SENTENZA CORTE DI APPELLO DI GENOVA N. 1354 2024 – N. R.G. 00000381 2022 DEL 13 11 2024 PUBBLICATA IL 13 11 2024
R.G. 381/2022
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA
Sezione I Civile
Composta dai Magistrati:
Dott. NOME COGNOME
Presidente
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Giudice NOME rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello promossa da:
e rappresentate e difese, per mandato in atti, dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME presso
il cui studio in Genova, INDIRIZZO, sono elettivamente domiciliate,
APPELLANTI
contro
, rappresentata e difesa, per mandato in atti, dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Genova, INDIRIZZO
APPELLATA
CONCLUSIONI
Per le parti appellanti: ‘Piaccia alla Corte d’Appello adita, respinta ogni contraria istanza: in via pregiudiziale e cautelare, sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata per i motivi dedotti nel presente atto (in particolare ai punti 2.5 e 2.6) e ordinare all’appellata la restituzione della somma di € 15.151,32, ovvero di prestare idonea cauzione; in via principale, nel merito, accogliere l’appello per i motivi dedotti in narrativa e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 550/22 emessa dal Tribunale civile di Genova, Giudice Dott. NOME COGNOME in data 7.03.2022 (pubblicata e comunicata dalla cancelleria in pari data e
notificata a mezzo pec alla sola casella in data 24.03.2022 dalla casella , a definizione del procedimento recante RG n. 8716/2020, accogliere tutte le conclusioni avanzate in prime cure che qui si riportano: Voglia l’Ill.mo Giudice adito – previo accertamento delle responsabilità in capo alla Signora – condannare la convenuta al pagamento in favore delle attrici (solidalmente tra loro, o come meglio ritenuto) della somma complessiva di € 38.400,06 (o quella maggiore che risulterà in corso di causa), oltre interessi e rivalutazione, in ragione dell’occupazione senza titolo dell’immobile sito in Genova, INDIRIZZO int. INDIRIZZO, dei danni cagionati e dei beni non rinvenuti e a oltre a ogni danno diretto o indiretto che emergerà in corso di cui causa per i fatti sopraesposti. Con vittoria di compensi (maggiorati delle spese generali nella misura del 15%) ed esborsi del presente giudizio, oltre a accessori di legge’; e, per l’effetto, disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate dall’appellata per tutti i motivi meglio esposti negli atti del presente giudizio; In via istruttoria, si chiede: l’ammissione delle istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado per tutte le ragioni esposte nella parte motiva del presente appello e nello specifico al punto 2.7 ; se ritenuto, che venga disposta CTU tecnica volta a confermare le risultanze della perizia di parte (doc. n. 14) e CTU contabile volta a confermare gli importi richiesti a titolo di risarcimento. Con vittoria di spese’.
Per la parte appellata: ‘ Voglia l’Ecc.ma Corte d’appello Adita Ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reietta Acquisito il fascicolo del procedimento del primo grado di giudizio Nel merito, rigettare integralmente l’appello proposto dalla sig.ra e dalla sig.ra in quanto nullo e/o inammissibile e/o comunque in quanto infondato in fatto ed in diritto per tutte le ragioni esposte in comparsa di costituzione e risposta e per l’effetto confermare integralmente la sentenza n. 550/2022 emessa dal Tribunale di Genova in data 07.03.2022, vinte le spese del secondo grado di giudizio e della fase cautelare del procedimento di appello. In subordine, nella denegata e non creduta ipotesi in cui Codesta Ecc.ma Corte ritenga di dare corso all’attività istruttoria chiesta dalle appellanti, si insta per l’accoglimento delle istanze istruttorie dedotte dalla sig.ra nelle memorie depositate nel procedimento di primo grado (memoria ex art. 183 VI co n. 2 C.p.c. del 27.07.2021 e memoria ex art. 183 VI co. n. 3 del 17.09.2021) e per l’ammissione della prova contraria sui capitoli avversari eventualmente ammessi. Si indicano a testi in prova diretta sui capitoli di prova di cui alla memoria ex art. 183 VI co. n. 2 del 27.07.2021 e n. 3 del 17.09.2021 depositate nel procedimento di primo grado e in prova contraria sui capitoli eventualmente ammessi in favore di
parte delle appellanti, i signori: Dr. (alias , residente in Genova, INDIRIZZO, Sig. , residente in Genova, INDIRIZZO, Sig.ra , residente in Genova, INDIRIZZO, sig.ra , residente in Genova, INDIRIZZO, Sig. , residente in Sanremo, INDIRIZZO , sig. , residente in Genova, INDIRIZZO Dr.ssa COGNOME, presso , Genova, Legale rappresentante o chi per esso d’elevato RAGIONE_SOCIALE Genova, con sede di INDIRIZZO, Legale rappresentante , con sede in Genova, INDIRIZZO, Amministratore Condominio Genova, INDIRIZZO anni 2016 – 2017, Geometra incaricato dal Condominio di Genova, INDIRIZZO negli anni 2016-2017, previa acquisizione del nominativo da parte delle attrici e/o dall’Amministratore stesso, , nipote sig.ra ‘.
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
e evocavano in giudizio , allegando di essere proprietarie di un appartamento in Genova, INDIRIZZO che , nell’estate del 2016, si era dichiarata interessata a prendere in locazione, ipotizzando un canone di € 1.100,00 mensili.
Le attrici, in attesa di formalizzare il rapporto, avevano concesso la disponibilità dell’appartamento a per consentirle la tinteggiatura e l’asporto di una parte degli arredi, ma aveva loro prefigurato la necessità di opere di ristrutturazione, che le attrice l’avevano diffidata dall’intraprendere.
Allegavano altresì le attrici che la convenuta si era rifiutata di perfezionare il contratto di locazione e aveva tuttavia dato corso ai lavori di ristrutturazione, sicchè le avevano intimato il rilascio dell’immobile, ottenendo la riconsegna delle chiavi in data 4 luglio 2017.
Posto che era emersa l’esecuzione, da parte di , di interventi di modifica senza le necessarie autorizzazioni amministrative e posto altresì che la convenuta aveva loro corrisposto la sola somma di € 5.572,00 ed aveva pagato una sola rata di spese condominiali (a fronte di un debito per canoni e spese di amministrazione pari a complessivi € 14.574,00) e posto altresì che le opere edili non autorizzate avevano cagionato danni, le attrici chiedevano la condanna della convenuta al pagamento della complessiva somma di € 38.400,05, dedotti gli importi pagati in costanza di rapporto.
Di si costituiva allegando che nell’estate del 2016, le aveva rappresentato di essere in difficoltà economiche sicchè ella le aveva corrisposto l’importo di € 3.072,00 con due successivi bonifici, che nulla avevano a che fare con la supposta locazione dell’Immobile.
Le attrici avevano poi consegnato alla convenuta le chiavi dell’appartamento dandole incarico di reperire possibili conduttori e che, su incarico di Fuoco e sotto la sua supervisione, si era provveduto al parziale sgombero, alla sostituzione della cucina e all’abbattimento della tramezzina della cucina medesima.
Di allegava che l’aveva incaricata di proseguire i lavori di riordino.
Contestata la regolarità della procura alle liti rilasciata da negava la dedotta occupazione sine titulo e chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna delle attrici alla restituzione delle somme che riconoscevano di aver ricevuto, qualificando la corresponsione come mutuo.
Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 550 del 7 marzo 2022, così statuiva:
‘ Il giudice, pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione, così provvede:
-Accerta e dichiara il mancato ricorrere di una valida procura al difensore da parte di con conseguente inammissibilità delle domande svolte in nome della predetta;
-Rigetta le domande svolte da ;
-Condanna al pagamento in favore di dell’importo di euro 6.283,54;
-Rigetta l’istanza ex art. 89 cpc svolta da parte convenuta;
-Condanna a rifondere le spese di lite in favore di ; spese che – in applicazione dello scaglione di valore da € 26.000,01 a € 52.0000,00 del regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ( 10.3.2014) – si liquidano in € 7.254,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettario 15%, Iva e Cpa nella misura e con le modalità di legge.’.
In estrema sintesi, il primo Giudice rilevava che non aveva adempiuto all’ordine di rinnovare la procura alle liti al difensore, onde ella non poteva essere considerata parte del giudizio.
