Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15287 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15287 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO19
C.C. 22/5/2024
ORDINANZA
Appalto -Pagamento del compenso -Onere della prova dell’esecuzione dell’appalto sul ricorso (iscritto al N.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende, unitamente agli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Corte di cassazione;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 3095/2019, pubblicata il 25 luglio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 maggio 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -All’esito di ricorso monitorio depositato il 1° febbraio 2010, il Tribunale di Verona, con decreto ingiuntivo n. 384/2010, depositato il 3 febbraio 2010, ingiungeva il pagamento, a carico della RAGIONE_SOCIALE e a favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 66.897,50, a titolo di compenso per le prestazioni eseguite, oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo relativamente all’importo di cui alla fattura n. 45 del 31 marzo 1999 e oltre interessi di mora ex art. 5 del d.lgs. n. 231/2002 dal trentesimo giorno successivo all’esecuzione delle prestazioni relativamente agli importi di cui alle fatture n. 64 e n. 66 del 30 novembre 2007 e dalla messa in mora al saldo relativamente agli importi di cui alle fatture n. 5 e n. 6 del 30 gennaio 2004.
Con atto di citazione notificato il 7 aprile 2010, proponeva opposizione la RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, conveniva, davanti al Tribunale di Verona, la RAGIONE_SOCIALE, al fine di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo opposto, in ragione della mancanza di prova della sussistenza dei crediti riportati nelle fatture allegate al procedimento monitorio e della loro attinenza ad altre prestazioni, alcune delle quali non attuate. Chiedeva, inoltre, in via riconvenzionale, che la società opposta fosse
condannata al pagamento dei crediti che essa vantava, derivanti da quattro contratti di subappalto stipulati dalle parti il 30 aprile 1998, il 21 maggio 1998, il 4 settembre 2001 e il 20 aprile 2004, oltre che dalle fatture n. 24/2000 per la prestazione di mano d’opera e n. 6/2005 per i lavori di ripristino di una recinzione.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale chiedeva il rigetto della spiegata opposizione, attesa la sua infondatezza in fatto e in diritto, sostenendo che i crediti vantati in via riconvenzionale si erano estinti per prescrizione ed erano comunque insussistenti.
Nel corso del giudizio era assunta la prova testimoniale ammessa.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 925/2012, depositata il 9 maggio 2012, accoglieva parzialmente l’opposizione e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto e, previa compensazione con il credito di euro 21.991,33 di RAGIONE_SOCIALE, condannava quest’ultima al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 44.906,77, oltre interessi.
2. -Con atto di citazione notificato il 4 dicembre 2012, proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado la RAGIONE_SOCIALE, la quale lamentava che erroneamente era stata negata la spettanza dei crediti, di cui alla proposta riconvenzionale, con riferimento ai contratti di subappalto indicati.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, la quale concludeva per l’inammissibilità o il rigetto del gravame, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l’appello proposto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglieva la domanda riconvenzionale spiegata da RAGIONE_SOCIALE e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 134.278,76, oltre interessi legali dal 7 aprile 2010, confermando nel resto le statuizioni della pronuncia gravata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la missiva di cui al fax del 30 maggio 2008 aveva i requisiti della richiesta di adempimento al debitore, idonea ad interrompere la prescrizione, poiché riportava nel dettaglio i crediti vantati nonché le fonti di tali crediti e manifestava la chiara intenzione di avvalersene in opposizione alla richiesta di adempimento di controparte, in risposta alla quale il fax era stato inviato; b ) che tanto era comprovato dalla missiva del 13 dicembre 2008, proveniente dal legale della RAGIONE_SOCIALE, che si riferiva alle ‘pretese avanzate’ dalla RAGIONE_SOCIALE, escludendo così che si trattasse di semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione; c ) che, rispetto al contratto del 30 aprile 1998, era stata depositata, sin dal primo grado del giudizio, copia di tale contratto regolarmente sottoscritto, nel quale risultava fissato anche il corrispettivo, sicché sarebbe spettato alla parte alla quale era chiesto l’adempimento della propria prestazione dimostrare di avere già adempiuto oppure introdurre eccezioni che facessero venir meno la concludenza obbligatoria del vincolo contrattuale documentato; d ) che, in proposito, la dichiarazione proveniente dal committente
dei lavori Comune di San Giovanni Lupatoto, datata 21 ottobre 1998 -la quale escludeva che nell’esecuzione dei lavori affidati in appalto alla ditta RAGIONE_SOCIALE fossero intervenute altre imprese in subappalto -, non era idonea a vincere la valenza probatoria del contratto prodotto, poiché la convenuta avrebbe dovuto provare che lo stesso era stato superato da un altro accordo contrario delle parti o che la RAGIONE_SOCIALE si era resa inadempiente agli obblighi nascenti da quel contratto, mentre una serie di ulteriori prove confermava che le prestazioni indicate erano state effettivamente rese: – come da deposizioni testimoniali del teste COGNOME, il quale aveva specificamente affermato di aver lavorato per conto della RAGIONE_SOCIALE nel cantiere indicato nel contratto, seppure senza ricordare l’anno; – e come da documenti prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE, relativi ad una comunicazione proveniente dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nonché alle denunce di inizio lavori inoltrate alla stessa RAGIONE_SOCIALE, all’RAGIONE_SOCIALE e all’RAGIONE_SOCIALE; e ) che, parimenti, rispetto al contratto del 21 maggio 1998, era stato segnalato l’avvenuto pagamento, a cura della RAGIONE_SOCIALE, di una fattura che riportava, quale causale, il versamento di un acconto in ordine a tali lavori, mentre l’esecuzione del subappalto era comprovata dalle deposizioni rese dai testi COGNOME e COGNOME nonché dalle denunce d’inizio lavori inoltrate dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, all’RAGIONE_SOCIALE e all’RAGIONE_SOCIALE; f ) che, anche con riferimento al credito basato sul contratto del 4 settembre 2001, il fondamento della pretesa era supportato dal contratto depositato, oltre che dalle deposizioni dei testi COGNOME e COGNOME e dalle dichiarazioni rilasciate dall’RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE nonché dall’autorizzazione del subappalto proveniente dal Comune di San Giovanni Lupatoto,
a fronte della quale la dichiarazione del 28 dicembre 2010 -con la quale il Comune affermava che nell’area ‘Grossule’ l’unica impresa esecutrice dei lavori sarebbe stata la RAGIONE_SOCIALE, come confermato dai testi COGNOME e COGNOME -era superata dai documenti prodotti sin dall’origine dalla RAGIONE_SOCIALE sulla comunicazione della regolarità contributiva rispetto al subappalto iniziale nonché dall’affermazione di tali testi COGNOME e COGNOME in ordine alla presenza sul cantiere del COGNOME (che non era legato alla RAGIONE_SOCIALE ma alla RAGIONE_SOCIALE); g ) che la circostanza secondo cui nei bilanci della RAGIONE_SOCIALE non vi era traccia dei crediti rivendicati non era dirimente, poiché le fatture relative a tali lavori non erano state emesse fino all’anno 2010 ed, inoltre, la scelta di non emettere le fatture poteva derivare da una pluralità di ragioni, tra cui quella di evitare gli oneri per l’emissione, in un contesto in cui non vi era certezza del pagamento da parte del debitore; h ) che, in conseguenza, la domanda riconvenzionale doveva essere accolta, sicché la RAGIONE_SOCIALE doveva essere condannata al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, degli importi derivanti dai contratti stipulati il 30 aprile 1998, il 21 maggio 1998 e il 4 settembre 2001, per un totale di euro 134.278,76, oltre interessi legali.
3. -Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
4. -La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la prova dell’esistenza di un contratto d’appalto costituisse anche prova della sua esecuzione, così erroneamente invertendo l’onere della prova circa l’esecuzione delle opere oggetto dei contratti di subappalto ed erroneamente onerando, quindi, la RAGIONE_SOCIALE della prova dell’inesecuzione di dette opere per effetto della sola esistenza dei contratti di subappalto del 30 aprile 1998, del 21 maggio 1998 e del 4 settembre 2001.
Obietta l’istante che, in tal modo, sarebbe stato violato il principio giuridico a mente del quale la prova dell’esistenza di un contratto d’appalto non costituisce anche la prova della sua esecuzione.
1.1. -Il motivo è fondato.
E ciò perché la Corte d’appello ha affermato che la prova dell’esistenza dei contratti di subappalto importa la prova della loro esecuzione.
A pag. 26 si è sostenuto infatti: l’appellante COGNOME ha depositato copia del contratto sottoscritto (del 30 aprile 1998), nel quale risulta fissato anche il corrispettivo, per cui, ove sia prodotto un contratto, spetta alla parte alla quale è chiesto l’adempimento della propria prestazione provare di aver già adempiuto oppure introdurre eccezioni che facciano venir meno la concludenza obbligatoria del vincolo contrattuale documentato. E ancora, a pag. 29 e 30: la prova dell’esistenza del rapporto è, quindi, indubbiamente raggiunta. A fronte della produzione del
contratto, la prova di eventi estintivi di quel rapporto contrattuale avrebbe dovuto essere positivamente introdotta dalla parte che intendeva superare l’efficacia concludente della produzione del contratto. A pag. 31: a fronte di un contratto (del 21 maggio 1998), che fissa anche il corrispettivo in lire 150 milioni, è onere della parte che intende escludere la sussistenza del relativo debito provare di avervi già adempiuto oppure introdurre eccezioni che facciano venir meno la concludenza obbligatoria del vincolo contrattuale così formalizzato dalle parti. Contenuto del contratto rispetto al quale sarebbe stato onere dell’appellata offrire elementi che ne provassero il superamento o addurre l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE alle più ampie obbligazioni previste nel contratto. Ed infine a pag. 33: con riferimento al contratto del 4 settembre 2001, la RAGIONE_SOCIALE, fin dal primo grado, ha depositato copia del contratto sottoscritto, dal quale risulta anche il corrispettivo, per cui, per come correttamente si è già sopra più volte evidenziato, ove sia prodotto un contratto, spetta alla parte alla quale è chiesto l’adempimento provare di aver adempiuto oppure introdurre eccezioni che facciano venir meno la concludenza obbligatoria del vincolo contrattuale.
Per contro, avrebbe dovuto essere la RAGIONE_SOCIALE ad essere onerata della dimostrazione dell’esecuzione delle prestazioni oggetto dei contratti di subappalto.
Sicché la sentenza impugnata ha violato il principio secondo cui, con specifico riferimento all’inadempimento del contratto di appalto, spetta all’appaltatore, che agisca in giudizio per ottenere il pagamento del corrispettivo, provare l’adempimento della
propria obbligazione, ove il committente ne eccepisca l’inadempimento (Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 98 del 04/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 936 del 20/01/2010; Sez. 2, Sentenza n. 3472 del 13/02/2008).
Nella fattispecie, dunque, il giudice di merito non si è attenuto ai criteri di distribuzione dell’onere della prova: il principio generale che regola la condanna all’adempimento nei contratti a prestazioni corrispettive comporta, in effetti, che la parte che chiede in giudizio l’esecuzione della prestazione dovuta (come il pagamento del compenso asseritamente maturato) non dev’essere, a sua volta, inadempiente, avendo, piuttosto, l’onere di offrire l’esecuzione della propria, se le prestazioni debbono essere eseguite contestualmente, ovvero dimostrare di avere adempiuto la propria obbligazione, se essa, come avviene per l’appaltatore, precede l’adempimento in ordine al pagamento del corrispettivo cui la controparte è tenuta (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7763 del 22/03/2024).
L’applicazione di tale regola al contratto di appalto (cui, per giurisprudenza costante, si estende la disciplina generale dell’inadempimento del contratto) implica, quindi, che l’appaltatore che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto ha l’onere di provare di avere adempiuto la propria obbligazione, e cioè di avere eseguito l’opera, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa.
Non rileva la circostanza che nel corpo della motivazione si richiamino le deposizioni testimoniali rese e i documenti inviati agli enti preposti, senza scalfire l’assunto censurato secondo cui
la prova dell’esistenza dei subappalti implicherebbe il (ed avrebbe un ruolo centrale nel) raggiungimento della prova sull’esecuzione di detti sub-contratti del 30 aprile 1998, del 21 maggio 1998 e del 4 settembre 2001, in spregio alla distribuzione degli oneri probatori di cui all’art. 2697 c.c. (Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 18092 del 31/08/2020; Sez. 6-3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018; Sez. 3, Sentenza n. 13395 del 29/05/2018; Sez. 3, Sentenza n. 15107 del 17/06/2013).
2. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’erronea valutazione degli esiti della prova, per avere la Corte territoriale erroneamente attribuito al fax del 30 maggio 2008 efficacia interruttiva della prescrizione, in relazione all’asserito credito della RAGIONE_SOCIALE, relativo ai contratti stipulati il 30 aprile 1998 e il 21 maggio 1998, pur in presenza di sollecitazioni prive del carattere di intimazione e di richiesta di adempimento.
Osserva l’istante che erroneamente sarebbe stato apprezzato l’esito della prova in ordine all’integrazione di un evento interruttivo della prescrizione.
3. -Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2709 c.c., per avere la Corte distrettuale erroneamente ritenuto che le note integrative sottoscritte dal legale rappresentante, in relazione ai bilanci della RAGIONE_SOCIALE al 31 dicembre 2000 e al 31 dicembre 2002, non costituissero prova contro l’imprenditore.
Sicché tale asserto avrebbe costituito il fondamento per ritenere fondata la domanda riconvenzionale.
4. -Con il quarto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto storico principale o secondario, risultante dal testo della sentenza o dagli atti processuali, oggetto di discussione tra le parti e avente carattere decisivo, per avere la Corte del gravame tralasciato di esaminare gli elementi atti a dimostrare che, in relazione alle fatture nn. 1, 2 e 3 del 7 gennaio 2010, prodotte dalla RAGIONE_SOCIALE, non vi sarebbe stata alcuna aliquota IVA da versare, in quanto le fatture sarebbero state emesse per prestazioni di servizi, ai sensi dell’art. 17, sesto comma, del d.P.R. n. 633/1972.
Con l’effetto che il mancato inserimento dei crediti azionati con domanda riconvenzionale nei bilanci al 31 dicembre 2000 e al 31 dicembre 2002 non avrebbe trovato giustificazione nella volontà, da parte dell’emittente, di evitare gli oneri che l’emissione avrebbe comportato, come sostenuto dalla sentenza impugnata.
5. -Con il quinto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., dell’erronea valutazione degli esiti della prova, per avere la Corte d’appello nella convinzione che la prova dell’esistenza di un contratto di appalto costituisse anche prova della sua esecuzione -condizionato l’esame delle altre prove orali e documentali acquisite nel primo grado di giudizio, incorrendo in una gravissima incoerenza della relativa motivazione, sul punto integrante un’irriducibile contraddittorietà e illogicità, costituente omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
E segnatamente adduce la ricorrente che sarebbero stati erroneamente apprezzati gli esiti della prova orale, ossia le testimonianze rese da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, e delle prove documentali, costituite -relativamente al contratto del 30 aprile 1998 -dalle tre denunce di inizio lavori inviate alla RAGIONE_SOCIALE, all’RAGIONE_SOCIALE e all’RAGIONE_SOCIALE e dalla dichiarazione di regolarità contributiva della RAGIONE_SOCIALE, -relativamente al contratto del 21 maggio 1998 -dalle tre denunce di inizio lavori inviate alla RAGIONE_SOCIALE, all’RAGIONE_SOCIALE e all’RAGIONE_SOCIALE e -relativamente al contratto del 4 settembre 2001 -dalle dichiarazioni di regolarità contributiva provenienti dalla RAGIONE_SOCIALE e dall’RAGIONE_SOCIALE.
-Tali ulteriori motivi sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo, essendo da esso dipendenti.
-In conseguenza delle considerazioni esposte, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, mentre gli ulteriori motivi restano assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di RAGIONE_SOCIALEzione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda