Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13667 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13667 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1176/2024 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in PERUGIA INDIRIZZO domicilio digitale EMAIL, rappresentato e difeso dall ‘avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliato in FOLIGNO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
Oggetto: Contratti bancari -Conto corrente Cessione credito -Prova -Requisiti -Criterio del c.d. ‘saldo zero’ -Presupposti
R.G.N. 1176/2024
Ud. 06/05/2025 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 364/2023 depositata il 23/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 06/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 364/2023, pubblicata in data 23 maggio 2023, la Corte d’appello di Perugia, nella regolare costituzione di RAGIONE_SOCIALE -e, per essa, della mandataria RAGIONE_SOCIALEe nella contumacia di RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Perugia n. 1951/2019, pubblicata in data 18 dicembre 2019.
NOME COGNOME aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 2318/2017 con il quale il Tribunale di Perugia gli aveva ingiunto il pagamento in favore della CASSA DI RISPARMIO DI BOLOGNA S.P.A. della somma di € 131.589,28 oltre interessi e spese, quale saldo negativo di un conto corrente assistito da apertura di credito con garanzia ipotecaria.
A fondamento dell’opposizione aveva dedotto: l’assenza di adeguata prova per ottenere l’ingiunzione avendo la Banca depositato il solo saldo conto in luogo dell’estratto contro ex art. 50 TUB; il superamento del tasso soglia di legge dal primo trimestre 2008 al primo trimestre 2009 degli interessi; la difformità tra il tasso contrattualmente pattuito e il tasso effettivamente praticato; la nullità del contratto di apertura di credito nella parte in cui prevedeva un tasso di interessi non determinato né determinabile perché riferito
all’Euribor; l’applicazione di commissioni di massimo scoperto e di spese e commissioni non dovute.
Si era regolarmente costituita RAGIONE_SOCIALE contestando la fondatezza dell’opposizione.
Nel corso del giudizio era intervenuta ex art 111 c.p.c. RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito della stessa RAGIONE_SOCIALE BOLOGNA RAGIONE_SOCIALE
Respinta l’opposizione da parte del Tribunale e proposto appello da parte di NOME COGNOME la Corte territoriale ha disatteso i motivi di gravame, osservando, in sintesi che:
–RAGIONE_SOCIALE aveva adeguatamente dimostrato la propria legittimazione mediante la produzione dell’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale che indicava un collegamento ipertestuale che conduceva all’elenco dei rapporti ceduti, tra i quali figuravano quelli facenti capo all’appellante;
-le contestazioni in ordine alla idoneità probatoria del saldaconto prodotto a supporto della domanda monitoria erano superate dal successivo sviluppo del giudizio di opposizione nel corso del quale erano stati prodotti gli estratti conto ed il contratto;
-le produzioni effettuate da RAGIONE_SOCIALE in sede di discussione non potevano ritenersi tardive ed in particolare la produzione del fascicolo del monitorio poteva avvenire anche dopo lo spirare delle preclusioni processuali
-le doglianze relative alla omessa applicazione del criterio del c.d. ‘saldo zero’ per essere stati prodotti soltanto gli estratti conto a far data dal 31.06.2006, e non anche quelli precedenti a far tempo dall’apertura del rapporto, erano precluse dal fatto che nessuna deduzione specifica era stata svolta in sede di opposizione;
-infondata era la deduzione della nullità della clausola che richiamava per gli interessi l’ Euribor sia perché tale clausola non comportava una indeterminatezza degli interessi sia non vi era prova del fatto che il contratto costituisse pattuizione ‘a valle’ dell’intesa restrittiva della concorrenza di cui alla decisione della Commissione Europea 4 dicembre 2013, risultando anzi il contratto sottoscritto prima del periodo investito dalle censure della Commissione Europea;
-la dedotta difformità tra l’ISC ed il tasso effettivamente applicato non comportava la nullità, seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 TUB;
-il gravame non censurava adeguatamente le ragioni esposte dal giudice di prime cure per non dare luogo a CTU.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Perugia ricorre NOME COGNOME
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato ad otto motivi.
2 .1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1260 ss. c.c.; 111 e 115 c.p.c., ‘per aver la sentenza affermato che la carenza di prova circa la titolarità sostanziale della Cassa di Risparmio di Bologna S.p.a., quale attrice in senso sostanziale in primo grado, sarebbe stata superata ed assorbita dal mero intervento, in tale giudizio, ex art. 111 c.p.c. della RAGIONE_SOCIALE, ritenendo così
quest’ultima, a sua volta, titolare del diritto di credito, pur in assenza della titolarità in capo alla propria dante causa’ .
Evidenzia il ricorrente che la RAGIONE_SOCIALE aveva agito in sede monitoria affermando di essere diventata titolare del credito in virtù di atto di scissione parziale con il quale la Cassa di Risparmio di Firenze aveva assegnato alla medesima RAGIONE_SOCIALE gli elementi patrimoniali del ramo di azienda organizzato per l’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria presso n. 32 sportelli operativi in Emilia-Romagna, appartenenti alla società scissa.
Deduce il ricorrente che di tale circostanza non sarebbe stata data adeguata prova, in quanto le produzioni documentali operate in corso di giudizio non sarebbero idonee a darne conferma.
Conclude, quindi, argomentando che, assente la prova della titolarità del credito in capo a RAGIONE_SOCIALE BOLOGNA SPA, tale carenza si sarebbe riflessa anche sulla posizione di RAGIONE_SOCIALE
2.2. Il motivo è fondato.
La Corte territoriale ha motivato il rigetto delle contestazioni sollevate dall’odierno ricorrente osservando , testualmente, che ‘l’ulteriore rilievo sollevato denunciando la originaria legittimazione della Cassa di Risparmio di Bologna in esito ai mutamenti societari già all’atto della proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo, sull’assunto di non aver fornito prova in tale s ede della sua legittimazione ad agire o della sua titolarità del credito del credito ‘ veniva a trovare ‘nella attualità la sua consumazione ed assorbimento con la sostituzione ex art 111 c.p.c.’ dell’odierna controricorrente all’opposta RAGIONE_SOCIALE
Il ragionamento seguito dalla Corte territoriale, tuttavia, risulta palesemente viziato.
Giova puntualizzare, preliminarmente, che, nell’ipotesi in cui ad essere contestata sia la stessa esistenza della cessione del credito, il profilo sollevato concerne non la legittimazione attiva del cessionario, bensì la stessa titolarità in capo al medesimo del lato attivo dell’obbligazione, e cioè un profilo che, come tale, può essere verificato anche d’ufficio (Cass. civ. SS.UU. 16 febbraio 2016, n. 2951; Cass. civ. 15 maggio 2018, n. 11744; Cass. civ. 17 giugno 2024, n. 16814).
Operata tale premessa, è agevole osservare che il profilo della prova dell’ originario acquisto del credito da parte di CASSA RAGIONE_SOCIALE BOLOGNA RAGIONE_SOCIALE – per effetto della dedotta operazione di scissione parziale – veniva a costituire una questione del tutto autonoma -e, semmai, pregiudiziale, – rispetto al profilo della prova della successiva cessione del credito da parte della medesima RAGIONE_SOCIALE BOLOGNA RAGIONE_SOCIALE all’odierna controricorrente , in quanto tale seconda cessione veniva imprescindibilmente a postulare l’esistenza e quindi la prova – della prima.
Risulta e vidente, quindi, che la Corte d’appello mai avrebbe potuto ritenere -come invece ha fatto -che, raggiunta la prova della seconda cessione, la questione della prova della prima cessione trovasse -come affermato con costrutto comunque poco perspicuo -‘ consumazione ed assorbimento con la sostituzione ex art 111 c.p.c.’ , e ciò proprio perché la ‘sostituzione ex art. 111 c.p.c.’ ( rectius la cessione del credito all’odierna controricorrente ed il suo intervento in giudizio), postulava imprescindibilmente che la cedente (cioè RAGIONE_SOCIALE fosse, a propria volta, titolare del credito che si assumeva essere stato oggetto di cessione.
Quest’ultimo profilo, quindi, ben lungi dal potersi ritenere ‘assorbito’ per effetto della successiva cessione alla controricorrente e dell’intervento in giudizio di quest’ultima, avrebbe invece dovuto essere specificamente e separatamente valutato dalla Corte territoriale, atteso che l’assenza di adeguata prova dell’attribuzione del credito a RAGIONE_SOCIALE BOLOGNA SPA per effetto dell’operazione di scissione avrebbe comportato la constatazione della titolarità del credito azionato sia in capo alla stessa RAGIONE_SOCIALE sia, di riflesso, alla successiva cessionaria RAGIONE_SOCIALE
Né a superare tale profilo critico potrebbe valere -come deduce la controricorrente – il fugace inciso contenuto -e precedentemente omesso -nel passaggio motivazionale prima citato, e cioè l’affermazione per cui ‘ lo stesso appellante non aveva al tempo mosso tempestiva obiezione a riguardo ‘ .
Tale affermazione, infatti, oltre a non costituire effettiva ratio decidendi , trovava un limite nella puntualizzazione espressa da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016) in tema di applicazione della non contestazione, allorquando si è osservato (par. 56) che ‘ la non contestazione pone problemi più delicati e deve essere attentamente valutata dal giudice, specie quando non attenga alla sussistenza di un fatto storico, ma riguardi un fatto costitutivo ascrivile alla categoria dei fatti-diritto. In particolare in queste materie, il semplice difetto di contestazione non impone un vincolo di meccanica conformazione, in quanto il giudice può sempre rilevare l’inesistenza della circostanza allegata da una parte anche se non contestata dall’altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto (cfr. Cass., sez. un., 3 giugno 2015, n. 11377, anche per ulteriori richiami) ‘ .
Conseguentemente, anche a voler assumere -per inconcessum -la presenza nella decisione di una ulteriore ratio decidendi costituita dall’affermazione di situazione di non contestazione, permane comunque la considerazione per cui la Corte territoriale non avrebbe potuto ‘meccanicamente’ ritenere non contestato il profilo in questione sulla scorta del mero contenuto dell’opposizione a decreto ingiuntivo contenuto che peraltro risulta lasciato del tutto nel vago e privo di concreta analisi nella decisione impugnata -ed avrebbe dovuto, semmai, operare una valutazione più ad ampio spetto delle difese dell’odierno ricorrente , per verificare se dalle medesime emergeva o meno una effettiva non contestazione.
3.1 . Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., ‘per aver la sentenza, se pur del tutto incidentalmente, affermato la tardività della eccezione di carenza di legittimità in senso sostanziale di cui al motivo n. 1, pur non essendo tale eccezione soggetta a preclusioni e potendo essere la questione rileva ta anche d’ufficio’ .
3.2. Il motivo è inammissibile, in quanto -come si è appena osservato in relazione al primo motivo – lo stesso viene ad impugnare un’affermazione della decisione impugnata che è da considerarsi priva dei caratteri di ratio decidendi .
4.1 . Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 111, sesto comma e 132 c.p.c., ‘per aver la sentenza omesso di motivare sia in merito al rigetto della eccezione di carenza di legittimazione in senso sostanziale di cui al motivo n. 1 sia in relazione alla tardività della eccezione medesima di cui al motivo n. 2, avendo apoditticamente affermato l’applicabilità al caso di specie dell’art. 111 c.p.c. e la suddetta tardività, senza null’altro aggiun gere’ .
4.2. Il motivo costituisce una sorta di riproposizione del primo motivo, seppur da diversa angolazione, e risulta quindi assorbito dall’accoglimento del primo mezzo.
5.1 . Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1264 e 2697 c.c.; 1 e 4 Legge n. 130/1999; 58, T.U.B., ‘per avere la sentenza ritenuto la sussistenza della legittimazione in senso sostanziale in capo a RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria della Cassa di Risparmio di Bologna S.p.a., in forza di cessione in blocco di crediti pecuniari, avendo ritenuto ai fini della prova della cessione sufficiente la mera pubblicazione in G azzetta Ufficiale dell’avviso dei crediti ceduti’ .
5.2. Il motivo è inammissibile, in quanto, sotto l’apparente deduzione della violazione o falsa applicazione di legge, viene nel concreto a sindacare l’accertamento in fatto svolto dalla Corte d’appello in ordine alla cessione tra RAGIONE_SOCIALE BOLOGNA RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fermo -evidentemente -quanto già rilevato in relazione al primo motivo, e cioè che tale accertamento non valeva ad assorbire il distinto profilo dell’acquisizione del credito da parte della CASSA RAGIONE_SOCIALE BOLOGNA RAGIONE_SOCIALE sia alla successiva cessionaria RAGIONE_SOCIALE
6.1 . Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 183 c.p.c. ‘e della legge processuale in materia di decadenze e preclusioni istruttorie’ , ‘per non aver la sentenza considerata tardiva la produzione documentale effettuata con le note conclusionale e, quindi, oltre i termini previsti per legge’ .
Si censura la decisione impugnata sia nella parte in cui non ha ritenuto tardiva la produzione nel giudizio di primo grado di un documento relativo all’asserito credito nei confronti del ricorrente -in quanto tale documento sarebbe stato prodotto per la prima volta in
una memoria successiva alle note conclusive in primo grado -sia per omessa pronuncia sul relativo motivo di appello.
6.2. Il motivo è inammissibile.
Lo stesso, infatti, non rispetta adeguatamente il canone di specificità di cui all’art. 366, n. 6), c.p.c., in quanto omette di specificare convenientemente il contenuto del motivo -non risultando neppure esplicati i caratteri del documento in questione -ed in tal modo non consente a questa Corte di procedere alla valutazione della sussistenza di una pronuncia implicita di rigetto da parte della Corte territoriale.
Occorre, infatti, considerare che è configurabile una decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza, con la conseguenza che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7406 del 28/03/2014).
7.1 . Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697; 1823 ss. e 1852 ss. c.c., ‘per aver non avere la sentenza rigettato la
domanda attorea, stante la mancata produzione di tutti gli estratti conto a far data dall’apertura del rapporto’ .
7.2 . Con il settimo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697; 1823 ss. e 1852 ss. c.c., ‘per non avere la sentenza fatto applicazione della regola del c.d. saldo zero nella determinazione del credito’ .
7.3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la stretta correlazione, e sono fondati.
Deve essere richiamata, sul punto, la più recente ed organica posizione assunta da questa Corte in tema sia di domande contrapposte tra istituto di credito e correntista sia di criteri di rideterminazione del saldo del conto corrente in assenza della totalità della documentazione concernente l’andamento del rapporto medesmo.
Questa Corte, infatti, (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 1763 del 17/01/2024) ha chiarito che, in tema di rapporti bancari regolati in conto corrente, ove la banca agisca in giudizio per il pagamento dell’importo risultante a saldo passivo ed il correntista chieda, a sua volta, la rideterminazione del saldo, concludendo per la condanna dell’istituto di credito a pagare la differenza in proprio favore o per l’accoglimento della domanda principale in misura inferiore, l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che:
per quanto riguarda la banca, il calcolo del dovuto potrà farsi: a.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto azzerando il saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e procedendo, poi, alla rideterminazione del
saldo finale utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto o alla data della domanda; a.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, azzerando i soli saldi intermedi, intendendosi con tale espressione che non si dovrà tenere conto di quanto eventualmente accumulatosi nel periodo non coperto da documentazione, sicché si dovrà ripartire, nella prosecuzione del ricalcolo, dalla somma che risultava a chiusura dell’ultimo estratto conto disponibile;
b) per quanto riguarda, invece, il correntista che lamenti l’illegittimo addebito di importi non dovuti a vario titolo e ne chieda la restituzione, il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto che: b.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, egli o dimostra l’eventuale vantata esistenza di un saldo positivo in suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico o beneficia comunque dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e della successiva rideterminazione del saldo finale avvenuta utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura o alla data della domanda; b.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, anche in tal caso, egli, se sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto di interessi o commissioni non dovute, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione che, in tal caso, però, nuovamente sarà utilizzabile anche per la controparte, secondo il meccanismo di acquisizione processuale; in caso contrario, lo stesso beneficerà del meccanismo di azzeramento del o dei saldi intermedi, con il risultato che la banca, per quel o quei periodi, non ottiene niente ed il correntista, per lo stesso o gli stessi periodi, nulla recupera; così
da prevenire, in definitiva, il rischio di due saldi difformi per la banca o il correntista all’esito del ricalcolo (sul punto anche Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 11735 del 02/05/2024).
Nel caso ora in esame -nel quale, peraltro, era il solo istituto di credito opposto ad aver formulato una domanda di pagamento, avendo l’odierno ricorrente meramente contestato tale domanda – la Corte territoriale, dopo aver dato atto dell’avvenuta produzione de gli estratti conto solamente a far data dal 31 giugno 2006 -in quanto la banca aveva dichiarato di non essere in grado di produrre gli estratti del periodo precedente – ha tuttavia ritenuto di superare le contestazioni dell’odierno ricorrente in ordine alle modalità di calcolo degli interessi nel decreto ingiuntivo sulla base della considerazione per cui nell’ originaria opposizione al decreto ingiuntivo non era stata mossa alcuna specifica censura, laddove ‘s e (…) l’opponente/appellante avesse voluto sollevare tempestivamente simile censura avrebbe dovuto dar prova della supposta erroneità di conteggio per non avere considerato il ‘saldo zero’ in difetto del riscontro documentale degli estratti conto ‘ .
L’affermazione della Corte territoriale si pone in diretto contrasto con i principi enunciati da questa Corte.
In primo luogo, infatti, la Corte d’appello ha di fatto obliterato il fondamentale principio, enunciato da questa Corte, per cui, per effetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto con riguardo alla ripartizione dell’onere della prova (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21101 del 19/10/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4800 del 01/03/2007; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8718 del
27/06/2000 ), dovendo essere quindi l’opposto a fornire piena prova del proprio credito.
In secondo luogo, la decisione impugnata ha disatteso il principio -diretta gemmazione di quello appena richiamato, ma riferito alla specifica materia dei crediti derivanti da rapporti di conto corrente -per cui la banca, quale attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha l’onere di produrre gli estratti conto a partire dalla sua apertura, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 15148 del 11/06/2018; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 14640 del 06/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21466 del 19/09/2013)
Da ultimo, poi, la decisione impugnata, ha disatteso il principio poc’anzi richiamato in tema di criteri di ricostruzione del saldo del conto corrente in assenza di documentazione sull’intero andamento complessivo del rapporto, ed anzi ha ritenuto che la mera assenza, nell’opposizione, della deduzione di ‘errori di conteggio’ nella ricostruzione contabile dell’opposta valesse a far ritenere superato di slancio quel profilo dell’assenza della completezza della documentazione sull’andamento del conto corrente che, invece, secondo quanto chiarito, appunto, da questa Corte, avrebbe imposto l’applicazione dei criteri prima richiamati e, in particolare, l’applicazione del criterio del c.d. ‘saldo zero’ .
Tale criterio, invero, non può ritenersi obliterato o reso superfluo unicamente adducendo -come invece ha erroneamente fatto la decisione impugnata -l’assenza di specifiche contestazioni del correntista sui conteggi offerti dalla Banca, atteso che queste ultime possono vertere sul mero quantum del credito, laddove l’assenza
parziale della documentazione sull’andamento del conto corrente viene ad investire il profilo della stessa prova della pretesa azionata dalla Banca, e quindi lo stesso an del credito.
8.1 . Con l’ottavo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 61 e 194 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione della legge ai sensi dell’art. 360, 1°comma, n. 4, c.p.c. per omessa motivazione’ , ‘per non aver la sentenza ammesso la CTU, anche al fine di ricalcolare il conto con la regola del c.d. ‘saldo zero’, nonché ai sensi dell’art. 360, 1°comma, n. 4, per l’aver la sentenza respinto la richiesta di CTU sulla base di motivazione apparente o perplessa’ .
8.2. Il motivo deve ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento dei due motivi che lo precedono.
In virtù delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto in relazione al primo, sesto e settimo motivo, inammissibili secondo, quarto, quinto, motivo ed assorbiti terzo ed ottavo.
Conseguentemente, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, la quale si conformerà ai principi qui richiamati e provvederà a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte,
accoglie primo, sesto e settimo motivo di ricorso, inammissibili secondo, quarto, quinto, motivo ed assorbiti terzo ed ottavo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 6 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME