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Onere della prova: auto in garanzia e spese legali

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema dell’onere della prova nei contratti di consumo. Nel caso di un’auto nuova che manifesta malfunzionamenti, i giudici hanno stabilito che la presunzione di difetto di conformità a carico del venditore può essere vinta se si prova che la causa è imputabile al consumatore, come un rifornimento con carburante sporco. La Corte ha inoltre chiarito un importante principio sull’onere delle spese legali: se la domanda dell’acquirente è infondata, quest’ultimo deve rimborsare anche le spese del terzo (es. la casa automobilistica) chiamato in causa dal venditore.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova nella garanzia auto: chi paga se il difetto è causato dal consumatore?

Quando un’auto nuova smette di funzionare, la prima reazione è rivolgersi alla concessionaria per la riparazione in garanzia. Ma cosa succede se il venditore sostiene che il guasto non è un difetto di produzione, bensì una conseguenza di un uso improprio del veicolo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’onere della prova e la ripartizione delle spese legali in questi casi complessi. La decisione sottolinea che la presunzione di colpa del venditore non è assoluta e che il consumatore, se perde la causa, potrebbe dover sostenere anche i costi legali di altri soggetti coinvolti.

I fatti di causa: un’auto nuova con problemi

Nel 2011, un’acquirente acquista un’autovettura nuova per quasi 30.000 euro. Pochi mesi dopo, il veicolo inizia a manifestare gravi malfunzionamenti, fino a fermarsi completamente. L’acquirente porta l’auto presso la concessionaria venditrice per una riparazione in garanzia. Trascorsi alcuni mesi senza notizie, decide di agire legalmente, chiedendo la risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo pagato.

La concessionaria si difende sostenendo di aver individuato il problema nella pompa del gasolio. Tuttavia, durante lo smontaggio, emerge la presenza di sporcizia nel serbatoio e nel filtro, un elemento che, a loro dire, riconduceva la causa del guasto a un rifornimento con carburante contaminato. Di conseguenza, la riparazione non poteva essere coperta da garanzia. L’acquirente, non accettando questa versione, avvia una causa legale.

Il percorso giudiziario: dal Tribunale alla Corte d’Appello

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello danno ragione alla concessionaria. Le decisioni si basano sull’esito della consulenza tecnica, la quale accerta che il malfunzionamento non era dovuto a un difetto di conformità preesistente, ma a un evento successivo alla vendita e imputabile all’utilizzatore del veicolo. I giudici respingono le richieste dell’acquirente, ritenendo che la sua domanda fosse fondata unicamente sulla garanzia per vizi di conformità, la cui esistenza era stata esclusa. La Corte d’Appello, inoltre, rigetta anche la richiesta della concessionaria di essere tenuta indenne dalla casa automobilistica, ma la condanna a pagare le spese legali di quest’ultima.

L’analisi della Cassazione e l’onere della prova

L’acquirente ricorre in Cassazione, lamentando principalmente la violazione delle norme sull’onere della prova. Secondo la sua difesa, poiché il difetto si era manifestato entro sei mesi dalla consegna, operava una presunzione legale secondo cui il vizio era già presente al momento dell’acquisto. Spettava quindi al venditore dimostrare il contrario.

La Suprema Corte rigetta questo motivo, chiarendo un punto fondamentale. La presunzione di esistenza del difetto al momento della consegna non è assoluta. In questo caso, l’accertamento tecnico aveva non solo escluso un difetto originario, ma aveva anche positivamente individuato una causa successiva imputabile all’acquirente. Questa prova positiva è sufficiente a vincere la presunzione legale a favore del consumatore. In altre parole, il venditore ha assolto al suo onere della prova dimostrando che il guasto era dovuto a un fatto esterno (il carburante sporco) e non a un vizio di produzione.

Le spese legali del terzo chiamato: un principio fondamentale

L’aspetto più innovativo della decisione riguarda il ricorso incidentale della concessionaria. Quest’ultima si lamentava di essere stata condannata a pagare le spese legali della casa automobilistica, che aveva chiamato in causa per essere garantita. La Cassazione accoglie questo motivo.

I giudici affermano che, quando la chiamata in garanzia di un terzo è una conseguenza diretta e necessaria della domanda principale dell’attore, se tale domanda si rivela infondata, è l’attore soccombente a dover sostenere le spese legali del terzo chiamato. La chiamata in causa della casa automobilistica era una legittima cautela difensiva della concessionaria di fronte alla richiesta dell’acquirente. Essendo la richiesta dell’acquirente stata respinta, è giusto che sia lei a farsi carico di tutti i costi processuali che la sua azione ha generato, compresi quelli relativi alla casa automobilistica.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione basa la sua decisione su due pilastri. In primo luogo, ribadisce che la tutela del consumatore, sebbene rafforzata, non esonera dalla necessità di accertare l’effettiva esistenza di un difetto di conformità. La presunzione legale a favore del consumatore può essere superata da una prova contraria, come avvenuto nel caso di specie. In secondo luogo, applica un principio di causalità e soccombenza in materia di spese legali: chi avvia una causa infondata deve rispondere di tutte le conseguenze processuali che ne derivano, inclusi i costi della parte chiamata in causa dal convenuto per ragioni strettamente connesse alla domanda iniziale.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Per i consumatori, evidenzia che la garanzia legale non è una copertura onnicomprensiva e che l’onere della prova, sebbene agevolato dalla presunzione, non li esime dal rischio di dover dimostrare le proprie ragioni, soprattutto di fronte a evidenze tecniche contrarie. Per i venditori e i professionisti, la sentenza rafforza la possibilità di difendersi provando la causa esterna del difetto e chiarisce un principio equo sulla ripartizione delle spese legali, evitando che il convenuto debba sostenere i costi di una chiamata in garanzia resa necessaria da una pretesa infondata dell’attore.

Se un difetto si manifesta entro sei mesi dall’acquisto, è sempre responsabilità del venditore?
No, non necessariamente. La legge presume che il difetto fosse presente al momento della consegna, ma questa presunzione può essere superata se il venditore fornisce la prova che il problema è sorto successivamente per una causa non imputabile a lui, ma all’acquirente, come ad esempio un rifornimento con carburante contaminato.

Chi paga le spese legali del produttore se viene chiamato in causa dal venditore ma la domanda dell’acquirente viene respinta?
Secondo la Corte, le spese legali del produttore (o di qualsiasi terzo chiamato in garanzia) devono essere pagate dall’acquirente (attore) se la sua domanda principale viene giudicata infondata e se la chiamata in causa era una conseguenza necessaria e logica di tale domanda.

La richiesta di riparazione in garanzia crea un contratto d’opera separato dal contratto di vendita?
No. La Corte ha chiarito che l’obbligo del venditore di riparare il bene in garanzia deriva direttamente dalla normativa a tutela del consumatore e non costituisce un contratto d’opera autonomo. Tale obbligo, tuttavia, sorge solo se viene accertato un “difetto di conformità” del bene venduto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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