Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 642 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 642 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20692/2023 R.G.,
proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesa dal l’Avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende, giusta la procura in calce al ricorso (pec: studioEMAIL), ex lege domiciliati in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO
-ricorrenti –
nei confronti di
NOME COGNOME di NOME, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domiciliata all’indirizzo pec: EMAIL;
-controricorrente-
CC 7 novembre 2024
Ric. 20692 del 2023
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
per la cassazione della sentenza n. 1116/2023 pubblicata il 13/09/2023 della Corte di Appello di Salerno;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 novembre 2024 dalla Consigliera dr.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1. NOME COGNOME di Somma con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. proposto dinanzi al Tribunale di Salerno, assumendo di essere creditrice nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME della somma di € 15.359,07, quale importo dalla stessa versato al Condominio di INDIRIZZO in Salerno, in luogo dei predetti obbligati, per la riparazione, mediante rifacimento ex novo del muro condominiale, chiese di essere dagli stessi tenuta indenne per come previsto dal contratto preliminare di compravendita stipulato tra le parti in data 7/12/1989.
Il contratto in questione, per quel che qui ancora rileva, venne stipulato con la finalità di trasferire l’unità immobiliare, corredata dall’obbligo degli odierni ricorrenti di sostenere gli oneri connessi alla riparazione del muro situato sul terrazzo pertinenziale dell’abitazione di INDIRIZZO costituente anche elemento di confine e di contenimento di un giardino soprastante, di proprietà di un altro condomino; tale ultimo obbligo era stato invero accertato e riconosciuto in un precedente giudizio instaurato da NOME COGNOME di Somma con sentenza del Tribunale di Salerno n. 2318/2000 nei confronti degli odierni ricorrenti, confermata dalla sentenza n. 371/2010 resa dalla Corte di appello di Salerno, non impugnata, e pertanto divenuta res iudicata tra le parti ex art. 2909 c.c..
il Tribunale di Salerno con ordinanza n. 4146/2021 accolse il ricorso e condannò NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido, al pagamento nei confronti di La Mura di Somma Iolanda della somma di € 15 .359,07, oltre interessi al tasso legale dalla data di notifica del ricorso introduttivo (aprile 2021), con condanna dei predetti soccombenti, in solido, al pagamento delle spese di lite.
CC 7 novembre 2024
Ric. 20692 del 2023
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
Avverso la decisione del Tribunale, proposero gravame NOME COGNOME e NOME COGNOME rigettato dalla Corte d’appello di Salerno, con condanna degli appellanti, in solido, al pagamento delle spese di lite del grado in favore dell’appellata .
Per la cassazione della sentenza d’appello, ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla base di tre motivi; si costituisce con atto di controricorso NOME COGNOME di Somma.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art . 380bis .1, cod. proc. civ..
Entrambe le parti hanno depositato rispettive distinte memorie.
Ragioni della decisione
In via pregiudiziale vanno scrutinate le eccezioni di improcedibilità sollevate dalla controricorrente.
1.1. Non è fondata l’eccezione secondo cui non sarebbe stato depositato nel termine prescritto dall’art. 369 , comma 1, c.p.c. il ricorso notificato e le attestazioni di notifica (accettazione e consegna delle notifiche telematiche) sarebbero illeggibili, in quanto le medesime sono state depositate in data 26 ottobre 2023 e sono regolarmente visionabili nel fascicolo telematico.
1.2. Non è fondata l’eccezione secondo cui non sarebbe stata depositata nel termine prescritto dall’art. 369 , comma 1, c.p.c. la sentenza notificata, tenuto conto che essa risulta depositata nei termini in data 26 ottobre 2023;
1.3. Non sono, infine, fondate le eccezioni secondo cui l’attestazione di conformità sulla sentenza notificata e le altre attestazioni di conformità apposte sui documenti prodotti sarebbero su foglio separato e non sarebbero conformi alle specifiche tecniche informatiche art. 196 undecies, commi 2 e 3, disp. att. c.p.c., ed in particolare, non riporterebbero gli estremi del fascicolo dal quale risulta estratta la copia; va sul punto evidenziato che, per un verso, la trasmissione della busta telematica relativa al deposito è avvenuta mediante deposito complementare inerente
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Ric. 20692 del 2023
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
lo specifico ricorso in esame (n.R.G. 20692/2023) e stante la dimensione del fascicolo telematico trasmesso, senza segnalazione di errori ‘bloccanti’ e con regolare accettazione da parte della Cancelleria, e per l’altro verso, gli atti depositati recano la debita attestazione di conformità da parte del difensore.
2. Venendo all’esame del primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano ‘ ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3), c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e del principio del ne bis in idem ‘ ; in particolare, assumono che l’azione giudiziale esperita nel 1991 e quella in esame, avrebbero per oggetto il medesimo petitum (condanna al pagamento del risarcimento del danno) e la medesima causa petendi (l’inadempimento da parte dei promissari venditori dell’obbligo di manlevare la promissaria acquirente dagli oneri connessi alla riparazione del muro pertinenziale dell’immobile oggetto di contratto) ; osservano altresì che nell’atto di citazione del giudizio instaurato nel 1991 la condanna al risarcimento veniva richiesta da NOME COGNOME di Somma con una formula ‘ poliforme ‘ volta ad ottenere ‘sia’ il risarcimento per il mancato godimento, ‘sia’ l’onere economico da sopportarsi per gli oneri economici da sostenere per la riparazione del muro, confermata dalla locuzione conclusiva ‘il tutto con interessi e rivalutazione (…)’ .
Contestano, pertanto, che nel presente giudizio i Giudici del merito abbiano ritenuto che la somma di Euro 22.623,83, liquidata con sentenza n. 371/2010 dalla Corte d’appello di Salerno nel precedente giudizio svoltosi inter partes, riguardasse solo il risarcimento del danno per mancato godimento e ribadiscono la violazione del giudicato e del principio del bis in idem ; aggiungono che anche ove si ammettesse che la somma in questione fosse stata liquidata soltanto a tale titolo, la decisione, allora emessa, sarebbe affetta dal vizio di omessa pronuncia, ricorribile per cassazione e la controparte avrebbe dovuto proporre impugnazione, onere dalla stessa non assolto, con conseguente passaggio in giudicato della decisione, ostativo alla riproposizione della medesima domanda risarcitoria. Al contrario, la
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Ric. 20692 del 2023
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
Corte d’appello nella sentenza impugnata , richiamando un principio affermato dalla Corte di cassazione n. 35382/2022 (in fattispecie del tutto ‘ distonic a’ rispetto a quella in esame) ha ritenuto riproponibile la domanda e non opponibile il giudicato esterno. Osservano che nel precedente giudizio, difatti, la Corte d’appello aveva escluso l’applicabilità del rimedio della riduzione del prezzo ex art. 1492, stante la conoscenza del vizio, affermando: «ciò stabilito e venuta meno la garanzia per la riduzione del prezzo, tutte le richieste connesse a tale domanda e tutte le censure mosse alla sentenza sotto tale aspetto (così l’appello incidentale sulla maggiore incidenza del vizio rispetto alla somma liquidata dal Tribunale) restano caducate e superate, rimanendo in effetti soltanto da valutare, da un lato, la portata di cui alla richiamata clausola aggiunta al preliminare; da un altro, gli effetti di tale clausola riguardo al preliminare e alla domanda ex art. 2932 c.c. proposta dalla La Mura»( pag. 11 sentenza n. 371/2010). A parere dei ricorrenti, ciò significava che il vizio del muro non potesse giustificare una diminuzione del prezzo, ma che occorresse soffermarsi semplicemente sulle conseguenze risarcitorie dell’inadempimento della clausola del contratto preliminare afferente al muro del terrazzo pertinenziale, giungendo a liquidare per l ‘inadempimento un risarcimento complessivo pari ad € 22.623,83; ciò sarebbe confermato dall’ appello incidentale proposto in quel giudizio dalla La Mura di Somma con cui sollecitava nuovamente una diversa quantificazione da parte del Giudice di secondo grado in ordine ai danni afferenti alle spese per le opere di riparazione del muro; di conseguenza, controparte avrebbe dovuto proporre apposito ricorso per cassazione e non avrebbe potuto, invece, formulare la medesima domanda in un successivo separato giudizio.
2.1. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Vale ricordare che secondo il costante e qui condiviso orientamento di questa Corte «in caso di omessa pronuncia su una domanda, qualora non ricorrano gli estremi di un assorbimento della questione pretermessa ovvero di un rigetto implicito, la parte ha la facoltà alternativa di far valere
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l’omissione in sede di gravame o di riproporre la domanda in un separato giudizio, poiché la presunzione di rinuncia ex art. 346 cod. proc. civ. ha valore meramente processuale e non anche sostanziale, sicché, riproposta la domanda in diverso giudizio, non è in tale sede opponibile la formazione del giudicato esterno» (cfr. Cass. Sez. 6 – 1, 1/12/2022, n. 35382, richiamata anche dalla sentenza impugnata; v. inoltre, Cass. n. 10406 del 2018; Cass. n. 6529 del 2017; Cass. n. 4388 del 2016; Cass. n. 15461 del 2008; Cass. nn. 14755, 11356, 9388 e 1760 del 2006; Cass. n. 7917 del 2002; Cass. n. 8655 del 2000; in senso sostanzialmente conforme, si vedano anche le più recenti: Cass. Sez. 2, 13/04/2023 n. 9860 e Cass. 21/08/2023 n. 24896).
Occorre rilevare che il diritto al pagamento di una somma di denaro è eterodeterminato, si caratterizza, cioè, in funzione del puntuale fatto storico su cui si fonda; pertanto, la sua causa petendi si risolve nel riferimento concreto proprio a quel fatto che è affermato ed allegato come costitutivo e che, perciò, possiede una specifica attitudine ad individuare il diritto fatto valere in giudizio. Da ciò consegue, altresì, che la domanda di pagamento della medesima somma, se basata su fatti diversi, deve essere considerata nuova rispetto a quella domanda precedentemente proposta, sicché in relazione ad essa non può operare in modo alcuno il primo giudicato che aveva un diverso ambito oggettivo.
Nel caso di specie, il giudicato di cui alla sentenza n.371/2010 della Corte d’appello di Salerno si è formato, come agevolmente si evince dal tenore della motivazione di quella sentenza (trascritta per il punto di interesse dalla controricorrente, a pag. 17 del controricorso e depositata in allegato) in ordine all’ ‘ accertato inadempimento contrattuale ‘, con la condanna degli odierni ricorrenti al risarcimento del danno ‘ non patrimoniale ‘ sofferto dall’acquirente La Mura di Somma per il mancato pieno godimento dell’immobile compravenduto, danno liquidato nell’importo di euro 22.623,83 e con la declaratoria dell’obbligo del
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Condominio, quale proprietario del muro di confine lesionato, obbligato in solido con i COGNOME e COGNOME alla riparazione del manufatto.
Ed in tale senso, la stessa sentenza qui impugnata ha ritenuto che «Nel caso di specie, le sentenze hanno riconosciuto il diritto all’adempimento dell’obbligo di riparazione del muro come ricadente sugli appellanti (COGNOME), accertando all’attualità i danni, senza ritenere assorbita la questione del costo della riparazione, da sostenersi in futuro, e rigettarla in via implicita, per cui la nuova domanda proposta (dalla La Mura) in un nuovo giudizio è ammissibile e ben ha fatto il primo giudice a pronunciarsi nel merito della vicenda» (pagina 6 della sentenza impugnata).
Pertanto, questa soltanto era la portata di quel giudicato, non altra, ed entro questi soli limiti esso si era formato. Pretendere, invece, come mostrano di ritenere i ricorrenti, di estendere tale giudicato alla richiesta di pagamento della somma basata tuttavia su un fatto evidentemente diverso (l’avvenuta riparazione del muro per come pattuita nel preliminare de quo ) da quello ivi accertato (il risarcimento dei danni per il mancato godimento del bene in attuazione della domanda ex art. 2932 cod. civ.), soltanto perché non fatto valere con l ‘ impugnazione della sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 731/2010 , risulta essere, quindi, alla luce dei principi sopra richiamati, una censura non fondata.
