Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6915 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6915 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20051/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, in proprio e quale erede di NOMECOGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME domiciliazione telematica come in atti
-ricorrente-
contro
COMUNE COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME domiciliazione telematica come in atti
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO REGGIO CALABRIA n. 273/2022 depositata il 7/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME deceduta nel corso del giudizio di secondo grado, ricorre, sulla base di quattro motivi, esponendo, per quanto qui di utilità, che:
-lo stesso ricorrente e la sua dante causa erano proprietari di un’azienda agricola sita a cavallo tra il Comune di Gerace e il Comune di Locri;
-la strada di accesso, di cui era titolare il Comune di Gerace, era divenuta intransitabile per mancata manutenzione, e a causa di eventi calamitosi e abusivi interventi di privati, come da accertamento tecnico giudiziale preventivamente esperito;
-ne era conseguito che invece dei 500 metri che sarebbero stati possibili, per l’accesso erano necessario percorrere 12 chilometri, con pregiudizio per l’attività aziendale;
-il Tribunale, davanti al quale avevano convenuto l’ente locale per il ristoro dei conseguenti danni, aveva rigettato la domanda, affermando che, per la limitata porzione di sua titolarità, il Comune di Gerace si era attivato appaltando lavori, fermo che il ripristino di una strada in luogo di un’altra rientrava nella discrezionalità dell’amministrazione, non sindacabile da parte del giudice ordinario;
-la Corte di appello aveva disatteso il gravame osservando, diversamente, che il tracciato in questione ricadeva nel territorio del Comune convenuto, e veniva in rilievo non la discrezionalità amministrativa bensì l’attività materiale di manutenzione omessa, in potenziale violazione del neminem laedere ; ciò nondimeno, la domanda doveva ritenersi infondata per mancata dimostrazione del nesso causale, atteso che la coltivazione ovvero l’attività agricola erano sempre possibili, laddove, a fronte delle differenti e comunque opinabili argomentazioni della depositata consulenza
tecnica di parte volta a quantificare i danni, non sembrava possibile evincere dalla descritta maggior percorrenza un pregiudizio alla redditività aziendale, anche solo in termini probabilistici; resiste con controricorso il Comune di Gerace; le parti hanno depositato memorie;
rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 24, 111, Cost., 115, 116, 177, 187, 188, 189, 244, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato dichiarando infondata la domanda dopo aver disatteso le richieste istruttorie, in specie quella di consulenza tecnica officiosa, obliterando, apoditticamente, il valore almeno indiziario della consulenza tecnica di parte depositata, in cui erano individuati i profili eziologici posti a base della domanda oltre che quantificati i correlati danni;
con il secondo e terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 360, n. 5, cod. proc. civ., e 2043, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di motivare in ordine al nesso causale, negato solo assertivamente;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91, cod. proc. civ., poiché, in conseguenza della fondatezza dei motivi sopra riportati, la decisione impugnata andava cassata anche con riguardo alla regolazione delle spese di lite;
considerato che
i primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati per quanto di ragione;
la Corte territoriale, come visto:
ha affermato la sussistenza della condotta materiale riferibile alla pubblica amministrazione convenuta, ritenendola illecita;
ha negato la sussistenza del nesso causale con i danni allegati affermando che: 1) la coltivazione e dunque l’attività agricola era sempre stata possibile, sebbene con l’accesso più lungo; 2) le affermazioni contenute nella consulenza tecnica di
parte, a prescindere dalla loro opinabilità, non erano decisive poiché ‘non sembra’ che il più esteso percorso potesse arrecare danni alla redditività anche in chiave probabilistica;
sul punto a) è sceso il giudicato interno, per omessa impugnazione della relativa statuizione, successivo e dunque in ogni caso prevalente rispetto a quello -al contempo relativo a diverse ragioni giurisdizionali in questa sede non opponibili ai fini del vincolo in questione -invocato ex adverso dall’ente locale, che sul punto ha richiamato e prodotto la pronuncia n. 5399 del 2015 del Consiglio di Stato con cui è stata negata, nella controversia sulla strada e tra le parti di cui alla presente lite, la sussistenza di un interesse legittimo pretensivo «alla manutenzione (ed alla custodia) dei beni pubblici», trattandosi di «un mero dovere imposto in capo alla pubblica amministrazione per il vantaggio della collettività nella sua interezza, non soggettivizzata»;
sul punto b) la motivazione è invece del tutto apparente, palesandosi riferita alla persistente possibilità di coltivazione, ed essendo per il resto volta a negare la possibilità d’incisione dei fatti allegati e positivamente accertati sulla redditività aziendale;
la prima delle ultime due affermazioni nulla dice riguardo alla prospettazione, emergente anche dalla prodotta e riportata perizia di parte, dei maggiori costi correlabili all’accesso di oltre 10 chilometri più lungo;
la seconda è puramente assertiva, senza che sia in alcun modo comprensibile se la conclusione, al contempo perplessa («non sembra»), sia correlata a un elemento istruttorio;
la Corte territoriale, poi, escludendo, così apoditticamente, ogni valore anche indiziario della consulenza tecnica di parte, ha negato ingresso, senza alcuna specifica motivazione, a una consulenza tecnica d’ufficio che approfondisse le proprie perplessità o congetture;
va ribadito che il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., quando il giudice di merito affermi l’inammissibilità del mezzo istruttorio per motivi che finiscano per prescindere da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso e al compendio delle altre prove richieste o acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze incidenti sulla decisione (Cass., 6/11/2023, n. 30810), sicché la mancata ammissione del mezzo in parola si traduce in un vizio della statuizione che tragga le proprie conclusioni dalla mancata osservanza dell’onere della prova benché la parte avesse offerto di adempierlo (cfr., tra le molte, Cass., 25/06/2021, n. 18285, e Cass., 5/03/2020, n. 6167, pag. 7);
in coerenza, la decisione di ricorrere o meno a una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare: pertanto, nelle controversie che, per il loro contenuto, richiedono si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento, specie a fronte di una domanda di parte, costituisce una carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza (Cass., 16/12/2022, n. 37027, Cass., 13/05/2024, n. 13038); spese al giudice del rinvio;
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione i primi tre motivi, assorbito il quarto, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla
Corte di appello di Reggio Calabria perché, in diversa composizione, si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 7/11/2024.