Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19999 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19999 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17400/2024 R.G. proposto da:
NOME e NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa, RAGIONE_SOCIALE in forza di procura speciale conferita da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE DELLA PROV. DI RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME;
-intimati-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 547/2024, depositata il 23/04/2024, notificata il 14/05/2024. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Teramo, con sentenza n.1041/2021, accoglieva la domanda revocatoria proposta dalla Banca Tercas -Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo S.p.A., poi Banca Popolare di Bari S.p.A., i cui crediti nel corso del giudizio erano stati ceduti a RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE e ad RAGIONE_SOCIALE entrambe intervenute nel giudizio ex art. 111 cod.proc.civ., e dichiarava inefficace, ai sensi dell’art. 2901 cod.civ., nei confronti della Banca Popolare di Bari S.p.A. nonché di
RAGIONE_SOCIALE (in qualità di mandataria di Banca Popolare di Bari NPLS RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, il contratto con cui NOME COGNOME, verso il quale l’attrice vantava un credito di euro 6.000.000,00, aveva ceduto ad NOME COGNOME e a NOME COGNOME la sua partecipazione sociale nella RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni formulata dallo COGNOME.
Detta sentenza veniva impugnata, in via principale, da NOME e da NOME COGNOME e, in via incidentale, dallo COGNOME.
La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza n. 547/2024, resa pubblica il 23/04/2024 e notificata il 14/05/2024, rigettava sia il gravame principale sia quello incidentale e, per l’effetto, confermava l’impugnata sentenza.
NOME e NOME COGNOME proponevano ricorso per la cassazione di detta sentenza, formulando un solo motivo.
RAGIONE_SOCIALE Popolare di Bari RAGIONE_SOCIALE resistevano con separati controricorsi.
Il Consigliere delegato formulava una proposta di definizione accelerata con cui prospettava il rigetto dell’unico motivo di ricorso.
Avendo NOME e NOME COGNOME formulato opposizione chiesto ritualmente e tempestivamente la decisione del ricorso ex art. 380 bis 1 cod.proc.civ., la trattazione dello stesso è stata fissata in adunanza camerale.
I ricorrenti in vista dell’odierna Camera di consiglio depositano memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso formulata da Popolare RAGIONE_SOCIALE perché la sentenza impugnata è stata notificata il 14 maggio 2024 ed il ricorso è stato notificato il 15 luglio 2024, quindi nel termine breve di cui all’art. 325 cod.proc.civ, si può passare ad esaminare l’unico motivo di ricorso
con cui i Giovannini denunziano la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 132, 2° comma, n. 2 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. n. 4 cod.proc.civ..
A tal fine adducono che nella sentenza impugnata non risulta in alcun modo menzionata, né nell’intestazione né nel dispositivo, l’appellata Banca Tercas Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo S.p.A., poi Banca Popolare di Bari S.p.A., benché fosse stata parte processuale del giudizio di appello (l’appellante COGNOME le aveva notificato l’atto di appello, su disposizione del giudice a quo , e gli odierni ricorrenti erano stati condannati , con la sentenza di primo grado, al pagamento nei confronti nei suoi confronti delle spese di lite).
La loro tesi è che l’omessa indicazione del nome di una delle parti, nell’intestazione della sentenza, ne comporti la nullità, sussistendo una situazione di incertezza assoluta, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferiva, non consentendole di svolgere la sua funzione essenziale di ‘legge del caso concreto’ (Cass. 16532/2012; Cass. n. 22275/2017; Cass.3766/2018).
Aggiungono, a supporto della loro censura, «che la incredibile ed inammissibile (per non dire altro) pronuncia sulle spese formulata in sentenza solo per ‘le spese di giustizia di secondo grado’, in uno con l’altrettanto incredibile ed incomprensibile indicazione di ‘definitiva’ della impugnata sentenza del Tribunale di Teramo, formulata nel dispositivo» inducono a dubitare che «la mancata indicazione della Tercas nella sentenza sia dovuta ad una semplice omissione».
Con la memoria illustrativa depositata in vista dell’odierna camera di consiglio, i ricorrenti adducono che la proposta di definizione accelerata con cui era stato prospettato il rigetto del ricorso è stata determinata dalla «confusione generata dall’intervento nei giudizi di
merito di un’altra parte avente il medesimo nome di ‘RAGIONE_SOCIALE BARI’ (…) che, però, non è la RAGIONE_SOCIALE DI BARI SRAGIONE_SOCIALEP.ARAGIONE_SOCIALE che aveva incorporato la RAGIONE_SOCIALE» della cui omessa indicazione nella intestazione e nel dispositivo della sentenza qui impugnata si dolgono, ma della Popolare Di Bari RAGIONE_SOCIALE cioè della società che aveva dato mandato alla RAGIONE_SOCIALE di intervenire nel giudizio; di conseguenza, a differenza di quanto sostenuto nella proposta di definizione accelerata, non è affatto «SUFFICIENTEMENTE CERTA’.. ‘L’IDENTITA’ DELLE PARTI NEI CUI CONFRONTI E’ STATA EMESSA
LA PRONUNCIA»
Il ricorso è infondato.
Va ribadito che l’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli articoli 287 e 288 cod. proc. civ., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti e comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 cod. proc. civ., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce (Cass. 25/05/2025, n.1389; Cass . 23/05/2023, n. 14106; Cass. 18/07/2019, n. 19437; Cass. 25/09/2017, n. 22275; Cass. 26/03/2010, n. 7343).
Nel caso qui esaminato è pacifico che non vi sia stata la violazione del contraddittorio (sono gli stessi ricorrenti a darne atto) ed è altrettanto pacifico che non emerga dall’impugnata sentenza alcuna incertezza circa l’identità delle parti nei cui confronti essa è stata pronunciata, posto che la Banca Tercas della quale si lamenta l’omessa indicazione in sentenza è in realtà ivi indicata, nelle sue
esatte generalità, altrettanto evidente è che ne sia stata indicata la veste processuale rivestita nel giudizio, restando del tutto irrilevante ai fini in discorso che non ne sia stata fatta menzione nel dispositivo e nella intestazione, non potendo detta omissione ridondare sulla individuazione del contenuto e delle ragioni della domanda né sulla efficacia soggettiva della sentenza pronunciata dal giudice a quo . Si tratta di una valutazione che, oltre a rispondere all’esigenza di una lettura non formalistica delle norme processuali, ma strumentale all’adozione di una decisione secondo i canoni del giusto processo, tiene conto del fatto che, secondo Cass. 23/06/2022, n. 20315 e la successiva giurisprudenza conforme, la declaratoria di inefficacia relativa può essere pronunciata nei confronti del cedente e del cessionario del credito per la cui tutela si agisce con l’ actio pauliana.
All’infondatezza del motivo consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore di ciascuna delle due controricorrenti, nella misura indicata in dispositivo.
I ricorrenti vanno altresì condannati al pagamento di somme, liquidate come in dispositivo, ex art. 96, 3° e 4° co., c.p.c., ricorrendone i relativi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente: i) delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 20.200,00, di cui euro 20.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; ii) della somma di euro 20.000,00 ex art. 96, 3° comma, c.p.c. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento della somma di euro 5.000,00 in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, 4° comma , c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 16 giugno 2025 dalla