Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10445 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10445 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28152/2020 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOMECOGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale-
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME
–
contro
ricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1352/2020 depositata il 21/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2011 l’acquirente NOME acquistò dalla RAGIONE_SOCIALE un’autovettura Seat Alhambra al prezzo di € 29.737,00. Dopo qualche mese dall’acquisto, l’auto cominciò a manifestare malfunzionamenti, tanto da non essere più in grado di marciare. Nel luglio 2011, l’acquirente portò il veicolo presso la venditrice per sottoporlo a riparazione, assumendo che i guasti fossero coperti dalla garanzia. Il mezzo venne trattenuto dalla venditrice per accertamenti. Dopo alcuni mesi, non avendo ricevuto notizie, l’acquirente inviò in data 7/10/2011 una comunicazione scritta alla RAGIONE_SOCIALE con la quale dichiarava di voler risolvere il contratto di compravendita ex art. 130 co. 7 cod. cons. per inadempimento della venditrice, chiedendo la restituzione del prezzo pagato, oltre al risarcimento del danno. Tali erano anche le domande giudiziali proposte dinanzi al Tribunale di Prato.
La RAGIONE_SOCIALE si difendeva allegando di aver diagnosticato un guasto alla pompa del gasolio e di aver ordinato il pezzo di ricambio alla RAGIONE_SOCIALE Il pezzo era giunto nel mese di ottobre 2011. Dopo lo smontaggio, era emersa sporcizia nel serbatoio del carburante e nel filtro, elemento che induceva a escludere un malfunzionamento imputabile a un difetto di produzione. La RAGIONE_SOCIALE aveva quindi comunicato all’attrice NOME che la riparazione non poteva ritenersi coperta da garanzia. L’attrice non rispose e successivamente instaurò il giudizio.
Il Tribunale di Prato rigettava le domande accertando che il malfunzionamento era causato da un rifornimento con gasolio sporco e non da un difetto di conformità ai sensi dell’art. 130 cod. cons.
Inoltre respingeva la domanda di manleva della convenuta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE. NOME impugnava la sentenza sostenendo che il Tribunale aveva travisato il thema decidendum, non considerando che la convenuta fosse tenuta alla riparazione non solo in base alla garanzia, ma anche in base a un contratto d’opera derivante dalla riparazione affidata. Ha contestato, inoltre, che il Tribunale non avesse riconosciuto l’inadempimento della convenuta nella diagnosi e nella riparazione del veicolo, omettendo di considerare il danno subito dalla mancata disponibilità dell’auto per un lungo periodo. La COGNOME ha chiesto il rigetto dell’appello, ritenendolo inammissibile ex art. 342 c.p.c. e ha proposto appello incidentale per la condanna di RAGIONE_SOCIALE alla manleva. RAGIONE_SOCIALE ha chiesto il rigetto sia dell’appello principale sia di quello incidentale, sostenendo l’assenza di un difetto di conformità e l’insussisten za della sua responsabilità.
La Corte di appello di Firenze ha rigettato sia l’appello principale sia quello incidentale, confermando integralmente la sentenza di primo grado. Ha ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale, ma ha confermato che la domanda dell’attrice era basata solo sulla responsabilità del venditore per difetti di conformità e non su un distinto contratto d’opera. Ha escluso, inoltre, che la convenuta avesse riconosciuto la propria responsabilità e ha confermato l’assenza di un vizio di conformità, in quanto il problema era riconducibile a un uso improprio del veicolo da parte dell’attrice. La Corte ha anche rigettato la domanda di manleva della convenuta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e ha condannato la prima a rifondere le spese alla seconda.
Ricorre in cassazione l’acquirente attrice con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste la venditrice convenuta con controricorso e ricorso incidentale con un motivo e memoria. Resiste la terza chiamata con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 99, 101, 112, 115 e 132 c.p.c. La sentenza impugnata ha ritenuto erroneamente che la convenuta in primo grado avesse concluso per il rigetto totale delle domande attoree, mentre dalle difese della stessa non emergeva un’esplicita richiesta in tal senso, ma piuttosto vi era il riconoscimento del diritto al risarcimento per tre mesi in cui il veicolo era rimasto ricoverato nell’officina della convenuta. Si contesta che i giudici di merito abbiano modificato le conclusioni della convenuta, attribuendo loro un significato diverso da quello effettivamente esposto, con ciò violando il principio della domanda e del contraddittorio. Si censura che si sia omesso di riportare esattamente le conclusioni della convenuta e si sia fondata la decisione su un’interpretazione arbitraria delle difese, violando l’art. 132 c.p.c., che impone alla sentenza di contenere le conclusioni delle parti. Si invoca giurisprudenza sull’errata trascrizione delle conclusioni che determina la nullità della sentenza se impedisce una corretta valutazione del thema decidendum.
Il primo motivo è rigettato.
Risulta dagli atti che la difesa della RAGIONE_SOCIALE ha negato fondamentalmente la propria responsabilità e l’esistenza di un difetto di conformità tali da fondare le pretese dell’attrice ed ha sostenuto piuttosto che l’origine del problema era riconducibile a un evento estraneo alla sua sfera. Pertanto è da confermare la plausibilità dell’interpretazione data dai giudici di merito all’atteggiamento difensivo complessivo della convenuta.
– Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1453 c.c., 128 e 130 d.p.r. 206/2005. La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che l’azione proposta dall’attore fosse inquadrabile unicamente come risoluzione del contratto di compravendita e non come risoluzione del contratto d’opera per la riparazione del veicolo. La Corte di appello ha introdotto una distinzione artificiosa tra le due tipologie contrattuali, in contrasto con il codice del consumo, il quale
non distingue tra contratti di vendita e contratti accessori alla fornitura di beni di consumo. Si invoca l’applicabilità dell’art. 128 d.p.r. 206/2005, che disciplina unitariamente i contratti aventi a oggetto beni di consumo e si richiama la giurisprudenza, secondo cui la normativa del codice del consumo ha una prevalenza rispetto alla disciplina codicistica generale. La Corte di appello non ha considerato il diritto del consumatore a ottenere la risoluzione o la riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 13 0 co. 7 d.p.r. 206/2005, nonostante l’eccessiva durata della riparazione.
Il secondo motivo è rigettato.
Non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità l’interpretazione dei giudici di merito che l’impianto d ell’ attrice invoca non la conclusione di un contratto d’opera tra le parti per la riparazione dell’autoveicolo, bensì l ‘obbligo della convenuta di riparare il veicolo sulla base dalla normativa di tutela del consumatore . Ciò presuppone l’accertamento di un difetto di conformità del bene venduto che la c.t.u. ha escluso nel caso di specie, con accertamento che è stato accolto in modo argomentato dai giudici di merito.
Non vi è dubbio che l’equiparazione adottata d al codice del consumo tra diversi tipi di contratto rifletta una moderna concezione del diritto dei contratti, orientata alla protezione della parte debole e attenta alla sostanza economica dell’operazione piuttosto che alla sua mera qualificazione formale, assicuri che, indipendentemente dalla forma giuridica del contratto attraverso il quale un consumatore acquista un bene mobile destinato al consumo, egli possa beneficiare delle tutele previste dal codice del consumo. Ciò presuppone l’accertamento di un difetto di conformità, che nel caso di specie -si ripete -non vi è.
3. – Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 132 co. 3 d.p.r. 206/2005. Si contesta che la sentenza impugnata abbia attribuito l’onere della prova del difetto di conformità al consumatore, mentre,
ai sensi della norma invocata, quando il difetto si manifesta entro sei mesi dalla consegna del bene, si presume esistente sin dall’origine. Si invoca la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale stabilisce che il consumatore non è tenuto a dimostrare l’origine del difetto, mentre il venditore deve provare che esso sia dovuto a cause sopravvenute. Si censura che il giudice di merito abbia escluso la responsabilità del venditore sulla base di un’ipotesi non dimostrata, ossia che il guasto fosse stato causato da carburante sporco, senza che la concessionaria avesse fornito alcuna prova certa della provenienza della contaminazione. Si afferma, dunque, che la Corte di appello ha violato la regola sull’inversione dell’onere della prova, con conseguente illegittimità della sentenza.
Il terzo motivo è inammissibile perché deduce la violazione di una norma di legge sovrapponendo l’apprezzamento di parte della situazione di fatto rilevante in causa a quello che i giudici di merito hanno espresso in una motivazione che non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità. In altre parole, la presunzione invocata alla ricorrente è stata confutata nel caso di specie dall’accertamento in giudizio che il difetto di conformità è insorto successivamente alla consegna a causa di un fatto imputabile all’acquirente.
4. L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c. La Corte di appello ha erroneamente condannato la convenuta, anziché l’attrice, al rimborso delle spese legali in favore della terza chiamata in garanzia, non considerando che la chiamata era conseguenza della domanda originaria dell’attore. Si invoca l’orientamento secondo cui il rimborso delle spese del terzo chiamato deve essere posto a carico dell’attore quando la chiamata sia stata resa necessaria dalle sue pretese, salvo che essa risulti manifestamente infondata o arbitraria.
Il motivo del ricorso incidentale è accolto nei termini in cui è stato proposto. In questo senso, Cass. 743172019: le spese del terzo chiamato in garanzia devono essere poste a carico dell’attore
soccombente qualora la chiamata si sia resa necessaria in relazione alle tesi infondate dell’attore.
– La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto del ricorso incidentale e rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
A i sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente in via principale, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto del ricorso incidentale e rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente in via principale, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 01/04/2025.