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Omessa pronuncia sui buoni pasto: la Cassazione decide

Un lavoratore, dopo aver ottenuto il riconoscimento del suo rapporto di lavoro come subordinato, si è visto negare una decisione sul diritto ai buoni pasto. La Corte di Cassazione ha censurato la Corte d’Appello per omessa pronuncia, stabilendo che il giudice del rinvio è vincolato a decidere su tutti i punti indicati dalla Suprema Corte, inclusi i diritti accessori come i buoni pasto.

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Omessa Pronuncia sui Buoni Pasto: La Cassazione Interviene di Nuovo

L’ordinanza in esame affronta un caso emblematico di omessa pronuncia, un vizio procedurale che si verifica quando un giudice non si esprime su una specifica domanda avanzata da una delle parti. La vicenda, che ha visto un lavoratore contrapposto a un ente pubblico per il riconoscimento dei suoi diritti, sottolinea l’importanza del principio di corrispondenza tra quanto richiesto e quanto deciso, specialmente nella delicata fase del giudizio di rinvio.

I Fatti di Causa

La controversia ha origine dal rapporto di lavoro di un dipendente, impiegato per anni presso un ente regionale con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Il Tribunale di primo grado aveva correttamente riqualificato il rapporto come lavoro subordinato a tempo indeterminato, condannando l’ente al pagamento delle differenze retributive e dell’indennità per ferie non godute.

Il caso è poi approdato in Corte d’Appello, la quale, pur confermando la natura subordinata del rapporto, aveva negato alcuni diritti al lavoratore. Successivamente, la Corte di Cassazione, con una prima sentenza, aveva annullato la decisione d’appello, rinviando la causa affinché venissero riesaminati alcuni aspetti, tra cui una specifica domanda del lavoratore relativa al pagamento del valore economico dei buoni pasto, che era stata completamente ignorata.

L’Errore del Giudice del Rinvio e l’Omessa Pronuncia

Nonostante le chiare indicazioni della Suprema Corte, la Corte d’Appello, chiamata a decidere in sede di rinvio, ha nuovamente commesso un errore di omessa pronuncia. Sebbene abbia correttamente liquidato l’indennità per le ferie non godute e il risarcimento del danno, ha completamente tralasciato di esaminare e decidere sulla domanda relativa ai buoni pasto.

Questo comportamento costituisce una palese violazione dell’art. 112 del codice di procedura civile, che impone al giudice di pronunciarsi su tutte le domande proposte. Inoltre, viola il principio secondo cui il giudice del rinvio è strettamente vincolato alle statuizioni e ai principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione nella sentenza che dispone il rinvio. La Corte d’Appello non aveva la facoltà di ignorare una questione che le era stato esplicitamente chiesto di risolvere.

L’obbligo di Pronuncia sui Buoni Pasto

La domanda del lavoratore non era affatto marginale. Egli aveva documentato di aver prestato servizio per un lungo periodo (dal 2002 al 2010), effettuando regolarmente due rientri pomeridiani a settimana, martedì e giovedì, seguendo lo stesso orario del personale regionale. Secondo l’art. 45 del CCNL di riferimento, tale modalità lavorativa dava diritto a usufruire del servizio mensa o, in alternativa, del buono pasto. La pretesa, quantificata in oltre 9.000 euro, era fondata e meritava una decisione nel merito, che invece è stata sistematicamente elusa.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, investita per la seconda volta della questione, ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza impugnata. I giudici hanno ribadito che il giudizio di rinvio ha una natura ‘chiusa’, il che significa che il giudice designato non può discostarsi dalle indicazioni fornite dalla Suprema Corte. L’aver ignorato la domanda sui buoni pasto, già oggetto del precedente annullamento, rappresenta un vizio insanabile.

La Corte ha sottolineato che la precedente sentenza di cassazione aveva già evidenziato come la prova dell’orario di lavoro, comprensivo dei rientri pomeridiani, emergesse dagli atti del processo. Pertanto, la Corte d’Appello avrebbe dovuto semplicemente applicare la normativa contrattuale a un fatto già accertato, invece di omettere del tutto la decisione. L’omessa pronuncia ha quindi privato di base giuridica la statuizione, rendendo necessario un nuovo intervento correttivo.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato ancora una volta la decisione d’appello e ha rinviato la causa a una diversa sezione della stessa Corte d’Appello. Quest’ultima dovrà finalmente pronunciarsi sulla domanda relativa ai buoni pasto, attenendosi scrupolosamente ai principi di diritto stabiliti. La vicenda rappresenta un forte monito sull’obbligatorietà delle decisioni della Cassazione e sul dovere di ogni giudice di esaminare tutte le domande sottoposte al suo vaglio, garantendo una tutela giurisdizionale completa ed effettiva.

Cosa si intende per ‘omessa pronuncia’ e perché è un vizio della sentenza?
Per ‘omessa pronuncia’ si intende la mancata decisione da parte del giudice su una o più domande o eccezioni sollevate dalle parti nel corso del processo. È considerato un vizio grave perché viola il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), negando di fatto alla parte il diritto a una risposta giurisdizionale sulla sua pretesa.

Il giudice del rinvio è libero di decidere come vuole dopo una sentenza della Cassazione?
No, il giudice del rinvio non è libero. La sua decisione è vincolata ai principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza che ha disposto il rinvio. Egli deve riesaminare il caso attenendosi strettamente alle indicazioni ricevute, senza poter ignorare le questioni che la Cassazione gli ha demandato di decidere.

Perché la domanda sui buoni pasto è stata considerata decisiva in questo caso?
La domanda sui buoni pasto era decisiva perché, dopo una precedente sentenza della Cassazione che aveva specificamente ordinato alla Corte d’Appello di pronunciarsi su quel punto, la sua ulteriore omissione ha costituito una chiara violazione delle direttive della Suprema Corte e del principio fondamentale dell’obbligo del giudice di decidere su tutte le domande.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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