggi in esame era stata proposta dalla banca in appello, con conseguente inconfigurabilità di una qualsivoglia omissione di pronuncia da parte della corte territoriale, né di un’apparenza di della sua motivazione; dall’altro, quella oggi così formulata si rivela questione nuova, e conseguentemente inammissibile, bastando solo ricordare che, per giurisprudenza pacifica di questa Corte ( cfr . anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 5131 e 9434 del 2023; Cass. n. 25909 del 2021), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio ( cfr . Cass. nn. 32804 e 2038 del 2019; Cass. nn. 20694 e 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; Cass. n. 16632 del 2010). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere di riportare dettagliatamente in ricorso, a pena d’inammissibilità, gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado ( cfr . Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000).
Parimenti insuscettibile di accoglimento si rivela il secondo motivo di ricorso.
4.1. Invero, si legge nella sentenza impugnata: i ) alla pagina 7, che « La documentazione offerta in primo grado dalla banca opposta consentiva al c.t.u. di ricostruire le poste debitorie relative al conto principale ed al tribunale
di valutare la conformità alle condizioni contrattuali pattuite per il conto corrente ordinario . La circostanza che negli estratti del c/c risultassero accreditate le somme anticipate sul conto satellite e che tali poste venissero conteggiate dal c.t.u . non contrasta con il rilievo circa l’assenza degli estratti del conto anticipi e con la decisione di non conteggiare le relative competenze: la posta registrata quale anticipazione concessa dalla banca al cliente non è stata contestata nei termini dell’a rt. 1832 c.c. e dunque deve ritenersi ormai definitivamente opponibile al cliente in difetto di qualsiasi allegazione circa l’invalidità del relativo titolo; diverso è il discorso circa l’ammontare delle competenze che derivano dall’operazione di anticipaz ione, le quali non possono essere determinate al tasso applicato in assenza di prova della relativa pattuizione »; ii ) alla successiva pagina 11, che «, la mancata produzione del contratto anticipi impedisce la determinazione degli interessi nel medesimo stabiliti e l’individuazione delle commissioni e spese, come già rilevato dal c.t.u. in primo grado (v. pag. 14 relazione scritta: ‘Le somme addebitate per competenze riferite al conto anticipi sono state quantificate in euro 94.464,20. Di tali somme non è stato possibile effettuare la scomposizione tra interessi, spese e commissioni in quanto il dettaglio non risulta contenuto negli atti di causa. Non è stato possibile quantificare le somme addebitate a titolo di capitale per la particolare modalità di funzionamento del conto anticipi che comporta che sul c/c ordinario transitino i soli accrediti’) ».
4.2. La corte di appello, dunque, nella rideterminazione del saldo del conto corrente ordinario in esame, ha espunto le ‘ competenze ‘ girocontate su quest’ultimo, provenienti dal collegato conto anticipi, perché ha ritenuto insussistente la prova della concreta modalità di loro quantificazione in mancanza proprio del contratto relativo al conto anticipi stesso.
4.2.1. Orbene, è noto che le cd. ‘ competenze ‘ di un conto corrente bancario altro non indicano che alcune ‘ spese ‘ che sono legate all’uso ed alla tenuta del conto corrente medesimo, riconducibili, tra le altre, ad interessi (debitori o creditori) e spese di tenuta di conto.
4.2.2. Nel presente giudizio, lo COGNOME, con la formulata opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., aveva contestato, perché non correttamente provato, illegittimo e contra ius , l’intero credito di cui alla ingiunzione notificatagli dalla Banca di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. a titolo di scoperto del conto corrente n. 3007814 (conto ordinario, sui cui erano state girocontate anche le competenze del conto anticipi ad esso collegato), non essendone indicati i criteri di determinazione e le clausole contrattuali che lo avevano giustificato. Aveva chiesto, quindi, la condanna della controparte alla restituzione di quanto pagato in eccedenza rispetto al dovuto (oltre al risarcimento del danno derivatogli dalla revoca improvvisa ed illegittima di ogni affidamento e dalla conseguente segnalazione alla Centrale Rischi, domande, queste ultime, di cui, tuttavia, non si discute più in questa sede). La menzionata Banca, a sua volta, aveva insistito nel pagamento dello scoperto di detto conto.
4.2.3. In definitiva, quindi, le contrapposte domande delle parti avevano sottoposto al giudice di merito, tra l’altro, il thema decidendum avente ad oggetto lo stabilire se fosse corretta, o meno, evidentemente in ragione delle corrispondenti clausole contrattuali, anche l’entità delle ‘ competenze ‘ predette come invocate dall’istituto di credito.
4.2.4. A tanto deve aggiungersi che l’opposizione al decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, in cui occorre procedere, con cognizione piena, all’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare del credito fatto valere nel procedimento monitorio, senza che l’inversione della posizione formale delle parti comporti un’alterazione delle regole in tema di onere della prova, il quale resta a carico dell’opposto, in qualità di attore in senso sostanziale, per quanto riguarda i fatti costitutivi della pretesa azionata, mentre incombe sull’opponente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, relativamente ai fatti estintivi, modificativi ed impeditivi ( cfr ., in motivazione, Cass. n. 2356 del 2024, con richiamo a Cass. n. 17371 del 2003, Cass. n. 8718 del 2000 e Cass. n. 807 del 1999).
4.3. Tanto premesso, costituisce consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità quello per cui, ai sensi dell’art. 1832 cod. civ., la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa implicita
approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate (con conseguente decadenza delle parti dalla facoltà di proporre eccezioni relative ad esse), ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti ( cfr., ex aliis , Cass. n. 30000 del 2018; Cass. n. 23421 del 2016; Cass. n. 11626 del 2011; Cass. n. 3574 del 2011). Tutto ciò significa che l’approvazione tacita del conto non impedisce di sollevare contestazioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto corrente ( cfr . Cass. n. 11749 del 2006; Cass. n. 30000 del 2018).
4.3.1. Come precisato da questa Corte, infatti, deve ritenersi che l’approvazione dell’estratto conto -per quel che riguarda i cosiddetti aspetti sostanziali, restando invece disciplinati dal secondo comma dell’art. 1832 quelli formali -abbia la funzione di rendere incontestabile in giudizio la verità storica dei dati riportati nel conto, ivi compresa l’esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista nel conto stesso menzionate come causale di determinate annotazioni di addebito, lasciando aperta la possibilità di porre in questione la portata ed il significato giuridico di quei fatti ( cfr. in motivazione, Cass. n. 6736 del 1995, poi ribadita dalla più recente Cass. n. 30000 del 2018. In senso sostanzialmente analogo, vedasi pure Cass. n. 3574 del 2011).
4.3.2. Nella fattispecie dedotta in giudizio si dibatteva, dunque, della legittimità, o non, anche della quantificazione degli importi a titolo di ‘ competenze ‘ del conto anticipi girocontate sul conto corrente ordinario il pagamento del cui saldo era stato invocato dalla banca. Come è evidente, allora, l’approvazione degli estratti di quest’ultimo conto, ex art. 1832 cod. civ., come dedotto dalla odierna ricorrente, non aveva avuto l’effetto di rendere incontestabile la spettanza delle ‘ competenze ‘ maturate in relazione al conto anticipi, poi riversate sul conto ordinario, giacché la controversia non aveva investito la verità storica delle sottostanti operazioni le cui evidenze contabili erano transitate sul primo, bensì la pretesa mancata spettanza di
quelle competenze in assenza di valida dimostrazione di una loro corretta quantificazione giustificata dalle corrispondenti clausole contrattuali.
4.3.3. È pur vero che, come ripetutamente affermato da questa Corte, nel caso in cui sussista un collegamento tra un conto corrente ordinario ed un conto anticipi, quest’ultimo ha la sola funzione di dare evidenza contabile ai finanziamenti per anticipazioni concessi dalla banca al cliente e riversati nel conto corrente ordinario mediante operazioni di giroconto, recando l’annotazione in ‘ dare ‘ degl’importi erogati in favore del correntista e quella in ‘ avere ‘ degl’importi derivanti dalla riscossione dei cr editi ceduti, con la conseguenza che il rapporto tra banca e cliente è rappresentato esclusivamente dal saldo del conto corrente ordinario ( cfr . Cass. n. 14321 del 2022, Cass. n. 6575 del 2018 e Cass. n. 13449 del 2011, tutte ribadite, in motivazione, dalla più recente Cass. n. 2356 del 2024). È altrettanto innegabile, tuttavia, che, ai fini del controllo della corretta determinazione delle competenze maturate con riguardo al conto anticipi, non può prescindersi dalla verifica delle corrispondenti clausole contenute in quest’ultimo. Ciò in quanto la cd. girocontazione delle competenze (interessi debitori, c.m.s. e spese) dal conto anticipi al conto ordinario consiste, notoriamente, in un’operazione di tecnica contabile mediante la quale la banca, periodicamente, fa confluire gli interessi passivi, le spese di conto e la commissione di massimo scoperto maturati, in un prestabilito intervallo temporale, in relazione al primo di essi sul secondo (cioè sul conto ordinario), così ottenendo il risultato ultimo che il conto anticipi risulta depurato dalle voci afferenti le proprie competenze (così rimanendo formato dalle sole poste a credito e a debito), mentre il conto ordinario viene ad essere gravato non solo delle proprie competenze -afferenti sempre gli interessi passivi, spese di conto e c.m.s. -ma pure di quelle relative al conto anticipi.
4.4. Con riguardo, poi, al tema dei rispettivi oneri probatori in controversie che vedano contrapposte domande di pagamento del saldo di un conto corrente (formulata dalla banca) e di rideterminazione dello stesso al fine di espungerne poste illegittimamente ivi addebitate proposta dal correntista, la recentissima Cass. n. 1763 del 2024 (alla cui ampia
motivazione, per la parte qui di interesse, può farsi rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.) ha puntualizzato ( cfr. , in particolare i §§ 2.9, 2.9.2. 2.9.4. 2.9.5. e 2.9.6 delle ‘ Ragioni della decisione ‘) che, nelle controversie aventi ad oggetto un rapporto di conto corrente bancario: a ) « l’istituto di credito ed il correntista sono onerati della dimostrazione dei fatti rispettivamente posti a fondamento delle loro domande e/o eccezioni, tanto costituendo evidente applicazione del principio sanc ito dall’art. 2697 cod. civ. »; b ) « Una volta esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista (oppure la non debenza di commissioni di massimo scoperto o, ancora, il non corretto calcolo dei giorni valuta) e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, l’accertamento del dare ed avere può attuarsi con l’impiego anche di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto stessi (cfr. Cass. n. 22290 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023). Questi ultimi, infatti, non costituiscono l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Essi -come rimarcato dalla già menzionata Cass. n. 37800 del 2022 (e sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. n. 10293 del 2023 e Cass. n. 22290 del 2023) -consentono di avere un appropriato riscontro dell’identità e della consistenza delle singole o perazioni poste in atto; tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni. In tal senso, allora, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito: i) ben può valorizzare altra e diversa documentazione, quale, esemplificativamente, e senza alcuna pretesa di esaustività, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni, oppure, giusta gli artt. 2709 e 2710 cod. civ., le risultanze delle scritture contabili (ma non l’estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. 10 maggio 2007, n. 10692 e Cass. 25 novembre 2010, n. 23974), o, ancora, gli estratti conto scalari (cfr. Cass. n. 35921 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023; Cass. n. 23476 del 2020; Cass. n. 13186 del 2020),
ove il c.t.u. eventualmente nominato per la rideterminazione del saldo del conto ne disponga nel corso delle operazioni peritali, spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti da ultimo a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (come già opinato proprio dalla citata Cass. n. 13186 del 2020, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito), oppure, come sancito da altra recentissima pronuncia di questa Corte in corso di pubblicazione (resa nel giudizio n.r.g. 14776 del 2019), – -anche la stampa dei movimenti contabili risultanti a video dal data base della banca, ottenuta dal correntista avvalendosi del servizio di home banking , se non contestata in modo chiaro, circostanziato ed esplicito dalla banca quanto alla sua non conformità a quanto evincibile dal proprio archivio (cartaceo o digitale); ii) parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ. »; c ) « È innegabile, peraltro, che malgrado la richiamata, vasta tipologia di documentazione utilizzabile per la integrale ricostruzione delle operazioni che si sono susseguite sul conto (spesso in un arco temporale anche molto ampio), non sia possibile addivenire a quel risultato, sicché, solo in tale ipotesi al giudice di merito sarà consentito utilizzare, dandone adeguata giustificazione, i metodi di calcolo che ritenga più idonei al raggiungimento comunque di un risultato che rispecchi quanto più possibile l’avvenuto effettivo sviluppo del rapporto tra le parti »; d ) « In quest’ottica, dunque, potrà certamente trovare applicazione anche il criterio dell’azzeramento del saldo o del cd. saldo zero, il quale, pertanto, altro non rappresenta che uno dei possibili strumenti attraverso il quale può esplicitarsi il meccanism o della ripartizione dell’onere probatorio tra le parti sancito dall’art. 2697 cod. civ. »; e ) « se la banca agisca in giudizio per il pagamento dell’importo risultante a saldo passivo ed il correntista chieda, a sua volta, la rideterminazione del saldo, concludendo o per la condanna dell’istituto di credito a pagare in proprio favore o per l’accoglimento della domanda di quest’ultimo in misura inferiore rispetto a
quella originariamente formulata, l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che: i) per quanto riguarda la banca, il calcolo del dovuto potrà farsi: ia) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto (ricordandosi, in proposito, che la banca non può sottrarsi all’assolvimento di un tale onere invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni, perché non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito. Cfr. Cass. n. 13258 del 2017; Cass. n. 7972 del 2016; Cass. n. 19696 del 2014; Cass. n. 1842 del 2011; Cass. n. 23974 del 2010; Cass. n. 10692 del 2007), azzerando il saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e procedendo, poi, alla rideterminazione del saldo finale utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto (o alla data della domanda); i-b) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, azzerando i soli saldi intermedi: intendendosi, con tale espressione, che non si dovrà tenere conto di quanto eventualmente accumulatosi nel periodo non coperto da documentazione, sicché si dovrà ripartire, nella prosecuzione del ricalcolo, dalla somma che risultava a chiusura dell’ultimo estratto co nto disponibile (la banca, cioè, perde solo quello che si sarebbe accumulato nel periodo non coperto dagli estratti conto mancanti, sicché il dato finale risulterà abbattuto di quella somma); ii) per quanto riguarda, invece, il correntista che lamenti l’il legittimo addebito di importi non dovuti (per anatocismo, usura, pagamento di interessi ultralegali non pattuiti per iscritto, commissioni di massimo scoperto etc.) e ne chieda la restituzione, egli si trova, in realtà, in posizione praticamente analoga a quella della banca, atteso che il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto che: iia) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, egli o dimostra l’eventuale vantata esistenza di un saldo positivo in suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico (ma, in tal caso, la corrispondente documentazione vale per entrambe le parti, per il
congegno di acquisizione processuale), o beneficia comunque dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e della successiva rideterminazione del saldo finale avvenuta utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura (o alla data della domanda); ii-b) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, anche in tal caso, egli, se sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto, ad esempio di anatocismo e/o usura e/o pagamento di interessi ultralegali non pattuiti e/o commissioni di massimo scoperto non concordate, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione che, in tal caso, però, nuovamente sarà utilizzabile anche per la controparte, sempre per il congegno di acquisizione processuale. Altrimenti, beneficerà del meccanismo di azzeramento del/i saldo/i intermedio/i nel significato in precedenza chiarito, con l’evidente risultato che la banca, per quel/quei periodo/i, non ottiene niente ed il correntista, per lo stesso o gli stessi periodi, nulla recupera. Questi, cioè, è come se non ci fossero, posto che nessuno ha p rovato che cosa sia successo. Con la conseguenza che l’estratto conto immediatamente successivo, e tutti i successivi ancora, devono essere corretti ricollegando l’ultimo saldo disponibile al primo saldo in cui ricominciano ad essere presenti gli estratti conto ».
4.4.1. Fermo quanto precede, la motivazione dell’impugnata sentenza, di cui si è già dato ampiamente conto in precedenza, si rivela affatto coerente con i principi tutti fin qui esposti, avendo chiarito ( cfr. amplius , pag. da 7 a 11) che « La documentazione offerta in primo grado dalla banca opposta consentiva al c.t.u. di ricostruire le poste debitorie relative al conto principale ed al tribunale di valutare la conformità alle condizioni contrattuali pattuite per il conto corrente ordin ario . La circ ostanza che negli estratti del c/c risultassero accreditate le somme anticipate sul conto satellite e che tali poste venissero conteggiate dal c.t.u. non contrasta con il rilievo circa l’assenza degli estratti del conto anticipi e con la decisione di non c onteggiare le relative competenze: la posta registrata quale anticipazione concessa dalla
banca al cliente non è stata contestata nei termini dell’art. 1832 c.c. e dunque deve ritenersi ormai definitivamente opponibile al cliente in difetto di qualsiasi allegazione circa l’invalidità del relativo titolo; diverso è il discorso circa l’ammontare delle competenze che derivano dall’operazione di anticipazione, le quali non possono essere determinate al tasso applicato in assenza di prova della relativa pattuizione. . Attraverso la consulenza tecnica espletata nel presente grado, le cui risultanze superano anche le contestazioni mosse con il terzo motivo d’appello circa l’asserita erronea lettura dei dati contabili, è stato ricostruito il saldo del rapporto di c/c al tasso legale fino al 9-04-08, al tasso contrattuale per il periodo successivo, senza capitalizzazione, con esclusione delle spese e commissioni non previste espressamente in contratto (ivi comprese le c.m.s.) ed escludendo le competenze derivanti al conto anticipi per le ragioni già espresse dal primo giudice. Invero, la mancata produzione del contratto anticipi impedisce la determinazione degli interessi nel medesimo stabiliti e l’individuazione delle commissioni e spese, come già rilevato dal c.t.u. in primo grado (v. pag. 14 relazione scritta: ‘Le somme addebitate per competenze riferite al conto anticipi sono state quantificate in euro 94.464,20. Di tali somme non è stato possibile effettuare la scomposizione tra interessi, spese e commissioni in quanto il dettaglio non risulta contenuto negli atti di causa. Non è stato possibile quantificare le somme addebitate a titolo di capitale per la particolare modalità di funzionamento del conto anticipi che comporta che sul c/c ordinario transitino i soli accrediti’) ».
4.4.2. Tanto è sufficiente, allora, per giustificare il rigetto della censura in esame.
Miglior sorte neppure merita il terzo motivo, che, giova ricordarlo, lamenta la qualificazione in termini di novità degli estratti conto relativi al conto anticipi prodotti in appello dalla banca, da considerarsi, invece, secondo quest’ultima, meramente chiarificatori degli estratti del conto ordinario già in atti. In ogni caso, si aggiunge, se fossero stati documenti nuovi, la banca non avrebbe potuto depositarli in primo grado perché la relativa esigenza era
emersa a decadenze maturate, con conseguente non imputabilità alla stessa del mancato loro tempestivo deposito.
5.1. Entrambi tali assunti non possono trovare seguito.
5.1.1. Il primo, -in disparte qualsivoglia valutazione di sua inammissibilità perché nemmeno indica il contenuto di tali documenti -per la decisiva ragione che lo stabilire se gli estratti del conto anticipi prodotto in appello fossero solo chiarificatori di quelli, già in atti, del conto corrente ordinario, ne implicava comunque l’esame, che, a sua volta, ne avrebbe logicamente presupposto la loro rituale e tempestiva produzione proprio perché dichiaratamente non identici a quelli del conto ordinario ma espressamente volti a chiarirli, tenuto conto, peraltro, che la ” novità ” cui allude l’art. 345, comma 3, cod. proc. civ., attiene al documento nella sua consistenza rappresentativa e non al solo suo contenuto ( cfr . Cass. n. 34025 del 2022).
5.1.2. Il secondo, perché l’art. 345, comma 3, cod. proc. civ., nel testo, qui applicabile ratione temporis, modificato dalla legge n. 69 del 2009, sancisce che ‘ Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli in primo grado per causa ad essa non imputabile . ‘. Esso, dunque, pone un divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello, senza che assuma più rilevanza (diversamente da quanto stabiliva il precedente tenore della medesima norma) la ” indispensabilità ” degli stessi, e ferma restando per la parte la possibilità di dimostrare di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile ( cfr. Cass. n. 26522 del 2017, ribadita, in motivazione, dalla più recente Cass. n. 29506 del 2023). La decisione impugnata, pertanto, correttamente ha ritenuto inammissibile l’avvenuta produzione di questi estratti solo contestualmente all’atto di appello.
5.1.3. Né, in contrario, può condividersi l’odierno assunto della banca ricorrente secondo cui detta produzione era avvenuta solo in quella sede perché « ogni questione relativa al conto anticipi è stata sollevata dopo che erano scaduti i termini perentori di cui all’art. 183 cod. proc. civ. per le
produzioni documentali . Di qui l’impossibilità di poter depositare i documenti una volta che, all’udienza del 12.11.2014, il legale del sig. COGNOME ha insistito per la ‘estensione’ del quesito » corrispondente al c.t.u..
5.1.4. Così argomentando, invero, si vengono a sovrapporre non correttamente il profilo della proponibilità della domanda/eccezione dello COGNOME relativa proprio alla contestazione delle ‘ competenze ‘ del conto anticipi (di cui si è già detto disattendendosi il primo motivo di questo ricorso) con quello dell’ammissibilità della produzione documentale, in modo del tutto svincolato dalla verifica della impossibilità per la parte di operare tale produzione tempestivamente nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile, così sostanzialmente facendosi riferimento, benché latamente, ad un criterio di indispensabilità che, invece, non assume più rilievo nella vigente disciplina dell’ammissibilità di nuovi mezzi istruttori in appello.
5.1.5. In altri termini, la corte territoriale, nel concreto, era chiamata, non già a dare applicazione all’art. 345 cod. proc. civ., e tampoco ad ammettere una produzione documentale sulla scorta di un’asserita novità della questione cui la prova medesima era riferita – bensì ad operare una verifica in ordine all’esistenza, o meno, di una produzione tempestiva, nell’ambito del giudizio di primo grado, della prova del credito ivi vantato dalla banca, anche quanto alle ‘ competenze ‘ suddette, ma contestato dal cliente. La decisione impugnata, quindi, risulta essere immune dal vizio dedotto dalla ricorrente, altresì rimarcandosi, peraltro, che quest’ultima nemmeno ha allegato, ancor prima che documentato, di aver formulato, in sede di gravame, in relazione agli estratti lì prodotti (circostanza pacifica tra le parti) per la prima volta, una specifica istanza di rimessione in termini.
Il quarto motivo, infine, per come concretamente argomentato, è inammissibile.
6.1. Con esso, invero, -come si è già anticipato -la ricorrente ha inteso censurare la decisione della corte di appello nella parte in cui ha espunto dalla rideterminazione del saldo del conto corrente di cui si discute le commissioni di massimo scoperto applicate a decorrere dal contratto del 9 aprile 2008.
6.1.1. Quel giudice, nell’escludere la correttezza di tali addebiti, ha affermato che, « Nella specie, il contratto del 9-04-08 contiene esclusivamente l’indicazione della percentuale di c.m.s. sull’affidamento di euro 120.000,00 nonché, nell’ambito della previsione di ‘maggiorazione per andamento anomalo’ ove è prevista contestualmente anche una maggiorazione del tasso debitore, l’applicazione di una c.m.s. pari allo 0,325% entro i limiti del fido e dello 0,400% oltre tali limiti; non vi è la necessaria specificazione del montante sul quale viene applicata tale percentuale e per quanto tempo. Detta previsione risulta, da un lato, indeterminata negli elementi che la dovrebbero invece caratterizzare, in violazione dell’art. 1346 c.c., e comporta comunque una d uplicazione non espressamente enunciata degli interessi corrispettivi, se valutata nella funzione remuneratoria del credito concesso. In entrambi i casi trattasi, come è evidente, di posta priva di valido titolo e come tale da espungere dalla rideterminazione del saldo » ( cfr . pag. 10 della sentenza impugnata).
6.1.2. Si è, dunque, innegabilmente, al cospetto di una duplice valutazione effettuata dalla corte sarda: la prima, riguardante la indeterminatezza dei criteri di applicazione della commissione de qua ; la seconda, concernente un suo difetto funzionale, in quanto costituente una « duplicazione non espressamente enunciata degli interessi corrispettivi, se valutata nella funzione remuneratoria del credito concesso ». A ciascuna di esse, quindi, ed altrettanto chiaramente, corrisponde un’autonoma ratio decidendi posta da quella corte a fondamento della sua pronuncia reiettiva del corrispondente motivo di gravame.
6.2. Orbene, la parte ricorrente ha argomentato la sua censura limitandosi a contestare la sentenza impugnata nella sola parte inerente i profili di indeterminatezza delle modalità di applicazione della clausola suddetta, nulla avendo dedotto, invece, in ordine a quelli funzionali.
6.2.1. Pertanto, deve trovare applicazione il principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità e qui condiviso, secondo cui, ove la corrispondente motivazione della sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e
logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata sul punto, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in alcun caso l’annullamento, in parte qua, della sentenza ( cfr., ex multis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 26801 e 4355 del 2023; Cass. n. 4738 del 2022; Cass. n. 22697 del 2021; Cass., SU, n. 10012 del 2021; Cass. n. 3194 del 2021; Cass. n. 15075 del 2018; Cass. n. 18641 del 2017; Cass. n. 15350 del 2017).
7. In conclusione, dunque, l’odierno ricorso promosso, nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, dalla sua mandataria RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dallo COGNOME, con attribuzione all’AVV_NOTAIO dichiaratosene antistatario ex art. 93 cod. proc. civ., altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso promosso, nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, dalla sua mandataria RAGIONE_SOCIALE e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute da NOME COGNOME, liquidat e in complessivi € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi
liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge, con attribuzione all’AVV_NOTAIO, dichiaratosene antistatario ex art. 93 cod. proc. civ..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della medesima parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unif icato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile