Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26526 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26526 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6222/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 833/2021 depositata il 20/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Ancona, accogliendo parzialmente l’opposizione al decreto ingiuntivo, condannava gli opponenti RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. della somma di euro 132.007,00 rideterminando il saldo dei rapporti bancari all’esito di consulenza tecnica.
La Corte d’appello ha confermato la sentenza e per quel che ancora qui interessa -ha respinto il motivo di appello con cui gli appellanti si dolevano dell’erroneità della sentenza gravata perché la CTU si sarebbe svolta su liste di movimenti contabili interne della banca prive di data certa e costituenti mere annotazioni interne, osservando che la Banca aveva assolto l’onere probatorio allegando gli estratti conto periodici e gli scalari, documentazione sulla base della quale il C.T.U aveva ricostruito la movimentazione del conto corrente come da indicazioni del giudice di prime cure che non era stata contestata dagli opponenti, che, del resto, non avevano contestato il credito in linea capitale, bensì i profili di illegittimità dell’applicazione di interessi superiori al tasso legale, della capitalizzazione trimestrale degli interessi, del superamento del tasso soglia, delle commissioni di massimo scoperto.
3.Avverso detta sentenza RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno presentato ricorso, affidandolo ad un unico motivo di cassazione, corredato da memoria. RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo di cassazione i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione ex art. 360 I Comma n. 3 e n. 55 c.p.c. in relazione agli articoli 119 II comma del d.lgs. n. 385/1993, 101 c.p.c. e 24 della Costituzione, 2697 comma primo e 2033.c. 115 e 116 del c.p.c., per non avere la Corte territoriale
valutato correttamente l’ onus probandi della banca. In particolare, assumendo:
che la banca avversaria, quale attrice sostanziale del giudizio, aveva l’onere, « in primis, di fornire prova documentale di aver inviato periodicamente alla società debitrice tutti gli estratti conto ed in particolare quelli iniziali, dalla data di instaurazione del rapporto -avvenuta con la sottoscrizione del contratto del 3/8/2001- alla data del 17.1.2002 ovvero alla data del primo estratto conto in atti »; inoltre aveva l’onere di fornire « prova documentale completa e di data certa della propria domanda monitoria di pagamento del saldo finale del suddetto conto corrente » (aperto il 3.8.2001 e chiuso il 30.11.2010, nel quale, in data 6.8.2009, era confluito il saldo finale di estinzione del conto corrente inizialmente contrassegnato presso Banca di Roma dal n. NUMERO_DOCUMENTO, e che, infine, era stato numerato presso RAGIONE_SOCIALE, col nuovo n. 000500043775) mediante la produzione di tutti gli estratti conto; invece la banca aveva prodotto estratti conto solo a far tempo dal 17.1.2002, mentre per il periodo anteriore aveva depositato solo liste di movimenti contabili interne e documenti di sintesi ad uso interno, mai inviate e trasmessi o comunque consegnati in corso di rapporto alla correntista RAGIONE_SOCIALE e che, pertanto, non potevano, a suo dire, spiegare alcuna efficacia probatoria nei confronti degli odierni ricorrenti;
che gli odierni ricorrenti già nel corso del giudizio di primo grado avevano contestato dette liste interne di movimenti contabili e i documenti di sintesi ad uso interno, prodotti in atti dalla banca con la memoria 183 VI comma n. 2 c.p.c.
-Il motivo, che in realtà si articola in due censure di legittimità, è inammissibile sotto entrambi i profili invocati.
2.1- Inammissibile anzitutto è la invocata violazione del n. 5 del primo coma dell’art. 360 c.p.c. poiché, anche a prescindere dal fatto che in violazione del principio di specificità di cui all’art. 366
comma 1 n. 4 c.p.c. i ricorrenti non lo illustrano (se non nella memoria con cui replicano alla costituzione di parte resistente) è noto che l’omessa considerazione cui si riferisce la norma processuale riguarda un fatto storico naturalistico e non un fatto processuale quale quello della avvenuta contestazione della valenza probatoria dei documenti prodotti dalla banca e analizzati dal CTU.
2.2 La invocata violazione e falsa applicazione di legge ex artt. 360 comma 1 n.3 c.p.c. che si riferisce a plurime norme, è, invece, inammissibile per diverse ragioni ed anzitutto perché finisce per tradursi in una censura alla valutazione delle risultanze probatorie ed della loro idoneità a sorreggere la pretesa creditoria fatta valere dalla banca.
2.2.1- Giova rammentare che questa Corte e ha affermato che laddove il correntista -come nella specie -pretenda di rideterminare il saldo, depurato dagli importi asseritamente non dovuti (per capitalizzazione indebita, interessi ultralegali e/o usurari, commissione di massimo scoperto etc.), e di ripetere l’indebito pagamento eseguito con rimesse sul conto passivo (o extrafido), se si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, l’accertamento del dare ed avere può attuarsi con l’impiego anche di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto stessi (cfr. Cass. n. 22290/2023; Cass. n. 10293/2023). Questi ultimi, infatti, non costituiscono l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Essi -invero come affermato da Cass. n. 37800 del 2022 (e sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. n. 10293 del 2023 e Cass. n. 22290 del 2023) -consentono di avere un appropriato riscontro dell’identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto. Tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa
conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni; per cui il giudice del merito -come ha fatto in questo caso quello di prime cure – può affidare ad un consulente tecnico esperto in materia contabile il compito della rideterminazione del saldo del conto (cfr. Cass. n. 14074/2018; Cass. n. 5091/2016; nel medesimo senso, si vedano pure Cass. n. 31187/ 2018; Cass. n. 11543/2019) , « spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (come già opinato Cass. n. 13186 del 2020, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito) (…); ii) parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ. » (Cass. n. 1736/2024).
2.2.4- La Corte di merito nella specie -richiamati questi principi – ha ritenuto che la Banca avesse assolto l’onere probatorio sulla stessa incombente in ordine alla dimostrazione dei fatti costitutivi del suo credito.
Ciò premesso è evidente che sono inammissibili le censure che si fondano sulla pretesa violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.: della prima norma, poiché la violazione della stessa si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. n. 15107/2013; Cass. n. 19064/2006; Cass. n. 2155/2000; Cass. n.
11949/1993), ribaltamento del riparto degli oneri probatori che, nel caso di specie, non è neppure denunciato; della seconda, poiché la sua violazione implica che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (v. per tutte Cass., Sez. Un. n. 20867/2020), allegazione neppure formulata nel caso in esame.
Per cui l’evocazione degli invocati paradigmi normativi non risulta pertinente e la doglianza, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, mira, in realtà, ad una rivalutazione dell’idoneità della prova operata dal giudice di merito che non è consentita in questa sede.
Inoltre la censura non considera la specifica ratio decidendi della Corte in punto delimitazione dell’ onus probandi della banca creditrice opposta che si fonda sul fatto che gli opponenti non avevano mai contestato il credito della banca «in linea capitale» (cioè le movimentazioni registrate), bensì l’illegittimità delle appostazioni a debito per usura, anatocismo e applicazione di condizioni non pattuite: a fronte di tale ratio, che poggia sull’autorizzato utilizzo in sede di ricostruzione del saldo di specifici documenti (n. 8 e 14) e sulla non contestazione di tale indicazione, la censura risulta anche non pertinente laddove si concentra sulle contestazioni genericamente mosse alla idoneità di documenti (non indicati) allegati alla memoria istruttoria in primo grado e alla valorizzazione che ne ha fatta il CTU all’esito del contradditorio tecnico; essendo peraltro niente affatto decisivo che detti documenti potessero definirsi estratti conto, non costituendo -come dettoquesti ultimi l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto, poiché, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi
di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni (v. per tutte Cass. n. 1736/2024 cit.).
2.2.5- Infine inammissibile perché inconferente rispetto alla ratio decidendi e per difetto di specificità risulta anche la doglianza relativa alla violazione dell’art. 119 co.2° TUB: i ricorrenti, invero, deducono tale violazione perché la Corte di merito ha considerato adempiuto l’onere della prova da parte della Banca senza dapprima vagliare l’adempimento del fondamentale e primario obbligo specifico di rendiconto, ovvero senza verificare se la banca avesse o meno inviato gli estratti conto al correntista, producendo i moduli postali di spedizione. Tuttavia non risulta che una tale contestazione in fatto (inadempimento dell’obbligo di rendiconto) fosse stata oggetto del giudizio e dalla decisione della Corte di merito non risulta alcuna allegazione e illustrazione in proposito né alcuna decisione in punto.
Pertanto va ribadito che ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito e di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto (v Cass. n. 2038/2019).
3.- Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nell’importo di euro 6.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul
compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile 30.09.2025
Il Presidente NOME COGNOME