Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8870 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8870 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18532/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di MESSINA n. 821/2019 depositata il 30/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Messina rigettava l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 1675/2011 emesso nei suoi confronti per l’importo di circa euro 82.000,00, su richiesta di NOME COGNOME il quale assumeva di avere dato in prestito al primo la maggiore somma di circa € 140.000,00, portata da due assegni prodotti, solo in parte restituita.
L’opponente contestava la suddetta causale, deducendo che le somme in questione riguardavano in parte il pagamento di suoi crediti per prestazioni professionali rese in favore della controparte o di suoi familiari ed in parte investite secondo le istruzioni ricevute.
Il Tribunale motivava il rigetto dell’opposizione sulla base delle ammissioni dello stesso Alessandro che, con nota del 20 marzo 2011, aveva confermato l’assunto della controparte (non altrimenti comprovato) che parte della somma era stata previamente restituita (infatti, a fronte dell’importo originario di quasi € 140.000,00, l’ingiunzione era stata richiesta per circa € 82.000,00), nonché per l’assenza di alcuna prova degli investimenti eseguiti per incarico del preteso mandante e per quanto riguardava gli onorari professionali, essendovi prova dei pagamenti effettuati dal COGNOME con assegni rimasti estranei alla presente controversia.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
Si costituiva in giudizio l’appellato COGNOME contestando i motivi di appello.
La Corte d’Appello di Messina riteneva fondato l’appello ed in riforma della sentenza impugnata, accoglieva l’opposizione
proposta da NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 1675/11, che revocava.
In via preliminare esaminava la richiesta, formulata da parte appellante nel verbale di udienza del 15.02.2016 e successivamente reiterata, di estromissione degli atti inseriti nel fascicolo di primo grado di parte opposta. Nel fascicolo di parte depositato dall’appellato nella fase d’appello risultavano inseriti, nell’indice degli atti, oltre che la comparsa di costituzione in appello, “il fascicolo di 1° grado con i documenti allegati”, che non erano però specificati, ed il fascicolo del monitorio, copia della sentenza impugnata e ordinanza ex art. 702 ter proced. N. 6518/13 del 15.6.15.
Il fascicolo di primo grado era privo di indice e così pure quello del monitorio. Ne derivava che gli unici documenti prodotti in primo grado dal COGNOME dovevano ritenersi quelli richiamati nella comparsa di costituzione dello stesso nel giudizio di opposizione (“i documenti relativi agli assegni, già depositati per la richiesta di ingiunzione, nonché copia dell’assegno di € 90.000,00 N. NUMERO_DOCUMENTO02 datato 31 ottobre 2003, a firma COGNOME COGNOME intestato alla Sig.ra COGNOME NOME e da quest ‘ ultima regolarmente incassato …… Estratto conto relativo alla restituzione di parte della somma, con assegni dell’Alessandro” e quelli di cui al ricorso per decreto ingiuntivo: i due assegni circolari).
Dall’opposto COGNOME non risulta depositata in primo grado memoria con allegati documenti.
Ai sensi dell’art. 345 c.p.c. andava dichiarata, pertanto, l’inammissibilità della produzione, in appello, di documenti ulteriori
rispetto a quelli formalmente depositati in allegato alla comparsa di costituzione ed al ricorso per decreto ingiuntivo, ad eccezione dell’ordinanza, che l’appellante dichiarava essere stata impugnata, emessa nel procedimento n. 6518/2013 R.G. dal Giudice del Tribunale di Messina in data 15.06.2015, in quanto successiva alla sentenza ed allo stesso atto di appello.
Nel merito, la Corte d’Appello evidenziava che i l Giudice di primo grado, pur riconoscendo che la prova offerta dal COGNOME era per certi versi carente, aveva ritenuto tuttavia supporto decisivo all’assunto del prestito fatto dall’opposto all’NOME le “ammissioni” di quest’ultimo contenute nella nota datata 20 marzo 2011 a firma dell’avv. NOME e da questi spedita al difensore di controparte.
Il Collegio non condivideva tale decisione evidenziando come in detta nota l’avv. NOME aveva negato del tutto di avere ricevuto dal COGNOME alcuna somma in prestito (punto n. 4 della nota: Il suo assistito non mi ha mai prestato alcuna somma di denaro). Né l’assunto del prestito personale (v. ricorso) fatto da COGNOME COGNOME all’avv. NOME COGNOME poteva trovare conferma in quanto di seguito scritto nella suddetta nota (punto n. 5, in cui si legge: Gli assegni circolari cui lei fa riferimento erano dell’oggi defunto signor COGNOME con lo specifico mandato di dare una certa liquidità contante (oltre assegni di terzi da lei contabilizzati come somme restituite) al signor COGNOME investire a favore di quest’ultimo risultando (per volontà del signor COGNOME) la signora COGNOME saldare gli onorari dell’investigatore privato, saldare gli onorari di un collega ….. , saldare i miei onorari per vari procedimenti riguardanti il signor COGNOME
NOME e la signora COGNOME … “), in cui si fa riferimento ad assegni consegnati da COGNOME NOME (e non NOME) all’avv. NOME con il mandato sopra specificato; la carenza di prova del prestito, che avrebbe dovuto dare parte istante e che non era stata data, era, quindi, sufficiente per l’accoglimento dell’opposizione proposta dall’NOME avverso il decreto ingiuntivo, che andava, pertanto, revocato, non comportando, alla stregua della giurisprudenza sopra richiamata, il riconoscimento dell’opponente – convenuto di aver ricevuto la somma in questione, deducendo una ragione diversa dal mutuo (nella fattispecie in parte il pagamento di prestazioni professionali rese in favore della controparte e dei suoi familiari ed in parte l’investimento secondo le istruzioni ricevute), l’inversione dell’onere della prova.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 1988 c.c., per l’evidenza del riconoscimento del debito da parte del debitore.
lnvero, il convenuto – opponente del decreto ingiuntivo – ha dichiarato che: “Le somme portate dagli assegni (detratti gli onorari e le spese anticipate per gli altri professionisti) furono, pertanto, rese in pochi giorni per contanti consegnati al COGNOME, in parte investiti in dollari, e la rimanente somma investita nella
società della sig.ra COGNOME NOME per espressa disposizione scritta (allegata) del De Marco COGNOME“.
Si tratterebbe all’evidenza – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello – di un riconoscimento della natura di prestito, cui sarebbe conseguita la restituzione parziale, sottostante alla consegna degli assegni.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e degli artt. 115, comma 1 e 2, 167, comma 1, 183 c.p.c. ed art. 2697 c.c.
L’errore che deriva dal precedente punto, e cioè il non aver dato alle restituzioni parziali rispetto agli assegni consegnati – in fatto ampiamente dimostrate e ritenute anche ammesse dal giudice di primo grado – natura di ricognizione del debito e del prestito derivante dagli stessi assegni. Ciò avrebbe comportato anche una erronea individuazione del soggetto su cui gravava l’onere della prova delle eccezioni sollevate.
Pertanto, risulterebbero violati gli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 115, comma 1 e 2, c.p.c.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omessa ed insufficiente spiegazione logica relativa all’apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove – vizio di motivazione della sentenza.
La mera affermazione di non condividere la decisione di primo grado non assolverebbe al dovere motivazionale e, soprattutto, non consentirebbe neanche di comprendere ed eventualmente porre censure più specifiche sul ragionamento seguito dalla Corte di Appello per escludere che il pagamento parziale e le parziali
ammissioni possano essere elementi specifici o meno, significanti o meno, in ordine alla natura della consegna quali somme mutuate.
Sarebbero evidenti la consegna della somma, ammissione implicita e mai negata dal debitore della cospicua restituzione (di €. 57.500,00), l’evidente inadempimento e la caratterizzazione e personalità del debitore che non vuole pagare adducendo argomenti che si riserva di provare – ma non lo fa mai – e che si rivelano ictu oculi infondati e caratterizzanti l’ animus del non solvens .
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Nella controversia in esame il “fatto storico” determinante era sostanzialmente costituito dalla negazione del prestito da parte del debitore, che tuttavia ne ha sostenuto (con dichiarazioni tra loro non coerenti) l’ utilizzazione parziale, nell’interesse del mutuante in quanto: “la rimanente somma investita nella società della sig.ra COGNOME NOME per espressa disposizione scritta (allegata) del De Marco COGNOME“.
Tale punto è stato ampiamente dibattuto ed analizzato nel primo grado di giudizio dove fin dalla comparsa di costituzione del COGNOME si evidenziava che non fosse vero quanto sostenuto dall’Alessandro, perché la prospettazione di una somma investita faceva invece riferimento alla diversa somma di € 90.000,00 consegnata dal COGNOME alla sig.ra COGNOME NOME con ulteriore titolo cartolare, oggetto (si badi) di altro giudizio. La relativa sentenza – ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. n. 6518/2015 resa nel procedimento n.6518/2013 dal Tribunale di Messina
proverebbe la bontà delle ragioni del COGNOME, essendo stata accompagnata dall ‘ illustrazione della rilevanza probatoria del documento; la stessa ordinanza, pur ritenuta ammissibile dalla Corte distrettuale, sarebbe stata interamente ignorata e non esaminata.
Nella specie non era stato possibile produrre prima tale pronuncia, perché emessa e depositata il 15.6.2015, nelle more e dopo l’introduzione del giudizio d’appello da parte dell’Alessandro derivandone quindi la nullità della sentenza e la violazione dell’art. 345, comma 3, c.p.c.- avendo la Corte territoriale ammesso la produzione di tale pronuncia senza neanche esaminarla, sebbene contenesse la spiegazione-motivazione che smentisce in toto quanto eccepito dall’Alessandro, ossia che la “rimanente somma (del prestito) era stata investita nelle società della Sig.ra COGNOME.
4.1 Il Collegio ritiene che debba esaminarsi prima il quarto motivo in quanto lo stesso è fondato e il suo accoglimento determina l’assorbimento d ei primi tre motivi.
La Corte d’Appello ha ammesso la produzione dell’ordinanza ex art. 702 ter resa nel procedimento n. 6518/13 del 15 giugno 2015 e, tuttavia, non l’ha in alcun modo esaminata . Da quanto emerge, i fatti accertati in tale ordinanza astrattamente potrebbero avere rilievo in quanto si discute della somma che l’odierno controricorrente ha ammesso di aver ricevuto dalla controparte ma che imputa ad un investimento nella società della sig.ra COGNOME NOME effettuato per mandato del COGNOME. Tale circostanza era stata anche valorizzata dal giudice di primo grado nell’accoglie re la domanda attorea. Infatti, nella sentenza allora appellata si
affermava non esservi alcuna prova degli investimenti eseguiti per incarico del preteso mandante. L a Corte d’Appello, pur avendo ammesso la produzione della suddetta ordinanza, non l’ha in alcun modo esaminata anche al solo fine di ritenerla insufficiente a provare l’esistenza del mutuo .
Si impone, pertanto, l ‘accoglimento del quarto motivo di ricorso con assorbimento dei restanti, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbiti i primi tre, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione