Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17998 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17998 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 26195-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COTUGNO NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME, tutti domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 224/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 28/01/2020 R.G.N. 289/2017;
Oggetto
R.G.N. 26195/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 25/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Trieste, con la sentenza in atti, ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale di Udine che ha integralmente confermato la sentenza di primo grado, condannando l’appellante alle spese del giudizio.
Quanto al pagamento delle maggiorazioni per lavoro straordinario, la Corte d’appello ha ritenuto che fosse stata raggiunta la prova della richiesta di cui all’articolo 80 del CCNL che era stata effettivamente avanzata dalle parti sociali al datore di lavoro.
Quanto al tema dell’omesso versamento del contributo al fondo Fisav, la Corte ha ritenuto che il contributo di 30 € previsto dall’articolo 29 del CCNL fosse dovuto anche nel caso di ritardo nel pagamento, come era avvenuto nel caso di specie (“sanzione’) e che andavano rimborsate altresì le spese mediche documentate non coperte nel periodo di carenza di copertura assicurativa.
Infine la sentenza appellata andava confermata anche in relazione alla condanna a corrispondere ai due lavoratori la differenza di rendimento delle quote del RAGIONE_SOCIALE atteso che le censure sollevate in tema di prova del concreto danno non erano pertinenti in quanto la sentenza si era pronunciata attraverso una condanna generica.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con sei motivi di ricorso ai quali hanno resistito i sette lavoratori con controricorso illustrato da memoria. Il collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso ex art. art. 360, n. 3, c.p.c. si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del C.C.N.L. per dipendenti da istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari. La norma collettiva prevedeva l’obbligazione di pagamento di € 30,00 non già come sanzi one cumulativa con i versamenti tardivi, ma come obbligazione alternativa con facoltà di scelta rimessa al debitore nel solo caso di mancato (e non di ritardato) versamento della quota mensile dovuta a Fasiv.
1.1. Il primo motivo di ricorso è privo di fondamento atteso che -secondo la ratio della normativa contrattuale espressa dalla sentenza senza alcuna specifica censura – l’omesso versamento puntuale delle somme al Fondo Fisav comportava per i lavoratori di non poter godere delle prestazioni sanitarie integrative per le quali il Fondo era stato costituito, nel periodo non coperto dal contributo datoriale; la tardiva contribuzione non era quindi in grado di assicurare l’integrazione sanitaria per il periodo antecedente; ovvio che il ritardato pagamento del contributo non escludesse la sanzione ovvero non potesse liberare il datore dell’obbligo di pagamento della penale ed altresì dall’obbligo di rimborsare le prestazioni non rimborsate per carente copertura.
L’art . 29 del CCNL prevede l’obbligo di iscrizione dei lavoratori e il conseguente pagamento del contributo di 10 € mensili per ciascun lavoratore come parte integrante del trattamento economico contrattuale con l’obbligo per l’azienda che omette il versamento di pagare al dipendente un importo mensile lordo non riassorbibile di 30 € mensili per 14 mensilità.
E’ pure previsto che il pagamento dei contributi costituisca condizione necessaria per l’erogazione delle prestazioni.
Con il secondo motivo di ricorso ex Art. 360, n. 4, c.p.c. si sostiene la violazione dell’art. 112 c.p.c. Omessa pronuncia su due eccezioni riproposte in appello, perché la Corte non avrebbe pronunciato sull’eccezione di decadenza, formulata nella causa introdotta da NOME COGNOME per non essere stato neppure indicato il C.C.N.L. evocato come fonte del diritto, nonché sull’ulteriore eccezione avente ad oggetto la detrazione fiscale delle spese mediche.
Con il terzo motivo di ricorso ex Art. 360, n. 3, c.p.c. si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 414, n. 5 e 421 c.p.c. per il mancato rilievo della decadenza in cui è incorso NOME COGNOME che ha introdotto il giudizio senza identificare il C.C.N.L. fonte del diritto vantato. Insussistenza del potere, ex art. 421 c.p.c., di autorizzare la produzione del C.C.N.L.
3.1. Il secondo ed il terzo motivo, da trattare unitariamente per connessione, sono infondati.
La norma contrattuale di cui all’art.29 CCNL era stata indicata e trascritta dai ricorrenti unitamente al regolamento del Fondo Fasiv che la richiama; l’allegazione del contratto collettivo era quindi in atti. In ogni caso il giudice può acquisir e d’ufficio il testo del CCNL, posto che nel rito del lavoro il giudice di merito, qualora ritenga indispensabile l’acquisizione integrale di un contratto collettivo, può esercitare i poteri istruttori d’ufficio, sempre che il lavoratore abbia assolto l’onere della prova di cui è gravato, ai sensi dell’art. 2697 c.c., essendo a ciò sufficiente la produzione di “schede riassuntive” dei contratti collettivi (Cass. n. 6135/2024).
Nel rito del lavoro, ove sia stata omessa, o sia errata, l’indicazione del contratto collettivo applicabile, non ricorre la nullità del ricorso introduttivo di cui all ‘ art. 414 c.p.c., in quanto
rientra nel poteredovere del giudice acquisirlo d’ufficio ex art. 421 c.p.c., qualora vi sia solo contestazione circa la sua applicabilità, non comportando tale acquisizione una supplenza ad una carenza probatoria su fatti costitutivi della domanda, ma piuttosto il superamento di una incertezza su un fatto indispensabile ai fini del decidere (Cass. n. 6610/2017).
4.- Con il quarto motivo di ricorso ex art. 360, n. 3, c.p.c. si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del T.U.I.R. – D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 in combinato con l’art. 1227, ultimo periodo, c.c. perché la sentenza d’appello non ha escluso la risarcibilità delle spese mediche detraibili.
5.- Con il quinto motivo di ricorso ex art. 360, n. 3, c.p.c. -Violazione o falsa applicazione dell’art. 414, n. 5 c.p.c. e dell’art. 115 c.p.c. (travisamento della prova) perché NOME COGNOME non ha provato il diritto al rimborso delle spese mediche.
5.1.- I motivi 4 e 5 da affrontare unitariamente per connessione sono inammissibili in quanto tendono in realtà alla rivalutazione della prova del danno ritenuta esistente dal giudice di merito secondo i poteri discrezionali di accertamento dei fatti di cui è dotato.
La Corte ha affermato che era provato il danno e non esiste alcun travisamento della prova nei termini di cui alla sentenza delle Sez. U. n. 5792 del 05/03/2024 la quale ha affermato che il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle
parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale. 6.- Con il sesto motivo di ricorso ex art. 360, n. 3, c.p.c. -Violazione o falsa applicazione dell’art. 414, n. 5, c.p.c. in relazione all’accoglimento della domanda di condanna al risarcimento del danno da perdita di rendimento del Fondo Fon.Te in assenza di allegazione e prova della performance.
6.1. Anche il sesto motivo è inammissibile atteso che il rendimento del Fondo risultava dagli atti, mentre la censura sollevata non è nemmeno conforme ai parametri normativi di deduzione atteso che censura come vizio sostanziale una nullità di carattere processuale.
Complessivamente, pertanto, il ricorso deve essere rigettato
e la ricorrente condannata al pagamento delle processuali, che si liquidano come da dispositivo.
spese
8.- Sussistono altresì le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 7 .000,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli altri oneri di legge; ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater d.p.r. numero 115 del 2000, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 25.3.2025
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME