Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18324 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18324 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1440/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-resistente-
COGNOME NOME;
-intimato-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI LECCE, SEZ. DIST. DI TARANTO, n. 359/2018, depositata il 31/07/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ha citato in giudizio NOME COGNOME, deducendo di avere commissionato al convenuto opere di ristrutturazione del suo immobile e chiedendo la condanna del medesimo al risarcimento del danno pari alle spese necessarie all’eliminare dei vizi e difetti delle opere effettuate e al mancato utilizzo dell’immobile, quantificato nella complessiva somma di euro 25.720,64. Il convenuto, costituendosi, chiedeva di rigettare la domanda e di essere autorizzato a chiamare in causa il direttore dei lavori NOME COGNOME, domandando, nell’ipotesi di accoglimento della domanda dell’attore, di ritenere responsabile NOME e di condannare lo stesso alla eventuale somma determinata in corso di causa e comunque a tenerlo indenne da ogni condanna. NOME si costituiva, deducendo l’esecuzione diligente del suo incarico. Il Tribunale di Taranto, con la sentenza n. 413/2015, ha ritenuto non provata la tempestiva denuncia dei vizi, non riconosciuti dall’appaltatore e ha così rigettato la domanda.
La sentenza era impugnata da NOME COGNOME. La Corte d’appello di Lecce, con la sentenza 31 luglio 2018, n. 359, ha accolto il gravame di NOME COGNOME e ha condannato NOME COGNOME al pagamento in suo favore di euro 10.400,18. Ad avviso della Corte d’appello, il profilo della tempestività della denuncia dei vizi era irrilevante, avendo NOME COGNOME riconosciuto i medesimi, ed era sussistente in capo a NOME COGNOME il diritto alla garanzia con conseguente fondatezza della sua domanda di condanna al risarcimento del danno, quantificato seguendo la stima dei costi necessari per l’eliminazione dei vizi formulata dal consulente
tecnico d’ufficio nel procedimento di accertamento tecnico preventivo.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione.
In data 7 maggio 2021 NOME COGNOME ha depositato la procura di nomina di un proprio difensore in relazione al presente giudizio.
L’intimato NOME COGNOME non ha proposto difese.
In data 9 dicembre 2023 il ricorrente ha depositato memoria con la quale ha dato atto della cessazione della materia del contendere nei confronti di NOME COGNOME, insistendo nella censura proposta avverso la sentenza d’appello relativa alla posizione del direttore dei lavori NOME COGNOME.
In data 8 gennaio 2024 è stato depositato un atto sottoscritto da NOME e NOME COGNOME con il quale, premesso di essere addivenuti a un accordo transattivo il 15 novembre 2022, NOME COGNOME ha dichiarato di rinunciare al ricorso e NOME COGNOME ha dichiarato di accettare tale rinuncia.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi:
Il primo motivo lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 1326, 1667 e 1668 c.c., ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., laddove la Corte, nell’affermare che NOME COGNOME aveva riconosciuto la sussistenza dei vizi lamentati dal committente, avrebbe obliterato alcuni elementi di fatto che avrebbero condotto ad una diversa decisione; la Corte non ha così considerato che NOME COGNOME aveva fin dal primo atto di costituzione contestato l’esigenza di vizi, non aveva mai riconosciuto l’esistenza degli stessi e aveva sempre spiegato di avere svolto un ruolo di mero esecutore materiale degli ordini e delle direttive impartite dal committente e dal direttore dei lavori.
Il secondo motivo contesta violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., avendo la Corte d’appello omesso di pronunciare sulla domanda proposta in primo grado e riproposta in appello nei confronti di NOME COGNOME, con condanna dello stesso a ritenere indenne e manlevare a qualsiasi titolo e/o ragione NOME COGNOME da qualsiasi condanna.
Il terzo motivo contesta violazione degli artt. 2697 e 2724 c.c., ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., avendo la Corte d’appello ritenuto che la richiesta di NOME COGNOME di esperire prova testimoniale, della quale il Tribunale aveva dichiarato l’implicita decadenza stante la mancata dimostrazione della necessaria intimazione ai testi, richiesta istruttoria non reiterata in sede di precisazione delle conclusioni davanti al Tribunale, fosse da reputarsi inammissibile in quanto implicitamente rinunziata; la Corte d’appello non ha infatti considerato che all’udienza di precisazione delle conclusioni parte convenuta aveva regolarmente riproposto la domanda di assunzione della prova testimoniale.
Come si è detto in premessa, il ricorrente NOME COGNOME, premesso di essere addivenuto ad un accordo transattivo con NOME COGNOME, ha rinunciato al ricorso nei confronti di quest’ultimo. Tale rinuncia, se comporta l’estinzione del giudizio nei confronti di NOME COGNOME, non priva d’interesse il ricorso nei confronti dell’intimato NOME COGNOME.
Va quindi anzitutto esaminato il secondo motivo concernente l’omessa pronuncia sulla domanda proposta nei confronti di NOME COGNOME.
La censura è fondata. In primo grado, NOME COGNOME, convenuto in giudizio, ha chiamato in causa NOME COGNOME, chiedendo di essere garantito dal medesimo e pertanto chiedendo di condannare il medesimo al pagamento delle somme alle quali fosse egli stesso stato condannato e comunque a ritenerlo indenne da ogni condanna pronunciata nei suoi confronti. La domanda è
stata assorbita in primo grado, avendo il Tribunale di Taranto rigettato la domanda principale di NOME COGNOME. La medesima è stata riproposta in appello da NOME COGNOME, così che il giudice di secondo grado, dopo aver accolto, sia pur parzialmente, la domanda di condanna proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, avrebbe dovuto pronunciarsi sulla domanda di garanzia da quest’ultimo proposta.
L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del primo e del terzo motivo del ricorso.
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Lecce, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione parziale del giudizio di legittimità, limitatamente alla causa tra NOME COGNOME e NOME COGNOME; accoglie il secondo motivo del ricorso proposto da COGNOME NOME nei confronti di NOME COGNOME, assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della seconda