Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23800 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23800 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28518/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE difesa dal l’avvocato COGNOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE difesa dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1757/2019 depositata il 12/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2013 il Tribunale di Termini Imerese condannava la cooperativa RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 357.886,20 in favore della società RAGIONE_SOCIALE a titolo di corrispettivo del quarto stato di avanzamento lavori (SAL), interessi moratori,
risarcimento danni e somme per riserve contrattuali. La cooperativa proponeva appello per due motivi: contestava l’obbligo di pagamento del IV SAL e il riconoscimento degli interessi moratori sulla relativa somma. La Corte di appello ha accolto entrambi i motivi d’appello, riducendo la condanna a € 120.138,07.
Il primo giudice aveva ritenuto che il IV SAL fosse da considerarsi acconto e non saldo, che le opere risultavano eseguite, che l’attestazione del direttore dei lavori comprovava il rispetto degli obblighi assicurativi e che i successivi SAL erano stati pagati senza rilievi sulla regolarità contributiva. La Corte territoriale ha rimosso tale impostazione affermando che: l’attestazione si riferiva soltanto agli oneri assicurativi e non anche a quelli previdenziali e contributivi; il pagamento di stati successivi non dimostrava la regolarità contributiva; nessun documento era stato versato in atti a tale scopo. Ne deriva l’inesigibilità del credito relativo al IV SAL.
Per effetto dell’accoglimento del primo motivo, la Corte ha accolto anche il secondo, affermando che in difetto di esigibilità non sono dovuti interessi moratori.
Ricorre in cassazione l’appaltatrice con quattro motivi, illustrati da memoria. Resiste la committente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1362 ss. c.c., dell’art. 7 del contratto di appalto e dell’art. 16 del capitolato speciale d’appalto, dell’art. 17 d.p.r. 1063/1962, dell’art. 124 co. 4 d.p.r. 554/1999, dell’art. d.l. 210/2002 conv. in l. 266/2002, nonché dell’art. 115 c.p.c. e l’omesso esame di fatti decisivi. Il ricorrente sostiene che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto non esigibile il credito derivante dal IV SAL per difetto di prova degli obblighi contributivi, malgrado il certificato di pagamento n. 4, redatto dal direttore dei lavori, attestasse la pagabilità della rata. A ciò si aggiunge che la cooperativa aveva effettuato pagamenti relativi a SAL successivi, che postulavano
anch’essi l’accertamento della regolarità contributiva. Il ricorrente richiama inoltre la normativa vigente, secondo cui il requisito della regolarità ha carattere complessivo e non frammentato per singoli SAL. La sentenza impugnata, nell’affermare che l’attestazione del direttore dei lavori si riferisse solo agli oneri assicurativi, omette di considerare che la stessa emissione del certificato di pagamento implicava la verifica positiva dell’intera regolarità, compresa quella previdenziale e contributiva.
Il primo motivo è rigettato.
La Corte di appello ha correttamente applicato i principi che regolano l’onere della prova in materia di adempimento contrattuale. La clausola contenuta nell’art. 7 del contratto di appalto subordinava l’esigibilità del pagamento degli acconti alla «dimostrazione dell’avvenuto pagamento degli oneri contributivi, previdenziali ed assistenziali per i lavoratori assunti». Tale previsione configura la prova dell’adempimento contributivo come un fatto costitutivo del diritto di credito dell’appaltatrice, la cui dimostrazione gravava pertanto su quest’ultima. La Corte territoriale ha accertato, con una valutazione in fatto non sindacabile in questa sede, che tale prova non è stata fornita. In particolare, ha ritenuto che l’attestazione del direttore dei lavori si riferisse unicamente agli oneri assicurativi e non a quelli contributivi e previdenziali e che il pagamento di stati di avanzamento successivi non costituisse una circostanza di per sé idonea a fornire prova sufficiente dell’assolvimento degli oneri in questione per il IV SAL. Il motivo di ricorso, nel suo complesso, è animato dall’intenzione di sovrapporre il proprio apprezzamento ricostruttivo della situazione di fatto rilevante in causa all’accertamento che il giudice di merito ha espresso in una motivazione effettiva, risoluta e coerente, la quale quindi non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità.
2. – Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. e l’omessa valutazione di fatti decisivi. Il ricorrente lamenta che la Corte di appello non ha esaminato la documentazione sopravvenuta e ritualmente prodotta in grado di appello (attestazione della Cassa Edile di Palermo e quattro DURC, documento unico di regolarità contributiva), comprovante la regolarità contributiva dell’impresa nel periodo rilevante. Tale documentazione, pur essendo successiva ai fatti oggetto di causa, dimostrava l’avvenuto adempimento degli obblighi contributivi e integrava la condizione di esigibilità del credito, se non ab origine, almeno ex nunc. Il ricorrente sostiene inoltre che l’ammissione di documenti sopravvenuti in appello è consentita quando gli stessi attestano fatti rilevanti ai fini della decisione e sopravvenuti alla costituzione in giudizio.
Il secondo motivo è rigettato.
La Corte territoriale non ha violato l’art. 345 c.p.c. né ha omesso di esaminare un fatto decisivo. La nuova formulazione della norma citata, applicabile al presente giudizio, pone un divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova e di produzione di nuovi documenti in appello, salvo che la parte dimostri di non aver potuto produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Nel caso di specie, l’impresa ricorrente ha sostenuto di essere stata in regola con gli adempimenti contributivi sin dall’origine; ne consegue che essa aveva la possibilità, e l’onere, di fornire la relativa documentazione sin dal primo grado di giudizio, e la mancata produzione non può che essere imputata a una propria scelta difensiva. Correttamente, pertanto, la Corte di appello ha potuto evitare di pronunciarsi sulla documentazione tardivamente prodotta (oltretutto riferita a periodi successivi a quello controverso, come risulta dall’elenco dei documenti allegati in questa sede). Non sussiste, dunque, né un vizio di omessa pronuncia, dovendosi intendere la mancata valutazione come
un’implicita declaratoria di inammissibilità, né un omesso esame di un fatto decisivo, poiché un documento inammissibilmente prodotto non può costituire fatto storico oggetto di discussione tra le parti.
3. – Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 33 e 35 d.p.r. 1063/1962 e dell’art. 16 del capitolato speciale di appalto. Il ricorrente contesta che la Corte abbia revocato il riconoscimento degli interessi moratori maturati sulla rata del IV SAL, derivando tale statuizione dall’accoglimento del primo motivo di appello. Una volta riconosciuta l’esigibilità del credito, sarebbe invece doveroso riconoscere anche gli interessi moratori previsti dalla normativa in materia di appalti pubblici.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. Il ricorrente si duole della condanna alle spese del giudizio di appello. In caso di accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, chiede che la condanna alle spese venga riformata ponendole a carico della cooperativa soccombente in appello.
Il terzo e il quarto motivo sono rigettati.
Tali motivi sono stati proposti come conseguenza dell’auspicato accoglimento dei primi due. Il rigetto dei motivi principali determina, pertanto, il rigetto anche delle censure relative agli interessi moratori e alla regolamentazione delle spese processuali.
– La Corte rigetta il ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 93 co. 3 e 4 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio,
che liquida in € 5.800 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11/06/2025.