Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21313 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21313 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14398/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elett.te domiciliate in BERGAMOINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE per procura in calce al ricorso,
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME, elett.te domiciliata in BERGAMOINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n.1363/2019 depositata il 26.9.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Lette le conclusioni del AVV_NOTAIO (accoglimento del settimo motivo e rigetto degli altri);
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato l’8/ 9.3.2006 COGNOME NOME (proprietario della porzione di cortile mappale 1617 ex 533/c), COGNOME NOME e COGNOME NOME (proprietari della porzione di cortile mappale 1030 ex 533/a) e COGNOME NOME (proprietaria della porzione di cortile mappale 963) convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Bergamo NOME e COGNOME NOME (proprietarie della porzione di cortile mappale 2166 ex 533/a) lamentando che le convenute avrebbero di recente occupato parte dell’area cortilizia sita in Bonate INDIRIZZO), INDIRIZZO, con cordoli mobili e con una siepe incolta, impedendo loro l’esercizio della servitù di passaggio carrabile gravante sulla corte, che insieme alla servitù di passaggio pedonale era stata costituita
su di essa con l’atto di divisione del AVV_NOTAIO del 13.8.1970, rep. n.13896, dal quale erano derivate le particelle 1030 e 2166, e chiedendo la rimozione di quelle opere ed il risarcimento dei danni subiti.
Si costituivano nel giudizio di primo grado NOME e NOME, che chiedevano il rigetto della domanda degli attori con condanna degli stessi al risarcimento danni per lite temeraria, in quanto la loro abitazione, l’annesso giardino e la sua recinzione risalivano al 1976, e da allora nessuno era transitato sul mappale 2166 di loro proprietà, la COGNOME non aveva alcun diritto di passaggio carrabile sulla corte in quanto il suo dante causa raggiungeva la sua proprietà da un’altra via (INDIRIZZO I), e nessuno dei danti causa degli attori aveva mai esercitato il passaggio carrabile sulla corte sullo spazio compreso tra l’androne di ingresso alla corte ed il portico di proprietà NOME che costeggiava la recinzione, posto che i danti causa degli attori si erano limitati a parcheggiare l’auto nella porzione di loro proprietà esclusiva, e solo COGNOME NOME, dopo avere acquistato dai genitori, NOME e COGNOME NOME, il mappale 1617 ed effettuato una ristrutturazione, aveva preteso di delimitare con manufatti in plastica l’area di cortile antistante il suo immobile, oltre a posteggiarvi auto e moto, in tal modo impedendo alle proprietarie del mappale 2166 di transitare con veicoli per raggiungere il loro portico in fondo alla corte.
NOME e NOME rappresentavano che, dopo avere invano invitato COGNOME NOME a rimuovere gli ostacoli frapposti al loro passaggio carrabile sulla corte, avevano dovuto promuovere nei suoi confronti con esito positivo un giudizio possessorio, al quale aveva fatto seguito l’introduzione del presente giudizio petitorio da parte degli attori, e lamentavano altresì che di recente COGNOME NOME aveva realizzato un muretto a due gradini sporgenti con contatore del metano sull’area cortilizia, e COGNOME NOME una
fioriera in cemento, che rendevano assai difficoltoso e pericoloso il passaggio delle loro auto, e che gli attori, nonostante il provvedimento adottato nel giudizio possessorio, continuavano a lasciare parcheggiati veicoli e motoveicoli nel cortile, impedendo loro il passaggio carrabile.
NOME e NOME quindi, oltre ad invocare l’art. 96 c.p.c., chiedevano quindi in via riconvenzionale di eliminare il muretto col contatore e la fioriera e di vietare agli attori di frapporre ostacoli al loro passaggio veicolare sulla corte, di dichiarare l’estinzione per non uso ventennale della servitù di passaggio carrabile da parte dei COGNOMECOGNOME sulle porzioni non recintate della corte ed eccepivano l’estinzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile sulla loro particella recintata (mappale 2166).
Il Tribunale di Bergamo, con la sentenza n. 2069/2010 del 2/19.10.2010, rigettava tutte le domande proposte dalle parti, prendeva atto che in corso di causa era cessata la materia del contendere quanto alla domanda di eliminazione della fioriera della RAGIONE_SOCIALE, che aveva provveduto a rimuoverla, ed accoglieva solo la domanda riconvenzionale di NOME e NOME intesa ad ottenere l’inibizione agli attori del parcheggio di veicoli e motoveicoli sulle aree del cortile interessate dalla servitù di passaggio carrabile e pedonale esistente in loro favore fino al portico di loro proprietà esclusiva, compensando le spese processuali.
Avverso tale sentenza proponevano appello principale NOME e NOME, ed appello incidentale gli originari attori (con separato patrocinio in secondo grado della RAGIONE_SOCIALE), con riproposizione delle domande non accolte in primo grado (esclusa quella di rimozione della fioriera) e dell’eccezione di estinzione della servitù di passaggio sulla particella 2166.
La Corte d’Appello di Brescia, espletata una CTU per una migliore descrizione dello stato dei luoghi, con la sentenza n. 1363/2019 del 6/26.9.2017, rigettava l’appello principale e gli appelli incidentali e compensava le spese processuali di secondo grado.
In particolare la Corte d’Appello riteneva che il giudice di primo grado avesse correttamente valutato le prove testimoniali e lo stato dei luoghi, come confermato dalla CTU espletata in secondo grado, corredata da documentazione catastale, rilievi grafici e fotografie dei luoghi, condivideva il principio che il minor utilizzo di una servitù di passaggio non ne comportava l’estinzione, che poteva verificarsi solo in caso di totale non uso ultraventennale, il principio del minimo mezzo per cui il titolare del diritto di servitù aveva diritto di realizzare il beneficio derivantegli dal titolo, o dal possesso, senza appesantire l’onere del fondo servente oltre quanto fosse necessario ai fini di quel beneficio, ed il principio per cui la restrizione dell’estensione di una servitù di passaggio andava tollerata e non legittimava interventi di ripristino quando la residua porzione era comunque idonea a garantire il transito pedonale e carrabile esercitato prima della sua diminuzione (Cass. 24.4.2003 n. 6513), non essendo stato provato dalle parti, e non emergendo dalla CTU, che la porzione residua della corte rendesse completamente impraticabile la servitù di passaggio.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso alla Suprema Corte NOME COGNOME e NOME, affidandosi ad otto motivi, e resistono con controricorsi COGNOME NOME nonchè COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha concluso per l’accoglimento del settimo motivo di ricorso e per la reiezione degli altri motivi.
Le sole ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Evidenti ragioni di priorità logica consigliano di partire dall’esame del terzo motivo di ricorso con cui le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per difetto di motivazione.
Si dolgono le ricorrenti del rigetto dell’appello principale e di quelli incidentali con una mera motivazione per relationem confermativa della sentenza di primo grado, senza riferimenti allo stato dei luoghi, alle risultanze delle prove testimoniali ed alla documentazione allegata alla CTU, e senza distinguere tra l’eccepita estinzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile sulla loro area recintata della corte e di quella gravante sulle residue porzioni della corte stessa.
Il motivo è infondato.
Va premesso che la nuova formulazione dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza resa il 6/26.9.2017), ha ormai ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito (vedi tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 28390 del 2023; Cass. n.26704 del 2023; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n.33961 del 2022; Cass. n.27501 del 2022; Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n.9017 del 2018) che è oggi denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione (vedi Cass. sez. un. n. 8053 del 2014; Cass. n.7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. n. 20042 del 2020 e Cass. n. 23620 del 2020; Cass. n. 395 del 2021, Cass. n. 1522 del 2021 e Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n.33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ” contraddittorietà ” (vedi Cass. n.7090 del 2022; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023).
Tenendo presenti i ristretti limiti di sindacabilità residuati, la censura non coglie nel segno, in quanto, l’impugnata sentenza non è priva di motivazione, in quanto oltre a rinviare per relationem condividendole -alle motivazioni addotte dal giudice di primo grado, ha enunciato i principi più volte affermati dalla Suprema Corte in tema di servitù sopra riportati (vedi pagina 3 secondo capoverso), che supportavano quelle motivazioni, ed ha aggiunto che la CTU espletata in secondo grado non ha fornito prova di un impedimento assoluto frapposto all’esercizio della servitù di passaggio. I principi richiamati dalla Corte d’Appello valgono, del resto, a giustificare la reiezione dell’eccezione di estinzione della servitù, sollevata in primo grado dalle attuali ricorrenti, sia in relazione alla loro area recintata del cortile, sia in ordine alle residue porzioni del cortile.
Come si vede, il minimo costituzionale di motivazione è senz’altro assicurato.
Col quarto motivo le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 132 n. 4) c.p.c., assumendo che l’impugnata sentenza sia nulla per difetto di motivazione sulla loro domanda riconvenzionale di accertamento dell’estinzione della servitù di passaggio da parte dei COGNOME –COGNOME sia sulla particella 2166 delle ricorrenti recintata, sia sulle porzioni
non recintate della corte, essendosi limitata a richiamare il principio che il minor utilizzo di una servitù di passaggio non ne comporta l’estinzione, che può avvenire solo in caso di non uso per oltre un ventennio dell’intera servitù e non solo di parte di essa, ancorché dalle testimonianze acquisite risultasse che la loro particella 2166 era recintata fin dal 1976 e che la residua parte della corte sarebbe stata utilizzata dagli originari attori solo per il passaggio pedonale.
Anche tale motivo segue la sorte del precedente, sulla scorta dei richiamati principi di giurisprudenza, a cui si rinvia.
La Corte d’Appello, infatti, nel primo periodo di pagina 9, ha spiegato che, al di là del documentato e non contestato restringimento da parte di NOME NOME e NOME dell’originario sedime sul quale si esercitava il passaggio, nessuna delle parti aveva fornito, o chiesto di fornire prova che le ridotte dimensioni del percorso avessero reso impraticabile l’esercizio della servitù, ed ha poi indicato che la CTU espletata in secondo grado aveva confermato l’esistenza di alcuni ostacoli (fioriera, recinzione, alberature del giardino, scala in legno, muretto in cemento e gradino di accesso e fioriera mobile), che però non impedivano l’esercizio del passaggio pedonale e carrabile sulla corte, richiamando poi i principi più volte affermati dalla Suprema Corte in tema di servitù (vedi pagina 3 secondo capoverso di questa sentenza) a supporto delle valutazioni compiute delle risultanze istruttorie, per cui la motivazione, anche se non gradita alle ricorrenti, é presente.
Col quinto motivo le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione dell’art. 1073 cod. civ..
Nuovamente le ricorrenti censurano l’impugnata sentenza per non avere dato spiegazione alla mancata estinzione della servitù richiamata nel precedente motivo e da loro invocata, questa volta richiamandosi alla violazione dell’art. 1073 cod. civ., che regola l’estinzione per prescrizione delle servitù, rammentando che esse
nel proporre appello, avevano censurato la sentenza di primo grado perché aveva escluso la prescrizione della servitù di passaggio carrabile sulla porzione non recintata della corte in quanto le appellanti non avevano negato il persistente esercizio della servitù di passaggio pedonale degli originari attori, non considerando che per giurisprudenza della Suprema Corte il passaggio pedonale e quello carrabile costituivano servitù distinte ed autonome, con conseguente inutilizzabilità per le diverse servitù dell’art. 1075 cod. civ. (Cass. n. 3906/2000).
Ribadiscono di avere appellato e rilevano che la Corte non ha esaminato i punti ad essa sottoposti.
Questo motivo é inammissibile.
Come affermato dalle sezioni unite, il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (vedi Cass. sez. un. 24.7.2013 n. 17931).
Nella specie le ricorrenti, pur dolendosi sostanzialmente di un’omessa pronuncia sulla loro domanda riconvenzionale di
accertamento dell’estinzione della servitù di passaggio dei COGNOME – COGNOME non hanno fatto riferimento alla violazione dell’art. 112 c.p.c né hanno invocato la nullità della sentenza impugnata, ma hanno fatto riferimento alla motivazione, ritenuta mancante (v. ricorso pag. 11: ‘ Avevamo tuttavia appellato…La motivazione della sentenza non esamina nemmeno tali punti e va cassata ‘).
Col sesto motivo le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione dell’art. 1067 cod. civ., per non avere la Corte d’Appello condannato gli originari attori alla richiesta eliminazione degli impedimenti frapposti all’esercizio della servitù di passaggio pedonale e carrabile vantata dalle ricorrenti sulla corte, avendo confermato la decisione del Tribunale di Bergamo che aveva riconosciuto essere di ostacolo a tale servitù solo la sosta dei veicoli sulla corte, aggiungendo, in relazione agli altri impedimenti, che la restrizione di una servitù di passaggio andava tollerata e non poteva legittimare alcun intervento di ripristino perché la porzione residua della corte era comunque idonea a garantire il passaggio pedonale e carrabile in precedenza esercitato, non considerando che l’art. 1067 cod. civ. legittimava le modificazioni apportate al fondo servente solo quando comportassero disagi minimi e trascurabili, e non quando, come nel caso di specie, gli ostacoli frapposti dagli originari attori avessero reso difficoltose le manovre dei veicoli sulla corte, come emerso dalle foto prodotte e dalla testimonianza di COGNOME NOME.
Il motivo é inammissibile, perché non si assume un’erronea interpretazione del contenuto normativo dell’art. 1067 cod. civ., ma si auspica una diversa valutazione del materiale istruttorio da parte della Suprema Corte, giudice di legittimità, che non é consentita, allo scopo di ottenere la dichiarazione di estinzione della servitù di passaggio.
Col settimo motivo le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza impugnata,
per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda avanzata da NOME e NOME di accertamento dell’insussistenza, o estinzione della servitù di passaggio sul cortile di INDIRIZZO, a favore di COGNOME NOME, proprietaria della particella 963, che era stata dalle medesime riproposta con l’appello principale (pagina 3) dopo che già il Tribunale di Bergamo aveva omesso di pronunciarsi su tale domanda.
Il motivo é fondato e merita accoglimento perché il vizio di omessa pronuncia in tal caso risulta correttamente dedotto.
Ed invero, l’impugnata sentenza, pur avendo riportato tra le conclusioni delle appellanti la richiesta di dichiarare ‘ l’insussistenza originaria del diritto di passo carrabile relativamente all’area del cortile libera dalla recinzione in capo all’appellata COGNOME e, in subordine, la sua estinzione per non uso ultraventennale ‘, non ha riportato tali domande in sede di descrizione della posizione di COGNOME NOME e NOME nello svolgimento del processo, ed ha poi totalmente omesso di pronunciarsi sulle stesse, non essendo neppure desumibile una qualche pronuncia dalla conferma della sentenza di primo grado, che su quelle domande aveva omesso di pronunciarsi.
La sentenza va pertanto cassata in relazione a tale motivo.
Con l’ottavo motivo le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., per il mancato esame dell’estensione del diritto di passaggio carrabile degli originari attori COGNOME sull’area di cortile libera da recinzione, fatta eccezione per il tratto antistante il cancello per raggiungere i box di COGNOME NOME.
Deducono le ricorrenti che l’impugnata sentenza si sarebbe limitata a rigettare la loro domanda di accertamento dell’estinzione per non uso della servitù di passaggio pedonale e carrabile dei COGNOME –COGNOME sull’area del cortile libera dalla recinzione, senza
tener conto delle vicende traslative delle proprietà da loro descritte e dell’interrogatorio formale di COGNOME NOME.
Il motivo é infondato, in quanto la Corte d’Appello non ha omesso di provvedere sulla domanda di accertamento dell’estinzione per non uso della servitù di passaggio pedonale e carrabile dei COGNOME –RAGIONE_SOCIALE sull’area del cortile libera dalla recinzione, fatta eccezione per il tratto antistante il cancello per raggiungere i box di COGNOME NOME, avendola rigettata sia per avere condiviso la valutazione delle prove testimoniali e dello stato dei luoghi compiuta dal Tribunale di Bergamo, sia per il principio che il minor utilizzo di una servitù di passaggio non ne comporta l’estinzione a meno che il non uso ultraventennale si riferisca all’intera servitù e non solo a parte di essa, e sia per il principio che il proprietario del fondo servente può apportare allo stesso modifiche che determinino disagi minimi e trascurabili al proprietario del fondo dominante in relazione alle pregresse modalità di transito (Cass. 24.4.2003 n. 6513). Non può inoltre essere richiesta alla Suprema Corte, giudice di legittimità, la rivalutazione delle risultanze istruttorie (atti di vendita ed interrogatorio formale) allo scopo di addivenire ad una diversa ricostruzione in fatto della fattispecie, essendo essa riservata ai giudici di merito.
L’accoglimento del settimo motivo di ricorso comporta logicamente l’assorbimento dei primi due motivi, che vertono sulle spese del giudizio: nullità della sentenza impugnata per asserito difetto di motivazione della compensazione delle spese processuali di secondo grado (violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma primo n. 4 c.p.c.), e sulla mancata condanna degli originari attori al risarcimento danni per lite temeraria (violazione dell’art. 96 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.).
Il giudice di rinvio (Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione) provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il settimo motivo, dichiara assorbiti i primi due, dichiara inammissibile il quinto e rigetta i restanti; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
sì deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.5.2024