Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21193 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21193 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32415 – 2019 proposto da:
avv. COGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio, rappresentato e difeso da sé stesso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura allegata al controricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE DI CATANIA del 17/10/2019, resa nel procedimento iscritto al n. 14666/2016 di R.G., pubblicata il 21/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal consigliere NOME COGNOME lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. e art. 14 d.lgs. 150/2011, NOME COGNOME premesso che aveva assistito NOME COGNOME in un giudizio dinn anzi alla Corte d’appello di Catania e nel successivo procedimento di obblighi di fare dinnanzi al Tribunale di Catania e che la sua assistita era deceduta, chiese la condanna dell’erede, NOME COGNOME al pagamento in suo favore rispettivamente di Euro. 3.117,00 e di E. 1.800,00 a titolo di compenso per l’attività rispettivamente prestata nelle due procedure.
In particolare, l’avv. COGNOME rappresentò di aver assistito NOME COGNOME in un’azione contro l’Opera Pia «F. COGNOME», cui era succeduto il Comune di S. Maria di Licodia; del Comune, tuttavia, era stato dichiarato il dissesto e, in conseguenza, era stata nominata una Commissione straordinaria per la liquidazione dei debiti, tra cui la somma dovuta a NOME COGNOME; quest’ultima, nelle istanze di liquidazione alla Commissione, aveva chiesto che quanto dovuto a titolo di compenso del suo difensore fosse scorporato e a lui pagato, ma la sua erede NOME COGNOME aveva invece incassato l’intero ammontare riconosciuto alla dante causa.
A sostegno della pretesa, l’avv. COGNOME produsse i fascicoli di parte relativi ad entrambi i suindicati procedimenti e chiese, altresì, al Tribunale, di acquisire i fascicoli d’ufficio.
Con ordinanza del 17 ottobre 2019, resa nel proc. r.g. 14666/2016, il Tribunale di Catania rigettò la domanda, condannando NOME COGNOME al pagamento delle spese di lite.
In particolare il Tribunale, verificata la tardività della costituzione della resistente COGNOME, dichiarò l’inammissibilità dell’eccezione di prescrizione. Quindi, per quel che qui rileva, ritenne che difettasse la prova del credito preteso perché il ricorrente si era limitato a chiedere l’acquisizione dei fascicoli d’ufficio, ma l’istanza era inammissibile.
Avverso questa ordinanza l’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a cinque motivi; NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve respingersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania: secondo la controricorrente, infatti, il provvedimento qui impugnato avrebbe dovuto essere appellato perché, seppure collegiale, sarebbe stato reso nelle forme dell’art. 702 bis. cod. proc. civ. ; ha rappresentato, sul punto, che il rito ex art. 14 d.lgs. n.150/2011 sarebbe incompatibile con l’eccezione di prescrizione presuntiva da lei sollevata.
Per principio ormai consolidato, infatti, anche in seguito all’entrata in vigore dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari e le altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, assume rilevanza la forma adottata dal giudice in base alla qualificazione che egli abbia dato, implicitamente o esplicitamente, all’azione esercitata in giudizio (in ultimo, ex plurimis , Sez. 2, n. 23740 del 04/09/2024): il provvedimento impugnato, invero, contiene esplicito riferimento all’art. 14 d.lgs. 150/2011 e alla sua disciplina (secondo punto della prima pagina e quarto punto alla seconda pagina), sicché deve ritenersi sia
stato reso nelle forme di questo articolo, con conseguente sua inappellabilità.
Diversamente, non rileva l’avvenuta proposizione dell’eccezione di prescrizione, perché, per principio altrettanto consolidato, le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato in materia giudiziale civile soggiacciono al rito di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 anche nell’ipotesi in cui la domanda non sia limitata al quantum , ma riguardi l’ an della pretesa (Sez. 2, n. 35026 del 14/12/2023 con numerosi richiami).
1 Con il primo motivo, NOME COGNOME ha denunciato, in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. e, in riferimento al n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., l’omess a valutazione dei trentadue documenti da lui prodotti e indicati analiticamente, in particolare i fascicoli di parte dei procedimenti; se analizzati, questi documenti avrebbero portato all’accoglimento del ricors o.
Il primo motivo è fondato.
Innanzitutto deve escludersi il difetto di autosufficienza del ricorso come eccepito dalla controricorrente: nella parte narrativa della sua impugnazione, infatti, il ricorrente ha dettagliatamente descritto il contenuto di ogni documento, indicando il numero con cui è stato allegato al ricorso introduttivo dinnanzi al Tribunale e ha rimarcato di avere testualmente chiesto soltanto «per completezza» di provvedere all’acquisizione dei fascicoli d’ufficio.
Come spiegato in ricorso, i numerosi documenti costituivano il sostegno probatorio dell’attività espletata in favore di NOME COGNOME dante causa della attuale controricorrente, di cui è stato chiesto compenso.
In particolare, invero, dinnanzi al Tribunale, erano stati depositati il fascicolo di parte della fase di cognizione, con i documenti elencati nell’indice e, tra gli altri, la comparsa di costituzione, l’atto di appello, l’istanza di anticipazione dell’udienza, la memoria di replica, l’elenco delle attività estratto dal Polisweb, nonché l’atto di precetto; per quel che riguarda la fase di esecuzione degli obblighi di fare, erano stati prodotti il ricorso al giudice dell’esecuzione con la notifica, l’avviso per l’esecuzione delle opere con la prova della notifica, i verbali e le note al c.t.u. nominato e il provvedimento di ingiunzione.
A fronte di questa produzione, il Tribunale si è limitato a dichiarare inammissibile l’istanza di acquisizione dei fascicoli proposta, come detto, a ulteriore sostegno probatorio -, ritenendo che questa istanza sarebbe stata equivalente a una inammissibile richiesta di acquisizione d’ufficio delle prove; ha, quindi, escluso la sussistenza della prova dell’attività espletata , senza tuttavia provvedere alla previa valutazione dei documenti offerti a sostegno della pretesa.
Ciò posto, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione proprio nel caso in cui, come nella fattispecie, determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offriva la prova di circostanze di tale portata da rendere la ratio decidendi priva di fondamento. (cfr. Cass. Sez. 1, n. 16583 del 13/06/2024; Sez. 3, n. 16812 del 26/06/2018; Sez. 6 – 5, n. 19150 del 28/09/2016).
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere cassata.
Dall’accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento del secondo motivo, con cui il ricorrente ha lamentato, in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. e, in riferimento al n. 5 del primo
comma dell’art. 360 cod. proc. civ., che il Tribunale non abbia valutato correttamente la finalità della sua istanza di acquisizione del fascicolo d’ufficio .
Ugualmente assorbito è il terzo motivo, con cui il ricorrente ha prospettato, in riferimento al n. 5 e al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. per non avere il Tribunale valutato i limiti della contestazione, da parte della resistente, dei fatti allegati.
Così è pure per il quarto motivo, con cui NOME COGNOME ha censurato, in riferimento al n. 5 e al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 115, 116, 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. , la statuizione di sua condanna alle spese.
Infine, è assorbito pure il quinto motivo, con cui il ricorrente ha censurato l’ordinanza, in riferimento al n. 5 e al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 115, 116, 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. per avere il Tribunale offerto una motivazione inadeguata, carente, illogica e contraddittoria, viziata da travisamento dei fatti, laddove ha motivato il rigetto della domanda affermando che egli si sarebbe «limitato a chiedere che sia il Tribunale ad acquisire ex officio le prove».
Il ricorso è accolto e l’ordinanza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Tribunale di Catania in diversa composizione perché provveda al riesame della domanda previa valutazione delle prove documentali offerte dall’avvocato istante.
Statuendo in rinvio, la Corte deciderà anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Catania in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda