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Onere della prova appalto: chi prova i lavori extra?

La Corte di Appello di Firenze si è pronunciata su una controversia nata da un contratto di appalto verbale. Un committente aveva contestato la richiesta di pagamento per lavori ritenuti extra rispetto a un accordo a corpo. La Corte ha confermato la decisione di primo grado, rigettando l’appello del committente e chiarendo l’importanza dell’onere della prova nell’appalto. È stato stabilito che spetta all’appaltatore dimostrare l’esecuzione dei lavori aggiuntivi tramite prove, come le testimonianze, e al committente provare l’avvenuto pagamento e la sua specifica imputazione. La sentenza sottolinea i rischi degli accordi verbali e l’importanza della documentazione scritta.

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Pubblicato il 4 aprile 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto d’Appalto Verbale: Chi Paga i Lavori Extra?

Nell’ambito dei lavori di ristrutturazione e costruzione, gli accordi verbali sono una pratica diffusa ma rischiosa. Una recente sentenza della Corte di Appello di Firenze chiarisce un punto fondamentale: l’onere della prova nell’appalto. Quando sorgono contestazioni sull’entità dei lavori e sul corrispettivo, chi deve dimostrare le proprie ragioni? Questa decisione offre spunti preziosi per committenti e appaltatori, evidenziando come le prove testimoniali possano diventare decisive in assenza di un contratto scritto.

I Fatti di Causa: Un Accordo Verbale e Lavori Aggiuntivi

La vicenda ha origine da un contratto di appalto verbale per la ristrutturazione di un locale destinato a gelateria. Il committente sosteneva di aver pattuito un prezzo fisso e onnicomprensivo di 3.700,00 euro per lo spostamento di un quadro elettrico e altre piccole modifiche, saldando l’importo con quattro assegni. L’impresa appaltatrice, invece, aveva emesso un decreto ingiuntivo per un importo quasi doppio, sostenendo di aver eseguito lavori molto più estesi, tra cui la realizzazione di un pozzo per il raffreddamento dei macchinari e il rifacimento completo dell’impianto elettrico.

Il committente si opponeva, negando di aver commissionato tali opere aggiuntive e contestando la validità della documentazione prodotta dall’impresa. La questione centrale è quindi diventata: quali lavori erano stati effettivamente concordati ed eseguiti? E i pagamenti effettuati a cosa si riferivano?

La Decisione della Corte d’Appello e l’Onere della Prova nell’Appalto

Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto le ragioni dell’appaltatore, revocando il decreto ingiuntivo ma condannando il committente a pagare una somma superiore a quella originariamente pattuita, sebbene inferiore a quella richiesta. La decisione si basava sulle risultanze della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) e, soprattutto, sulle deposizioni dei testimoni.

La Corte di Appello, chiamata a riesaminare il caso, ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, rigettando l’appello del committente. I giudici hanno sottolineato che, secondo il principio dell’onere della prova appalto (art. 2697 c.c.), spetta all’appaltatore dimostrare l’estensione e la consistenza dei lavori eseguiti. In questo caso, le testimonianze concordanti e dettagliate dei dipendenti dell’impresa, corroborate anche da un terzo (il titolare dell’impresa edile che aveva eseguito le opere murarie), sono state ritenute attendibili e decisive per provare che i lavori erano andati ben oltre il semplice accordo iniziale.

La Gestione dei Pagamenti e la Prova Liberatoria

Un altro punto cruciale riguardava l’imputazione dei pagamenti. Il committente asseriva di aver saldato tutto con i quattro assegni. Tuttavia, l’appaltatore ha dimostrato che tre di questi assegni erano stati girati all’impresa edile terza per pagare le opere murarie, e che il quarto era stato imputato a saldo di una fattura precedente, relativa a lavori eseguiti in un’altra gelateria del committente.

Anche qui, la Corte ha applicato rigorosamente il principio dell’onere della prova. Una volta che il creditore (l’appaltatore) prova l’esistenza del suo credito, spetta al debitore (il committente) dimostrare di averlo estinto. Il committente non solo non è riuscito a provare che tutti i lavori rientrassero nel prezzo forfettario iniziale, ma non ha neppure fornito la prova che il quarto assegno fosse destinato a saldare il debito in questione, anziché uno precedente. La sua generica affermazione di aver “ampiamente saldato” i lavori precedenti non è stata ritenuta sufficiente in assenza di prove documentali, come bonifici o estratti conto.

le motivazioni

La Corte di Appello ha fondato la sua decisione su una valutazione rigorosa delle prove acquisite. La coerenza e la puntualità delle deposizioni testimoniali hanno avuto un peso determinante nel ricostruire l’effettiva entità dei lavori commissionati, superando la versione dei fatti del committente. I giudici hanno ritenuto inverosimile che il committente, presente in cantiere e impartendo direttive, non si fosse accorto della presenza e dell’operato di un’impresa edile terza o dell’esecuzione di lavori così importanti come la creazione di un pozzo e il rifacimento totale dell’impianto.

Dal punto di vista giuridico, la sentenza ribadisce che in un contratto d’appalto, l’appaltatore che chiede il pagamento deve provare il titolo del suo diritto, ovvero il contratto e l’esecuzione delle opere. Se il committente eccepisce di aver già pagato o che il prezzo era diverso, l’onere di provare tali fatti estintivi o modificativi ricade su di lui. In questo caso, il committente non è stato in grado di assolvere a tale onere né per quanto riguarda la natura onnicomprensiva del prezzo iniziale, né per la specifica imputazione di tutti i pagamenti effettuati.

le conclusioni

Questa sentenza offre una lezione fondamentale: la forma scritta nei contratti d’appalto non è un mero formalismo, ma uno strumento essenziale di tutela per entrambe le parti. Qualsiasi variazione o lavoro aggiuntivo dovrebbe essere formalizzato per iscritto per evitare future contestazioni. In assenza di documenti, la prova testimoniale diventa cruciale, ma il suo esito è sempre incerto. Per il committente, è altrettanto importante conservare prova certa dei pagamenti e specificare sempre nella causale a quale debito si riferiscono, per non correre il rischio di dover pagare due volte.

In un contratto d’appalto verbale, chi deve provare l’esecuzione di lavori aggiuntivi non previsti inizialmente?
Secondo la sentenza, l’onere di provare l’esistenza e l’entità dei lavori aggiuntivi spetta all’appaltatore che ne chiede il pagamento. Nel caso specifico, l’appaltatore ha assolto a tale onere attraverso prove testimoniali ritenute attendibili.

Se un committente paga con un assegno, come può dimostrare che quel pagamento si riferisce a un debito specifico e non a uno precedente?
Spetta al committente (debitore) fornire la prova che il pagamento estingue uno specifico debito. Se il creditore imputa il pagamento a un debito precedente e il debitore contesta tale imputazione, quest’ultimo deve dimostrare il collegamento tra l’assegno e il debito che intende saldare. La semplice consegna di un assegno non è sufficiente.

Le testimonianze dei dipendenti dell’impresa appaltatrice sono considerate attendibili in un processo?
Sì, la sentenza conferma che le deposizioni dei dipendenti possono essere pienamente attendibili. La loro credibilità viene valutata dal giudice sulla base della loro coerenza, puntualità, assenza di contraddizioni e del riscontro con altre prove emerse nel corso del giudizio, come altre testimonianze o perizie tecniche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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