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Omessa pronuncia e giudicato: la Cassazione chiarisce

La Cassazione stabilisce che, in caso di omessa pronuncia, la parte può riproporre la domanda in un nuovo giudizio. In un caso di conto corrente, la chiusura del rapporto costituisce un fatto nuovo che impedisce la formazione del giudicato esterno, legittimando una nuova azione per la restituzione di somme indebite, anche se una precedente sentenza aveva già esaminato il rapporto quando era ancora aperto.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Omessa pronuncia: quando è possibile riproporre la domanda?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11269 del 26 aprile 2024, offre un’importante lezione sui concetti di omessa pronuncia e giudicato nel contesto del diritto bancario. Questa decisione chiarisce che una domanda su cui il giudice non si è espresso può essere riproposta in un nuovo giudizio, specialmente se intervengono fatti nuovi e decisivi, come la chiusura di un conto corrente. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

Una società correntista aveva intentato una causa contro il proprio istituto di credito per far dichiarare la nullità di alcune clausole del contratto di conto corrente e ottenere la restituzione di una cospicua somma, pari a oltre 250.000 euro, ritenuta indebitamente riscossa dalla banca.

Il Tribunale, in un primo giudizio, pur ricalcolando il saldo e accertando un debito del correntista inferiore a quello preteso dalla banca, non si pronunciava esplicitamente sulla domanda di condanna alla restituzione. La motivazione addotta era che, essendo il conto corrente ancora aperto, non fosse possibile esperire un’azione di pagamento dell’indebito.

Successivamente, una volta chiuso il rapporto di conto corrente, la società avviava una nuova causa per ottenere la restituzione della medesima somma. Tuttavia, sia il Tribunale in primo grado che la Corte di Appello dichiaravano la nuova domanda inammissibile, considerandola una mera riproposizione di quella già decisa, in violazione del principio del ne bis in idem. Secondo i giudici di merito, la società avrebbe dovuto impugnare la prima sentenza per l’omissione del giudice.

Omessa pronuncia e il diritto di agire di nuovo

La Corte di Cassazione ribalta completamente la visione dei giudici di merito, accogliendo il ricorso della società. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali della procedura civile.

Il primo principio riguarda la gestione dell’omessa pronuncia. La Cassazione ricorda il suo orientamento consolidato: quando un giudice omette di decidere su una domanda, la parte interessata ha una facoltà di scelta. Può far valere l’omissione tramite un mezzo di impugnazione (come l’appello) oppure può riproporre la stessa domanda in un separato e nuovo giudizio. La mancata impugnazione non sana il vizio né implica una rinuncia alla domanda.

La chiusura del conto come ‘fatto nuovo’

Il secondo e cruciale argomento riguarda la natura della domanda. Il diritto alla restituzione di una somma di denaro è un diritto cosiddetto ‘eterodeterminato’. Ciò significa che la sua identità non dipende solo da chi chiede e a chi si chiede (i soggetti) o da cosa si chiede (il petitum), ma è strettamente legata ai fatti storici che ne costituiscono il fondamento (causa petendi).

Nel caso in esame, la prima sentenza si era basata sul presupposto di un conto corrente ancora in essere. La seconda domanda, invece, si fondava su un fatto nuovo e giuridicamente rilevante: l’avvenuta chiusura del conto. Questo evento, secondo la Cassazione, modifica la causa petendi, rendendo la nuova domanda diversa dalla precedente. Di conseguenza, il giudicato formatosi sulla prima sentenza – che si limitava a statuire sulla situazione a conto aperto – non poteva estendersi alla nuova richiesta, basata su presupposti fattuali differenti.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha censurato la decisione della Corte di Appello per aver errato in entrambe le sue affermazioni. In primo luogo, ha erroneamente negato alla parte la facoltà di riproporre la domanda in un nuovo giudizio a seguito di una omessa pronuncia. In secondo luogo, non ha colto la differenza sostanziale tra le due domande, ignorando che la chiusura del conto rappresentava un fatto costitutivo nuovo. La prima sentenza aveva cristallizzato la situazione solo fino a una certa data e con il conto ancora aperto; la seconda azione mirava a ottenere una decisione basata sulla situazione definitiva del rapporto, una volta concluso. Pertanto, non vi era alcuna violazione del principio del ‘ne bis in idem’, in quanto le due domande non erano identiche nei loro presupposti di fatto.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Appello per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà ora valutare nel merito la domanda di restituzione, partendo dal saldo già accertato nella prima sentenza e analizzando l’andamento del conto fino alla sua chiusura definitiva. La decisione rappresenta un importante promemoria sull’autonomia delle azioni giudiziarie in caso di omessa pronuncia e sulla necessità di valutare attentamente i fatti costitutivi dei diritti eterodeterminati per definire correttamente i limiti del giudicato.

Cosa può fare una parte se il giudice non si pronuncia su una sua domanda?
Secondo la Cassazione, la parte ha due possibilità: può impugnare la sentenza per far valere l’omissione oppure può riproporre la stessa domanda in un nuovo e separato giudizio. La scelta è alternativa e discrezionale.

Una nuova causa per la restituzione di somme su un conto corrente è ammissibile se una precedente sentenza ha già trattato lo stesso rapporto?
Sì, è ammissibile se la nuova causa si fonda su un fatto nuovo e giuridicamente rilevante non presente nel primo giudizio. In questo caso, la chiusura del conto corrente è stata considerata un fatto nuovo che ha modificato la ‘causa petendi’ (la ragione della domanda), rendendo la nuova azione autonoma e non una semplice riproposizione.

Perché la chiusura del conto corrente è un fatto così importante?
La chiusura del conto è decisiva perché solo in quel momento si possono determinare in via definitiva i crediti e i debiti tra le parti. Una domanda di restituzione di somme (azione di ripetizione dell’indebito) presuppone, secondo l’orientamento citato, che il rapporto sia concluso. Pertanto, una domanda proposta a conto aperto ha presupposti diversi da una proposta a conto chiuso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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