Escludeva poi il Tribunale che, sulla base delle stesse allegazioni delle parti, si potesse configurare un’occupazione senza titolo, con la conseguenza che i capi di prova dedotti sul punto erano irrilevanti.
Pacifico, inoltre, che la convenuta avesse realizzato opere nell’immobile e avesse riconosciuto di avere operato la rottamazione dei mobili della cucina, di avere abbattuto una tramezzina, di avere disposto la rimozione della carta da parati e di avere operato interventi nel locale bagno e di rifacimento dell’impianto elettrico (interventi, tutti, di cui le attrici assumevano il carattere non autorizzato), il Tribunale riteneva che la documentazione in atti consentisse di affermare il mancato ricorrere del carattere abusivo di tali opere.
La domanda riconvenzionale di doveva infine, ad avviso del primo Giudice, ritenersi fondata, posto che le attrici avevano riconosciuto la dazione della somma, la causale dei bonifici indicava trattarsi di prestito infruttifero e nessun elemento istruttorio consentiva di affermare che si trattasse di pagamenti connessi a un contratto di locazione o all’occupazione dell’immobile.
Avverso tale decisione interponevano appello e con atto di citazione ritualmente notificato in data 14 aprile 2022, chiedendo, per i motivi di cui infra, quanto in epigrafe trascritto.
Si costituiva nel giudizio d’appello , con comparsa depositata in data 15 giugno 2022, chiedendo la reiezione del gravame.
Con ordinanza 10.01.2024 la Corte, rigettate le istanze istruttorie, rinviava la controversia per precisazione delle conclusioni al 22 maggio 2024.
A tale udienza i procuratori delle parti depositavano note scritte contenenti precisazione delle conclusioni e il Collegio, con ordinanza 27 maggio 2024, tratteneva la causa a decisione, assegnando i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
e censurano l’impugnata decisione con due articolati motivi d’appello che possono essere sintetizzati come segue:
Primo motivo ‘Vizio di motivazione ed errata decisione sulla insussistenza di una valida ed efficacia procura rilasciata dalla Signora .
Evidenziano le appellanti che il Tribunale, con ordinanza 18 febbraio 2021, aveva rilevato la nullità della procura a cagione della mancata traduzione dell’autenticazione della firma e della correlata attività certificativa svolta da
pubblico ufficiale perché, in quanto redatta in lingua inglese, non rispondeva al requisito linguistico italiano necessario nel processo.
L’attrice aveva depositato telematicamente la traduzione asseverata dell’apostilla e la procura, integrata con la traduzione, risultava conforme ai requisiti richiesti dalla Convenzione dell’Aja 5 ottobre 1961 e 83 c.p.c..
Il Collegio ritiene il motivo fondato.
Il problema della validità della procura rilasciata all’estero e prodotta agli atti del giudizio priva di traduzione è stato di recente approfonditamente affrontato da Cass., Sez. II, Ordinanza n. 7757 del 22 marzo 2024, che ha disposto la rimessione degli atti alla Prima Presidente affinché valuti l’opportunità di demandare alle Sezioni Unite di stabilire se, in caso di assenza di traduzione della procura o dell’attività certificativa, il giudice possa farne a meno, qualora conosca la lingua straniera in cui è stata redatta la procura, ovvero se possa o debba assegnare un termine, ai sensi dell’art.182 c.p.c. per la traduzione dell’atto (e se tale potere – dovere possa esercitarsi anche nel giudizio di cassazione), ovvero, ancora, se possa o debba egli stesso disporre la traduzione tramite la nomina di un esperto.
Tuttavia, secondo i numerosi precedenti di legittimità menzionati in tale ordinanza, in nessun caso la procura versata in atti priva di traduzione può essere considerata di per sé nulla ma, al più, deve esserne ordinata la traduzione (o assegnando un termine alla parte per l’incombente come statuito, ad esempio, da Cass., Sez. VI, Sentenza n. 8174 del 4 aprile 2018 e da Sez. I, Sentenza n. 27598 del 29 settembre 2023, ovvero disponendo direttamente il Giudice la traduzione ad opera di un esperto, come statuito da Sez. VI, Sentenza n. 8174 del 4 aprile 2018).
Nel caso di specie, a seguito dell’ordinanza 18 febbraio 2021 con cui il Tribunale, ritenuta la nullità della procura alle liti conferita al difensore da
‘ a cagione della mancata traduzione dell’autenticazione della firma dell’attrice e della correlata attività certificativa svolta da pubblico ufficiale, che essendo redatta in lingua inglese non risponde al requisito linguistico italiano necessario nel processo anche in relazione agli atti prodromici all’instaurazione del giudizio’, assegnava all’attrice termine sino al 19 aprile 2021 per la rinnovazione della procura, la difesa depositò, in data 31 marzo 2021 la traduzione asseverata dell’apostilla, dell’attività certificativa svolta dal Notaio e del potere di autenticazione della stessa, così sanando ogni difetto della procura medesima.
L’impugnata decisione deve pertanto essere riformata nella parte in cui ha ritenuto l’inesistenza di una valida procura da parte di con conseguente inammissibilità delle domande svolte in suo nome.
Infondato si palesa invece il secondo motivo d’appello, che è rubricato ‘ Erronea ed omessa valutazione delle prove documentali e delle risultanze processuali’ e si articola in cinque sotto motivi, i primi quattro dei quali debbono, per ragioni di connessione, essere esaminati congiuntamente.
A. Occupazione senza titolo
Il Tribunale ha rigettato la domanda di risarcimento del danno da occupazione senza titolo sul presupposto che le attrici avessero ammesso di aver consegnato le chiavi alla convenuta per lo svolgimento di alcuni lavori in vista della conclusione di un contratto di locazione deducendo, da tale circostanza, che non avesse piena ed esclusiva disponibilità dell’immobile ed escludendo la pretesa abusività anche in ragione della ritenuta tardività dell’allegazione del fatto che la convenuta aveva abitato l’immobile ‘ avendo parte attrice sviluppato in atto introduttivo una diversa prospettazione’.
L’argomentazione è, ad avviso delle appellanti, illogica ed errata perché le attrici avevano allegato che, dopo la consegna delle chiavi a , avvenuta nell’estate 2016 perché potesse eseguire piccoli lavori di riordino, ella aveva occupato l’appartamento sino al 4 luglio 2017 senza voler concludere il contratto: il Tribunale ha isolato la sola circostanza della consegna delle chiavi, trascurando la rimanente allegazione.
Il Tribunale avrebbe altresì trascurato di valorizzare alcuni documenti (in particolare quelli prodotti dalle odierne appellanti sub 20, 31, 32, 33, 46) da cui risultavano la volontà della convenuta di prendere l’immobile in locazione per sé e di averlo abitato e la volontà di di riconsegna delle chiavi (doc. 8).
Le circostanze, proseguono le appellanti, erano avvalorate dal doc. 23 prodotto dalla convenuta, da cui risultava che ella avesse la piena disponibilità dell’appartamento, tanto che le chiedeva il consenso per recarvisi.
B. Carenza di autorizzazione per le opere di ristrutturazione.
I documenti che il Tribunale ha valorizzato per escludere l’assenza di autorizzazione ai lavori di ristrutturazione non erano, ad avviso delle appellanti, conclusivi perché le prime due e-mail erano di poco successive
all’occupazione dell’immobile e contenevano immagini poco chiare, mentre alla e-mail nella quale la convenuta affermava di continuare a ripulire e ristrutturare la casa (doc. 8) aveva risposto intimandole la restituzione delle chiavi.
Esclusione del riconoscimento del danno a seguito dei lavori.
Si dolgono le appellanti che il Tribunale, pur dando atto di interventi modificativi dei luoghi, abbia escluso il danno, nonostante si trattasse di lavori soggetti a , mentre la perizia prodotta sub. 14 indicava le lavorazioni necessarie per il ripristino e i danni ulteriori.
Carenza probatoria sui beni non rinvenuti.
Anche sotto questo profilo, evidenziano le appellanti, il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse prova, omettendo tuttavia di indicare gli elementi e le produzioni documentali dai quali ha tratto il proprio convincimento e ignorando la produzione 18 della convenuta, ovverosia una e-mail in cui erano rappresentati alcuni oggetti non più presenti nell’appartamento dopo il rilascio e la produzione 28 (foto della sala con l’immagine di alcuni quadri). Si dolgono altresì le appellanti della mancata ammissione dei capitoli di prova 20 e 21, che erano volti a confermare la presenza e il successivo mancato rinvenimento di tali oggetti.
Le doglianze sono in parte prive di correlazione con la motivazione dell’impugnata decisione e, comunque, infondate.
L’appellante pare non cogliere il reale nucleo motivazionale dell’impugnata decisione in punto esclusione dell’occupazione sine titulo , che si fonda sul fatto che la prospettazione di entrambe le parti, pur divergendo sulle ragioni per cui la sig.ra ebbe la disponibilità dell’immobile (per svolgervi lavori in vista di locarlo ella stessa secondo le attrici e per reperire soggetti terzi interessati alla locazione previa migliore sistemazione delle condizioni dell’appartamento secondo la convenuta), converge circa l’esistenza di una ‘ collaborazione tra le parti e di un comune intento … ‘ (così l’impugnata decisione al primo paragrafo di pag. 8), consentendo di escludere l’abusività dell’occupazione da parte di .
Ad avviso del Collegio, nessuno dei documenti versati in atti è pienamente conclusivo nell’uno o nell’altro senso, ma ciò che rileva è che le stesse attrici ammettono di avere consegnato le chiavi dell’immobile alla convenuta e di avere continuato ad averne anch’esse la disponibilità.
Quest’ultima circostanza è pacifica almeno sino al novembre 2016, posto che l’attrice abitò nell’appartamento di INDIRIZZO COGNOME in occasione del suo soggiorno a Genova (dall’8 ottobre al 19 novembre – docc. 23 e 24 fascicolo primo grado appellata), mentre non risponde certamente al vero che abbia cambiato la serratura senza il consenso delle proprietarie, come dalle stesse affermato nella e-mail 3 dicembre 2016 (doc. 8 fascicolo primo grado appellanti), posto che nella precedente email del 24 novembre 2016 (doc. 7 fascicolo primo grado appellanti) scrive: ‘ La mamma mi ha detto che ha dimenticato le chiavi nuove in casa potresti darne una copia a o mandarmele’ e che nella memoria ex art. 183 VI comma n. 3 delle originarie attrici si legge (pag. 5 in fine ) che non è contestato il capo di prova n. 69 dedotto da nella seconda memoria ex art. 183 VI comma n. 2 c.p.c., relativo all’avere ella provveduto alla consegna al sig. , come richiesto da
Anche nel presente grado di giudizio le parti dibattono circa la tardività dell’allegazione, da parte delle originarie attrici, relativa all’avere lamo abitato nell’appartamento, tardività ritenuta dal primo Giudice sulla scorta della diversa prospettazione sviluppata dalle attrici nell’atto introduttivo, ma a ben vedere, anche a prescindere dalla tardività o meno dell’allegazione, si tratta di circostanza che non modifica la valutazione relativa alla non abusività dell’occupazione.
Vanno esenti da censure, ad avviso del Collegio, anche le valutazioni dal primo Giudice operate in relazione al fatto che i lavori di ristrutturazione, pacificamente eseguiti a spese dell’originaria convenuta odierna appellata, siano stati dalla stessa effettuati, se non con l’espressa autorizzazione delle proprietarie, quanto meno non a loro insaputa.
Ciò è, in larga parte, riconosciuto dalle appellanti sin dall’atto di citazione in primo grado, in cui danno atto che si recò a Genova nell’ottobre 2016 per constatare lo stato dei luoghi e che (pag. 3): ‘ Nonostante i lavori eseguiti fino ad allora dalla convenuta (tinteggiatura della tappezzeria della camera da letto matrimoniale, rimozione della carta da parati nel bagno attiguo e rivestimento in mattonelle a mosaico), in assenza di autorizzazione e di consenso delle attrici, le stesse non si erano ancora dissuase a concedere l’immobile in locazione all’amica .’.
Il primo Giudice ha correttamente valorizzato le e-mail, nelle quali comunica alle proprietarie i lavori che sta eseguendo e invia loro fotografie che ritraggono lo stato dei luoghi (cfr., in particolare, e-mail rispettivamente del 22 settembre 2016 e del 2 dicembre 2016, doc. 18 e 27 fascicolo primo grado convenuta).
Alla e-mail del 2 dicembre 2016 di le odierne appellanti risposero il giorno successivo con una e-mail (doc. 8 fascicolo primo grado attrici) che segna un radicale cambiamento nei toni delle comunicazioni tra le parti, ma è la prima volta in cui e affermano di avere chiesto alla convenuta, sin dal precedente mese di ottobre, di non procedere alla ristrutturazione e menzionano l’occupazione senza titolo. Ciò che è in ogni caso dirimente è che, comunque, le appellanti non sottopongono a idonee censure la motivazione della decisione di primo grado nella parte in cui evidenzia che non vi è alcuna prova che i lavori in questione abbiano cagionato danni all’immobile, prova che le attrici e odierne appellanti pretendono di trarre da una perizia di parte (doc. 14) che si basa unicamente sulle unilaterali affermazioni delle attrici medesime.
La stessa carenza di prova si riscontra anche in ordine ai beni che sarebbero stati sottratti dalla convenuta: sotto questo profilo giova osservare che sin dall’atto di citazione le attrici hanno riconosciuto che in occasione del soggiorno a Genova nel tardo autunno 2016 ‘ … ebbe modo di riporre in alcune scatole dei beni personali (che fece in parte depositare nel box e in parte spedire)’ e che le chiavi dell’appartamento sono sempre state nella disponibilità, oltre che di , anche di altri soggetti, con la conseguenza che i capi di prova dedotti in seconda memoria allo scopo di dimostrare la presenza di alcuni beni prima che l’odierna appellata avesse la disponibilità dell’immobile e la loro assenza dopo il rilascio (capi 20 e 21), quand’anche confermati dai testi indicati, non sarebbero stati idonei a dimostrare che i beni in questione fossero stati appresi da .
Anche il quinto sotto motivo , che attiene all’accoglimento della domanda riconvenzionale di , è infondato. Le appellanti sostengono che, se era pacifica, come ritenuto dal primo Giudice, la dazione da parte della convenuta della complessiva somma
di € 6.283,54, il Tribunale avrebbe però errato nel ritenere rilevante la
causale del bonifico sebbene non supportata da adeguata prova (il cui onere, per costante giurisprudenza di legittimità, ricade sulla parte che chiede la restituzione), nonché nel ritenere che non vi fosse prova della riconducibilità della dazione a un contratto di locazione, posto che i pagamenti erano stati effettuati nel periodo iniziale dell’occupazione e che l’ultimo pagamento era stato effettuato in favore dell’Amministratore di Condominio.
Rileva il Collegio che il precedente di legittimità (Cass. sez. VI, ordinanza n. 3119 del 2 febbraio 2022) che, ad avviso delle appellanti, supporterebbe la tesi secondo cui la causale di un bonifico, in quanto dichiarazione unilaterale non ricettizia, è inidonea a provare l’esistenza di un contratto di mutuo, non è pertinente (la proposizione citata a pag. 17 dell’atto di citazione in appello è tratta dall’esposizione del secondo motivo di ricorso e non riporta pertanto una statuizione del Supremo Collegio).
In effetti, contrariamente a ciò sostengono le appellanti, la Giurisprudenza si è espressa nel senso di attribuire valore indiziario alla causale indicata nel bonifico, se e in quanto confermata da altri elementi pure indiziari: ‘La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo può essere offerta non necessariamente attraverso la produzione del documento contrattuale, ma anche mediante elementi presuntivi, tra i quali l’indicazione della causale dei bonifici e la mancata allegazione da parte del convenuto, nelle risposte stragiudiziali alle richieste di pagamento, di un titolo che lo legittimi a trattenere la somma ricevuta. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza d’appello che, pur a fronte della specifica indicazione della causale di mutuo nelle distinte dei bonifici eseguiti dall’attore e del comportamento tenuto dal convenuto al tempo delle richieste stragiudiziali di pagamento, aveva rigettato la domanda di restituzione.) (Cass. Sez. II, Ordinanza n. 8829 del 29/03/2023, Rv. 667508 – 02).
Nel caso specifico, i titoli dedotti dalle appellanti, quali giustificativi della corresponsione delle somme indicate in luogo del prestito, sono risultati insussistenti, per quanto detto in sede di esame delle precedenti censure. Proprio per questo, la causale dei due bonifici effettuati da favore delle attrici non è stato l’unico elemento sulla scorta del quale il Tribunale ha ritenuto provato il diritto alla restituzione delle somme, ma è stato valorizzato anche il fatto che in corso di causa fosse stata
esclusa la riferibilità delle relative dazioni a un contratto di locazione o all’occupazione dell’immobile.
A tale considerazione si può aggiungere che anche il pacifico rapporto di profonda amicizia esistente tra le parti prima che si aprisse l’odierno contenzioso corrobora la tesi che le dazioni di denaro da parte della convenuta, delle quali le attrici danno atto (a pag. 5 atto di citazione primo grado), avvenute in un periodo in cui, come emerge dai docc. 2, 5 e 16 versati in atti da , la situazione economica delle attrici era seriamente compromessa, sia avvenuto a titolo di prestito.
Quanto alle spese di lite , la Corte osserva che l’appello risulta parzialmente fondato solo in relazione alla validità della procura alle liti rilascia- ta da e che ciò non comporta una modificazione sostanziale dell’esito complessivo della lite avutosi in primo grado, per l’affermazione che ‘ La decisione dell’impugnazione sulla questione principale può comportare la modificazione, in virtù del cosiddetto “effetto espansivo interno” anche della questione dipendente (nella specie, riguardante le spese di lite del primo grado), pur se autonoma e non investita da specifica censura; tale “modificabilità” dei capi di sentenza autonomi ma dipendenti da altro capo, costituendo un’eccezione al principio della formazione del giudicato in mancanza di impugnazione, va applicata con estremo rigore, dovendosi perciò escludere che l’impugnazione della statuizione sulla questione principale rimetta in ogni caso in discussione la decisione sulla questione dipendente, attribuendo perciò sempre al giudice dell’impugnazione il potere di deciderla nuovamente e autonomamente, posto che ciò potrà e dovrà accadere solo ove sia imposto dal tenore della decisione relativa all’impugnazione principale, ossia quando tale ultima decisione si ponga in contrasto con quella sulla questione dipendente. In tal caso, la direzione e i limiti dell’intervento consentito al giudice dell’impugnazione sulla statuizione dipendente non colpita da impugnazione non potranno che dedursi dalle necessità di coerenza imposte dalla decisione sulla questione principale e dai motivi posti a sostegno della medesima ‘ (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 23985 del 26/09/2019, Rv. 655106 – 01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 28136 del 05/10/2023, Rv. 669125 – 01).
Pertanto, valutato l’esito complessivo della vicenda processuale, resta ferma la liquidazione delle spese di primo grado operata dal primo Giudice mentre le spese di lite del presente grado, secondo il principio di cui all’art. 91 c.p.c., seguono la soccombenza e devono essere poste a carico delle parti appellanti.
Dette spese vengono liquidate come segue, in base ai parametri di cui al DM 147/2022, nei valori medi (minimi per la limitata fase istruttoria), tenuto conto del valore (scaglione da € 26.000,01 ad € 52.000,00) e della natura della controversia:
fase di studio € 2.058,00
fase introduttiva € 1.418,00
fase istruttoria € 1.523,00
fase decisionale € 3.470,00
Totale complessivi € 8.469,00, oltre rimborso forf. 15%, CPA e IVA
P.Q.M.
LA CORTE D’APPELLO
definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa istanza:
1)
In parziale accoglimento dell’appello interposto da
e avverso la sentenza del Tribunale di Genova n. 550 del 7 marzo 2022, dichiara la validità della procura rilasciata da agli avv. COGNOME
Rigetta le rimanenti domande formulate dalle appellanti e conferma, nel resto, l’impugnata decisione;
Dichiara tenute e condanna e soli, in via tra loro solidale, a rifondere a le spese del presente grado di giudizio, che liquida in € 8.469,00 per corrispettivi, oltre rimborso forf. 15%, CPA e IVA.
Così deciso in Genova, alli 7 ottobre 2024
Il Giudice Ausiliario rel.
Dott. NOME COGNOME
Il Presidente Dott. NOME COGNOME