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Onere della prova appello: documenti non depositati

Un garante si opponeva a un decreto ingiuntivo ottenuto da una banca. Dopo aver vinto in appello perché la banca non aveva ridepositato i documenti del primo grado, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. È stato stabilito che l’onere della prova in appello ricade sempre sull’appellante, il quale deve produrre tutti i documenti necessari a fondare il proprio gravame, anche se originariamente depositati dalla controparte.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova in appello: chi deve produrre i documenti mancanti?

Il giudizio di appello nasconde diverse insidie procedurali. Una questione cruciale riguarda la gestione dei documenti quando una delle parti non li deposita nuovamente nel secondo grado di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce definitivamente che l’onere della prova in appello grava sempre sulla parte che impugna la sentenza. Questo principio resta valido anche quando i documenti essenziali per la decisione sono stati originariamente prodotti dalla controparte.

I fatti di causa: dalla fideiussione al ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo di 240.000 euro emesso a favore di un istituto di credito nei confronti del garante di una società, successivamente fallita. Il garante si opponeva, sostenendo che la sua fideiussione riguardasse un conto corrente diverso da quello oggetto del debito.

Il Tribunale di primo grado respingeva l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo. Il garante, però, non si arrendeva e proponeva appello.

Incredibilmente, la Corte d’Appello accoglieva il gravame e revocava il decreto. La motivazione? La banca, costituitasi in appello, non aveva depositato il proprio fascicolo di primo grado, contenente i documenti cruciali come il contratto di fideiussione. Secondo i giudici di secondo grado, questa omissione, ritenuta volontaria, impediva di verificare la fondatezza della pretesa della banca. Di conseguenza, in assenza di prove, la domanda dell’istituto di credito veniva rigettata.

L’istituto di credito ricorreva quindi in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’onere della prova in appello (art. 2697 c.c.).

L’onere della prova in appello secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della banca, ribaltando completamente la decisione della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale del processo civile moderno.

Il giudizio d’appello non è più un ‘novum judicium’ (un processo completamente nuovo), ma una ‘revisio prioris instantiae’ (una revisione della decisione precedente). Ciò significa che l’appellante, chiunque esso sia, assume il ruolo di ‘attore’ nel giudizio di secondo grado. Di conseguenza, ha l’obbligo di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di impugnazione.

Se l’appello si basa sull’errata valutazione di documenti, spetta all’appellante assicurarsi che tali documenti siano a disposizione del giudice d’appello. Non può semplicemente fare affidamento sul fatto che la controparte li depositi nuovamente.

La responsabilità di produrre i documenti

La Cassazione è chiara: se i documenti su cui si fonda l’appello sono stati prodotti in primo grado dalla controparte e questa non li rideposita, l’appellante ha il dovere di attivarsi. Egli può e deve, ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c., chiedere al cancelliere di estrarre copia di tali atti dal fascicolo della controparte e depositarli a sostegno del proprio gravame. In caso contrario, subirà le conseguenze negative della loro assenza, vedendo il proprio appello rigettato per mancanza di prove.

Le motivazioni della decisione

La Corte Suprema fonda la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale (a partire dalle Sezioni Unite n. 28498/2005). Il principio della distribuzione dell’onere probatorio impone a chi impugna una sentenza di fornire al giudice tutti gli elementi necessari per valutare la critica mossa alla decisione di primo grado. Attendere passivamente che sia la controparte a produrre documenti, anche se a sé favorevoli, è una strategia processualmente errata e rischiosa.

La Corte d’Appello, pertanto, ha commesso un errore di diritto nel ritenere che la mancata produzione del fascicolo da parte della banca esonerasse il garante (appellante) dal suo onere probatorio. Era compito del garante, che contestava l’interpretazione del contratto di fideiussione, produrre quel contratto in appello per permettere al giudice di riesaminarlo.

Conclusioni: implicazioni pratiche per l’appellante

Questa ordinanza offre una lezione fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza. L’appellante deve assumere un ruolo proattivo e diligente nella costruzione del proprio caso in secondo grado. Non è possibile scaricare sulla controparte o sul giudice l’onere di reperire le prove. Prima di depositare l’atto di appello, è essenziale assicurarsi di avere a disposizione e di produrre copie di tutti i documenti rilevanti, indipendentemente da chi li avesse originariamente depositati. Affidarsi alla speranza che l’altra parte adempia è un errore che può costare l’intero giudizio.

Chi ha l’onere della prova in un giudizio d’appello?
L’onere della prova grava sempre sulla parte che propone l’appello (l’appellante). Questa parte deve dimostrare la fondatezza dei motivi per cui contesta la sentenza di primo grado.

Cosa deve fare l’appellante se i documenti a sostegno del suo appello si trovano nel fascicolo della controparte, che non lo ha depositato?
L’appellante ha l’onere di attivarsi per produrre tali documenti. Può chiederne copia alla cancelleria del tribunale (ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c.) e depositarli nel giudizio d’appello. Non può attendere che lo faccia la controparte.

Il giudizio d’appello è un processo completamente nuovo?
No. Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, l’appello non è un ‘novum judicium’ (nuovo giudizio), ma una ‘revisio prioris instantiae’, ovvero una revisione critica della decisione di primo grado per accertare la presenza di errori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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