Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33626 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33626 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
RISARCIMENTO DANNI PER OCCUPAZIONE SINE TITULO DI BENE IMMOBILE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9884/2020 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio telematico all’indirizzo PEC de l proprio difensore
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME
, rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore
-controricorrenti – avverso la sentenza n. 1730/2019 della CORTE DI APPELLO DI CATANIA, depositata il giorno 16 luglio 2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME e NOME COGNOME domandarono giudizialmente la condanna di NOME COGNOME al risarcimento dei danni per la illegittima occupazione di un bene immobile di loro proprietà;
all’esito del giudizio di prime cure, l’adito Tribunale di Siracusa accolse la domanda e condannò la convenuta al pagamento di euro 22.813,75 per il mancato godimento dell ‘ immobile, di euro 8.708,34 per interessi e di euro 12.155,26 per spese vive di ristrutturazione;
in parziale accoglimento dell’appello interposto da NOME COGNOME, la sentenza in epigrafe indicata ha ridotto la condanna, espungendo gli importi ascritti a titolo di spese di ristrutturazione e confermando per il resto le statuizioni di prime cure;
ricorre per cassazione NOME COGNOME articolando due motivi; resistono, con unitario controricorso, NOME COGNOME e NOME COGNOME
con ordinanza interlocutoria n. 20136/2022, la trattazione del ricorso, fissata davanti alla Sesta Sezione-3, è stata differita in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sul tema del risarcimento da abusiva occupazione di immobile;
all’esito di detta pronuncia, la trattazione è stata poi rifissa ta per la odierna adunanza camerale, in vista della quale parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa; parte ricorrente ha ridepositato telematicamente la memoria depositata in occasione della prima trattazione.
Considerato che
il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto decisivo e discusso « con riferimento agli artt. 2043 e 2056 cod. civ. in relazione agli artt. 1223, 1226 e 2697 cod. civ. »;
r.g. n. 9884/2020 Cons. est. NOME COGNOME
parte ricorrente imputa al giudice territoriale di aver ritenuto il danno da mancato godimento di un immobile occupato abusivamente sussistente in re ipsa , cioè a dire discendente (come affermato nella gravata sentenza) « dalla perdita della disponibilità del bene, la cui natura è normalmente fruttifera e dalla impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile »: sostiene, per contro, che la parte istante era tenuta a provare l’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto utilizzare il bene;
il motivo è infondato;
a composizione di divergenze ermeneutiche manifestate sul punto, questa Corte, nella tipica composizione di organo della nomofilachia, ha chiarito (Cass. Sez. U, 15/11/2022, n. 33645) che in caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo:
(i) il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità, andata perduta, di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto, mediante concessione a terzi dietro corrispettivo: e se tale danno da perdita subita di cui si chiede il ristoro non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato;
(ii) il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, rappresentato dall ‘ impossibilità di concedere il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o di venderlo ad un prezzo più conveniente di quello di mercato;
a questi princìpi (già ribaditi in successivi arresti di legittimità: tra i tanti, Cass. 29/05/2023, n. 14947; Cass. 18/07/2024, n. 19849) risulta conforme la impugnata sentenza, la quale ha ritenuto la sussistenza del danno lamentato dall’attore in relazione alla perdita
della disponibilità della cosa normalmente fruttifera e, in via equitativa, parametrato l’utilità non conseguita al canone locativo dell’immobile;
con il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione di norme (art. 345 cod. proc. civ.; art. 2697 cod. civ.) nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, l’impugnante assume che nella specie era configurabile una occupazione senza titolo, in quanto la ricorrente « permaneva nel possesso e nel godimento dell’immobile in virtù di una sentenza di primo grado successivamente riformata » in appello;
la doglianza è inammissibile;
al fine di escludere che l’occupazione del bene ad opera della COGNOME fosse sorretta da valido titolo, la Corte d’appello ha ritenuto che la invocata sentenza di prime cure traslativa della proprietà avesse natura costitutiva, con efficacia condizionata al passaggio in giudicato della stessa, evento mai verificatosi in conseguenza della riforma in appello della sentenza stessa;
orbene, siffatta argomentazione – che fonda il dictum reso – non è oggetto di considerazione critica con il motivo in scrutinio: appare pertanto non assolto l’onere di specificità del motivo, prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., il quale impone al ricorrente, a pena di inammissibilità, di esprimere le ragioni del dissenso rispetto alla decisione gravata, da formulare in termini tali da soddisfare i caratteri di specificità, completezza e riferibilità a quanto pronunciato propri della natura di rimedio a critica vincolata del ricorso per cassazione e da costituire una censura precisa, puntuale e pertinente della ratio decidendi dell’impugnata sentenza (Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905);
il ricorso è, in definitiva, rigettato;
l’obiettiva controvertibilità, all’epoca di proposizione del ricorso de quo , della questione sottesa al primo motivo (sulla quale si riscontrava
r.g. n. 9884/2020 Cons. est. NOME COGNOME
contrasto in giurisprudenza, anche di legittimità) giustifica la integrale compensazione delle spese tra le parti del presente giudizio;
attes o l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p.q.m.
rigetta il ricorso;
dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione