Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13478 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13478 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21803-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo procuratore speciale AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso lo studio
Oggetto
Opposizione all’esecuzione
R.G.N.21803/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/04/2024
CC
degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 110/2019, della Corte d’appello di ROMA, depositata il 22/01/2019, R.G. 1499/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso depositato il 2.1.2012, COGNOME NOME aveva premesso: che con atto di precetto, notificato il 5.5.2010, aveva intimato all’RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di € 529.925,92, quale residuo credito di lavoro di cui al titolo esecutivo costituito dalla sentenza pronunciata in grado di appello dal Tribunale di Roma n. 21554/2003 in data 2.7.2003; che al precetto era seguito il pignoramento mobiliare del 25.6.2010; che la debitrice aveva proposto opposizione innanzi al giudice dell’esecuzione con ricorso del 6.10.2010; che il giudice dell’esecuzione, dopo aver nominato C.T.U. contabile e determinato, in base ai criteri e conteggi del C.T.U., il credito del COGNOME in € 351.889,53 alla data del 15.9.2011 per sorte capitale, rivalutazione monetaria ed interessi, nonché in € 1.131,75 per spese di precetto, aveva sospeso l’esecuzione nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE per l’ulteriore
somma precettata, disponendo la riassunzione dinanzi a giudice del lavoro competente a conoscere la causa relativa al merito dell’opposizione; tanto premesso, riassumeva il giudizio di merito dell’opposizione, contestando i conteggi prospettati dall’RAGIONE_SOCIALE, nonché dal C.T.U. contabile e ribadendo la correttezza dei conteggi operati nell’atto di precetto.
1.1. Costituitasi l’opponente RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 10787/2014, aveva dichiarato l’inefficacia del precetto intimato dal COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per la somma eccedente € 177.591,76.
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza di primo grado e, in accoglimento per quanto di ragione dell’appello principale del COGNOME, dichiarava l’inefficacia del precetto da quest’ultimo intimato ad RAGIONE_SOCIALE per la somma eccedente € 353.021,28.
2.1. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva che il titolo esecutivo su cui si basava il precetto opposto traeva origine dalla causa promossa dal COGNOME davanti al Pretore del lavoro di Roma, tesa alla condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di £ 363.310.528, comprensiva delle differenze per indennità di anzianità, in virtù della sentenza passata in giudicato del Tribunale di Viterbo, che aveva riconosciuto il diritto del COGNOME ad essere inquadrato nella qualifica di dirigente di seconda classe e previo annullamento, ai sensi dell’art. 2113 c.c. della transazione, con la quale l’RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a corrispondere una parte del credito, nella misura del 35% per interessi e rivalutazione, e a dare esecuzione alla decisione del
Tribunale di Viterbo, rinunciando a proporre ricorso per cassazione.
Rilevava, poi, la Corte di merito che, con la sentenza di appello del 21.7.2003, il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, dichiarava non dovuta al COGNOME la somma di £ 71.756.222, riconosciuta dal Pretore, e, in accoglimento dell’appello incidentale, con dannava l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle somme via via rivalutate, nella misura del 65% sulle somme di cui all’ordinanza ex art. 423 c.p.c. del 6.7.1992.
3.1. Considerava quindi evidente che dal dispositivo riportato, integrato dalla motivazione, il dictum del Tribunale non poteva che essere interpretato, come affermato nella sentenza gravata innanzi alla Corte, nel senso che, in forza dell’ordinanza di cui all’art. 423 c.p.c., il Pretore aveva inteso condannare l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento degli interessi e rivalut azione, alla data 31.7.1992 nella misura del 35%, consentendo così al Tribunale di pronunciarsi -correttamente o meno -rispetto i soli accessori, alla data del 31.1.1992, limitatamente alla misura del restante 65%.
3.2. La Corte, dopo una serie di considerazioni, riteneva corretto il calcolo, con cui era stato accertato il credito azionato, effettuato dal consulente nominato dal giudice dell’esecuzione, in base ai principi esposti, anche nella parte in cui aveva imputato i pagamenti ricevuti dal COGNOME, pari a £ 491.325.417, effettuato da RAGIONE_SOCIALE in data 14.4.93; quello di £ 16.959.300, effettuato il 22.9.1994 e quello di £ 267.679.964 effettuato il 19.4.1995, con precedenza agli interessi maturati,
poi alla rivalutazione monetaria e, in ultimo alla sorte, accertando il residuo credito al 15.9.2011 di € 351.889,53.
Considerava, poi, che entrambe le parti avevano contestato il conteggio del CTU, indicando, in subordine, cifre alternative al totale finale, senza, tuttavia dar conto dei rispettivi calcoli, impedendo così alla Corte di percepire in alcun modo il contenuto delle contestazioni.
4.1. Giudicava infondato l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi
5 . Ha resistito l’intimat a con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo denuncia ‘Omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio, prospettato dall’appellante COGNOME ed oggetto di discussione tra le parti, che l’ordinanza ex art. 423 c.p.c. del 6 luglio 1992 -che ha determinato sorte ed interessi al 35% sulla base dei conteggi prodotti da RAGIONE_SOCIALE, presi a riferimento per sviluppare il conteggio del COGNOME di cui al precetto … è stata integralmente recepita nel (e confermata dal) titolo esecutivo (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.)’.
Con il secondo motivo denuncia ‘Omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio, prospettato dall’appellante COGNOME ed oggetto di discussione tra le parti, che la CTU disposta dal Tribunale in funzione d’Appello è stata disposta
solo relativamente alla sorte e non relativamente al calcolo degli accessori che devono esser calcolati come per legge (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.)’.
Con il terzo motivo denuncia ‘mancato esame delle risultanze della CTU e pedissequa adesione ad essa senza dare adeguata giustificazione del suo convincimento mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti (art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.)’.
Con un quarto motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 429, terzo comma, c.p.c., 474 c.p.c. e 150 disp. att. cod. proc. civ. sul calcolo di rivalutazione ed interessi e sull’esatta portata del titolo esecutivo anche in relazione agli artt. 2730 e 2735 c.c. ed alla valenza confessoria dei conteggi prodotti dall’RAGIONE_SOCIALE nonché in relazione all’art. 423, terzo comma, c.p.c. che stabilisce che l’ordinanza di pagamento di somme non contestate costituisce titolo esecutivo (art. 360, primo comm a, n. 3 cod. proc. civ.)’.
Con un quinto motivo denuncia ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, prospettato dall’appellante COGNOME ed oggetto di discussione tra le parti, ovvero la produzione di conteggi alternativi da parte di COGNOME da cui risulta, in subordine, che, pur applicando le modalità di calcolo dell’ausiliare del Giudice dell’Esecuzione, l’importo da pagare al COGNOME non è di € 351.889,73 come indicato dal Giudice dell’Esecuzione e confermato dalla Corte d’Appello di Roma, ma di € 381.687,34 (art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.)’.
Il primo, il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, che tutti fanno riferimento al mezzo di cui all’art. 360,
comma primo, n. 5), c.p.c., possono essere congiuntamente esaminati.
6.1. Essi sono inammissibili.
7. Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, più volte espresso anche Sezioni unite, l’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinament o un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a ire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), specificandosi che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (così Sez. un. n. 8053/2014; Sez. un. n. 19881/2014); che in tale paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive o di censure proposte (Sez. un. n. 20399/2019). E’ stato, inoltre, precisato che non costituiscono fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio in parola: a) le argomentazioni o deduzioni difensive; b) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze astrattamente rilevanti; c) una moltitudine di fatti e circostanze, o il vario
insieme dei materiali di causa; d) le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito, ovvero i motivi di appello, i quali costituiscono i fatti costitutivi della domanda in sede di gravame (in tal senso, riassuntivamente, Cass. n. 18318/2022; ma v., ex plurimis , in termini analoghi Cass. n. 10321/2023; n. 5616/2023; n. 26364/2022).
Orbene, ciò di cui il ricorrente deduce l’omesso esame nel primo motivo non costituisce un fatto storico, principale o secondario, bensì una deduzione difensiva dell’allora appellante secondo cui l’ordinanza ex art. 423 c.p.c. sarebbe stata integralmente recepita nel titolo esecutivo.
Analogamente, il secondo motivo prospetta un omesso esame che riguarda altra deduzione dell’allora appellante circa l’ambito dell’incarico oggetto della C.T.U. disposta dal Tribunale quale giudice d’appello nel processo in cui si era formato il giudicato.
Nel caso del terzo motivo, poi, è di tutta evidenza che non vi si lamenta l’omesso esame di un fatto storico, perché vi è dedotto il ‘mancato esame delle risultanze della C.T.U.’, questa volta, di quella disposta dal giudice dell’esecuzione, senza peraltro specificare se, e come, il preteso mancato esame delle risultanze peritali abbia comportato l’omesso esame di effettivi fatti storici, principali o secondari.
Nel quinto motivo, ancora, l’omesso esame denunciato riguarda la produzione di conteggi alternativi da parte dell’attuale ricorrente per cassazione, vale a dire, di una risultanza processuale, assimilabile ad una deduzione difensiva trattandosi di conteggi alternativi ai calcoli operati dal C.T.U. in via di contestazione del conteggio di quest’ultimo. Peraltro,
lo svolgimento della censura (cfr. pagg. 30-32 del ricorso) rende evidente che si è in presenza di una critica alla valutazione della Corte di merito, la quale, come premesso in narrativa, si era espressa sulle ‘cifre alternative’ rispettivamente proposte dalle parti.
Parimenti inammissibile, infine, è il quarto motivo di ricorso, che, sotto l’apparente deduzione di violazione e falsa applicazione di plurime norme di diritto, in realtà, come si trae chiaramente dall’esteso svolgimento della censura (v. in particolare pagg. 23-30), propone un ‘ampia rivisitazione delle risultanze processuali. Le ragioni di doglianza non risultano incentrate sul significato e sulla portata applicativa delle norme delle quali in rubrica è denunziata violazione e falsa applicazione, come prescritto al fine della valida deduzione del mezzo di cui all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c . enunziato (v. tra le altre, Cass. n. 18998/2021, Sez. Un. n. 23745/2020, n. 17570/2020, Cass. n. 16038/2013, Cass. n. 3010/2012, Cass. n. 24756/2007, Cass. n. 12984/2006), ma si sostanziano nella prospettazione di una valutazione meramente contrappositiva a quella alla base del decisum in punto di determinazione degli accessori, non sorretta peraltro, in violazione dell’art. 366, comma 1 n.6 c.p.c. dalla trascrizione o esposizione per riassunto del contenuto degli atti e documenti alla base della censura (v. ad es. in tema di conteggi RAGIONE_SOCIALE).
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 8.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del