Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1128 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1128 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11505/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P. IVA P_IVA, in persona del liquidatore Geom. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (C.F. CODICE_FISCALE, giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME come da procura in atti;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1515/2018 della CORTE DI APPELLO DI SALERNO, depositata il 10.10.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
La vicenda giudiziale qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti.
1.1. Il Tribunale di Salerno rigettò l’opposizione a decreto ingiuntivo avanzata da NOME COGNOME nei confronti dell’ingiungente RAGIONE_SOCIALE (l’opponente aveva eccepito che il residuo prezzo di € 2.200,00 non fosse dovut o a cagione dei vizi dell’opera ristrutturazione edilizia -e quella di € 4.824,00, in quanto il ponteggio era stato fornito e messo in opera da altra impresa).
1.2. La Corte d’appello di Salerno, accolta l’impugnazione di NOME COGNOME rigettò la domanda della Service House.
1.3. Il diverso opinamento rispetto al Giudice di primo grado consiglia riprendere, sia pure in breve, gli argomenti decisivi posti a sostegno della decisione d’appello.
La fattura emessa dalla società che aveva richiesto il decreto ingiuntiva non era idonea, in presenza di opposizione, a provare il titolo della pretesa: davanti alla contestazione del committente l’appaltante non aveva dimostrato di aver fornito e messo in opera il ponteggio (l’esperita escussione per testi non aveva fornito prova appagante); né, sul punto, era condivisibile l’asserto del Tribunale, secondo il quale sarebbe stato logico supporre che il ponteggio fosse stato fornito e approntato dalla medesima impresa incaricata dei lavori. La mancata contestazione del ‘quantum’, infine, non assumeva rilievo poiché era stato contestato ‘l’an’.
L’eccezione d’inadempimento in forma generica (art. 1460 cod. civ.) non era preclusa dalla disciplina specifica per l’appalto (artt. 1667-1669 cod. civ.); di conseguenza, l’eccezione
‘inadimplenti non est adimplendum’ non era subordinata all’esercizio della domanda di garanzia e pur ove quest’ultima fosse prescritta.
Nel merito, i difetti erano stati riscontrati dal c.t.u.
Il rifiuto d’adempiere non poteva considerarsi contrario a buona fede e il costo per porre rimedio al vizio appariva <>.
La RAGIONE_SOCIALE propone ricorso sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Preliminarmente va affermato che non merita accoglimento l’eccezione del controricorrente, il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività, poiché lo stesso sarebbe affetto da notifica inesistente.
Secondo la prospettazione, l’avvocato che in appello rappresentava in giudizio NOME COGNOME non era stato raggiunto dalla notifica, né presso il domicilio eletto, né presso l’attuale domicilio, risultante dall’annotazione presso il competente Consiglio dell’ordine.
Consta, per contro, dagli atti depositati che, non avendo l’addetto UNEP trovato il destinatario all’indirizzo indicato dal notificante (diverso da quelli di cui sopra), aveva provveduto ad affiggere avviso e inoltrare raccomandata con avviso di ricezione, la cui corretta ricezione trova conferma nella firma apposta sull’avviso di cui detto.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., affermando che il Giudice di secondo grado, <> del COGNOME aveva omesso di applicare il principio, secondo il quale
la prova di un fatto controverso deve porsi a carico della parte <>, tenendo conto del ‘fatto notorio’ (la fornitura del ponteggio da parte dell’impresa appaltante) e, in ogni caso, della regola o massima d’esperienza.
Con il secondo motivo viene denunciato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, costituito dall’eccezione di decadenza di NOME COGNOME dal diritto a far valere i vizi dell’opera appaltata (artt. 1667 e 1668 cod. civ.).
Con il terzo motivo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1667, 1668 e 1460 cod. civ., assumendosi che il mancato esperimento delle azioni di cui agli artt. 1667 e 1668 cod. civ. precludeva l’accesso all’eccezione d’inadempimento, tenuto conto di due circostanze, che l’esponente giudica fondamentali: a) l’opera era stata terminata e accettata; b) il committente non aveva esperito l’azione per l’esatto adempimento di cui all’art. 1667 cod. civ.
Con il quarto motivo viene denunciata <>.
Il primo motivo è fondato, sia pure attraverso argomenti non sovrapponibili a quelli esposti dalla ricorrente.
8.1. Il riferimento al ‘notorio’ appare fuori luogo; invero si reputano notori quei fatti, spesso presupposti, conoscibili dalla generalità delle persone a cagione della loro diffusa ripercussione o eco sociale, anche attraverso i mezzi di diffusione (crisi finanziarie, fenomeni economici diffusi, catastrofi, fenomeni sociali rilevanti, ecc.).
Si è, inoltre, chiarito che il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo e al contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile, non potendo conseguentemente rientrare in tale nozione gli elementi valutativi implicanti particolari cognizioni, né le nozioni ricadenti nella scienza privata del giudice (Sez. 1, n. 36309, 3/12/2022, Rv. 666524 -01).
8.2. Tuttavia, il motivo coglie nel segno, dovendosi comunque registrare la violazione dell’art. 2697 cod. civ.
L’appalto riguardò lavori edili, a riguardo dei quali in primo grado era stata svolta c.t.u., avendo il committente eccepito l’esistenza di vizi.
Non risulta, del pari, controverso, che per lo svolgimento di essi lavori fosse stato necessario mettere in opera un ponteggio.
A questo punto, il riparto probatorio impone tener conto del fatto che l’opus commissionato necessitava per il suo soddisfacimento la predisposizione di un ponteggio. I lavori vennero svolti, pur se il committente ne contesta la bontà. Perché ciò fosse adempiuto, non è dubbio che sia occorso il ponteggio (l’esistenza di esso non è contestata).
Stando così i fatti, siccome ricostruiti dalla sentenza, la conclusione a cui giunge il Giudice di secondo grado risulta erronea.
La sentenza spiega che il committente, il quale aveva negato che l’appaltatore avesse messo in opera il ponteggio, aveva fornito prova testimoniale insufficiente <>, nonché attraverso produzione di un computo metrico privo di sottoscrizione. Tuttavia, conclude, <>.
Per contro, l”opus’ di quell’appalto, per sua natura, come si è detto, impose la predisposizione d’una impalcatura. Individuato in tal modo l’oggetto del contratto, spetta al debitore del corrispettivo (il COGNOME) dimostrare che quella parte dell’opera non era stata affidata alla ricorrente, bensì ad altro appaltatore.
Il secondo motivo è inammissibile, avendo la ricorrente erroneamente evocato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, invece, quel che correttamente avrebbe dovuto qualificarsi violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.).
Il terzo motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello ha fatto applicazione del consolidato indirizzo di legittimità, a tenore del quale l’ “exceptio inadimpleti contractus” di cui all’art. 1460 cod. civ., al pari di ogni altra eccezione, non richiede l’adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla sia desumibile, in modo non equivoco, dall’insieme delle sue difese, secondo un’interpretazione del giudice di merito che, se ancorata a correnti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di legittimità (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso di poter ravvisare l’eccezione di cui all’art. 1460 cod. civ. nella domanda riconvenzionale diretta alla riduzione del prezzo di una compravendita immobiliare proposta dal promissario acquirente, convenuto dal promittente venditore per la risoluzione del contratto per inadempimento, nonostante detta riconvenzionale fosse corredata da difese volte a contestare l’avversa pretesa sulla scorta di addebiti di varie inadempienze agli
assunti impegni di completamento e regolarizzazione urbanistica dei fabbricati accedenti al fondo oggetto del pattuito trasferimento) – Sez. 2, n. 20870 del 29/09/2009, Rv. 610285 -01; conf. Cass. nn. 11728/2002, 17424/2010 -.
Di poi, non resta che riaffermare quanto già più volte precisato in punto di compatibilità con gli artt. 1667 e segg. cod. civ., dell’eccezione generale d’inadempimento.
In tema di inadempimento del contratto di appalto le disposizioni speciali di cui agli artt. 1667, 1668, 1669 e ss c.c. integrano – senza escluderne l’applicazione – i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni e di responsabilità comune dell’appaltatore che si applicano in assenza dei presupposti per la garanzia per vizi e difformità prevista nel caso in cui l’opera completata sia realizzata in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche. Ne consegue che il committente, convenuto per il pagamento, può – al fine di paralizzare la pretesa avversariaopporre le difformità e i vizi dell’opera, in virtù del “principio inadempimenti non est adimplendum”, richiamato dal secondo periodo dell’ultimo comma dell’art. 1667 cod. cod., anche quando non abbia proposto in via riconvenzionale la domanda di garanzia o la stessa sia prescritta (Sez. 2, n. 9333, 17/05/2004, Rv. 572910 -01; conf. ex multis, Cass. nn. 4446/2012). Giurisprudenza ferma fino all’ultimo arresto massimato: In tema di inadempimento del contratto d’appalto, laddove l’opera risulti ultimata, il committente, convenuto per il pagamento, può opporre all’appaltatore le difformità ed i vizi dell’opera, in virtù del principio “inadimpleti non est adimplendum” al quale si ricollega la più specifica disposizione dettata dal secondo periodo dell’ultimo comma dell’art. 1667 c.c., analoga a quella di portata generale di cui all’art. 1460 c.c. in materia di contratti a prestazioni corrispettive, anche quando la
domanda di garanzia sarebbe prescritta ed, indipendentemente, dalla contestuale proposizione, in via riconvenzionale, di detta domanda, che può anche mancare, senza pregiudizio alcuno per la proponibilità dell’eccezione in esame (Sez. 2, n. 7041, 9/3/2023, Rv. 667011-01).
Il quarto motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità, in quanto evoca un vizio non previsto dall’art. 360 cod. proc. civ. e mira a un improprio riesame di merito del vaglio istruttorio.
Cassata la sentenza in relazione al primo motivo, il Giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo, rigetta il terzo e dichiara inammissibili il secondo e il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia, anche per il regolamento del capo delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Salerno, in altra composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 dicembre