Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15176 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
sul ricorso 17373/2020 proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, elettivamente domiciliata in Roma , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO BARI n. 2553/2019 depositata il 09/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 2553/2019 del 9.12.2019 la Corte d’Appello di Bari, pronunciando sull’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il rigetto in primo grado della domanda di questa di accertamento negativo del saldo a debito registrato a proprio favore dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., ha accolto il detto atto di gravame e, per quel che qui ancora rileva, ha dichiarato l’insussistenza del saldo rivendicato dalla banca sull’assunto che era onere di questa provare, in conformità ai principi risultanti dall’art. 2697 cod. civ., i fatti costitutivi posti a suo fondamento, vero che «nelle azioni di accertamento negativo, dovendo i principi generali sull’onere della prova trovare applicazione indipendentemente dalla circostanza che la causa sia stata instaurata dal debitore (correntista), rimangono a carico del creditore (banca) le conseguenze della mancata dimostrazione degli elementi costitutivi della pretesa».
La cassazione di detta sentenza è ora reclamata dalla banca soccombente con tre motivi di ricorso, ai quali resiste l’intimata con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
È fondato il primo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione degli artt. 2697 e 2033 cod. civ. per avere il decidente, prendendo le distanze da un consolidato insegnamento giurisprudenziale di legittimità di segno contrario, accollato alla banca ricorrente l’onere, a fronte dell’azione di accertamento
negativo dispiegata dal correntista, di provare la fondatezza del saldo a debito ascritto al medesimo e risultante dai rapporti già in essere tra le parti. Argomenta per vero, persuasivamente, la banca ricorrente che «se può, infatti essere corretto reputare che, quando sia la banca a farsi attrice e a reclamare il saldo risultante dal conto corrente, gravi su di essa l’onere di provare il credito vantato e che si impone, perciò, la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura , altrettanto non è sostenibile in relazione alle diverse ipotesi, quale quella in esame, in cui sia il correntista ad agire con l’azione di accertamento e/o ripetizione, dato che in questo caso grava sul medesimo l’onere di provare la pretesa creditoria fatta valere, attraverso la produzione degli estratti conto relativi all’intero periodo del rapporto a cui si riferisce la domanda di indebito».
3. E’ infatti affermazione corrente nella giurisprudenza di questa Corte -di cui si è fatta applicazione anche al campo dei rapporti bancari (Cass., Sez. I, 07/05/2015, n. 9201, in motivazione) -che qualora l’attore proponga domanda di accertamento negativo di un diritto del convenuto e questo ultimo non si limiti a chiedere il rigetto della pretesa avversaria, ma formuli, a sua volta, domanda riconvenzionale per conseguire il riconoscimento del diritto negato da controparte, ambedue le parti hanno l’onere di provare le rispettive e contrapposte pretese, restando soccombente chi non assolva tale onere (Cass. Sez. III, 20/09/2023, n. 26916; Cass., Sez. II, 15/02/2007, n. 3374; Cass., Sez. III, 16/06/2005, n. 12963). Da qui ha poi preso forza l’ulteriore affermazione che la giurisprudenza bancaria di questa Corte opera stabilmente in tema di azione di ripetizione di indebito allorché protesta a carico del correntista il duplice onere di fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che
della mancanza, rispetto ad essi, di una valida ‘ causa debendi ‘ (Cass., Sez. VI-I, 13/12/2019, n. 33009; Cass., Sez. I, 28/11/2018. n. 30822; Cass., Sez. VI-I, 23/10/2017. n. 24948). Né, guardando alla sola azione di accertamento negativo, è d’ostacolo -ed obbliga perciò a rivedere le tradizionali regole di ripartizione dell’onere probatorio -che la parte che se ne rende interprete sia chiamata a confrontarsi con la difficoltà di provare un fatto negativo, atteso che il principio secondo cui chi intende far valere in giudizio un diritto deve darne prova, così come quello secondo cui chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato deve dare prova del contrario, risultanti ambedue dall’art. 2697 cod. civ., non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (Cass., Sez. III, 13/06/2013, n. 14854; Cass., Sez. III, 11/01/2007, n. 384; Cass., Sez., IV, 13/12/2004, n. 23229).
Queste brevi osservazioni danno già la misura di quanto il deliberato impugnato, laddove ha invece ritenuto che onerata della prova della somma ascritta a saldo debitorio della parte debba essere non chi agisce per dimostrarne l’insussistenza, ma la banca che si limita resistervi, si collochi al di fuori del riferito quadro diritto e si renda perciò meritevole di essere cassato.
E poi solo appena il caso di aggiungere per l’enfasi ascritta all’argomento -che ha indotto il decidente a ricopiare testualmente il relativo passaggio motivazionale -che l’approdo segnato dalla
sentenza in disamina non gode neppure del sostegno del riportato insegnamento estrapolato dalla giurisprudenza lavoristica di questa Corte, atteso che il principio di diritto a suo tempo enunciato dal precedente riprodotto, a tenore del quale è onere dell’ente erogante provare l’indebito previdenziale, è stato definitivamente superato, a risoluzione del contrasto formatosi al riguardo tra discordi pronunce sul tema della medesima sezione, dalle SS.UU. 18046/2010, enuncianti il principio secondo cui «in tema d’indebito previdenziale, nel giudizio instaurato, in qualità d’attore, dal pensionato che miri ad ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituire quanto l’ente previdenziale abbia ritenuto indebitamente percepito, l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata, ovvero l’esistenza di un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrisposto, è a suo esclusivo carico».
6. L’accoglimento del detto motivo di ricorso comporta la cassazione alla radice dell’impugnata decisione ed il rinvio della causa al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio ed esonera perciò dall’esaminare gli altri motivi di esso -deducenti, il secondo, «una grave violazione del giusto processo, del contraddittorio delle parti e del principio della domanda», il terzo, la violazione del «principio dell’onere della prova art. 2697 c.c.» -che restano perciò assorbiti.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Bari che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 20.3.2024.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME