Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25688 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25688 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37365/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CFCODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende, domiciliazione telematica come in atti
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica come in atti
-controricorrenti –
–
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di POTENZA n. 632/2019 depositata il 19/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 1/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I signori COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (odierni controricorrenti), con contratto preliminare del 29/09/2003, promisero di vendere alla signora COGNOME NOME, un complesso immobiliare costituito da un’azienda e da terreni agricoli in dettaglio identificati catastalmente e indicati quali due distinte porzioni, sub A e sub B, siti in agro di Grottole (MT), al prezzo complessivo di euro 222.000,00, di cui euro 110.000 per il primo, ed euro 112.000,00 per il secondo. Il fondo denominato A) era in comproprietà di tutti controricorrenti, mentre quello denominato B) era di esclusiva proprietà della signora COGNOME.
Le parti precisavano che, in caso di esercizio della prelazione da parte degli eventuali aventi diritto, il preliminare si sarebbe risolto, con l ‘ obbligo da parte dei venditori di restituire la somma ricevuta entro 10 giorni dall ‘ esercizio della prelazione.
Ad esito dell ‘ esercizio della prelazione da parte di NOME COGNOME, relativamente alla porzione indicata sub A), NOME COGNOME e NOME COGNOME stipularono, in data 18/11/2003, un nuovo contratto preliminare per la vendita della porzione già indicata sub B. Con tale nuovo contratto la COGNOME oltre ad as sumere l’obbligo di acquistare la porzione da ultimo indicata al prezzo di euro 88.000,00, si impegnò ad acquistare, anche i fondi di cui alla porzione sub A), per il cui acquisto il NOME aveva dichiarato di voler esercitare la prelazione, precisando che, ‘ nel caso in cui per qualsiasi motivo non dovesse andare a buon fine la prelazione esercitata dal RAGIONE_SOCIALE ‘ , dovevano valere tutte le clausole e i vincoli contenuti nel contratto preliminare del 29/9/2003 (v. p. 3, penultimo §, del ricorso).
Poiché il prelazionario non aveva versato il prezzo di vendita nei termini stabiliti dall ‘ art. 8 l. 590/1965, i COGNOME/COGNOME convennero la COGNOME (odierna ricorrente) innanzi al Tribunale di
Matera per ottenere, con riferimento al contratto preliminare in data 18/11/2003, l ‘ esecuzione in forma specifica dell ‘ obbligo di concludere il contratto definitivo ai sensi dell ‘ art. 2932 c.c., nonché il trasferimento dell ‘ intero compendio, con pagamento del prezzo pattuito, detratti gli acconti ricevuti.
Il Tribunale di Matera accolse la domanda degli attori, disponendo, in esecuzione specifica dell ‘ obbligo a contrarre, il trasferimento in capo alla COGNOME di tutti i fondi di cui al preliminare del 29/3/2003, e il pagamento del residuo prezzo.
Avverso la sentenza di primo grado la COGNOME propose gravame dinnanzi alla Corte d ‘ appello di Potenza.
Con sentenza n. 632/2019, depositata in data 19/09/2019, la Corte di Appello di Potenza ha rigettato il gravame e, per l ‘ effetto, ha confermato la sentenza di primo grado. In particolare e in estrema sintesi, la Corte territoriale ha osservato che il primo contratto preliminare non si era risolto per il solo fatto che il prelazionario aveva dichiarato di esercitare il suo diritto di prelazione, dal momento che non era seguito il pagamento del prezzo, e ha ritenuto infondate tutte le doglianze proposte.
Avverso la predetta sentenza COGNOME NOME propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui resistono, con un unico atto, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 c.p.c.
Parte controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l ‘ unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co, n. 5, c.p.c., ‘ Vizio di motivazione: Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all ‘ art. 360, n. 5. c.p.c. ‘ , censurando (v. capo A del motivo) la sentenza nella parte in cui ha
stabilito la necessità, oltre all ‘ esercizio del diritto di prelazione, del pagamento del corrispettivo da parte del prelazionario ai fini dell ‘ operatività della condizione risolutiva espressa del contratto di compravendita. La ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe omesso la valutazione di fatti e circostanze idonei all ‘ accertamento del reale e comune intento delle parti di ricollegare l ‘ effetto risolutivo del contratto alla sola dichiarazione di esercizio del diritto.
Con altro capo del motivo (capo B) la ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto validamente espressa dalla COGNOME, nella stipula della seconda scrittura privata dell ‘ 8/11/2003, intercorsa tra la sola COGNOME e la COGNOME, la volontà di agire nell ‘ interesse dei germani COGNOME, sul rilievo che l ‘ altro contraente fosse consapevole che i terreni del compendio A) fossero di comproprietà della COGNOME e dei predetti germani, per essere tanto stato affermato nel preliminare del 29/9/2003.
Dal momento che il motivo è formulato in relazione all ‘ art. 360, n.5, c.p.c., si impongono le seguenti considerazioni.
2.1. In primo luogo va evidenziato che, nonostante si sia al cospetto di un ‘doppia conforme’, il motivo non ricade nell’inammissibilità di cui all’art. 348 ter , ultimo comma, c.p.c., dal momento che le motivazioni delle due sentenze di merito sono differenti, come evidenziato dal ricorrente, avendo il Tribunale omesso, nella sua motivazione ogni valutazione sulla questione della risoluzione del contratto preliminare del 29 settembre 2003, il che trova espressa conferma proprio nella sentenza impugnata in questa sede (v. p. 8). Ciò premesso, va rilevato quanto segue.
2.2. Nel vigore del nuovo art. 360, n. 5, c.p.c., secondo la lettura data dalle Sezioni Unite, « L’ art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 , introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto
storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’ art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, e art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 , il ricorrente deve indicare il ‘fatto storico’, il cui esame sia stato omesso, il ‘dato’, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ‘decisività’, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie» (di recente, cfr. Cass., Sez. III, 17/5/2021, n. 13170, secondo la quale l’obbligo di motivazione ‘è violato soltanto nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’ articolo 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ‘ ).
2.3. Come è noto, le stesse Sezioni Unite avevano in precedenza statuito che: « La riformulazione dell’ art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in
quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto mat eriale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motiva zione» (Cass., Sez. Un. n. 8053 e 9032 del 2014; principio costantemente applicato dalla giurisprudenza successiva: cfr. Cass., Sez. Un., 14/11/2014, n. 24282; Cass., Sez. Un., sent. 20/10/2015, n. 21216; Cass., Sez. Un., sent. 30/07/2021, n. 21973; Cass., sez. III, 7/05/2021, n. 13170; Cass., sez. II, 31/03/2022, n. 10525; Cass, sez. II, 8/03/2022, n. 7523).
2.4. È stato pure precisato che il motivo di ricorso di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. deve riguardare un fatto storico, considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni giuridiche decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove risulti comunque un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass., sez. II, ord. 31/03/2022, n. 10525; Cass., sez. I, sent. 8/09/2016, n. 17761; Cass., sez. III, sent. 8/03/2017, n. 5795).
2.5. Inoltre, il fatto storico di cui si lamenti l’omesso esame deve essere decisivo. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che l’omesso esame di una questione riguardante l’interpretazione del contratto, non costituendo ‘fatto decisivo’ del giudizio, non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che rientrano in tale nozione gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi (Cass., sez. II, ord. 13/08/2018, n. 20718; conformi
Cass., sez. lav., sent. 4/04/2022, n. 10745; Cass., Sez. III, sent. 8/03/2017, n. 5795; Cass., Sez. Un. n. 8053 e 9032 del 2014).
2.6. Va peraltro evidenziato che, per giurisprudenza costante di legittimità, la nozione di decisività concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato -ove riconosciuto -a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, attiene al nesso di causalità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito, e non già la sola possibilità o probabilità di essa.
2.7. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile solo per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o contraddittorietà fosse configurabile solo perché su uno specifico fatto appaia esistente una motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo residuo argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi dell ‘ art. 360, n. 5, c.p.c. si risolverebbe nell ‘ investire la RAGIONE_SOCIALE del controllo dell ‘ iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito (Cass. n. 22984/2004; Cass., Sez. III, 10/6/2016, n. 11892, v., in motivazione, p. 19 e successive conformi).
2.8. In nessun punto del motivo risultano chiaramente evidenziati ‘ fatti ‘ intesi nel senso precisato dalla giurisprudenza di legittimità sopra ricordata, il cui esame sarebbe stato omesso, né tantomeno risulta esplicitato il carattere ‘ decisivo ‘ dei medesimi fatti, dovendosi
ribadire che per fatto decisivo e controverso deve intendersi un vero e proprio ‘ fatto ‘ , e non una ‘ questione ‘ o un ‘ punto ‘ .
Alla luce delle argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, osservandosi, peraltro, che in realtà la parte ricorrente si limita, sempre inammissibilmente, a prospettare una valutazione alternativa delle risultanze in atti rispetto a quella operata dalla Corte di merito.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre al rimborso spese generali 15% ed accessori di legge, in favore dei controricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME.
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 1° marzo 2024.