Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13559 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13559 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO pec: EMAIL
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , rappresentato
e difeso da ll’ AVV_NOTAIO COGNOME pec: EMAIL -controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Campobasso n. 85/2020 pubblicata il 17.3.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ Con sentenza n. 62/2017 il Tribunale di Larino, accogliendo per quanto di ragione la domanda proposta con citazione dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione:
Oggetto: apertura di credito forma scritta
ha dichiarato la nullità dei tassi superiori a quello legale applicati agli interessi debitori, della clausola di capitalizzazione trimestrale degli stessi interessi, delle commissioni di massimo scoperto e degli interessi debitori usurari applicati nel contratto di conto corrente con affidamento n.1200058 intercorso fra la società e l’allora Banca RAGIONE_SOCIALE dal 30.10.1992 al 30.10.2002, nonché la non debenza delle somme riscosse per tali causali;
ha determinato il saldo creditorio a favore della correntista in € 168.249,86 condannando la banca convenuta al relativo pagamento, con gli interessi legali fino al saldo.
─ Avverso tale pronuncia la Banca RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. ha proposto appello dinanti alla Corte di Appello di Campobasso chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata, fossero rigettate le domande della parte appellata in quanto inammissibili ed infondate, nonché per maturata prescrizione del relativo diritto, con condanna della stessa Curatela appellata alla restituzione della somma di € 207.269,51. In tale giudizio ha proposto appello incidentale anche la Curatela del dichiarato RAGIONE_SOCIALE della società correntista.
3.Con la sentenza qui impugnata la Corte adita ha accolto, per quanto di ragione, sia l’appello principale che quello incidentale rideterminando l’importo dovuto dalla Banca in € 168.224,75 e condannando l’appellata alla restituzione di € 25,11 versata in eccedenza in esecuzione della sentenza di I grado.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
dagli esiti probatori risultava che la società aveva chiesto con racc.ta a.r., copia degli estratti conto e del contratto specificando che il contratto in suo possesso non conteneva l’indicazione del tasso di interessi le CMS le spese ulteriori, ma unicamente il tasso di interessi attivo al 10,25%. La richiesta era rimasta inevasa;
la Banca aveva resistito disconoscendo ex art. 2719 c.c. la conformità all’originale dell’ultima pagina del contratto in possesso della società; su tale deduzioni il giudice di I grado aveva ricostruito la conformità della copia, valutati altri mezzi di prova, comprese le presunzioni e tenendo conto degli atti acquisiti e del contegno processuale della Banca (mancata evasione della richiesta dei documenti ex art. 119 TUB, disconoscimento parziale e indicazioni generiche (‘si ha motivo di dubitare’);
c) nell’ipotesi in esame la documentazione parziale non aveva impedito alla CTU di ricostruire il rapporto sulla base delle ‘scritture contabili di raccordo’ ;
la soluzione adottata dalla CTU potrebbe al più aver penalizzato l’attrice in ripetizione, la quale non ha potuto evitare l’incidenza negativa delle clausole illegittime per l’anno 1994, in conseguenza del suo non assolvimento dell’onere probatorio;
l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca è stata formulata genericamente rispetto all’esistenza di un’apertura di credito della quale il CTU ha individuato il limite di affidamento pari a € 5.164,57 ; f) la banca avrebbe dovuto provare l’erroneità dell’assunto della motivazione della sentenza di I grado poiché la natura della CTU aveva individuato il limite di fido e quindi la natura ripristinatoria delle rimesse ed agli atti non v’era la possibilità di ri salire alla precisa regolamentazione dell’apertura di credito per verificare il superamento eventuale dei relativi limiti;
la pubblicazione della applicata reciprocità sugli interessi attivi e passivi non è elemento idoneo a sostituire la ‘opportuna notizia per iscritto’ richiesto dall’art. 7, comma 2, della delibera CICR del 9.2.2000;
il divieto di capitalizzazione riguarda anche le CMS che deve essere considerata una componente dell’interesse percepito dalla banca;
allorché il tasso di interessi superi nel corso del rapporto il tasso soglia non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola poiché si
delinea una usurarietà sopravvenuta e pertanto il conteggio del dovuto dalla banca deve essere rimodulato così come evidenziato dalla CTU con una eccedenza, rispetto a quanto stabilito in I grado di € 25,11 ;
ai fini del decorso degli interessi sulla somma oggetto di restituzione vanno considerati anche gli atti stragiudiziali.
4 . ─ RAGIONE_SOCIALE, ha presentato ricorso per cassazione con due motivi, ed anche memoria.
Il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
5. -Con il primo motivo: (Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 2033 c.c. La Corte non ha considerato che il correntista che agisce in ripetizione ha l’onere probatorio di esibire tutti gli estratti conto. Alla carenza probatoria non è possibile supplire con criteri presuntivi o approssimativi tali da far sì che il correntista si avvantaggi dalla frammentarietà della produzione documentale. Il saldo riportato alla data del 31.12.1993 era pari a + £ 184.312.965, mentre il saldo alla data del 1.1.1995 era pari a £ 63.042.301, il CTU quindi avrebbe dovuto partire dal saldo al 1.1.1995 addebitando la differenza di 121.270.664 tra i due saldi rilevati.
5.1 -La censura è inammissibile.
La doglianza delineata era stata già posta in II, anche se a dire dei controricorrenti tardivamente; la stessa sentenza evidenzia sul punto, infatti, che la banca non aveva mosso contestazioni dopo il deposito della CTU che aveva ricostruito il saldo contabile sulla base della documentazione prodotta.
In materia di conto corrente bancario il cliente, il quale agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito, è tenuto a fornire la prova dei movimenti del conto, tuttavia, qualora limiti l’adempimento ad alcuni aspetti temporali dell’intero andamento del rapporto, il giudice può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d’ufficio, in particolare disponendo una consulenza contabile (Cass., n.31187/2018). Ed ancora, nei rapporti di conto corrente bancario, ove il correntista, agendo in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca, ometta di depositare tutti gli estratti conto periodici e non sia possibile accertare l’andamento del conto mediante altri strumenti rappresentativi delle movimentazioni (come le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o le risultanze delle scritture contabili), va assunto, come dato di partenza per il ricalcolo, il saldo iniziale a debito, risultante dal primo estratto conto disponibile o da quelli intermedi dopo intervalli non coperti, che, nel quadro delle risultanze, è il dato più sfavorevole al cliente, sul quale si ripercuote tale incompletezza, in quanto gravato dall’onere della prova degli indebiti pagamenti (Cass., n. 37800/2022). con la conseguenza che, in mancanza di taluni estratti di conto corrente, egli perde semplicemente la possibilità di dimostrare il fondamento della domanda di restituzione di danaro da lui dato alla banca (per effetto di addebiti da questa operati) nel solo periodo di tempo compreso fra l’inizio del rapporto e quello cui si riferiscono gli estratti di conto corrente depositati (cfr. Cass., n. 30789/2023; Cass., n. 30661/2023; Cass., n. 28191/2023; Cass., n. 10025/2023; Cass., n. 1765/2024). La prova dell’indebito, pertanto, può darsi anche producendo solo una parte degli estratti conto ed utilizzando altri mezzi come la c.t.u. (cfr. Cass., n. 11543/2019; Cass. n. 9526/2019; Cass., n. 29190/ 2020; Cass., n. 20621/2021), secondo l’insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito (cfr. Cass., n. 16837/2022; Cass., n. 1538/2022; Cass., n.1040/2022). In ogni caso partendo dal saldo
iniziale degli estratti conto acquisiti al giudizio, che, nel quadro delle risultanze di causa, è il dato più sfavorevole allo stesso correntista. Correttamente la Corte di merito evidenzia che la tecnica utilizzata dal CTU è sicuramente non favorevole al correntista, perché consente di non considerare tutti gli addebiti illegittimamente effettuati dalla banca nel periodo non documentato.
Va, infine, notato che la mancata allegazione del cliente è connessa causalmente anche al mancato adempimento della Banca sulla richiesta formulata prima del giudizio ex art. 119 TUB.
6. -Con il secondo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 2946. Violazione e falsa applicazione dell’art.117 TUB. Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. L’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca è validamente stata proposta allegando soltanto l’inerzia del titolare del conto e la volontà di volersi avvalere dell’eccezione. Non compete alla Banca di fornire specifica indicazione sulle rimesse solutorie cui è applicabile la prescrizione, ma spetta al giudice di verificare quali rimesse per essere ripristinatorie, o attuate su un conto attivo, siano eventualmente irrilevanti ai fini della prescrizione, non potendosi considerare quali pagamenti. Nel rapporto oggetto del giudizio non è stata fornita prova sulla natura affidata del rapporto e tutte le rimesse devono essere considerate solutorie, perché tale prova può essere acquisita soltanto tramite il documento costitutivo del rapporto e non attraverso l ‘applicazione delle CMS che vengono applicate non soltanto in presenza di un affidamento. La prova dell’affidamento deve essere data ai sensi dell’art. 117 TUB soltanto per atto scritto e a tal fine è irrilevante la dichiarazione della banca
6.1 -Per valutare la censura occorre ricordare che il contratto su cui si è attuato l’affidamento è stato stipulato il 30.10.1992. In tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, di cui è
onerato il correntista, come i suoi aventi causa, può essere fornita dando riscontro, attraverso presunzioni, della conclusione del contratto di apertura di credito, quando tale contratto sia stato concluso prima dell’entrata in vigore della l. n. 154 del 1992 (10.3.1992) e del d.lgs. n. 385 del 1993 (Cass., n. 34997/2023). In ogni caso in tema di contratti bancari, l’apertura di credito deve essere stipulata per iscritto a pena di nullità – a meno che non sia già prevista e disciplinata nel contratto di conto corrente, stipulato per iscritto, come stabilito dalla delibera C.I.C.R. del 4 marzo 2003, in applicazione dell’art. 117, comma 2, d.lgs. n. 385 del 1993(Cass., n. 926/2022) . Pertanto, l’apertura di credito deve essere formulata per iscritto a meno che non ricorrano le condizioni previste dalla summenzionata delibera CICR.
L’esistenza, o non, di una apertura di credito spiega incidenza sul decorso della prescrizione delle singole rimesse, determinando che le rimesse, a seconda dei casi, possano qualificarsi meramente ripristinatorie della provvista o solutorie.
Ora, se il correntista agisca in giudizio senza allegare l’esistenza di una apertura di credito, la banca che eccepisca la prescrizione del diritto alla ripetizione delle rimesse non sarà tenuta a dedurre e dimostrare l’esistenza del detto contratto (cfr. Cass., n. 31927/2019, e, in senso sostanzialmente conforme, le più recenti Cass., n. 19812/2022 e Cass., n. 10026/2023; Cass., n. 5364/2024).
Altrettanto è a dirsi ove, invece, il correntista, fin dall’origine alleghi l’esistenza di quel contratto, a lui spettando, evidentemente, di darne la relativa dimostrazione mediante la produzione del corrispondente documento contrattuale. I n tal direzione l’esistenza del contratto può essere soddisfatta anche dalla previsione di tale possibile operazione (con le relative condizioni contrattuali) nel contratto di conto corrente aperto per eseguire concretamente le negoziazioni relative alla messa a disposiz ione dell’apertura di credito.
Nel caso di specie, però, non risulta indagato né eccepito che le condizioni contrattuali dell’apertura di credito erano disciplinate nel contratto di conto corrente stipulato e, pertanto, la censura è fondata poiché spetta al correntista l’onere di dimostrare l’esistenza dell’apertura di credito .
7. -Per quanto esposto, va accolto il secondo motivo del ricorso, inammissibile il primo. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale e dichiara il primo motivo inammissibile. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione