Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26601 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26601 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11003 R.G. anno 2022 proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRCOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRCOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
contro
ricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
intimata
avverso la SENTENZA n. 1531/2021 emessa da CORTE D’APPELLO
SALERNO.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 settembre 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
─ E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Salerno con cui sono stati respinti sia l’appello di RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME, che quello di Banca Nazionale del Lavoro s.p.a.RAGIONE_SOCIALE
2 . ─ La vicenda inerisce a un debito della società, per cui aveva prestato garanzia COGNOME: debito discendente dal saldo passivo di un conto corrente e dallo scoperto di un conto sovvenzioni per titoli scontati e insoluti; il Tribunale di Salerno aveva pronunciato condanna per il complessivo ammontare di euro 99.760,17, oltre interessi, nei confronti della società e del fideiussore e aveva respinto la domanda riconvenzionale di questi ultimi: domanda diretta ad ottenere dalla banca il risarcimento dei danni commisurati all’importo nominale dei titoli scontati e non restituiti dopo la levata dei protesti;
Ricorre NOME COGNOME, con un unico motivo, e resiste con controricorso la banca.
E’ stata formulata proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c.. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-E’ denunciato l’omesso esame di fatto decisivo; il vizio consisterebbe nel mancato scrutinio delle risultanze della consulenza tecnica contabile esperita nel corso del giudizio di merito.
La proposta ha il tenore che segue.
«ccorre, in proposito, dar seguito alla giurisprudenza della Corte per cui l’art. 360, comma n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del
2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio: atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilità sanitaria), fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente), in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il «fatto storico», rilevato o accertato dal consulente (Cass. 24 giugno 2020, n. 12387; Cass. 26 luglio 2017, n. 18391).
«il ricorrente non articola la censura intorno ad alcun fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (cfr.: Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415);
« nel corpo del motivo l’istante dibatte, piuttosto, di due questioni di nullità contrattuale: una riferita a un conto anticipazioni e vertente sulla mancata indicazione dei tassi di interesse (pag. 9 del ricorso) e l’altra legata, a quanto pare, alla previs ione di interessi anatocistici (ricorso, pag. 10): questioni che non è spiegato a quale contratto sia da raccordare;
«ebbene, ove con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass.
13 giugno 2018, n. 15430);
«nel ricorso per cassazione si riassume (pag. 4) il contenuto delle censure dell’atto di appello dell’odierno ricorrente: una sola di esse tocca il tema delle nullità contrattuali; spiega l’istante che col secondo motivo di appello aveva lamentato un ‘ omessa pronuncia da parte del Tribunale: questo, pur avendo riconosciuto la nullità del contratto di conto sovvenzioni per mancanza della forma scritta, non aveva dichiarato tale nullità nel dispositivo;
«su tale censura la Corte di appello si è in realtà pronunciata, osservando come il Tribunale, pur avendo mancato di rendere una declaratoria di nullità, avesse rideterminato la somma dovuta da RAGIONE_SOCIALE facendo applicazione dei tassi sostitutivi di cui all’art. 117, comma 7, t.u.b.;
«in conclusione, al di là di quanto rilevato con riguardo alla precisa delimitazione del vizio di omesso esame di fatto decisivo, non vi è modo di ritenere che le questioni sopra indicate possano avere ingresso in questa sede: infatti, sul conto sovvenzioni era stato proposto un motivo che è stato deciso con statuizione non impugnata; sul conto corrente non risulta sia stato formulato alcun gravame con riguardo al tema dell’applicazione di interessi anatocistici ».
Il Collegio condivide tali rilievi che non sono stati efficacemente contrastati dalla ricorrente.
Va qui evidenziato che in sede di gravame gli appellanti avevano sollevato le seguenti questioni: spettanza del risarcimento dei danni per mancata restituzione dei titoli presentati da RAGIONE_SOCIALE all’incasso per le operazioni di sconto, di cui qui più non si controverte; mancata declaratoria, del dispositivo della sentenza di primo grado, della nullità del contratto relativo al conto sovvenzioni (su cui, come spiegato nella proposta, la Corte distrettuale si è pronunciata osservando che la sentenza non potava ritenersi viziata ex art. 112 c.p.c. per la mancata presenza della relativa statuizione nel dispositivo); mancata
declaratoria di nullità della fideiussione concessa da COGNOME a garanzia dell’apertura di credito (censura – questa pure esaminata dalla Corte territoriale, la quale ha rilevato come la nullità del conto sovvenzioni non determinasse la nullità della garanzia personale); asserita incompletezza della documentazione prodotta avendo riguardo all’intera sequenza degli estratti conti ( doglianza pure del tutto estranea al motivo di ricorso). E’ bene sottolineare che vi è piena coincidenza tra i motivi di gravame riportati dalla Corte di appello e quelli enucleati dal ricorrente.
Non si vede, allora, da quale vizio possa ritenersi affetta la pronuncia impugnata : e ciò – come evidenziato nella proposta – a prescindere dal perimetro che si voglia assegnare alla fattispecie dell’omesso esame del fatto decisivo e alla asserita possibilità di invocare il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. per denunciare l’erroneo apprezzamento delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.
-In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c.. Le dette disposizioni, cui fa rinvio l’art. 380bis c.p.c., sono difatti immediatamente applicabili giusta il comma 1 dell’art. 35 del d,lgs. n. 149/2022 ai giudizi ─ come quello in esame ─ introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio (Cass. Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione).
Vale, poi, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale
tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di euro 5.000,00 , oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 5.000,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione