LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere della prova apertura di credito: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28086/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società contro un istituto di credito. Il caso verteva sulla richiesta di restituzione di somme per anatocismo. La Corte ha ribadito un principio fondamentale sull’onere della prova apertura di credito: spetta al correntista, che agisce in giudizio, dimostrare l’esistenza di un’apertura di credito per superare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca. La consulenza tecnica d’ufficio non può sopperire alla mancata produzione di prove da parte del cliente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova per l’Apertura di Credito: Una Guida alla Recente Ordinanza della Cassazione

Nel complesso mondo del contenzioso bancario, una delle questioni più dibattute riguarda la prescrizione del diritto del cliente a richiedere la restituzione di somme indebitamente pagate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 28086/2025) ha ribadito un principio cruciale: l’onere della prova apertura di credito grava interamente sul correntista. Questo significa che, per evitare che il proprio diritto si estingua, è il cliente a dover dimostrare l’esistenza di un fido bancario. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società commerciale aveva citato in giudizio il proprio istituto di credito, chiedendo al Tribunale di dichiarare la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi (anatocismo) e di condannare la banca alla restituzione di una cospicua somma. La banca, nel difendersi, sollevava un’eccezione fondamentale: la prescrizione del diritto alla restituzione.

Il Tribunale accoglieva solo parzialmente la domanda della società, condannando la banca al pagamento di una cifra molto inferiore a quella richiesta. La società proponeva appello, ma la Corte d’Appello respingeva l’impugnazione. Secondo i giudici di secondo grado, la società non aveva adeguatamente provato l’esistenza di un’apertura di credito, elemento indispensabile per superare l’eccezione di prescrizione della banca. La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Onere della Prova e Prescrizione nel Conto Corrente

Il cuore della questione risiede nella distinzione tra rimesse ‘solutorie’ e ‘ripristinatorie’ su un conto corrente. Se un cliente effettua versamenti su un conto ‘in rosso’ senza avere un fido (apertura di credito), ogni versamento è considerato ‘solutorio’, cioè un pagamento di un debito. La prescrizione decennale per chiederne la restituzione inizia a decorrere da ogni singolo versamento.

Se, invece, esiste un’apertura di credito, i versamenti effettuati entro il limite del fido sono ‘ripristinatori’ della disponibilità concessa dalla banca. In questo caso, non sono veri e propri pagamenti, e la prescrizione inizia a decorrere solo dalla chiusura del rapporto di conto corrente. È evidente come dimostrare l’esistenza del fido sia strategico per il cliente. Ma chi deve farlo? La Corte di Cassazione fornisce una risposta chiara.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della società inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello e basando la propria argomentazione su principi consolidati del diritto processuale civile.

Innanzitutto, i giudici hanno richiamato l’articolo 2697 del Codice Civile, che disciplina l’onere della prova apertura di credito. È un principio cardine del nostro ordinamento: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Nel caso specifico, di fronte all’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca (fatto estintivo del diritto), spettava alla società correntista dimostrare il fatto impeditivo al decorso della prescrizione, ovvero l’esistenza dell’apertura di credito.

In secondo luogo, la Corte ha chiarito che la società ricorrente ha lamentato erroneamente la violazione delle norme sull’onere della prova. La Corte d’Appello, infatti, non aveva invertito tale onere, ma aveva semplicemente valutato le prove presentate, concludendo che la società non aveva fornito elementi sufficienti a dimostrare l’esistenza del fido. La Cassazione non può riesaminare nel merito tale valutazione, ma solo verificare la corretta applicazione delle regole legali.

Infine, la Corte ha respinto la censura relativa all’omesso esame di un fatto decisivo, che secondo la ricorrente sarebbe emerso dalla Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). I giudici hanno specificato che la CTU non è una fonte di prova, ma uno strumento di ausilio per il giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi già acquisiti al processo. Non si può demandare al consulente il compito di trovare prove che la parte aveva l’onere di produrre. Inoltre, il ‘fatto storico’ che si assume essere stato omesso deve essere indicato con precisione nel ricorso, cosa che la società non aveva fatto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione in commento rafforza un importante monito per i correntisti che intendono agire contro gli istituti di credito per la ripetizione dell’indebito. L’onere della prova apertura di credito è un ostacolo che non può essere sottovalutato. È fondamentale, fin dall’inizio della causa, allegare e dimostrare con prove documentali (come il contratto di fido) l’esistenza di un’apertura di credito. Affidarsi alla sola consulenza tecnica o a deduzioni generiche non è sufficiente per superare l’eccezione di prescrizione della banca. Questa ordinanza sottolinea ancora una volta l’importanza di una strategia processuale ben definita e supportata da prove solide sin dal primo grado di giudizio.

In una causa contro la banca per la restituzione di somme indebitamente pagate, chi deve provare l’esistenza di un’apertura di credito per superare l’eccezione di prescrizione?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava sul correntista. È il cliente che, agendo per la restituzione, deve dimostrare l’esistenza del fido, poiché questo costituisce il fatto che impedisce il decorso della prescrizione a suo favore.

La consulenza tecnica d’ufficio (CTU) può essere usata per dimostrare l’esistenza di un fido se il correntista non ha fornito prove documentali?
No. La Corte ha chiarito che la CTU è un atto di ausilio per il giudice nella valutazione di elementi già acquisiti al processo, non una fonte di prova per accertare fatti che la parte aveva l’onere di dimostrare. Il consulente non può sopperire alla carenza probatoria della parte.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: primo, la lamentata violazione dell’onere della prova era infondata, in quanto la corte d’appello aveva correttamente valutato le prove esistenti; secondo, la censura di omesso esame di un fatto decisivo era formulata in modo generico, senza individuare un preciso fatto storico che il giudice avrebbe ignorato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati