Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11811 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11811 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso e per la revocazione dell ‘ordinanza n. 8015/2021 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il giorno 22 marzo 2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
su istanza di Unicredit S.p.A. il Tribunale di Vasto emise decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di euro 124.675 in danno di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
REVOCAZIONE ORDINANZA CORTE DI CASSAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28531/2021 R.G. proposto da NOME E NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
proposta opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. avverso il decreto, resi i provvedimenti sulla provvisoria esecuzione, il Tribunale accordò alle parti termine per l’attivazione del procedimento di mediazione;
inottemperata tale prescrizione, il Tribunale dichiarò improcedibile l’opposizione ed esecutivo il decreto ingiuntivo;
la pronuncia venne confermata, a seguito di impugnazione degli originari ingiunti, dalla Corte di appello de L’Aquila, sul rilievo che l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione gravasse sulla parte opponente;
il ricorso per cassazione dispiegato da NOME COGNOME e NOME COGNOME è stato rigettato con ordinanza n. 8015/2021 di questa Corte, con la seguente motivazione (per la parte ancora d’interesse): « il ricorso va rigettato in quanto la decisione di dichiarare improcedibile l’opposizione è conforme a diritto, non potendosi decidere altrimenti in caso di inerzia di entrambe le parti nell’attivazione della procedura di mediazione, mentre va corretta la motivazione della decisione impugnata nel senso che l’onere di attivare la mediazione compete all’opposto anziché, come ritenuto dai giudici di merito, all’opponente »;
con ricorso affidato ad un motivo, NOME COGNOME e NOME COGNOME domandano la revocazione di detta ordinanza;
non svolge difese in questo giudizio Unicredit S.p.A.;
parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa;
Considerato che
il motivo di revocazione denuncia errore di fatto, rilevante ai sensi degli artt. 391bis e 395, num. 4, cod. proc. civ., « consistente nella mancata percezione della parte del dispositivo che aveva dichiarato esecutivo il decreto ingiuntivo »;
per i ricorrenti, la Suprema Corte « non si è avveduta, per mera svista e senza alcuna valutazione in merito, che la pronuncia di primo
grado aveva dichiarato esecutivo un decreto che, in realtà, doveva essere revocato, alla luce dell’improcedibilità dell’intero giudizio »;
è doveroso premettere che ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, num. 4, cod. proc. civ., occorre siano integrati i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto -risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive -tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. U, 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, num. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinan te della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere
con gli ordinari mezzi di impugnazione (così Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass. 18/02/2014, n. 3820);
d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929);
tanto precisato (e richiamata, a compendio della giurisprudenza sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi per revocazione per errore di fatto, la più recente Cass., Sez. U, 19/07/2024, n. 20013), l’istanza di revocazione in esame va dichiarata inammissibile;
per spiegare le ragioni della inammissibilità e, soprattutto le implicazioni che da essa debbono derivare, è opportuno riprodurre la motivazione dell’ordinanza impugnata;
essa ebbe il seguente tenore:
« La corte di appello osserva che il Tribunale ha ritenuto che l ‘ onere di attivare la procedura di mediazione spettasse agli opponenti in base ad una decisione di questa Corte (24629/ 2015), alle cui motivazioni ha fatto integralmente rinvio. – Questa ratio è contestata con due motivi. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’articolo 132 c.p.c. Secondo i ricorrenti la corte avrebbe motivato in modo apodittico, non sufficiente, la sua conclusione, limitandosi a fare riferimento ad un precedente giurisprudenziale, di legittimità, peraltro
Cons. est. NOME COGNOME
non seguito dalla maggior parte dei giudici di merito. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’articolo 5 I. n. 28 del 2010. I ricorrenti assumono che, contrariamente a quanto statuito dai giudici di merito, l ‘ onere di iniziare la procedura di mediazione spetta all’opposto, in quanto sostanziale attore alla luce della disciplina della legge n. 28 del 2010 la quale prevede, per l ‘ appunto, che l’onere di iniziare la procedura sorge solo dopo la pronuncia sulla provvisoria esecuzione, segno che è interesse di chi agisce in giudizio (attore sostanziale) quello di avviare la procedura. I motivi possono esaminarsi congiuntamente. In ragione della circostanza che il dispositivo è comunque conforme a diritto, nel senso che nessuna delle due parti ha provveduto ad attivare la procedura di mediazione, e dunque correttamente è stata pronunciata l’ improcedibilità, il dispositivo stesso non può essere oggetto di riforma in questa sede, dove solo può correggersi la motivazione ai sensi dell’articolo 384, ultimo comma c.p.c. Va evidenziato infatti come, dopo la proposizione del ricorso, è stata pubblicata la decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 19596 del 2020, che, componendo il contrasto di giurisprudenza sulla questione che ci occupa, ha statuito che le disposizioni della legge 28 del 2010 sono univoche nel senso che l ‘ onere di attivarsi per promuovere la mediazione spetta all ‘ opposto (p. 12) e che l ‘ attribuzione a quest’ultimo non è irrilevante sul piano delle conseguenze, in quanto, pur essendo la pronuncia quella di improcedibilità in ogni caso, se l ‘ onere spetta all ‘ opposto il decreto ingiuntivo è revocato, mentre se l ‘ onere è fatto gravare sull ‘ opponente l ‘ ingiunzione diventa irrevocabile. Si intende che, per quanto ci occupa, e per quanto detto prima, questa conseguenza ulteriore della pronuncia di improcedibilità è, per l ‘ appunto, ulteriore e non rende la decisione della Corte difforme dal diritto (che pretende che sia dichiarata improcedibile l’opposizione in ogni caso), e dunque non serve ai fini
dell ‘ accoglimento del ricorso. In sostanza, il ricorso va rigettato in quanto la decisione di dichiarare improcedibile l’opposizione è conforme a diritto, non potendosi decidere altrimenti in caso di inerzia di entrambe le parti nell ‘ attivazione della procedura di mediazione, mentre va corretta la motivazione della decisione impugnata nel senso che l ‘ onere di attivare la mediazione compete all ‘ opposto anziché, come ritenuto dai giudici di merito, all ‘ opponente, con la conseguenza che, come esplicitato innanzi, alla pronuncia di improcedibilità consegue la revoca del decreto ingiuntivo. In ragione del sopravvenuto chiarimento da parte delle Sezioni Unite, le spese vanno compensate» ;
sulla base di tale motivazione seguiva il rigetto del ricorso;
ebbene la riportata motivazione evidenzia che la qui gravata ordinanza, dopo aver ben individuato l’arresto di nomofilachia (Cass., Sez. U, 18/09/2020, n. 19596) relativo alla parte onerata di promuovere la mediazione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, non ha tratto in maniera corretta le conseguenze che in ragione dell’applicazione del relativo principio di diritto sarebb ero dovute derivare ai fini della decisione da rendere sull ‘impugnazione ;
ed invero, la Corte, assumendo che il dispositivo della sentenza nel senso della improcedibilità era conforme a diritto e così riferendosi necessariamente a quello della sentenza di primo grado, ha fatto un’errata applicazione dell’art. 384, ultimo comma c.p.c., giacché tale norma si riferisce al dispositivo della sentenza impugnata in Cassazione e non a quello della sentenza di primo grado (se il giudizio si è articolato in due gradi di merito e la sentenza impugnata è quella di appello);
la Corte avrebbe dovuto, invece, considerare il dispositivo della sentenza di secondo grado impugnata, là dove aveva rigettato l’appello , confermando la sentenza di primo grado dichiarativa dell’improcedibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo;
Cons. est. NOME COGNOME
invero, sulla base della evocazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite e, quindi, di contro a quanto ritenuto dal primo giudice e condiviso dal giudice di appello della sentenza impugnata, questa Corte avrebbe dovuto: a) rilevare che quest’ultima era manifestamente erronea, là dove aveva, rigettando l’appello, condiviso il principio per cui la mediazione avrebbe dovuto essere introdotta dalla parte opponente e non dalla parte opposta; b) procedere, in conseguenza, alla cassazione della sentenza di appello con l’accoglimento dell’appello e la declaratoria di improcedibilità non dell’opposizione proposta dall’ingiunto (come aveva fatto il primo giudice reputando che l’onere di introduzione della mediazione fosse della parte ingiunta), bensì dell’azione creditoria esercitata dalla parte creditrice in via sommaria con il ricorso per decreto ingiuntivo e divenuta oggetto di cognizione piena a seguito dell’opposizione , con la conseguenza della declaratoria di caducando dell’opposto decreto ;
proprio siffatto errore è oggetto della denuncia di revocazione: ma, come ben evidente, trattasi di tipico error in iudicando nell’intendere i presupposti dell’ultimo comma dell’art. 384 c.p.c. , risolvendosi nella non corretta applicazione al caso esaminato del principio di diritto (pur esattamente individuato) regolante la stessa;
è per tale ragione che la proposta revocazione risulta inammissibile, giacché non denuncia alcun errore di fatto;
peraltro, nell’esercizio dei propri doveri di favorire l’esatta applicazione del diritto, questa Corte deve rilevare che la conferma del consolidarsi del decisum dell’ordinanza qui impugnata, una volta che si debba tenere conto di esso, sebbene errato, non nuoce in alcun modo alle parti qui ricorrenti, giacché tale pur erroneo decisum dev’essere interpretato sia dalle parti sia da eventuali giudici chiamati ad applicarne le implicazioni, in un senso obbligato derivante dal tenore della motivazione che lo sorregge;
ne consegue che avendo chiaramente l’ordinanza impugnata affermato che la conseguenza della mancata instaurazione del procedimento mediatorio da parte del soggetto onerato, cioè la parte creditrice ingiungente, era da ritenere la caducazione del decreto ingiuntivo, sia le parti sia quegli eventuali giudici dovranno ritenere caducato il decreto;
tanto è una diretta implicazione dell’affermazione dell’ordinanza impugnata « nel senso che l ‘ onere di attivare la mediazione compete all’opposto anziché, come ritenuto dai giudici di merito, all ‘ opponente, con la conseguenza che, come esplicitato innanzi, alla pronuncia di improcedibilità consegue la revoca del decreto ingiuntivo» ;
in buona sostanza la pur erronea pronuncia qui impugnata, con la pretesa correzione della motivazione e la salvezza del dispositivo di improcedibilità, ha operato o se si vuole riconosciuto una caducazione del decreto ingiuntivo e, dunque, i ricorrenti in definitiva non hanno ricevuto pregiudizio dall’errore ed il pericolo di subirlo da un’erronea esegesi dell’ordinanza è scongiurato da quanto qui rilevato;
il ricorso per revocazione è dichiarato inammissibile;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, non avendo ivi svolto difese la parte intimata;
attesa l’inammissibilità dell’impugnazione, va da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti al competente ufficio di merito -ex art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma comma 1bis dello stesso art. 13;
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso per revocazione;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione