Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4805 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4805  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22370/2020 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
COMUNE DI AVELLINO, RAGNO NOME, NOME, COGNOME NOME, PERICOLO NOME, PERICOLO OTTAVIANO, PERICOLO NOME
-intimati-
avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  NAPOLI  n.  6233/2019 depositata il 19/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  20/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
 NOME  COGNOME  convenne  davanti  al  Tribunale  di  Avellino  il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, il Comune di Avellino, NOME ed il geom. NOME chiedendo la restituzione della porzione  di  suolo  in  sua  proprietà,  riportato  in  catasto  al  foglio, p.lla 643, di circa 64 mq, perché occupata sine titulo dal Comune, dal fabbricato condominiale e da ‘sottoservizi’ condominiali nonché la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.
Tale porzione di suolo era sorta dal frazionamento di un terreno in declivio  di  proprietà  di  COGNOME  NOME,  madre  e  dante  causa dell’attore,  in  tre  parti  per  effetto  della  costruzione,  ad  opera  del Comune in via di fatto senza dichiarazione di pubblica utilità, di un muraglione di contenimento. Si erano venute a formare tre porzioni: quella a monte del muro, una occupata dal muro e una a valle del muro. La porzione oggetto di causa è quest’ultima.
La  RAGIONE_SOCIALE  nel  1993  aveva  incardinato  un  giudizio  avverso  il Comune  per  ottenere  il risarcimento dei danni causati dalla illegittima occupazione e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n.1512/2005,  confermata  in  Cassazione,  aveva  escluso  l’acquisto della proprietà da parte del Comune in assenza di provvedimento ablativo e aveva riconosciuto alla attrice il risarcimento del danno conseguente  al  deprezzamento  subito  dalla  porzione  de  qua  a causa della presenza del muro.
Il  Tribunale  di  Avellino,  con  sentenza  n.  2301/2015,  rigettava  le domande. NOME COGNOME proponeva appello. Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’Appello di Napoli ha riformato parzialmente la pronuncia  impugnata  condannando  il  Comune  di  Avellino  alla restituzione  della  porzione  di  fondo  contestata.  Si  tratta  di  una
sotto-porzione  detenuta  dal  Comune  e  destinata  a  strada  senza uscita. La Corte territoriale ha  confermato il rigetto delle domande restitutorie nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e la domanda di risarcimento danni.
Con specifico riguardo alla domanda di restituzione nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, la Corte di Appello, pur riconoscendo che l’edificio del RAGIONE_SOCIALE insisteva in parte sul terreno in contestazione e che alcuni suoi impianti insistevano sotto il terreno in contestazione, ha escluso potersi ravvisare in capo al condominio un comportamento illecito atteso che la costruzione dell’edificio e la ‘posa dei sottoservizi’ condominiali erano state autorizzate dal Comune e che lo stesso attore-appellante nella prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. aveva dichiarato che il RAGIONE_SOCIALE ‘non aveva inteso detenere o possedere il suolo’. La Corte di Appello ha poi giustificato la decisione di rigetto della domanda di restituzione con l’affermazione per cui la madre dell’attore appellante aveva già ottenuto il risarcimento per la perdita di valore del suolo cosicché tale domanda ‘non poteva che riferirsi alla porzione di suolo residuata a seguito dell’opera pubblica e nell’attuale stato’;
per la cassazione della sentenza in epigrafe il COGNOME ricorre con otto motivi;
il Comune, il RAGIONE_SOCIALE e le altre parti convenute originariamente in causa sono rimaste intimante;
la parte ricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
il  primo  motivo  di ricorso reca la seguente rubrica: ‘violazione e/o falsa applicazione degli art. 832 e s.s. e disp. connesse, anche con riferimento agli artt. 42 Cost e ss. ex art 360, primo comma, n. 3  c.p.c.’  per  avere  la  Corte  di  Appello  ritenuto  la  condotta  del RAGIONE_SOCIALE non illecita e per avere conseguentemente rigettato la domanda  di  restituzione  rivolta  nei  confronti  del  RAGIONE_SOCIALE  pur essendo  stato  accertato,  all’esito  dell’istruttoria  in  primo  grado  e
pur essendo stato confermato in appello, che il fabbricato condominiale era stato edificato, senza titolo, in parte, sul terreno in questione e che erano stati posti in opera ‘sottoservizi’ all’interno del terreno. Sostiene il ricorrente che i giudici di merito avrebbero dovuto condannare anche il RAGIONE_SOCIALE sia al rilascio del suolo con l’arretramento del fabbricato condominiale fino alla linea di confine, come risultante dalla ctu espletata, sia alla rimozione delle opere illegittimamente realizzate sullo stesso;
2. con il secondo motivo viene lamentata, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 e n. 5 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 832 e disp. connesse c.c. anche con riferimento agli artt. 934 e ss. c.c., dell’art 2697 c.c. e disp. connesse. Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello ha errato ad escludere l’illecita occupazione da parte dei condomini. Il ricorrente censura la decisione per avere la Corte di Appello attribuito valenza probatoria alla memoria ex art 183 co VI c.p. prodotta in primo grado in cui l’attore aveva dedotto che ‘il condominio non ha mai inteso esercitare alcuna forma di detenzione e/o possesso sul suolo del deducente avendo ritenuto lo stesso un vincolo pubblico o comunque una strada del comune’, sebbene si trattasse di una memoria prodotta in una fase anteriore all’espletamento della c.t.u. che aveva accertato il fatto illecito. Il ricorrente evidenzia che, tali deduzioni erano già state da lui smentite con successive memorie depositate nel medesimo grado di giudizio, con le quali aveva insistito esplicitamente per la condanna al rilascio del suolo da parte dei condomini. Deduce che, ai fini dell’illecita occupazione, non assumono rilevanza la volontarietà o la buona fede dell’occupante. Lamenta che la Corte di Appello ha escluso la illiceità della costruzione del fabbricato condominiale con annessi sottoservizi occupanti il suolo in quanto realizzati previa autorizzazione comunale laddove, invece, l’intervento de quo, pur essendo formalmente legittimo sul piano amministrativo, integra
un illecito rispetto al ricorrente. Questi lamenta inoltre che la Corte di Appello ha rigettato la domanda di restituzione malgrado non vi fosse prova di un diritto del RAGIONE_SOCIALE di occupare il terreno, che la Corte di Appello ha fatto riferimento alla destinazione di parte del terreno  ‘a  spazio  aperto  al  pubblico’  senza  considerare  che, rispetto alla sotto-porzione occupata dal RAGIONE_SOCIALE, tale riferimento era fuori luogo;
3.  il  terzo  motivo  di  ricorso  reca  la  seguente  rubrica:  ‘violazione degli  artt.  163  e  112  c.p.c.  e  disposizioni  connesse  ex  art  360 primo comma, n.3 c.p.c. Omesso esame di fatto ex art 360 primo comma  n.  5,  c.p.c.  Violazione  e/o  falsa  applicazione  dell’art  112 c.p.c. e disposizioni  connesse, nonché degli artt. 132 n.4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 e 24 Cost sotto vari profili ex art 360 primo comma, n.3, c.p.c.’.
Il ricorrente deduce che la Corte territoriale ha disatteso il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ritenendo di non dover pronunciare sulla domanda di rilascio e di ripristino della porzione di suolo da parte dei condomini, malgrado fosse stata debitamente proposta con atto di citazione in primo grado e riproposta in appello. Evidenzia inoltre il ricorrente l’erroneità e l’illogicità della decisione impugnata nella parte in cui ha posto a giustificazione del rigetto della domanda restitutoria il riferimento alla sentenza ottenuta dalla madre di esso ricorrente posto che tale sentenza aveva solo riconosciuto alla attrice il risarcimento per deprezzamento dell’area;
4.  con  il  quarto  motivo  di  ricorso  viene  lamentata,  in  relazione all’art. 360, primo comma,  n.3  c.p.c., la violazione e falsa applicazione  degli  artt.  832  c.c.,  42  bis  e  disp.  connesse  del  TU 8/6/2001  n.  327,  per  avere  la  Corte  territoriale  erroneamente condannato  il  Comune  di  Avellino  al  rilascio  del  suolo  oggetto  di causa  nell’attuale  consistenza  e  condizione,  senza  avere  altresì disposto  il  rispristino  dello  status  quo  ante  tramite  la  rimozione
delle opere realizzate illecitamente dal RAGIONE_SOCIALE, in spregio anche ai principi sovranazionali in tema di garanzia della proprietà; 5. il quinto motivo di ricorso reca la seguente rubrica: ‘Nullità della sentenza per spregio e violazione degli artt. 111 e 24 Cost e dell’art 112 c.p.c. e degli artt. 132, secondo comma, n.4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art 360 primo comma n.4 c.p.c. novellato, nonché comunque violazione dell’art 24 Cost ex art. 360 co 1 n. 3. Violazione e/o falsa applicazione dell’art 112 c.p.c. e disp. connesse, nonché degli artt.132 n.4 c.p.c. e 118 disp.att. c.p.c. e dell’art 111 e 24 Cost sotto vari profili ex art 360 co 1 n.3 c.p.c.’. Nella sostanza il ricorrente torna a lamentare il vizio di motivazione della decisione di rigetto della domanda di rilascio del suolo occupato dal condominio nella realizzazione del fabbricato condominiale, per essersi l’iter argomentativo del giudice di merito appiattito sull’ errato esame dei precedenti accadimenti processuali e sulle deduzioni attoree contenute negli scritti difensivi preliminari alla fase istruttoria;
6.  con  il  sesto  motivo  viene  lamentata,  in  relazione  all’art.  360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art 91 c.p.c. e disp. connesse per avere la Corte d’appello condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali di primo grado in favore degli  eredi  del  geom.  COGNOME,  convenuto  in  giudizio ma rimasto contumace;
7. con il settimo motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art 4, co.2 del DM 55/2014 e disp. connesse, nonché dell’art. 91 c.p.c. e disp. connesse, per avere la Corte d’appello erroneamente ripartito le spese processuali, condannando il ricorrente al duplice pagamento delle spese in favore sia dell’amministratore del RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, sia dei condomini eredi del geometra NOME COGNOME, malgrado vantassero tutti la stessa posizione
processuale e fossero stati tutti  assistiti  in  giudizio  dal  medesimo difensore;
 con  l’ottavo  motivo  il  ricorrente  prospetta  la  riforma  del  capo della sentenza relativo al riparto delle spese processuali del doppio grado di giudizio per effetto dell’accoglimento dei motivi di ricorso, in ossequio al principio di soccombenza;
 i  primi  cinque  motivi  di  ricorso  possono  essere  esaminati congiuntamente in quanto connessi.
I motivi sono fondati.
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la situazione in fatto è la seguente: il terreno di proprietà del ricorrente e di cui è stata chiesta la restituzione è occupato in parte dall’edificio condominiale l’edificio insiste peraltro anche su terreno non del ricorrente (v. sentenza impugnata pagina 5)-, in parte da ‘sottoservizi’ del condominio ed è destinato (per la parte non occupata dall’edificio) a spazio pubblico. La Corte di Appello ricorda che, già con sentenza resa nei confronti della madre del ricorrente e passata in giudicato, era stato accertato il carattere illecito della detenzione della occupazione del terreno da parte del Comune.
L’occupazione -detenzione illegittima di un terreno, costituisce illecito permanente, rispetto al quale sono esperibili le azioni reipersecutorie a tutela della non perduta proprietà (art. 832 c.c.) del bene, secondo le previsioni degli artt. 2043 e 2058 cod. civ., con diritto per il proprietario di ottenere dal giudice la restituzione dell’immobile. L’esistenza di manufatti realizzati sul terreno originariamente usurpato da Comune ad opera di terzi non solo non rileva come causa preclusiva della domanda nei confronti del Comune -cosa che la Corte di Appello ha correttamente ritenuto- ma neppure -al contrario di quanto la Corte di Appello ha affermato- come causa preclusiva della domanda nei confronti del terzo, nella specie il RAGIONE_SOCIALE.
È errata l’affermazione della Corte di Appello per cui il RAGIONE_SOCIALE non potrebbe essere ritenuto  responsabile  di  illecito  in  danno  del ricorrente, malgrado ne occupi la proprietà, perché l’occupazione è stata autorizzata dal Comune.
L’autorizzazione  a  costruire  data  dal  Comune  ha  rilevanza  nei rapporti amministrativi tra autorizzante e autorizzato ma non può incidere sul diritto di proprietà di cui è titolare il ricorrente.
Dal punto di vista motivazionale inoltre è illogica e quindi fondatamente contestata dal ricorrente in riferimento all’art. 132 c.p.c., l’affermazione della Corte di Appello per cui il RAGIONE_SOCIALE non potrebbe essere condannato alla restituzione avendo la madre del ricorrente ottenuto il risarcimento per il deprezzamento subito dal terrano a causa della costruzione del muro e quindi dalla sua separazione rispetto al resto della proprietà originariamente unica. Non vi è alcuna relazione tra la domanda, accolta, di risarcimento del danno per perdita di valore di un bene per effetto di un illecito compiuto dal Comune e la domanda di restituzione del medesimo bene, occupato senza titolo, da parte del RAGIONE_SOCIALE.
È errata l’affermazione della Corte di Appello per cui il RAGIONE_SOCIALE non potrebbe essere condannato alla restituzione per essere stati l’edificio condominiale e le relative opere di servizio realizzati su terreno già da tempo occupato dal Comune e ritenuto dal RAGIONE_SOCIALE come di proprietà del Comune. La Corte di Appello pare evocare il concetto di buona fede rilevante ai sensi e per gli effetti del quarto comma dell’art. 936 c.c., come desumibile anche dalla ulteriore affermazione della medesima Corte per cui il ricorrente stesso aveva riconosciuto che ‘il RAGIONE_SOCIALE non ha mai inteso esercitare alcuna forma di detenzione e/o possesso sul suolo del deducente avendo ritenuto lo stesso un vincolo pubblico o comunque una strada del Comune’.
Al  di  là  della  riferibilità  della  buona  fede  al  condominio  e  ai condomini invece che all’autore della costruzione o opera, ciò che è
assorbente nel senso della erroneità della decisione impugnata è che il quarto comma dell’art. 936 c.c. (per cui ‘quando una costruzione o opera è fatta da un terzo con suoi materiali il proprietario del fondo non ha diritto di obbligare colui che le aveva fatte a levarle quando sono state fatte dal terzo in buona fede’) è applicabile solo in caso in cui la costruzione o opera insistano interamente sul suolo occupato e non per una parte soltanto, come nel caso di specie. Questa Corte di legittimità ha statuito infatti più volte (v. tra altre, le sentenze n.13539 del 21/12/1992 e n. 1841 del 1986), che, ‘con riguardo all’occupazione di porzione di fondo altrui con la costruzione di un edificio e per il caso in cui non ricorrano le condizioni fissate dall’art. 938 cod. civ. per l’attribuzione al costruttore della proprietà dell’edificio e del suolo occupato (cosiddetta accessione invertita) il diritto del proprietario di detto fondo di chiedere la demolizione della parte della costruzione illegittimamente realizzata e la restituzione di detta porzione va riconosciuto in base alle regole generali sulla tutela del diritto dominicale, dovendosi escludere l’applicabilità dell’art. 936 e quindi delle limitazioni a tale demolizione previste dal quarto e dal quinto comma del medesimo articolo (che la negano in caso di scienza e mancata opposizione del proprietario, di buona fede del costruttore ovvero di decorso di sei mesi dalla notizia dell’incorporazione), trattandosi di disposizioni che si riferiscono all’ipotesi diversa di opere realizzate dal terzo interamente sul suolo altrui e che trovano giustificazione nella peculiarità della relativa situazione in considerazione del presumibile più consistente vantaggio che al “dominus soli” può derivare dall’accessione diretta delle costruzioni attuate dal terzo’;
11. i primi cinque motivi di ricorso devono essere accolti;
 il  sesto,  il  settimo  e  l’ottavo  motivo  restano  assorbiti  atteso che, per effetto dell’accoglimento dei motivi precedenti, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rimessa alla
Corte di Appello di Napoli la quale dovrà, in relazione all’esito della controversia, liquidare le spese dell’intero processo sia per i gradi di merito sia per il presente giudizio di legittimità;
PQM
la  Corte accoglie i primi cinque motivi di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.
Roma 20 febbraio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME