Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 402 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 402 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11003-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1032/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 21/12/2017 R.G.N. 233/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 11003/2018
COGNOME
Rep.
Ud. 30/11/2023
CC
Rilevato che:
Con sentenza del 21.12.2017 n. 1032, la Corte d’appello di L’Aquila rigettava il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Teramo che aveva rigettato l’opposizione avverso l’avviso di addebito, emesso a seguito di verbale unico di accertamento Inps, dal quale risultava una pretesa creditoria dell’Istituto previdenziale di € 50.264,20 per omissione contributiva relativa ai modelli DM 10/V nel periodo agosto 2009-marzo 2010 e somme aggiuntive, nonché compensi di riscossione.
La Corte d’appello, a sostegno de l rigetto del gravame di RAGIONE_SOCIALE quale società utilizzatrice della manodopera per la cui contribuzione è controversia, ha ritenuto, in primo luogo, che il giudicato penale di assoluzione del legale rappresentante della società appellante, con il quale si statuiva la legittimità dei contratti di somministrazione di manodopera dedotti in giudizio, non avesse incidenza nella presente controversia perché l’Inps non aveva partecipato al giudizio penale e perché la sentenza penale era stata resa all’esito di un giudizio abbreviato e non all’esito di dibattimento.
In secondo luogo, riteneva la Corte d’appello che l’appellante non ave sse fornito prova del pagamento dei contributi da parte della società somministrante e che l’Inps non fosse onerato della prova del l’omissione contributiva.
Infine, la Corte d’appello riten eva l’Istituto previdenziale legittimato a richiedere i contributi in oggetto, in virtù del principio di effettività e di autonomia del rapporto previdenziale, nonché di indisponibilità degli obblighi
previdenziali da parte dei soggetti del rapporto trilatero: ente previdenziale, datore di lavoro, lavoratore.
Avverso tale sentenza, RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati da memoria; l’Inps resiste con controricorso.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 651654 c.p.c., per violazione del giudicato penale, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché il legale rappresentante della società ricorrente era stato assolto in sede penale, in via definitiva, dai medesimi fatti oggetto del presente giudizio, ‘perché il fatto non sussiste’ e tale accertamento doveva fare stato anche nella presente causa civile.
Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 27 secondo comma del d.lgs. n. 276/03, in riferimento al l’effetto solutorio dei contributi versati dal somministratore in ragione dell’assunzione dei lavoratori oggetto di attività ispettiva e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva po sto a carico della società utilizzatrice l’onere della prova dell’effettivo pagamento dei contributi dei lavoratori di cui si era avvalsa in regime di somministrazione, prova, comunque, fornita dal testimoniale acquisito alla causa.
Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 20 quinto comma, lett. b) del d.lgs. n. 276/03, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appell o aveva ritenuto illecita la somministrazione, in considerazione della durata iniziale, non superiore ai tre mesi, dei contratti oggetto di accertamento ispettivo, così come stabilito dalle norme di cui alla rubrica.
Il primo motivo è inammissibile; invero, il ricorrente non si confronta con la statuizione della Corte di merito, secondo cui l’analoga doglianza proposta davanti al giudice di primo grado non era stata oggetto di contestazione specifica e motivata, per essersi la società appellante limitata ad affermare apoditticamente che la statuizione del tribunale era, a suo avviso, erronea; in altri termini, la società ricorrente avrebbe dovuto devolvere, allo scrutinio di questa Corte, censura ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., avversando il ritenuto difetto di specificità del gravame.
Il secondo motivo, in tema di onere della prova dell’omissione contributiva , è infondato, perché la Corte territoriale ha accertato positivamente il mancato pagamento dei contributi previdenziali, da parte del somministratore, alla stregua delle emergenze documentali ( documenti 7 e 8 prodotti dall’Inps in primo grado ) dimostrative dell’inadempimento dell’obbligazione contributiva, oggetto della presente controversia, e dal quale era scaturito il verbale di accertamento per il recupero delle agevolazioni contributive godute.
Il terzo motivo è inammissibile in quanto la società ricorrente non indica dove e quando abbia proposto analoga censura, nei giudizi di merito, così che la doglianza risulta formulata per la prima volta in sede di legittimità. Deve, inoltre, rimarcarsi che la Corte d’appello, ne llo snodo argomentativo che ha condotto al rigetto del quarto motivo di gravame (pag. 4 della sentenza impugnata), ha accertato la violazione dei limiti di contingentamento previsti dalla contrattazione collettiva di cui al medesimo art. 20 (comprensivo del quarto comma, nel testo vigente ratione temporis ) del d.lgs. n. 276 cit., con statuizione non fatta segno di alcuna censura con il ricorso all’esame .
Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese di lite della ricorrente, come indicate in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.