Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27760 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27760 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9976/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME;
PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE GOVERNO -intimata- avverso SENTENZA di TRIBUNALE COGNOME n. 810/2022 depositata il 02/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME propose opposizione innanzi al Giudice di Pace di Bari avverso un’ordinanza ingiunzione adottata in data 4 novembre
2020 dal Prefetto di Bari per violazione dell’art. 141, comma 2 e 11 del Cds.
Il Giudice di Pace dichiarò la contumacia della Prefettura, ritenendo non valida la costituzione a mezzo pec ed accolse l’opposizione di NOME COGNOME.
La Prefettura propose appello innanzi al Tribunale di Bari, che accolse il gravame e dichiarò inammissibile l’opposizione ad ordinanza ingiunzione.
Il Tribunale dichiarò la nullità della sentenza perché non era stato letto il dispositivo in udienza; ritenne errata la dichiarazione di contumacia della Prefettura, essendo la costituzione legittimamente avvenuta a mezzo pec sicché l’atto aveva raggiunto lo scopo cui era destinato. Peraltro, l’Ufficio del Giudice di Pace di Bari, con D.M. 01.12.2019, entrato in vigore il 22.1.2020, era stato autorizzato all’operatività telematica, come previsto dall’art. 16 bis, comma 6 del D. Lgs n. 179/2012 e dall’art. 83, comma 11 del d.l. n. 18/2020 convertito dalla legge n. 27/2020.
Infine, il Tribunale ritenne che l’opponente non avesse dato prova della tempestività dell’opposizione attraverso il deposito dell’atto di notifica dell’ordinanza ingiunzione.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale sulla base di sei motivi.
2.1. La Prefettura di Bari è rimasta intimata.
2.2. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 156 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale dichiarato la nullità della sentenza del
Giudice di Pace perché non era stata data lettura del dispositivo; ad avviso del ricorrente il Giudice di Pace non avrebbe seguito il rito speciale ma il rito ordinario perché aveva invitato le parti a precisare le conclusioni, come previsto dall’art. 321 c.p.c. Conseguentemente, la sentenza del Giudice di Pace non era affetta da nullità ma era valida ed efficace.
1.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
1.2. Il Tribunale ha correttamente ritenuto viziata da nullità la sentenza di primo grado perché il Giudice di primo grado non aveva letto il dispositivo in udienza, trattandosi di controversia introdotta con ricorso ex art.6 del D.Lgs n. 150 del 2011 e, pertanto, sottoposta al rito del lavoro.
Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nelle controversie soggette al rito del lavoro l’omessa lettura del dispositivo all’udienza di discussione determina, ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., la nullità insanabile della sentenza per mancanza del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell’atto, correlato alle esigenze di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione, da farsi valere secondo le regole proprie del mezzo di impugnazione esperibile, in base al principio generale sancito dall’art. 161, comma primo cod. proc. civ.
Non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione, tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., il giudice di secondo grado, che abbia rilevato tale nullità, ove dedotta con l’appello, non deve, quindi, rimettere la causa al primo giudice, né limitare la pronunzia alla mera declaratoria di nullità.
Nel caso di specie, il Tribunale ha correttamente deciso la causa nel merito sicché non può configurarsi un interesse del ricorrente alla rimessione della causa innanzi al giudice di primo grado, né è
ipotizzabile la riviviscenza della decisione del primo giudice a lui favorevole (Cass., Sez. 6 – 3, n. 25305 del 28/11/2014; Cass., Sez. L, n. 13165 del 08/06/2009; Cass., Sez. L, n. 10869 del 11/05/2006).
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del D.Lgs n. 150 del 2011 e degli artt. 319 e 166 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto che la costituzione in giudizio della Prefettura potesse avvenire a mezzo pec, quale forma di costituzione equiparabile al servizio postale. Ad avviso della ricorrente, l’utilizzo del servizio postale per proporre opposizione all’ordinanza ingiunzione è ammissibile solo in favore del cittadino ma non sarebbe estensibile alla Prefettura. Peraltro, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, non opererebbe alcuna sanatoria per il raggiungimento dello scopo dell’atto in quanto mancherebbe il timbro di cancelleria attestante la ricezione degli atti.
Con il terzo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la ricorrente lamenta l’errore di percezione sul perfezionamento della notifica a mezzo EMAIL, per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che si fosse perfezionato il deposito dell’atto di appello nonostante l’assenza di documentazione attestante la ricezione del messaggio PEC ovvero la busta di avvenuta consegna, nella casella del destinatario, avendo la Prefettura depositato unicamente il messaggio di invio dell’atto di appello. Il Tribunale sarebbe, pertanto, incorso in un errore di percezione sul contenuto oggettivo della prova.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 16 bis , comma 6 del D.Lgs n. 179 del 2012, e del D.L. n. 18 del 17.3.2020 convertito nella L. n. 27 del 2020, in
relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.; la ricorrente contesta che l’Ufficio del Giudice di Pace di Bari, con D.M. 1.12 2019, entrato in vigore il 22.1.2020, fosse stato autorizzato all’operatività telematica, come previsto dall’art. 16 bis, comma 6 del D.Lgs n. 179/2012 e dall’art. 83, comma 11 del D.L. 17.3.2020, convertito dalla Legge n. 27/2020 in quanto l’autorizzazione avrebbe riguardato solo le ‘comunicazioni e notificazioni in cancelleria’; il decreto che doveva rendere attuativa l’operatività telematica del deposito telematico degli atti processuali, previsto dall’art. 16 bis, comma 6 del D.L. n. 179 del 2012, conv. nella L. 221 del 2012, non sarebbe stato emesso dal Ministero con la conseguenza che le parti non avrebbero avuto la possibilità di depositare gli atti processuali mediante l’invio a mezzo pec. A ciò si aggiunga l’inapplicabilità dell’art. 83, comma 11 del D.L. n. 18 del 17.3.2020 concernenti le misure urgenti da COVID 19 al procedimento innanzi al Giudice di Pace perché non aventi il servizio di deposito telematico.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 156, comma 3 c.p.c. e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n.3 c.p.c., perché il Tribunale avrebbe ritenuto perfezionato il deposito di documenti attraverso la costituzione a mezzo pec mentre non vi sarebbe la prova della loro consegna, mancando il timbro di ricezione del cancelliere
5.1. I motivi, dal due al cinque, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
Come affermato, anche di recente da questa Corte, nel procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione dinanzi al giudice di pace, è ammissibile l’uso della PEC per l’invio degli atti relativi alla costituzione della P.A., trattandosi di una delle ipotesi speciali (insieme al giudizio di cassazione ed a quello tributario) in deroga al
principio generale che considera irrituale, in quanto non previsto dalla legge, il deposito dell’atto non effettuato di persona (Cass., Sez. II, 24/05/2023, n.14281; Cass., Sez. 6-2, n. 1027 del 17 gennaio 2017; Cass., Sez. U., n. 5160 del 4 marzo 2009).
Tale orientamento è, del resto, speculare al principio enunciato da questa Corte, secondo cui la notificazione delle ordinanze-ingiunzione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 18 può avvenire direttamente, da parte della P.A., a mezzo di posta elettronica certificata, rappresentando una modalità idonea a garantire al destinatario la conoscibilità dell’atto e la finalità della notificazione, senza che possa farsi riferimento alla necessità del rispetto anche delle formalità di cui alla L. n. 53 del 1994, che attiene alla diversa ipotesi di notifiche eseguite direttamente dagli avvocati (Cass., Sez. 6-2, n. 28829 del 16 dicembre 2020).
L’utilizzo da parte della Prefettura di Bari del sistema PEC per l’inoltro degli atti relativi alla costituzione in giudizio avanti il Giudice di pace di Bari deve senz’altro reputarsi consentito, trattandosi nella specie di un’opposizione ad ordinanza-ingiunzione, ossia di una delle ipotesi speciali, insieme al giudizio di cassazione ed a quello tributario, in deroga al principio generale che considera un deposito non cartaceo dell’atto irrituale, in quanto non previsto dalla legge.
Ne consegue che anche prima dell’emanazione dell’art. 83, comma 11 del D.L. n. 18 del 17.3.2020 concernenti le misure urgenti da COVID 19, nel procedimento di opposizione ad ordinanza ingiunzione, era consentito il deposito telematico degli atti al procedimento innanzi al Giudice di Pace.
6. Con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 6 del D.Lgs n. 150 del 2011 e dell’art. 2697 c.c., per avere il Tribunale dichiarato inammissibile l’opposizione per tardività sostenendo che la
prova della tempestività dell’opposizione ad ordinanza ingiunzione doveva essere data dalla Pubblica Amministrazione. A fondamento della censura la ricorrente osserva che la notifica dell’ordinanza ingiunzione era stata notificata dalla Prefettura a mezzo posta e, in tale ipotesi, poiché non viene redatta la relata di notifica, la prova della ricezione poteva essere data solo dal mittente attraverso la produzione della cartolina di avvenuta consegna. Trattandosi, quindi, di un atto nella disponibilità della Prefettura, sarebbe stato suo onere provare la tardività dell’opposizione attraverso la produzione della cartolina di ritorno attestante la data della notifica, anche in applicazione del principio della vicinanza della prova.
6-1. Il motivo è fondato.
In tema di notificazione a mezzo del servizio postale, a seguito della pronunzia n. 477 del 2002 della Corte Costituzionale, la notificazione a mezzo posta deve ritenersi tempestiva per il notificante al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, mentre per il destinatario resta fermo il principio del perfezionamento della notificazione soltanto alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento del plico postale che lo contiene (Cass., Sez. L, n. 2834 del 03/09/2003; Cass., Sez. 5, n. 17714 del 02/09/2004).
La verifica, in concreto, del rispetto di termini perentori, quali quelli per la proposizione di impugnazioni, deve ritenersi rimessa a criteri obiettivi – come, per l’appunto, quello della consegna del plico all’ufficiale giudiziario -senza che possano operare valutazioni discrezionali e soggettive del giudicante o del destinatario dell’atto (Cass., Sez. 3, n. 15809 del 28.7.2005).
A tali principi non si è uniformato il Tribunale di Bari.
Il Tribunale ha affermato che la prova della tempestività dell’opposizione incombeva sull’opponente, che aveva proposto opposizione all’ordinanza ingiunzione adottata dal Prefetto in data 4.11.2020, con ricorso depositato in data 9.2.2021, sebbene la cartolina di ritorno dell’atto di notifica dell’ordinanza ingiunzione fosse nella disponibilità del notificante, trattandosi di notifica avvenuta a mezzo posta.
Ne consegue che era onere della Prefettura, che aveva sollevato l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione per tardività, produrre la cartolina di ritorno da cui poteva evincersi la data di avvenuta consegna.
Il ricorso sul punto deve, pertanto, essere accolto e la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Bari, in diversa composizione, per un nuovo esame.
Il giudice di rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Bari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione del 27.03.2025.
Il Presidente NOME COGNOME