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Onere della prova affidamento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28990/2025, ha rigettato il ricorso di un correntista, confermando che l’onere della prova dell’affidamento bancario, inclusa la specificazione del suo limite, spetta interamente al cliente. Tale prova è fondamentale per contrastare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca riguardo alle rimesse effettuate sul conto. La Corte ha chiarito che senza la dimostrazione precisa del limite del fido, è impossibile distinguere tra rimesse solutorie (che estinguono un debito) e ripristinatorie (che ricostituiscono la disponibilità), rendendo di fatto inefficace la difesa del correntista. La documentazione della Centrale Rischi è stata ritenuta insufficiente a tal fine.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova Affidamento: Il Cliente Deve Dimostrare Esistenza e Limite

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale nel contenzioso bancario: l’onere della prova affidamento spetta al correntista che intende contestare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca. Questa decisione sottolinea l’importanza per il cliente non solo di allegare l’esistenza di una linea di credito, ma anche di provarne con precisione il limite. Vediamo nel dettaglio i contorni di questa vicenda giudiziaria e le sue importanti implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Controversia tra Cliente e Banca

Il caso trae origine da una controversia tra un cliente e il suo istituto di credito. Il cliente aveva agito in giudizio per ottenere la restituzione di somme che riteneva indebitamente pagate. La banca, dal canto suo, si era difesa sollevando un’eccezione di prescrizione, sostenendo che i versamenti (rimesse) effettuati dal cliente sul conto nel corso degli anni avessero natura “solutoria”, ovvero fossero pagamenti di un debito esistente, e che quindi il diritto a richiederne la restituzione fosse ormai estinto per il decorso del tempo.

Il cliente replicava che le rimesse avevano invece natura “ripristinatoria”, in quanto effettuate nell’ambito di un contratto di affidamento (fido bancario) che gli era stato concesso. In presenza di un fido, infatti, i versamenti non estinguono un debito, ma semplicemente ripristinano la disponibilità della linea di credito. Di conseguenza, il termine di prescrizione per l’azione di ripetizione dell’indebito decorrerebbe solo dalla data di chiusura del conto e non da ogni singolo versamento. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva dato ragione alla banca, ritenendo che il cliente non avesse fornito una prova adeguata dell’esistenza e, soprattutto, del limite di tale affidamento.

La Decisione della Corte: L’onere della Prova Affidamento a Carico del Correntista

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso del correntista. Gli Ermellini hanno chiarito in modo inequivocabile che, di fronte all’eccezione di prescrizione della banca, l’onere della prova affidamento grava sul cliente.

Questo onere non si esaurisce nella semplice affermazione dell’esistenza di una linea di credito. È indispensabile che il correntista dimostri in modo puntuale anche l’ammontare, ovvero il limite massimo, dell’affidamento concesso. Senza questa specificazione, risulta impossibile per il giudice determinare se una data rimessa abbia avuto carattere solutorio (perché effettuata su un conto “scoperto” oltre il limite del fido) o meramente ripristinatorio (perché effettuata entro i limiti del fido).

Le Prove Portate dal Cliente

Nel caso di specie, il ricorrente aveva tentato di provare l’esistenza del fido attraverso la documentazione della Centrale Rischi della Banca d’Italia. Tuttavia, la Corte ha ritenuto tale documentazione insufficiente, definendola di valore “meramente indiziario” e non idonea a dimostrare in modo inconfutabile e preciso l’ammontare della linea di credito per l’intero arco temporale del rapporto.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su un principio logico e giuridico molto solido. La distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie è la chiave per determinare il momento da cui inizia a decorrere la prescrizione. Se è vero che l’esistenza di un contratto di affidamento costituisce un’eccezione (in senso lato) rilevabile anche d’ufficio, è altrettanto vero che gli elementi fattuali a sostegno di tale eccezione devono emergere chiaramente dagli atti di causa.

La Corte ha sottolineato che affermare genericamente l’esistenza di un fido, senza individuarne il limite, rende impossibile qualsiasi valutazione concreta. In assenza di questo dato fondamentale, ogni versamento su un conto con saldo negativo non può che essere presunto come solutorio. Pertanto, il ricorso è stato giudicato infondato in quanto mirava, in sostanza, a ottenere un riesame nel merito della valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione per chiunque sia coinvolto in un contenzioso bancario. Il principio dell’onere della prova affidamento posto a carico del correntista è un caposaldo da non sottovalutare. Per paralizzare efficacemente l’eccezione di prescrizione della banca, non è sufficiente sostenere di aver beneficiato di un fido. È necessario fornire prove concrete, documentali e precise, che ne attestino non solo l’esistenza, ma anche e soprattutto il limite massimo per tutto il periodo in contestazione. In mancanza di tale prova rigorosa, il rischio di veder prescritta la propria azione di ripetizione dell’indebito è estremamente elevato.

Su chi ricade l’onere della prova dell’affidamento in un conto corrente per contrastare l’eccezione di prescrizione della banca?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava interamente sul correntista. È il cliente che, per sostenere la natura ripristinatoria delle proprie rimesse e quindi posticipare il decorso della prescrizione alla chiusura del conto, deve dimostrare l’esistenza di un contratto di affidamento.

È sufficiente dimostrare l’esistenza generica di un affidamento per vincere l’eccezione di prescrizione?
No, non è sufficiente. La Corte ha chiarito che il correntista deve provare non solo l’esistenza dell’affidamento, ma anche il suo preciso limite. Senza la conoscenza del limite del fido, è impossibile per il giudice distinguere tra rimesse solutorie (che avviano la prescrizione) e ripristinatorie.

La documentazione della Centrale Rischi della Banca d’Italia è considerata prova sufficiente dell’esistenza e del limite di un affidamento?
No. Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che i dati provenienti dalla Centrale Rischi hanno un valore meramente indiziario e non costituiscono una prova sufficiente e inconfutabile, potendo essere disattesi dal giudice di merito. Il cliente deve fornire prove più concrete e dirette.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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