Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16061 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16061 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8324/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA e deceduto il 21/10/2010, e di NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA e deceduto il 10/3/2014, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA e deceduto il 6/11/2001, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, questi ultimi nella qualità di eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, questi ultimi nella qualità di eredi di NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA e deceduto il 4/9/2010, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, questi ultimi nella qualità di eredi di NOME COGNOME nata il DATA_NASCITA e deceduta il 6/7/1992, NOME COGNOME,
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, questi ultimi nella qualità di eredi di NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA e deceduto il 25/2/2017, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME e rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) per procure speciali in calce al ricorso -ricorrenti in via principale- contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE PUGLIA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) per procura speciale in calce al controricorso
controricorrente e ricorrente in via incidentale-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO BARI n. 251/2018 depositata il 08/02/2018; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato l’8 novembre 1993, i sigg. COGNOME e loro eredi convenivano in giudizio il RAGIONE_SOCIALE di Gravina dinanzi al Tribunale di Bari al fine di ottenere il pagamento delle indennità da illecita occupazione di suoli di loro proprietà e irreversibile trasformazione dei suoli utilizzati per il completamento della viabilità urbana. Il RAGIONE_SOCIALE di Gravina si costituiva chiedendo il rigetto della domanda e deducendo che le strade erano state realizzate in epoca risalente (prima del 1970), da sempre utilizzate dalla collettività e sistemate in seguito dall’Amministrazione con
opere di bitumazione e interramento di condotte. Con sentenza n. 644 del 25 -27 luglio 2002, il Tribunale di Bari rigettava la domanda e la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 749 del 23.05 -23.08/2006, rigettava l’appello proposto dagli originari attori, ritenendo la sussistenza della dicatio ad patriam sulle aree in contestazione. I COGNOME proponevano ricorso per cassazione avverso questa sentenza deducendo che la Corte di merito non aveva indicato le fonti probatorie del convincimento in ordine al fatto che le strade fossero state aperte al pubblico transito con servitù di uso pubblico e, al contrario, erano stati trascurati elementi probatori in ordine al fatto che si trattava di piste sterrate, utilizzate solo da frontisti e trasformate illegittimamente in strade dal RAGIONE_SOCIALE tra il 1985 e il 1988.
Con sentenza n. 2557 del 5 febbraio 2014, venivano accolti da questa Corte i primi due motivi di ricorso, sul rilievo che l’istituto della dicatio ad patriam richiede l’effettivo inizio dell’uso da parte della collettività uti cives (non solo da parte di coloro che si trovano in una posizione qualificata quali i proprietari frontisti dei beni) e la volontà del proprietario di porre in modo inequivoco e continuo il bene a servizio della collettività senza il carattere della precarietà. Per l’effetto era cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Bari per il riesame dei fatti al fine di un nuovo apprezzamento complessivo nei limiti indicati in sentenza.
3. Il giudizio veniva riassunto innanzi alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, che, con sentenza n. 251/2018, pubblicata l’8 febbraio 2018, riteneva insussistente la dicatio ad patriam perché non era possibile ‘ evincere la volontà dei COGNOME e danti causa di cedere gratuitamente le medesime aree al RAGIONE_SOCIALE, che poi materialmente ebbe ad apprenderle al proprio patrimonio per il pubblico utilizzo ‘, pur desumendosi chiaramente da tutti gli atti di compravendita ‘che i COGNOME intesero destinare le strisce di terreno in oggetto all’utilizzo come strade all’interno delle
lottizzazioni (quasi mai autorizzate e nella maggior parte dei casi del tutto illegittime)’. La Corte di merito riteneva, pertanto, sussistente nella specie l’occupazione usurpativa delle aree di proprietà COGNOME, in giudizio solo per la quota di 4/9 dell’intera proprietà, non avendo gli altri proprietari avanzato pretese successivamente ai primi giudizi. La Corte territoriale quantificava il danno sulla base del valore di suoli alla data dell’irreversibile trasformazione, collocata temporalmente al 1978, per i suoli ricadenti nella zona omogenea B1, e al 1983, per i suoli ricadenti nelle zone destinate a verde pubblico o rurali.
4. Avverso questa sentenza, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA e deceduto il 21/10/2010, e di NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA e deceduto il 10/3/2014, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA e deceduto il 6/11/2001, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, questi ultimi nella qualità di eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, questi ultimi nella qualità di eredi di NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA e deceduto il 4/9/2010, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, questi ultimi nella qualità di eredi di NOME COGNOME nata il DATA_NASCITA e deceduta il 6/7/1992, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, questi ultimi nella qualità di eredi di NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA e deceduto il 25/2/2017, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi e resistito con controricorso dal RAGIONE_SOCIALE di Gravina , che ha proposto, altresì, ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti in via principale denunciano: i) con il primo motivo di ricorso, la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del protocollo addizionale della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, dell’art. 2043 cod. civ. e dell’art. 10 della Costituzione e collegate normative, in relazione all’art. 360, comma n. 1, n. 4 cod. proc. civ. e violazione e falsa applicazione degli artt. 739 e 343 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma n. 1, n. 3 cod. proc. civ. ‘; affermano che, in caso di occupazione usurpativa, il momento in cui individuare il valore di mercato delle aree non è quello dell’irreversibile trasformazione, bensì quello della proposizione della domanda introduttiva, con la quale il proprietario rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato, optando per la tutela risarcitoria; i ricorrenti lamentano che la Corte di appello abbia errato individuando il valore delle aree in riferimento a due periodi (1978 e 1983), indicati dal CTU e del tutto irrilevanti ai fini della corretta quantificazione del danno, e non in riferimento alla data di proposizione della domanda giudiziale (8 novembre 1993); ii) con il secondo motivo di ricorso, l’ ‘ omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione e omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. ‘, sostenendo, in particolare, che la Corte di appello sia incorsa in contraddizione laddove da un lato ha riconosciuto che ‘ è infatti incontroverso che si verta in tema di occupazione usurpativa compiuta dal RAGIONE_SOCIALE di Gravina sui suoli di proprietà COGNOME‘ e dall’altro ha affermato che ‘ non appare condivisibile l’assunto di parte attrice perché in contrasto con l’insegnamento della S.C. che ha infatti statuito che l’occupazione acquisitiva si consuma nel
momento in cui si realizza l’irreversibile trasformazione’ ; inoltre, essi lamentano che la Corte di merito, aderendo alle indicazioni del C.T.U., non abbia operato la giusta critica quale peritum peritorum e abbia errato anche nella quantificazione del reale valore di mercato, e chiedono di determinare il risarcimento nella misura derivante dall’applicazione dei valori di mercato indicati nelle perizie del AVV_NOTAIOTAVV_NOTAIOUAVV_NOTAIO COGNOME, espletate nei giudizi di merito precedenti a quelli di rinvio; iii) con il terzo motivo di ricorso, la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 91 e 92 cod. proc. civ., come risultante dalle modifiche recate dal D.L. n. 132/2014 e dalla sentenza della Corte Costituzionale, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, comma n. 1, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. ‘; deducono che, nonostante la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2557/2014, avesse rinviato alla Corte di Appello, in fase rescissoria, la regolamentazione di tutte le spese giudiziarie, ivi comprese quelle di primo grado, la Corte territoriale, in maniera lapidaria e sostanzialmente immotivata, ha compensato le spese dei precedenti gradi di giudizio, in considerazione della particolare complessità e controvertibilità delle questioni, nonché ha compensato la metà delle spese del giudizio della fase rescissoria e posto a carico del RAGIONE_SOCIALE la rimanente parte; in particolare, la Corte di appello non avrebbe considerato che le spese possono essere compensate solo se vi è soccombenza reciproca, se la questione de qua è di assoluta novità e se è intervenuto un mutamento nell’orientamento giurisprudenziale e, inoltre, i ricorrenti affermano che non vi sarebbe stata alcuna sproporzionata e ingiustificata loro richiesta tale da legittimare la compensazione parziale delle spese della fase rescissoria, atteso che la pretesa azionata faceva riferimento al danno accertato nei giudizi di primo e secondo grado e che il quantum era stato ridimensionato solo in ragione delle nuove tecniche di misurazione e sulla scorta di una
diversa ed errata individuazione della data di riferimento per la stima del valore venale.
2. Il RAGIONE_SOCIALE, in via incidentale, denuncia: i) con il primo motivo, ‘ g rave travisamento della c.t.u. e delle prove documentali. Errore di valutazione logico giuridico. Violazione artt. 115, 116 c.p.c., 61 e 62 disp. att. cpc. Violazione artt. 2 e 14 C.d.s., artt. 825 e 2729 c.c. (360 c.1 n. 3 c.p.c.) ‘; deduce che la Corte di merito ha posto alla base dell’accoglimento della domanda risarcitoria la C.T.U. percipiente dell’ AVV_NOTAIO COGNOME, travisandone sia le conclusioni sia gli approdi istruttori, che, al contrario, deporrebbero per la sussistenza dei presupposti per la costituzione di una servitù ad uso pubblico sui beni di proprietà attorea per dicatio ad patriam, e ciò in violazione degli artt. 115, 116 cod. proc. civ., 61 e 62 disp. att. cod. proc. civ., 2 e 14 c.d.s. e 825 e 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ; ii) con il secondo motivo la ‘ nullità della sentenza per error in procedendo – Violazione art. 111 c. 6 Cost., art. 132 c. 1 n. 4 cpc, art 118 c. 1 disp. att. cpc (360 c. 1 n. 4)’ ; afferma che la Corte di appello, limitandosi a riportare acriticamente in sentenza ampi stralci della relazione peritale, non ha dato conto del ragionamento logico giuridico che l’aveva condotta ad accogliere le istanze risarcitorie dei COGNOME, pervenendo così ad una decisione basata su una motivazione difettosa ed insufficiente, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ.; iii) con il terzo motivo, la ‘ violazione artt. 2 e 14 C.d.s. , artt. 825 e 2729 c.c. (360 c. 1 n. 3)’ ;deduce che la Corte di merito, in violazione degli artt. 2 e 14 c.d.s. e degli artt. 825 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., non ha compreso che i provvedimenti adottati e le opere pubbliche eseguite sulle aree oggetto di causa avevano esclusivamente natura manutentiva o conservativa o migliorativa, compatibile con il pre-uso pubblico volontariamente determinato dagli stessi proprietari.
3. I motivi di ricorso incidentale vanno esaminati prioritariamente per ragioni di ordine logico, in qu anto vertono sulla configurabilità nella specie della dicatio ad patriam , posto che, sotto il profilo processuale, il ricorso principale non presenta affatto, anche per quanto di seguito si dirà, profili di inammissibilità tali da determinare l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo, ex art. 334, comma 2, cod. proc. civ..
Occorre premettere che con la citata pronuncia di questa Corte n. 2557/2014 al giudice del rinvio è stato demandato il riesame della vicenda al fine di verificare se la destinazione delle strade fosse riservata ai proprietari frontisti, cioè a soggetti considerati uti singuli , ovvero ai membri della collettività uti cives , richiamato il principio secondo cui la cosiddetta dicatio ad patriam , quale modo di costituzione di una servitù di uso pubblico, consiste nel comportamento del proprietario che, se pur non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, metta volontariamente, in modo univoco e con carattere di continuità (non di precarietà e tolleranza), un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al correlativo uso, al fine di soddisfare un’esigenza comune ai membri di tale collettività uti cives , indipendentemente dai motivi per i quali detto comportamento venga tenuto, dalla sua spontaneità o meno e dallo spirito che lo anima. Con la citata sentenza è stato affermato l’ulteriore principio secondo cui la dicatio ad patriam ha, come suo indefettibile presupposto, l’asservimento del bene all’uso pubblico nello stato in cui il bene si trovi, e non in quello realizzabile a seguito di manipolazioni quali quelle conseguenti alle irreversibili trasformazioni compiute dall’Amministrazione, di cui costituisce espressione l’asfaltatura o la costruzione di marciapiedi.
La Corte territoriale, quale giudice del rinvio, all’esito di espletamento di nuova C.T.U., espletata dall’ ing. COGNOME, ha escluso la configurabilità, nella specie, della dicatio ad patriam per
difetto di volontà in capo ai proprietari di cedere gratuitamente le aree al RAGIONE_SOCIALE, ha accertato che l’irreversibile trasformazione delle aree era avvenuta nel 1978, per i suoli ricadenti nella zona omogenea B1, e nel 1983, per i suoli ricadenti nelle zone destinate a verde pubblico o rurali, e ha determinato il risarcimento del danno nella misura indicata dall’ausiliare , sulla scorta di atti di compravendita stipulati dai privati appellanti (proprietari della quota pari a 4/9), ossia in € 9.338,40 per i terreni in zona B1 ed € 119.320,80 per i terreni in zona verde pubblico.
Ciò posto, i motivi del ricorso incidentale, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (da ultimo Cass. 10927/2024). Inoltre una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (tra le tante Cass. 1229/2019).
Il RAGIONE_SOCIALE, denunciando, in modo invero non lineare, il ‘travisamento’ della c.t.u. e delle prove documentali, nonché un errore di valutazione logico-giuridico (primo motivo) e il vizio di
motivazione omessa o insufficiente (secondo motivo), svolge in realtà delle critiche dirette a sostenere un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale. Il percorso argomentativo della sentenza impugnata, seppure sinteticamente espresso, è chiaro e sufficientemente comprensibile. In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto insussistente la dicatio ad patriam perché non era possibile ‘ evincere la volontà dei COGNOME e danti causa di cedere gratuitamente le medesime aree al RAGIONE_SOCIALE, che poi materialmente ebbe ad apprenderle al proprio patrimonio per il pubblico utilizzo ‘, pur risultando chiaramente da tutti gli atti di compravendita ‘che i COGNOME intesero destinare le strisce di terreno in oggetto all’utilizzo come strade all’interno delle lottizzazioni (quasi mai autorizzate e nella maggior parte dei casi del tutto illegittime)’. La Corte di merito, dunque, ha così espresso il proprio convincimento, basato sulle risultanze istruttorie, ritenendo non dimostrato in causa l’intento dei privati di cedere le aree ad uso pubblico, atteso, in particolare, che la valutazione degli atti di compravendita tra privati non consentiva di pervenire a detta dimostrazione.
Detta conclusione, idoneamente motivata (Cass. S.U. 8053/2014), è dunque frutto di un giudizio meritale, non censurabile in sede di legittimità, se non negli stretti limiti di cui all’art.360 n.5 cod. proc. civ., ossia per omesso esame di fatti decisivi discussi tra le parti, e l’Ente non svolge una critica compiuta, specifica e pertinente sotto tale ultimo profilo.
Parimenti inammissibile è la doglianza, articolata sub specie del vizio di violazione di legge, relativa alla dedotta errata considerazione dei provvedimenti adottati e delle opere pubbliche eseguite sulle aree oggetto di causa, che, ad avviso del RAGIONE_SOCIALE, avevano esclusivamente natura manutentiva o conservativa o migliorativa, in quanto tale compatibile con il pre-uso pubblico volontariamente determinato dagli stessi proprietari (terzo motivo). Anche detta censura, tramite l’apparente denuncia del vizio di
violazione di legge, è all’evidenza diretta impropriamente a sollecitare il riesame del merito e a prospettare un’alternativa ricostruzione fattuale.
Passando all’esame del ricorso principale, il primo motivo è fondato.
Secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio intende qui ribadire (Cass. 12961/2018), la cd. occupazione acquisitiva od accessione invertita, che si verifica quando alla dichiarazione di pubblica utilità non segue il decreto di esproprio, è illegittima al pari della cd. occupazione usurpativa, in cui invece manca del tutto detta dichiarazione, ravvisandosi in entrambi i casi un illecito a carattere permanente (inidoneo a comportare l’acquisizione autoritativa alla mano pubblica del bene occupato), che cessa tuttavia in caso di rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente; tale danno va quindi ristorato con riferimento al valore del bene al momento della domanda -che segna appunto la perdita della proprietà -e la somma risultante, trattandosi di debito di valore, sarà sottoposta a rivalutazione monetaria fino alla data della sentenza, con possibilità di riconoscere sulla medesima somma rivalutata, quale lucro cessante, gli interessi decorrenti dalla data del fatto illecito, non necessariamente commisurati al tasso legale, ma ispirati a criteri equitativi, e computati con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, per effetto dei prescelti indici di valutazione, ovvero in base ad un indice medio.
La Corte d’appello non si è attenuta ai suesposti principi, sulla scorta dei quali la valutazione del valore di mercato delle aree deve essere effettuata alla data della domanda, vertendosi in ipotesi di illecita occupazione.
Dall’accoglimento del primo motivo d el ricorso principale consegue l’assorbimento degli altri motivi.
6. In conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, va accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata è cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, che dovrà provvedere anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso incidentale; accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiarati assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima sezione