Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5302 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28110/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv.to NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1504/2021 depositata il 24/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano innanzi al Tribunale di Bari – Sezione distaccata di Altamura, i coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME e i coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME, abitanti nello stesso condominio di INDIRIZZO/INDIRIZZO in Gravina in Puglia, chiedendone la condanna alla rimozione di opere da loro realizzate nella proprietà condominiale e al ripristino dello stato dei luoghi.
I coniugi COGNOME–COGNOME ‘avevano aperto un vano -porta nel pozzo luce interno allo stabile, collocandovi una lavatrice con i collegamenti idrico-fognari con muri comuni e usando il relativo piano di calpestio, trasferito il contatore ENEL nel vano del contatore condominiale, demolito parte della facciata esterna, arretrandola, eliminando una finestra con nuovo accesso sui balconi, sì da alterare il prospetto condominiale, chiuso su altro lato dello stabile una vecchia finestra, riaprendola ad un metro di distanza, inserendo la tubazione di sfiato della cucina in quella dei doppi servizi igienici’.
I coniugi COGNOME avevano invece illegittimamente realizzato due ripostigli: uno in cantina, nel locale già occupato da un serbatoio comune e poi diviso in quattro parti uguali, utilizzando uno spazio maggiore di quello loro convenzionalmente spettante; l’altro sul terrazzo, sopraelevando il muro comune di 50 cm.
Si costituivano i coniugi COGNOME contestando la domanda attorea e chiedendone il rigetto e proponendo domanda riconvenzionale, diretta: 1) alla eliminazione di una finestra abusiva
realizzata dagli attori su INDIRIZZO che comportava un’alterazione del prospetto condominiale; 2) al ripristino dello stato dei luoghi relativo all’abitazione degli attori, che avevano eseguito opere in difformità rispetto alla concessione edilizia; 3) in subordine, alla condanna degli stessi attori al risarcimento dei danni.
Si costituivano, altresì, i coniugi COGNOME proponendo analoga domanda riconvenzionale, nonché domanda di accertamento in proprio favore dell’acquisto del pozzo di luce per contratto di acquisto, ovvero per intervenuta usucapione.
Il Tribunale di Bari dichiarava cessata la materia del contendere con riferimento alle domande reciprocamente formulate dai coniugi COGNOMECOGNOME e COGNOME COGNOME dichiarava ‘estinto in parte il giudizio con riferimento alla domanda di usucapione proposta con memoria di costituzione da NOME e proseguita quale erede da NOME e COGNOME NOMECOGNOME acco glieva la domanda attorea di ‘ripristino della porta d i accesso al pozzo luce comune nella originaria finestra, rimuovendo la lavatrice ivi esistente con tutta la tubazione (idrica e fognaria) annessa e quant’altro ivi esistente’; condannava i signori COGNOME NOME (avente causa dell’originario convenuto NOME) e COGNOME NOME al pagamento delle spese legali, liquidate in € 13.402,00 oltre accessori, nonché al pagamento delle spese di CTU.
NOME e COGNOME NOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
Si costituivano gli appellati coniugi COGNOME–COGNOME chiedendo il rigetto del gravame.
7. La Corte di Appello di Bari, accoglieva solo in parte l’appello e per quel che ancora rileva rigettava i motivi di appello con i quali gli appellanti avevano contestato la decisione di rimozione della porta da loro realizzata sul pozzo luce che avevano usucapito o che comunque avevano diritto ad utilizzare anche se ritenuto comune. Secondo gli appellanti, la modifica della finestra in porta era comunque contrattualmente prevista e quindi non poteva essere modificata da un provvedimento giudiziale.
Secondo la Corte d’Appello era assorbente la considerazione che risultava corretta la decisione del primo Giudice di estinzione del giudizio. Ed infatti, il Tribunale aveva disposto l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 c .p.c., poiché la pronuncia sull’usucapione di un bene comune doveva essere resa in confronto di tutti i condomini. Ebbene, gli appellanti, che avevano proposto in via riconvenzionale la domanda di usucapione, non avevano adempiuto all’integrazione del contraddittorio che avevano l’onere di eseguire, né avevano – come correttamente osservato dal Tribunale – in qualche maniera motivato il proprio impedimento a tale integrazione, chiedendo di essere rimessi in termini. Sicché, non essendosi costituiti volontariamente i litisconsorti pretermessi, era del tutto condivisibile la dichiarazione di estinzione del giudizio in ordine alla domanda di usucapione. Pertanto, non era fondato l’assunto secondo cui il Giudice di primo grado avrebbe avuto l’obbligo di esaminare, comunque, tale domanda, poiché l’estinzione del giudizio ne ostacolava ogni esame nel merito. Ad ogni modo, la CTU avev a riscontrato ‘le variazioni effettuate sul prospetto interno prospiciente il pozzo luce e precisamente l’apertura di un vano porta finestra nonché la chiusura di un vano
davanzale al piano rialzato’. Il CTU aveva, altresì, rilevato l’abusività di tali opere. Infine, non era condivisibile l’assunto secondo cui ‘il diritto di accesso al cavedio era esistente sin dal 1980 e, quindi, il Giudice non poteva ordinare oggi la modifica di quanto contrattualmente previsto’, in quanto non era stato prodotto alcun contratto che prevedesse un diritto di accesso a tale cavedio, o pozzo luce.
NOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
COGNOME NOME e NOME hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. art. 111, sesto comma, Cost. 132, secondo comma, n. 4, cpc., 118 disp. att. cpc, 167, 166, 36, 112, 113 cpc cc 2907 cc, 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. e in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. nullità della sentenza per anomalia/difetto motivazionale -motivazione apparente – errata qualificazione delle difese: mancata decisione dell’eccezione riconvenzionale perché qualificata quale domanda riconvenzionale.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione artt. 111, sesto comma, Cost. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 112, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. e 1102 c.c. in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa motivazione -il giudice non può negare l’uso del cavedio al proprietario del piano rialzato. Nullità della sentenza: il giudice non può pronunciare ultra petita circa la limitazione dell’uso agli altri condomini.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 948 e 2697 cc in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. e in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., nullità della sentenza per anomalia motivazionale -motivazione apparente – errata qualificazione della domanda -mancata esclusione della presunzione di condominialità e mancato accertamento sulla condominialità o meno del bene.
3.1 Il primo e il terzo motivo di ricorso sono fondati.
Quanto al primo motivo la Corte d’Appello non ha fornito alcuna riposta ai motivi di appello relativi alla necessità di esaminare quantomeno l’eccezione di usucapione non potendo ritenersi tale la motivazione circa la mancata integrazione del contraddittorio che aveva determinato l’estinzione del giudizio in riferimento alla domanda di usucapione.
Sul punto, pertanto, risulta fondata la censura circa l’omessa pronuncia in ordine al motivo di appello relativo alla estinzione del giudizio per mancata integrazione del contraddittorio in quanto con il suddetto motivo si chiedeva di valutare l’eccezione di usucapione senza necessità di integrare il contraddittorio. La Corte d’Appello non ha preso in considerazione in alcun modo la tesi della parte appellante secondo la quale in ogni caso doveva essere esaminata la sua eccezione di usucapione, anche al solo fine di ritenerla
infondata. Risulta pertanto fondato il primo motivo di ricorso sotto il profilo del vizio di omessa pronuncia più che di mancanza di motivazione nel senso residuale che consente ancora il vaglio di legittimità. Deve darsi continuità al seguente principio di diritto: In tema di ricorso per cassazione, il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre il vizio di omessa motivazione, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (Cass. Sez. 5, 23/10/2024, n. 27551, Rv. 672731 – 01).
Sulla base del principio ora richiamato risulta fondato anche il terzo motivo, in particolare quanto alla omologa censura di violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia.
Infatti, la stessa Corte d’Appello da atto a pag. 3 della sentenza del motivo di appello relativo alla violazione dell’art. 1102 c.c. ma poi omette di esaminarlo. Nella specie non può neanche ritenersi pronuncia implicita di rigetto la motivazione circa l’estinzione del giudizio per mancata integrazione del
contraddittorio non sussistendo un’ipotesi di litisconsorzio rispetto a tale domanda.
Infatti, quando tra alcuni comunisti insorga controversia sulle modalità di uso della cosa comune, ancorché riguardanti una modificazione che, non incidendo sull’estensione dei diritti degli altri partecipanti (art. 1102, comma secondo, cod. civ.) né eccedendo l’ordinaria amministrazione (art. 1108 cod. civ.), tende al suo migliore godimento, nel giudizio instaurato fra i comunisti in disaccordo, non v’è litisconsorzio necessario di tutti gli altri partecipanti alla comunione (Cass. Sez. 2, 07/03/2003, n. 3435, Rv. 560988 – 01).
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione