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Occupazione suolo pubblico: quando è temporanea?

Un commerciante ambulante ha contestato una richiesta di pagamento aggiuntivo (conguaglio) per l’occupazione suolo pubblico (COSAP). La Corte di Cassazione ha stabilito che l’occupazione, se limitata a specifici giorni o ore, è sempre da considerarsi temporanea, anche con una concessione a lungo termine. Di conseguenza, il canone più elevato era dovuto. La Corte ha inoltre confermato che il termine di prescrizione per tale credito è di dieci anni e ha respinto l’argomentazione del commerciante basata sulla buona fede, poiché le tariffe erano pubbliche. L’unico punto accolto del ricorso ha riguardato la riduzione delle spese legali.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Occupazione suolo pubblico: quando è temporanea e quando permanente?

La distinzione tra occupazione suolo pubblico temporanea e permanente è un tema cruciale per commercianti e amministrazioni comunali, con importanti riflessi economici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti decisivi, analizzando il caso di un commerciante ambulante e la richiesta di un conguaglio sul canone COSAP da parte del suo Comune. La pronuncia stabilisce un principio chiaro: la limitazione dell’uso a specifici giorni o ore qualifica sempre l’occupazione come temporanea, a prescindere dalla durata della concessione.

I Fatti di Causa

Un commerciante ambulante, titolare di una concessione per un posteggio fisso in alcuni mercati cittadini, si è visto recapitare un avviso di conguaglio dal Comune. L’amministrazione comunale, dopo aver inizialmente qualificato l’occupazione come ‘permanente’ e applicato un canone ridotto per l’anno 2000, ha successivamente rivisto la propria posizione. Sulla base di una diversa interpretazione del regolamento comunale, ha riclassificato l’occupazione come ‘temporanea’, pretendendo il pagamento della differenza.
Il commerciante ha impugnato l’avviso, ma la sua opposizione è stata respinta sia in primo grado sia in appello. I giudici di merito hanno sostenuto che la pretesa del Comune non era soggetta a decadenza, che la prescrizione era quella ordinaria decennale e che la natura dell’occupazione era effettivamente temporanea, data la limitazione a specifici giorni e orari. Insoddisfatto, il commerciante ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Analisi della Corte e la classificazione dell’occupazione suolo pubblico

La Corte di Cassazione ha esaminato i vari motivi di ricorso, rigettandone la maggior parte e confermando la linea dei giudici di merito. L’analisi della Corte si è concentrata su alcuni punti chiave.

La Distinzione tra Occupazione Temporanea e Permanente

Il cuore della controversia risiedeva nella corretta qualificazione dell’occupazione suolo pubblico. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per distinguere tra occupazione temporanea e permanente, non bisogna guardare alla durata dell’atto di concessione (che può essere anche pluriennale), ma alle modalità effettive di utilizzo dello spazio. Se la concessione limita l’occupazione ad alcuni giorni della settimana o a determinate ore del giorno, l’occupazione deve essere considerata sempre di natura temporanea. La continuità richiesta per la qualifica di ‘permanente’ si riferisce all’uso ininterrotto dello spazio, non alla durata del titolo autorizzativo.

Prescrizione e Natura del Canone COSAP

Un altro punto contestato dal ricorrente era il termine di prescrizione. Egli sosteneva che dovesse applicarsi la prescrizione breve di cinque anni, tipica dei canoni di locazione e delle prestazioni periodiche. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che il COSAP non è assimilabile a un canone di locazione. Esso, infatti, non è il corrispettivo per il godimento di un bene, ma assolve alla funzione di compensare l’ente per l’indisponibilità del suolo pubblico e per il detrimento che ne deriva alla collettività. Pertanto, si applica il termine di prescrizione ordinario decennale previsto dall’art. 2946 del codice civile.

La Questione della Buona Fede

Il commerciante lamentava anche una violazione del principio di buona fede da parte del Comune, che aveva corretto il proprio errore di calcolo a distanza di anni. Anche su questo punto, la Corte ha dato torto al ricorrente. I giudici hanno sottolineato che i criteri per la determinazione del canone sono stabiliti in regolamenti pubblici e, pertanto, sono noti o facilmente conoscibili dal cittadino. L’errore commesso dall’amministrazione era ‘facilmente verificabile’, il che esclude che il suo successivo ravvedimento possa configurare una condotta contraria a buona fede.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara interpretazione delle norme e dei principi che regolano la materia. La decisione di qualificare l’occupazione come temporanea si basa sul discrimen legale che non è la durata del titolo concessorio, ma l’effettiva modalità di utilizzo dello spazio. Un utilizzo intermittente, limitato a specifici slot temporali, definisce intrinsecamente la natura temporanea dell’occupazione. La natura del rapporto tra Comune e concessionario è stata inquadrata come privatistica, il che giustifica l’applicazione della prescrizione ordinaria decennale per il credito del Comune, non essendo previste specifiche norme di decadenza. Infine, la pretesa violazione della buona fede è stata esclusa sulla base della ‘gevole riconoscibilità dell’errore’, che sposta l’onere della verifica anche sul cittadino, trattandosi di norme pubbliche.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto solo uno dei sette motivi di ricorso, quello relativo all’eccessiva liquidazione delle spese legali nel giudizio d’appello, che ha ricalcolato e ridotto. Per tutto il resto, ha confermato la decisione impugnata, rigettando le pretese del commerciante. La sentenza stabilisce quindi un precedente importante per tutti i casi di occupazione suolo pubblico: un’occupazione discontinua, anche se autorizzata da una concessione di lunga durata, deve essere considerata temporanea ai fini del calcolo del canone. Questo principio fornisce certezza giuridica sia per le amministrazioni comunali, nella riscossione dei canoni, sia per gli operatori commerciali, nella previsione dei costi legati alla loro attività.

L’occupazione di un posteggio fisso in un mercato, usata solo in alcuni giorni, è considerata temporanea o permanente ai fini del canone COSAP?
È considerata temporanea. La Corte di Cassazione ha stabilito che se l’atto di concessione limita l’occupazione a specifici giorni della settimana o ore del giorno, l’occupazione ha sempre natura temporanea, a prescindere dalla durata pluriennale della concessione stessa.

Qual è il termine di prescrizione per il pagamento del conguaglio del canone per l’occupazione suolo pubblico?
Il termine di prescrizione è quello ordinario decennale (art. 2946 c.c.). La Corte ha specificato che il canone non è assimilabile a un canone di locazione o ad altre prestazioni periodiche (soggette a prescrizione quinquennale), ma rappresenta un indennizzo per l’indisponibilità del bene pubblico.

Un ente comunale può correggere un errore nel calcolo del canone dopo anni, senza violare la buona fede del cittadino?
Sì, può. La Corte ha ritenuto che non vi fosse violazione della buona fede, poiché i criteri per la determinazione del canone erano pubblici e l’errore commesso dall’ente era facilmente verificabile. La riconoscibilità dell’errore da parte del cittadino esclude la violazione del principio di buona fede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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