Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34878 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34878 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24834/2020 R.G. proposto da:
COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOMECOGNOME NOMECOGNOME
– controricorrenti –
nonchè nei confronti di
COGNOME NOME COGNOME – intimati – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA n. 210/2020, depositata il 17/02/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOMECOGNOME Poli NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME convenivano innanzi al Tribunale di Brescia COGNOME Franco, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, per ottenere l’accertamento dell’inesistenza del diritto di servitù di passaggio esercitato dai convenuti sine titulo sul fondo di proprietà degli attori, sito in Ospitaletto (Brescia), contraddistinto in catasto con il mappale n. 287, foglio 7 del Catasto Terreni.
Il Tribunale rigettava la domanda degli attori e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarava il difetto di titolarità attiva del rapporto controverso da parte degli attori COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, in assenza di prova in ordine alla proprietà dei predetti sul suddetto mappale; accertava la titolarità sul fondo in questione del diritto di servitù di passaggio, pedonale e carraio, in forza degli atti di acquisto dei convenuti.
Avverso la pronuncia interponevano gravame innanzi alla Corte d’Appello di Brescia gli attori COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME.
Il giudice di seconde cure, in riforma della sentenza del Tribunale di Brescia, ribaltava l’esito della lite e dichiarava l’inesistenza di servitù in favore del fondo degli appellati sulla strada privata condominiale sita in Ospitaletto e identificata dalla particella n. 287, rigettando le ulteriori domande proposte dalle parti.
A sostegno della sua decisione, per quel che qui ancora rileva, osservava la Corte:
si deve escludere un valido titolo di acquisto di servitù, posto che negli originari atti di acquisto da parte dei danti causa degli appellanti non vi è alcun cenno all’esistenza o costituzione di una servitù di passaggio pedonale e/o carraio. Negli atti di acquisto degli attuali proprietari appellanti è stata inserita una dichiarazione che ha valore solo ricognitivo, non costitutivo, della servitù;
non sussistono elementi dai quali dedurre l’esistenza di una servitù di uso pubblico, o dicatio ad patriam .
Avverso la suddetta pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME Franco, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME affidato a tre motivi e contrastato da controricorso.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce il vizio di omessa motivazione, sotto lo specifico profilo della violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., stante il difetto grafico di una motivazione sulla questione decisa, in relazione all’art. 360, n. 4) cod. proc. civ., relativamente alla questione della legittimazione e/o titolarità attiva in capo agli attori COGNOME ( rectius : COGNOME), COGNOME. Rilevano i ricorrenti che nella
comparsa di costituzione e risposta in appello era stata riproposta l’eccezione di insussistenza della legittimazione ad agire degli attori COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME; carenza di legittimazione, peraltro, rilevata dal giudice di primo grado e contrastata dagli appellanti nell’atto di appello. Ciò nonostante, la Corte d’Appello bresciana non ha speso una parola sul tema della legittimazione attiva degli attori e quindi denunziano la nullità della sentenza.
1.1. Il motivo è fondato.
E’ opportuno premettere che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013, Rv. 627268 – 01).
Nel ricorso viene dedotta a violazione dell’art. 360 comma 1 n. 4 cpc e viene altresì dedotta la nullità della sentenza lamentandosi
sostanzialmente una omessa pronuncia sull’eccezione di difetto di legittimazione attiva.
Né si può ravvisare -contrariamente a quanto argomentato nel controricorso: p. 13, ultimo capoverso; p. 14, primi 4 righi – una situazione di rigetto implicito dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva, in quanto il giudice di primo grado si era espressamente pronunciato nel senso dell’insussistenza di detta legittimazione per quattro degli attori, e il capo della sentenza sulla titolarità attiva era stato impugnato dagli appellanti (evidenziando come gli stessi risultano comproprietari delle parti comuni ex art. 1117 cod. civ.).
LA Corte territoriale era pertanto tenuta a pronunciarsi, considerata anche l’eccezione degli appellati.
Del resto, nell’ actio negatoria servitutis la legittimazione attiva compete a coloro che sono titolari delle posizioni giuridiche dominicali svantaggiate, ed è condizione dell’azione (anche sopravvenuta alla proposizione della domanda, purché sussistente al momento dell’emissione della decisione: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5321 del 17/03/2016, Rv. 639181 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26769 del 18/12/2014, Rv. 633800 – 01); ove tale legittimazione manchi, con riferimento al momento della decisione, non sorge la necessità della chiamata in causa del soggetto che risulti effettivo proprietario del fondo, poiché il giudice dovrà respingere, nel merito, la domanda così come proposta (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3314 del 07/03/2001, Rv. 544510 – 01).
La sentenza merita, pertanto, di essere cassata e il giudizio rinviato alla medesima Corte territoriale affinché, colmando la lacuna in cui è incorso il giudice di appello, verifichi la sussistenza della legittimazione attiva degli appellanti COGNOME e COGNOME
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., delle norme di diritto di cui agli artt. 1362 e, per quanto di ragione, 1363 cod. civ. integranti regole legali di interpretazione del contratto in riferimento alla clausola sulla «servitù di passaggio» contenuta in tutti i titoli di acquisto degli attori appellanti, odierni resistenti: il giudice di seconde cure avrebbe trascritto nella motivazione della sentenza solo la prima parte della clausola negoziale dalla quale avrebbe tratto la natura puramente ricognitiva, e non costitutiva, della servitù di passaggio, del tutto omettendo un’ulteriore proposizione e/o autonoma clausola alla luce della quale diviene impossibile predicarne la natura meramente dichiarativa. I ricorrenti, in definitiva, lamentano l’omesso esame di un distinto elemento di fatto rappresentato da una parte di clausola mancante. Da ciò deriva la violazione dei criteri interpretativi legali, sia che si voglia considerare le due proposizioni come un’unica clausola, della quale non è stato perciò rispettato il tenore letterale, in violazione dell’art. 1362 cod. civ.; sia che le si voglia valorizzare entrambe come clausole autonome: in tal caso, risulterebbe violato anche l’art. 1363 cod. civ. Infine, la clausola oggetto della dimenticanza da parte della Corte è stata privata di ogni effetto in violazione al criterio di conservazione ex art. 1367 cod. civ.
2.1. Il motivo è fondato.
Com’è noto, il sindacato di legittimità può avere ad oggetto solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati al fine di verificare se sia incorso in errori di diritto o in vizi di ragionamento (per tutte: Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23701 del 22/11/2016, Rv. 642983 – 01). Nel ricorso si fa esplicito riferimento ai
canoni ermeneutici violati e al modo in cui il giudice di seconde cure si è discostato da essi.
2.2. La Corte d’Appello ha scrutinato solo parte del contenuto della clausola negoziale, ove si fa riferimento al diritto di passo pedonale, carraio e di posa dei servizi tecnologici anche per il mappale 287 oggetto di causa, attribuendogli mero valore ricognitivo, non idoneo alla costituzione della servitù. Il testo completo, invece, riportato in ricorso e sfuggito all’esame del giudice di seconde cure, fa espresso riferimento alle modalità di attuazione di un diritto di passo. Ne discende che la clausola o proposizione trascurata dalla Corte territoriale potrebbe anche assumere valenza costitutiva.
Sulla gerarchia dei criteri interpretativi del contratto, è stato precisato da questa Corte che il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va, invero, verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 cod. civ., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (v. Cass., 28/8/2007, n. 828; Cass., 22/12/2005, n. 28479; 16/6/2003, n. 9626).
Va d’altro canto sottolineato che, pur assumendo l’elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve invero a tal fine necessariamente riguardarlo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare di quelli (quali primari criteri d’interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto: ex multis , Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 27/6/2011, n. 14079) dell’interpretazione funzionale ex
art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c, avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta (cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295).
Assume dunque fondamentale rilievo che il contratto venga interpretato avuto riguardo alla sua ratio , alla sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 34795 del 17/11/2021, Rv. 663182 -01; Cass. Sez. L, Sentenza n. 24699 del 14/09/2021, Rv. 662267 -01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14882 del 08/06/2018, Rv. 649052 -01; Cass. n. 23701 del 2016, cit.).
La sentenza merita, dunque, di essere cassata in parte qua , spettando al giudice del rinvio interpretare gli originari atti di acquisto dei danti causa degli attori (odierni resistenti), ove sono contenute le statuizioni riguardanti la servitù di passaggio.
3. Con il terzo motivo si deduce il vizio di omesso esame di fatti decisivi, risultanti dagli atti di causa e discussi dalle parti, comprovanti l’esistenza di una servitù di diritto pubblico, o dicatio ad patriam , sulla stradella privata de qua. I ricorrenti lamentano che la sentenza ha omesso di considerare diversi elementi di fatto che comprovano l’esistenza della manifestazione di volontà del proprietario di costituire una servitù di uso pubblico: la presenza di vari sottoservizi nell’area/stra da; l’ista nza per la concessione edilizia a parcheggio ad uso pubblico, dalla quale risulta -contrariamente a quanto affermato in motivazione l’intenzione del proprietario di porre il bene a disposizione della collettività; la manutenzione e consumi dell’impianto di illuminazione a carico del Comune; la presenza nel sottosuolo de qua
di reti tecnologiche (illuminazione, metanodotto, rete elettrica, telecomunicazioni).
3.1. Avendo il Collegio accolto i primi due motivi del ricorso, il terzo resta logicamente assorbito.
Il giudice di rinvio, che si individua nella Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda