Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30406 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30406 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10361/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE per procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE di ISCHIA, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE per procura speciale allegata al controricorso
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI R.G. n. 4207/2018 depositata il 19/09/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE conveniva il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Napoli -Sezione Distaccata di RAGIONE_SOCIALE -chiedendo accertarsi e dichiararsi che l’area di mq 406,00 ubicata in RAGIONE_SOCIALE, al INDIRIZZO, prospiciente l’esercizio di ristorante all’insegna ‘RAGIONE_SOCIALE‘, non era occupata abusivamente, nonché chiedendo dichiararsi non dovuto l’importo di €uro 49.451,00 richiesto dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con nota del 26.11.2010, prot. n. 385, a titolo di indennità per occupazione abusiva di suolo demaniale, anche a fronte del canone di circa €uro 19.000,00 che l’attrice, a partire dal 2001, aveva corrisposto annualmente all’Ente. L’attrice deduceva che nella specie non ricorreva alcuna occupazione abusiva delle aree in questione poiché la società era titolare delle autorizzazioni amministrative (mai revocate) e, comunque, aveva presentato istanze di sanatoria, ‘allo stato non definite’ e, inoltre, perché, per le stesse aree, la società aveva provveduto regolarmente a versare, ogni anno, il canone di occupazione dovuto, i cui importi erano stati introitati dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, senza alcuna contestazione. Il Tribunale, all’esito di espletamento di C.T.U., accoglieva la domanda proposta da parte attrice e dichiarava che l’area di mq 406,00 ubicata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, prospiciente l’esercizio di ristorante all’insegna ‘Da RAGIONE_SOCIALE‘, non era occupata abusivamente; in conseguenza di tale accertamento dichiarava non dovuto l’importo di € 49.451,00 richiesto dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a titolo di indennità per occupazione abusiva di suolo demaniale, anche in virtù del fatto che erano state corrisposte le somme richieste dall’ente impositore a partire dal 2001.
Con sentenza n. 4207/2018 in data 3 luglio 2018, pubblicata il 19 settembre 2018, la Corte d’appello di Napoli accoglieva parzialmente l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso la citata sentenza e, in parziale riforma della stessa, dichiarava che:
(i) l’area di mq. 224,50 mq. prospiciente l’esercizio di ristorante con insegna ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e di cui al verbale di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO del 15 ottobre 2010 della Legione Carabinieri di RAGIONE_SOCIALE, non era occupata abusivamente dalla società RAGIONE_SOCIALE; (ii) la restante area di mq. 181,50 era abusivamente occupata dalla predetta società: (iii) in relazione a tale minore superficie andava adeguata la pretesa creditoria del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avanzata con la nota protocollo n. NUMERO_DOCUMENTO del 26 novembre 2010; (iv) le spese del doppio grado di giudizio andavano interamente compensate tra le parti. La Corte di merito rilevava, sulla base delle risultanze istruttorie, il carattere abusivo della occupazione da parte della società ricorrente dell’area di mq. 181,50 e affermava che la pretesa creditoria avanzata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE doveva essere adeguata a tale minore superficie. In particolare la Corte territoriale osservava che la cd. terrazza 3 (di mq.137,17) non era oggetto di istanza di condono ed era certamente abusiva e priva di titolo autorizzativo. In ordine alla cd. terrazza 2 di mq. 44,33, in relazione alla quale la società aveva presentato in data 10-12-2004 istanza di condono edilizio, non ancora definita, la Corte di merito escludeva l’applicabilità alla fattispecie del regime sospensivo previsto dal combinato disposto degli artt. 38 e 44 della legge n. 47/85, poiché la richiamata sospensione era limitata alle sanzioni per abusi edilizi, mentre nel caso concreto si controverteva di occupazione di fatto di demanio comunale e della debenza del corrispondente canone, ossia di un procedimento autonomo e indipendente rispetto a quello avente ad oggetto sanzioni per abusi edilizi.
3. Avverso questa sentenza la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, resistito con controricorso dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
I l ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio. Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La società ricorrente, con il primo motivo, denuncia, ‘ in ordine all’avvenuto riconoscimento, in parziale accoglimento dell’appello principale, della natura abusiva dell’occupazione della ‘terrazza 2’ (mq 44,33) oggetto di domanda di condono edilizio ‘, la violazione degli artt. 32, 38 e 44 Legge 47/1985 e dell’art. 32 Legge 326/2003, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.. Deduce che la pendenza dell’istanza di sanatoria circa l’occupazione della ‘terrazza 2’ ha determinato un effetto sospensivo in base alle norme suindicate, come da giurisprudenza amministrativa richiamata, e che anche il canone per occupazione abusiva doveva ritenersi un provvedimento sanzionatorio perché il canone richiesto era di gran lunga superiore a quello normalmente preteso per l’occupazione di un’area demaniale. Rimarca che l’art.32, comma 5, l.n.47/1985, a cui rinvia l’art.32 l.n.326/2003, stabilisce che ‘ per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà di enti pubblici territoriali, in assenza di titolo abilitante al godimento del suolo, il rilascio della sanatoria edilizia è subordinata alla disponibilità dell’ente proprietario a concedere onerosamente l’uso del suolo su cui insiste la costruzione’ e, ad avviso della ricorrente, il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva manifestato il proprio consenso implicito a riconoscere alla ricorrente la disponibilità dell’area, per non essersi l’Ente espresso sull’istanza di disponibilità, oltre che su quella di condono edilizio.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ‘ in ordine all’avvenuto riconoscimento in favore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del potere di adeguare la pretesa creditoria avanzata con la nota prot. 385/2010 ‘, la violazione dell’art 115 c.p.c., ai sensi dell’art.360 comma 1 n. 4 c.p.c., per avere la Corte di merito disposto la mera riduzione della somma dovuta. Lamenta l’omesso tempestivo
deposito del regolamento comunale per l’occupazione abusiva di spazio comunale e assume di avere rilevato tale omissione con la comparsa di risposta. Inoltre si duole dell’omessa valorizzazione degli importi già versati per l’occupazione di area pubblica regolarmente detenuta, che assume siano state incamerate dal RAGIONE_SOCIALE a totale soddisfazione delle sue pretese creditorie. La ricorrente, quindi, afferma che ‘ la Corte di merito ha sorprendentemente posto a fondamento della propria decisione, sul punto, il regolamento comunale per l’occupazione dello spazio pubblico mai richiamato né depositato agli atti del primo giudizio, così consentendo al RAGIONE_SOCIALE di rideterminare gli importi da riscuotere senza nemmeno tener conto di quanto da quest’ultima regolarmente corrisposto ‘.
3. Il primo motivo è inammissibile.
La ricorrente si limita a riproporre le deduzioni espresse nel giudizio di appello, senza confrontarsi compiutamente con la motivazione della sentenza impugnata. In particolare va osservato che la pretesa del RAGIONE_SOCIALE riguarda la debenza del canone di occupazione di suolo demaniale e i giudici di merito hanno accertato, in fatto, che l’occupazione è sine titulo , con riferimento all’area di mq. 181,50. Come correttamente affermato dalla Corte di merito, che ha rimarcato lo specifico oggetto della suddetta pretesa e quindi del contendere, non si verte affatto in ambito di poteri sanzionatori del RAGIONE_SOCIALE e relativi provvedimenti e le norme invocate in ricorso sono del tutto inconferenti, così come lo sono le deduzioni, tra l’altro espresse in modo non lineare e chiaro, circa l’asserito consenso implicito del RAGIONE_SOCIALE a consentire la disponibilità dell’area e circa la rilevanza della sanatoria edilizia chiesta nel 2004, mai perfezionata secondo quanto espone la stessa ricorrente e, peraltro, non solo concernente bene demaniale, come stigmatizzato dalla Corte territoriale, ma anche riguardante solo la limitata porzione di mq. 44,33 (pag. 7 della sentenza impugnata).
Anche il secondo motivo è inammissibile.
La ricorrente lamenta la mancata detrazione dal dovuto di importi che assume regolarmente corrisposti, senza nulla precisare sul punto, ossia senza indicare quando, come e a quale titolo siano stati effettuati i suddetti versamenti, di cui neppure è specificata l’esatta entità. Parimenti del tutto generica, in quanto priva di ogni riferimento a dati o documenti di riscontro, è l’affermazione della ricorrente secondo cui i suddetti versamenti avevano determinato la ‘totale soddisfazione’ delle pretese creditorie del RAGIONE_SOCIALE.
La censura difetta di autosufficienza circa la lamentata mancata produzione del regolamento comunale, poiché nella sentenza impugnata non vi è menzione di detta questione e nel ricorso non è indicato quando e come sia stata svolta nei giudizi di merito la relativa contestazione, ma si afferma solo, genericamente, che tale omissione era stata eccepita nella ‘comparsa di risposta’.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. S.U. 23535/2019).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 5.200,00, di cui €200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima sezione