Il secondo motivo con cui i ricorrenti affermano essere ‘ intrinsecamente connesso al primo ‘ censurano ‘ ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3), c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 2934, 2935, 2943, comma IV, e 2946 c.c. ‘ la decisione impugnata; nello specifico, i Giudici di merito avrebbero erroneamente ritenuto che gli atti menzionati dalla difesa di controparte avessero interrotto il termine prescrizionale ai fini dell’esperibilità dell’azione risarcitoria. In particolare, si dolgono del fatto che ‘ Se, infatti, fosse fondata la tesi del Giudice di primo grado, ossia che il Tribunale di Salerno con la sentenza n. 2318/2000 avesse omesso di pronunciarsi sul risarcimento del danno conseguente alle spese necessarie per la riparazione del muro e che pertanto la resistente potesse far valere
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la medesima pretesa in altro giudizio, la domanda della sig.ra COGNOME di Somma sarebbe indubbiamente prescritta ‘ (pag. 9 del ricorso) .
3.1. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Con la censura proposta, i ricorrenti non si confrontano con la ratio decidendi della decisione d’appello, obliterando quanto rilevato dalla Corte d’appello in proposito; in particolare la Corte d’appello salernitana ha accertato (contrariamente a quanto sostenuto dagli odierni ricorrenti, i quali, in quella sede, avevano lamentato il mancato esame dell’eccezione di prescrizione da parte del primo giudice) come «il primo giudice avesse motivato sul punto in ragione degli eventi interruttivi costituiti dall’instaurazione di precedenti azioni giudiziarie, aventi ad oggetto il diritto alla pretesa economica di cui si dibatte», aggiungendo che «Detta motivazione non ha formato oggetto di uno specifico motivo di appello in contestazione della presenza di fatti interruttivi della prescrizione.» (pag. 6 della sentenza impugnata).
Con il terzo motivo, infine, i ricorrenti prospettano ‘ ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento ‘ in quanto tra i motivi di appello allora proposti, vi sarebbe stato il mancato scrutinio da parte del Tribunale di Salerno dell’ exceptio doli generalis , motivo erroneamente ritenuto assorbito dalla Corte salernitana con la sentenza impugnata.
4.1. Il terzo motivo è anch’esso inammissibile.
In tema di error in procedendo proposto sotto forma di omessa pronuncia su motivo di gravame, giova richiamare il principio espresso da questa Corte, anche a Sezioni Unite (Cass. Sez. U, 22/05/2012 n.8077; Cass. Sez. L, 24/12/2021 n. 41465 e, da ultimo, Cass Sez. 3, 7/06/2023 n. 16028) a mente del quale si è ritenuto che in tutti i casi accomunati dalla natura processuale del vizio denunciato dal ricorrente e dalla sua interdipendenza con l’interpretazione da dare ad una domanda o ad un’eccezione di parte, l’oggetto dello scrutinio che è chiamato a compiere il giudice di legittimità (a differenza di quel che accade con riferimento agli
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errores in indicando denunciati a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) non è costituito dal contenuto della decisione formulata nella sentenza (che segna solo il limite entro cui la parte ha interesse a dedurre il vizio processuale), bensì direttamente dal modo in cui il processo si è svolto, ossia dai fatti processuali che quel vizio possono aver provocato. È perciò del tutto naturale che la Corte di cassazione debba prendere essa stessa cognizione di quei fatti, sempre però che la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità «alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo della corte», e quindi anche nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (Cass. Sez. U. 22/05/2012 n. 8077 ).
Alla luce di tale principio, l ‘ultimo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, con esso, i ricorrenti lamentano l’omessa pronuncia da parte del giudice di merito di un motivo di gravame senza fornire, come era loro onere, gli elementi di specificità prescritti dagli artt. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art.369 c.p.c., comma 2, n. 4, la cui osservanza avrebbe consentito al Collegio l’esame diretto degli atti, esame subordinato, come si ripete, a quegli atti ed a quei documenti che la parte abbia specificamente indicato ed allegato. In particolare, nel motivo non risultano specificamente riportati, per la parte rilevante in questa sede, gli atti e le conclusioni da cui dedurre che l’esame dell’ exeptio doli proposta dagli attuali ricorrenti fosse stato condizionato al rigetto degli altri motivi di appello.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità vengono poste a carico dei ricorrenti, in solido tra loro, secondo il principio di soccombenza e si liquidano come in dispositivo in favore della controricorrente.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
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comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002 (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Per questi motivi
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi € 4.000,00, di cui € per 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione