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Omologazione sistemi: multa annullata per prova mancata

Una società di trasporto acqueo veniva multata da un’amministrazione comunale per aver violato un divieto di transito in orario notturno, infrazione rilevata tramite un sistema di videosorveglianza. La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento della sanzione, poiché l’ente pubblico non ha fornito la prova della necessaria omologazione dello strumento di accertamento, requisito fondamentale per garantirne la precisione e la legittimità del suo utilizzo.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Omologazione Sistemi: Multa Annullata se la PA non Prova la Conformità

L’utilizzo di strumenti elettronici per l’accertamento di infrazioni è sempre più diffuso, ma la loro efficacia probatoria dipende da requisiti tecnici ben precisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la necessità di una corretta omologazione dei sistemi di rilevamento. Senza questa certificazione, la multa è illegittima. L’ordinanza analizza il caso di una sanzione elevata tramite un sistema di videosorveglianza, annullata proprio per la mancata prova della sua conformità.

La Vicenda: Una Multa per Transito Vietato

Una società di trasporto acqueo si vedeva recapitare un’ordinanza-ingiunzione da parte di un’amministrazione comunale per aver transitato con una sua imbarcazione in una zona a traffico limitato durante le ore di divieto. La violazione era stata rilevata da un sistema di videosorveglianza elettronico.

La società decideva di opporsi alla sanzione, sostenendo, tra le altre cose, che l’amministrazione non aveva mai dimostrato la regolare omologazione e le periodiche verifiche di funzionalità dello strumento utilizzato. Sia il Giudice di Pace in primo grado che il Tribunale in appello accoglievano le ragioni della società, annullando la multa. Il Comune, non rassegnato, proponeva ricorso in Cassazione.

Il Principio di Diritto: la Prova spetta alla Pubblica Amministrazione

Il cuore della questione legale ruota attorno all’onere della prova. Il Comune sosteneva che le norme su omologazione e taratura periodica, come quelle previste dal Codice della Strada per gli autovelox, non fossero applicabili a un semplice sistema di videosorveglianza che si limita a registrare un transito. Secondo l’ente, il verbale, avendo fede privilegiata, era sufficiente a provare l’infrazione.

La Cassazione, pur correggendo parzialmente la motivazione dei giudici di merito, giunge alla stessa conclusione, ma basandosi su un presupposto normativo differente e più specifico. La Corte ha infatti rilevato che lo stesso regolamento locale per la navigazione, che istituiva il divieto, prevedeva esplicitamente all’art. 67 che i dispositivi di monitoraggio impiegati dovessero essere di “tipo omologato”.

L’importanza dell’omologazione dei sistemi di rilevamento

L’omologazione non è un mero adempimento burocratico. È una procedura tecnica finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico. Costituisce un requisito imprescindibile per la legittimità dell’accertamento stesso. Senza la prova di tale certificazione iniziale, viene meno la garanzia che lo strumento funzioni correttamente e che il dato registrato sia affidabile. Di conseguenza, l’accertamento effettuato a distanza perde la sua validità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha chiarito che, indipendentemente dall’applicabilità o meno delle norme del Codice della Strada, nel caso specifico era una norma locale a imporre l’obbligo di utilizzare apparecchiature omologate. La Pubblica Amministrazione, che agisce in giudizio per pretendere il pagamento della sanzione, ha l’onere di provare tutti i fatti costitutivi della sua pretesa. Tra questi fatti rientra non solo la violazione commessa dal privato, ma anche la legittimità e l’affidabilità del metodo di accertamento.

Poiché l’amministrazione non ha prodotto in giudizio alcun documento che attestasse l’avvenuta omologazione del sistema di videosorveglianza, ha fallito nel dimostrare uno degli elementi essenziali della pretesa sanzionatoria. Di conseguenza, l’onere della prova non è mai passato alla società sanzionata, la quale non era tenuta a dimostrare di trovarsi in una situazione che la esonerasse dal divieto. L’accertamento è stato ritenuto illegittimo alla fonte, e il ricorso del Comune è stato rigettato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa decisione ha importanti implicazioni sia per le Pubbliche Amministrazioni che per i cittadini.

Per gli enti pubblici, emerge la necessità non solo di dotarsi di strumenti tecnologici per il controllo del territorio, ma anche di seguire scrupolosamente tutte le procedure di certificazione previste dalla legge, conservandone la relativa documentazione. L’efficacia dell’azione sanzionatoria dipende direttamente dalla prova della regolarità degli strumenti impiegati.

Per i cittadini, questa sentenza rafforza il diritto alla difesa. Di fronte a una sanzione rilevata con strumenti elettronici, è legittimo richiedere e verificare che l’apparecchiatura sia stata regolarmente omologata e, se previsto, sottoposta a verifiche periodiche. La mancanza di tale prova può costituire un valido motivo per l’annullamento della multa.

È obbligatoria l’omologazione per i sistemi di videosorveglianza usati per elevare multe?
Sì, secondo la Corte, se una norma (in questo caso un regolamento locale) lo prevede esplicitamente. L’omologazione è una procedura tecnica necessaria per garantire la perfetta funzionalità e precisione dello strumento, e costituisce un requisito imprescindibile per la legittimità dell’accertamento.

A chi spetta l’onere di provare che un sistema di accertamento è omologato?
L’onere della prova spetta alla Pubblica Amministrazione che ha emesso la sanzione. È l’ente che deve dimostrare tutti i fatti costitutivi della sua pretesa, inclusa la conformità e l’affidabilità dello strumento utilizzato per rilevare l’infrazione.

La mancanza di omologazione rende nulla una multa anche se la violazione è stata effettivamente commessa?
Sì. La Corte ha stabilito che la mancata prova dell’omologazione invalida l’accertamento alla radice. Se l’amministrazione non dimostra che lo strumento è affidabile e conforme alle norme, non sorge nemmeno l’onere per il cittadino di difendersi nel merito della violazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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