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Omessa pronuncia spese legali: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4850/2024, ha cassato una sentenza della Corte d’Appello per omessa pronuncia sulle spese legali del primo grado di giudizio. Il caso riguardava una richiesta di risarcimento per danni causati da una costruzione vicina. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice ha l’obbligo di decidere su tutte le domande, incluse le spese, pena la violazione del diritto a una tutela giurisdizionale completa.

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Omessa Pronuncia Spese Legali: Quando il Giudice Dimentica una Parte della Decisione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4850 del 23 febbraio 2024) ha riaffermato un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il giudice deve pronunciarsi su ogni domanda proposta dalle parti. In caso contrario, si verifica una omessa pronuncia sulle spese legali o su altri punti, un errore che può portare alla cassazione della sentenza. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una controversia immobiliare. Un proprietario citava in giudizio il vicino, responsabile della costruzione di un terrapieno e della sopraelevazione di un fabbricato che avevano ridotto la luminosità, la visuale e il soleggiamento della sua abitazione. Dopo un lungo iter giudiziario, la Corte d’Appello, in sede di rinvio dalla Cassazione, aveva quantificato il risarcimento per il danno subito.

Tuttavia, la decisione della Corte territoriale presentava due criticità secondo il ricorrente:
1. Aveva escluso il risarcimento per la ‘perdita di privacy’, aderendo acriticamente alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.
2. Aveva completamente omesso di decidere sulla liquidazione delle spese legali relative al primo grado di giudizio.

Di fronte a questa decisione, il proprietario danneggiato proponeva un nuovo ricorso in Cassazione.

Omessa pronuncia spese legali e vizio di motivazione: i motivi del ricorso

Il ricorso si fondava su due motivi principali. Con il primo, si contestava il vizio di motivazione della sentenza d’appello, ritenuta apparente e illogica per aver negato il danno alla privacy senza una valutazione critica delle conclusioni del perito.

Con il secondo motivo, ben più incisivo, si lamentava la violazione dell’articolo 112 del codice di procedura civile, proprio a causa della omessa pronuncia sulle spese legali del primo grado di giudizio, un punto su cui la Corte d’Appello avrebbe dovuto obbligatoriamente statuire.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato i due motivi con esiti opposti.

Il Rigetto del Vizio di Motivazione

Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile. Gli Ermellini hanno ricordato che, a seguito della riforma dell’art. 360, n. 5 c.p.c., il controllo sulla motivazione è limitato al ‘minimo costituzionale’. È possibile censurare una sentenza solo in caso di anomalia grave, come la mancanza assoluta di motivazione, una motivazione solo apparente, o un contrasto insanabile tra le affermazioni. Non è invece sufficiente un semplice dissenso rispetto alla valutazione del giudice, che nel caso di specie aveva comunque fornito una ragione, seppur sintetica, basandosi sulla perizia tecnica.

L’Accoglimento dell’Omessa Pronuncia sulle Spese Legali

Il secondo motivo è stato invece accolto. La Corte ha ribadito con forza che la condanna al pagamento delle spese di giudizio è una conseguenza naturale e obbligatoria della decisione. Il giudice ha il dovere, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., di provvedere sulle spese anche senza una esplicita richiesta della parte vittoriosa.

L’omessa statuizione sulle spese, hanno sottolineato i giudici, non è una mera dimenticanza, ma una lesione del diritto costituzionale a una tutela giurisdizionale effettiva e completa (artt. 24 e 111 Cost.). Poiché la Corte d’Appello aveva riformato la sentenza di primo grado, aveva l’obbligo di regolare anche le spese di quella fase processuale, cosa che non aveva fatto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso ma ha accolto il secondo. Di conseguenza, ha cassato la sentenza impugnata limitatamente alla parte viziata e ha rinviato la causa alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione. Quest’ultima dovrà ora provvedere a liquidare le spese del primo grado di giudizio e quelle del giudizio di legittimità.

Questa ordinanza ci insegna due lezioni importanti: da un lato, i limiti sempre più stretti del ricorso in Cassazione per vizi di motivazione; dall’altro, l’assoluta inderogabilità dell’obbligo del giudice di pronunciarsi su tutte le domande, incluse quelle relative alle spese legali, a garanzia di un processo giusto e completo.

Cosa succede se un giudice non decide sulle spese legali di un grado di giudizio?
Questa omissione costituisce un vizio di ‘omessa pronuncia’ (violazione dell’art. 112 c.p.c.). La sentenza può essere impugnata e la Corte di Cassazione può annullarla, rinviando il caso a un altro giudice affinché provveda a liquidare le spese omesse.

È possibile contestare in Cassazione una sentenza solo perché il giudice ha accettato le conclusioni di un perito (CTU)?
No, se il giudice ha fornito una motivazione, anche se consiste semplicemente nel richiamare le conclusioni del perito. Secondo l’orientamento attuale della Cassazione, il vizio di motivazione è censurabile solo se è ‘apparente’, del tutto assente o palesemente contraddittorio, non per una mera insufficienza o per un disaccordo con la valutazione delle prove.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha accolto il motivo relativo all’omessa pronuncia sulle spese legali del primo grado, dichiarando inammissibile l’altro motivo sul vizio di motivazione. Ha quindi cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa allo stesso tribunale, in diversa composizione, affinché decida sulle spese non liquidate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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