Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12014 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12014 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16543-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -DIREZIONE REGIONALE TOSCANA E UMBRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difes a dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO e domiciliata presso la sua sede in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘avv. NOME COGNOMEcontroricorrente e ricorrente incidentale -avverso la sentenza n. 6/2022 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata in data 05/01/2022
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 17.10.2017 Fini NOME evocava in giudizio l’Agenzia del Demanio innanzi il Tribunale di Lucca, proponendo opposizione avverso l’ordinanza – ingiunzione con la quale l’Agenzia del Demanio le aveva intimato il pagamento della somma di € 181.522,57 a titolo di occupazione illegittima di un immobile di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE, acquisito al patrimonio dello Stato a seguito di provvedimento di confisca e chiedendo comunque la condanna dell’Agenzia del Demanio al rimborso delle spese di manutenzione del bene. A sostegno della sua pretesa, l’attrice deduceva di aver venduto, insieme al marito COGNOME NOME NOME, il bene oggetto di causa a RAGIONE_SOCIALE, poi trasformatasi in RAGIONE_SOCIALE con atto del 16.4.2004, per il corrispettivo di € 1.394.434, di cui € 1.000.000 versati dall’acquirente alla firma del contratto ed il residuo da versare entro il 31.12.2003, data concordata tra le parti per la consegna del cespite, con previsione a carico dell’acquirente di una penale per il ritardo, convenzionalmente stabilita in € 1.000 per ciascun giorno. La Fini deduceva poi che la data di consegna dell’immobile era stata differita prima al 31.12.2005, e poi al 30.6.2006, a fronte del mancato saldo del prezzo pattuito, e che la società acquirente aveva consentito ai venditori di continuare ad abitare nel cespite oggetto di causa a titolo gratuito, sino al saldo del corrispettivo pattuito per la compravendita. Infine, l’attrice evidenziava che a fronte della prima richiesta di pagamento ricevuta dall’Agenzia del Demanio in data 9.2.2016 il bene era stato rilasciato il 5.4.2016 e dunque nei tempi strettamente necessari, e negava quindi qualsiasi debenza a titolo di indennità di occupazione, anche in considerazione
del fatto che l’immobile, dopo la confisca del 2.7.2015 ed il rilascio della Fini, avvenuto come detto il 5.4.2016, era stato lasciato in condizioni di abbandono.
Si costituiva l’Agenzia del Demanio, resistendo alla domanda ed eccependo che sia il provvedimento di sequestro che quello, successivo, di confisca del cespite oggetto di causa erano stati tempestivamente trascritti, onde la Fini non poteva averli ignorati. Inoltre, la convenuta evidenziava che, dopo aver ricevuto in consegna il bene dal curatore in data 4.7.2015, si era attivata tempestivamente per richiedere l’indennità di occupazione, con il primo atto del 9.2.2016.
Con sentenza n. 1745/2018 il Tribunale accoglieva la domanda, annullando l’ordinanza -ingiunzione e dichiarando non dovuta l’indennità di occupazione richiesta dall’Agenzia del Demanio; rigettava invece la domanda di rimborso delle spese di manutenzione del cespite.
Con la sentenza impugnata, n. 6/2022, la Corte di Appello di Firenze accoglieva in parte il gravame interposto dall’Agenzia del Demanio avverso la pronuncia di prime cure, dichiarando la Fini debitrice della minor somma di € 27.400 a fronte dell’occupazione del cespite per i mesi dal 5.8.2015, data in cui il consulente incaricato dall’Agenzia del Demanio aveva determinato la consistenza dell’immobile, al 5.4.2016, data del suo rilascio. La Corte distrettuale, infatti, riteneva che prima del 5.8.2015 il bene immobile non avrebbe potuto essere sfruttato dall’Agenzia del Demanio, mentre a partire da tale momento esso avrebbe potuto essere messo a frutto, ove non fosse stato occupato dalla Fini e dal marito.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione l’Agenzia del Demanio, affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso NOMECOGNOME proponendo ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, a sua volta resistito da controricorso dell’Agenzia del Demanio
In prossimità dell’adunanza camerale, il P.G., nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, invocando il rigetto di ambedue i ricorsi, principale e incidentale, e la parte controricorrente e ricorrente incidentale ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Per motivi di priorità logica, va esaminato innanzitutto l’unico motivo del ricorso incidentale, con il quale la Fini lamenta il vizio della motivazione e l’omessa valutazione delle prove testimoniali, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe trascurato di considerare le deposizioni rese dai testi escussi nel corso dell’istruttoria in prime cure, dalle quali sarebbe emerso che la Fini era rimasta a vivere nell’immobile oggetto di causa a fronte di un accordo intervenuto con il legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE L’occupazione, dunque, non era senza titolo, ma giustificata dagli accordi assunti tra venditore ed acquirente, a loro volta motivati dal mancato pagamento, da parte di quest’ultimo, del saldo prezzo, pari a circa € 400.000.
La censura è inammissibile.
La Corte di Appello ha ritenuto inopponibili all’Agenzia del Demanio le scritture intercorse tra la Fini e la RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, perché prive di data certa (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata). E’ dunque evidente che il loro contenuto non possa essere richiamato dalla Fini per giustificare, nei confronti dell’Agenzia del Demanio, il perdurare dell’occupazione dell’immobile di cui si discute. La doglianza in esame non si confronta adeguatamente con tale ratio , poiché le testimonianze delle quali la
Fini lamenta l’omessa considerazione erano tese proprio a dimostrare che la sua permanenza nel bene di cui è causa era stata autorizzata da RAGIONE_SOCIALE Quest’ultima, tuttavia, proprio a mente dell’inopponibilità all’Agenzia del Demanio degli accordi assunti con la Fini, non aveva alcun titolo, validamente opponibile alla predetta Agenzia, per autorizzare la permanenza della prima all’interno del cespite di cui si controverte.
Peraltro, ed in ogni caso, va ribadito che il motivo di ricorso non può risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.
631330; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16056 del 02/08/2016, Rv. 641328 e Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017, Rv. 644812).
La doglianza è dunque inammissibile, sia perché non si confronta con la ratio della decisione, sia perché presenta un contenuto essenzialmente meritale.
Passando all’esame dell’unico motivo del ricorso principale, con esso l’Agenzia del Demanio contesta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2643 e ss. c.c., ed in particolare dell’art. 2644 c.c., con riferimento all’art. 321 c.p.c. ed all’art. 104, lett. b), disp. att. c.p.p., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello, pur avendo affermato l’inopponibilità all’Agenzia del Demanio degli accordi intercorsi tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE e che la trascrizione nei registri immobiliari del provvedimento di sequestro preventivo emesso in sede penale, avvenuta il 26.7.2005, fa sorgere la presunzione legale di conoscibilità dello stesso, avrebbe tuttavia erroneamente escluso l’occupazione illegittima per il periodo antecedente la presa in consegna del cespite da parte dell’Agenzia del Demanio e la determinazione della sua consistenza ad opera del consulente da quest’ultima incaricato. Ad avviso della parte ricorrente, gli effetti della confisca si producono a far data dalla data di trascrizione del sequestro preventivo, e dunque dal 26.7.2005, essendo del tutto irrilevante il momento in cui il cespite viene, in concreto, acquisito materialmente alla disponibilità dell’Agenzia.
La censura è infondata.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio per cui il pregiudizio da occupazione sine titulo di un immobile non costituisce un danno in re ipsa , ma si configura in termini di normale inerenza
all’impossibilità di disporre del bene. In particolare, si è ritenuto che ‘In tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 33645 del 15/11/2022, Rv. 666193 – 04). Pertanto, fermo restando che ‘… se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 33645 del 15/11/2022, Rv. 666193 – 02), quel che è dirimente è la possibilità, per la parte che subisce l’occupazione altrui priva di titolo, di mettere a frutto il bene occupato, in assenza della quale il pregiudizio di cui si discute non si configura affatto. Ebbene, nel caso di specie è certo che, a prescindere dalla data in cui era stato a suo tempo trascritto il sequestro preventivo emesso in sede penale, l’Agenzia ha provveduto a far determinare la consistenza del bene da un suo incaricato solo in data 5.8.2015, e dunque solo da tale momento poteva legittimamente mettere a frutto l’immobile. Il fatto che gli effetti del provvedimento di confisca retroagiscano al momento della trascrizione del sequestro preventivo presupposto implica che gli atti eventualmente compiuti dal debitore successivamente alla trascrizione del sequestro non spiegano effetti in danno dell’Agenzia del Demanio, ma non comporta anche il diritto di quest’ultima di disporre liberamente
dell’immobile a far data dal predetto momento; e poiché, secondo l’interpretazione che le Sezioni Unite di questa Corte hanno fornito del pregiudizio da occupazione senza titolo di un bene immobile, quel che rileva è la possibilità, per l’avente diritto, di disporre di quel cespite, per metterlo a frutto, la decisione della Corte fiorentina, secondo cui quella possibilità consegue soltanto alla determinazione della consistenza del cespite, è corretta e condivisibile.
In definitiva, il ricorso principale va rigettato e quello incidentale va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, in ragione della reciproca soccombenza, sono integralmente compensate.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda