Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6819 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6819 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5427-2020 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME rappresentata e dife sa dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente –
nonchè contro
CONDOMINIO COGNOME COGNOME nn. 21/23 in BARI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2440/2019 della CORTE DI APPELLO di BARI, depositata il 21/11/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 18.6.2003 NOME, proprietaria di un appartamento sito nel Condominio di Stradella S. Pasquale nn. 21-INDIRIZZO in Bari, già adibito ad abitazione del portiere, con annessa guardiola, evocava in giudizio l’ente di gestione innanzi il Tribunale di Bari, invocandone la condanna al pagamento di un adeguato canone locativo, ovvero di una indennità di occupazione, a fronte dell’utilizzazione del vano adibito a guardiola, o in difetto chiedendo il rilascio di detta porzione.
Resisteva il Condominio, chiamando in causa la società costruttrice, dante causa dell’attrice. Il terzo chiamato si costituiva a sua volta, evidenziando di essersi espressamente riservato, in tutti gli atti di vendita dei singoli cespiti ricompresi nell’edificio in condominio, la proprietà dei beni alienati alla RAGIONE_SOCIALE, con espressa previsione della possibilità di adibire l’appartamento ad altro scopo, e con la sola riserva che il vano destinato a guardiola sarebbe rimasto vincolato all’uso di portineria.
Con sentenza n. 4639/2015 il Tribunale rigettava la domanda della Vitanostra, condannandola alla refusione delle spese.
Con la sentenza impugnata, n. 2440/2019, la Corte di Appello di Bari rigettava il gravame interposto dall’odierna ricorrente avverso la decisione di prime cure, confermandola. La Corte distrettuale riteneva, in particolare, che non fosse dovuto alcun canone locativo, in difetto della prova di un contratto di locazione in essere tra l’originaria attrice ed il Condominio, e che neanche fosse dovuta una indennità di occupazione, poiché nella fattispecie difettava il presupposto dell’occupazione abusiva. Il giudice di secondo grado evidenziava poi che la COGNOME, quando aveva acquistato il cespite già adibito ad alloggio del portiere con annessa guardiola, abitava da anni nello stabile, e dunque era pienamente consapevole che il vano in contestazione fosse, di fatto, adibito a guardiola; inoltre, l’esistenza del vincolo di destinazione di detto vano, che secondo la Corte distrettuale integra una obligatio propter rem , era palese all’odierna ricorrente, la quale, acquistando l’alloggio ex-portiere, era pienamente consapevole della sua esistenza.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione NOME affidandosi a due motivi.
Resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ed il Condominio di Bari, Stradella S. Pasquale nn. 2123.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Prima di esaminare i motivi di ricorso, occorre scrutinare l’eccezione di inammissibilità del controricorso del Condominio, contenuta nella memoria depositata dalla parte ricorrente, ed articolata in due profili. In particolare, si contesta che la procura allegata al controricorso non avrebbe i caratteri della specificità previsti dalla norma e che essa
sarebbe mancante dell’autenticazione della firma da parte dell’avvocato. Ambedue i profili sono infondati.
Quanto al primo, infatti, va ribadito che ‘In tema di procura alle liti, a seguito della riforma dell’art. 83 c.p.c. disposta dalla l. n. 141 del 1997, il requisito della specialità, richiesto dall’art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso; tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 36057 del 09/12/2022, Rv. 666374). Poiché nella specie la procura è apposta in calce al controricorso, e dunque è materialmente unita all’atto al quale accede, la stessa soddisfa il requisito di specialità richiesto dalla norma.
Quanto al secondo profilo, invece, l’autenticazione della firma dell’amministratore del condominio in calce alla procura, apposta alla pagina 9, è posta nella pagina immediatamente successiva (numerata come 10), subito prima della relazione di notificazione. Anche sotto questo profilo, trattandosi di atto unito al controricorso, l’autenticazione, ancorché contenuta nella pagina successiva a quella
in cui risulta la sottoscrizione della parte, si riferisce evidentemente a quest’ultima.
Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 43, 111 Cost., 112, 113, 115, 116, 132 c.p.c., 1362, 1363, 1364, 1366, 1367, 1368, 1369, 1370, 1372, 1375, 1379, 1383 e 1569 c.c., nonché l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe interpretato il contratto intercorso tra costruttore e odierna ricorrente nel senso che nulla spetterebbe alla seconda per l’uso, da parte del Condominio, della parte del cespite compravenduto corrispondente al vano adibito a guardiola. Ad avviso della Vitanostra, sussisterebbe un insanabile contrasto logico tra l’affermazione della sua proprietà esclusiva del cespite oggetto di causa e la negazione dell’obbligo del Condominio di corrispondere una somma per l’uso dello stesso. Inoltre, la Corte di Appello avrebbe errato nell’affermare che la domanda di riconoscimento di un indennizzo per l’occupazione del vano sarebbe stata proposta soltanto in appello, poiché essa era stata formulata, in alternativa al pagamento di un canone locativo, sin dal primo atto introduttivo del giudizio di merito.
La censura è fondata.
La Corte di Appello ha evidenziato che con l’atto di acquisto la RAGIONE_SOCIALE aveva conseguito pacificamente la proprietà esclusiva di un ‘appartamentino al piano terra, già adibito ad alloggio del portiere, sito nel cortile condominiale … composto da due vani, bagno e disimpegno, e annesso vano adibito a guardiola del portiere’ (cfr . pag. 5 della sentenza impugnata) ed ha poi ravvisato l’esistenza di una obligatio propter rem , rappresentata dal mantenimento della destinazione della guardiola, sulla base del fatto che detto vano fosse, di fatto, adibito a
tale scopo, che l’acquirente ne fosse consapevole, perché abitava da anni nello stabile, e che essa ben sapesse che il Condominio non aveva mai corrisposto alcuna somma al suo dante causa per l’uso del vano di cui si discute.
Gli elementi valorizzati dal giudice di merito, tuttavia, non sono sufficienti, secondo l’insegnamento di questa Corte, per poter configurare l’esistenza di una obligatio propter rem.
Secondo l’insegnamento tradizionale, infatti, proprio in relazione alla portineria ed all’alloggio del portiere si è affermato che ‘In tema di condominio, le parti dell’edificio (locali per la portineria e per l’alloggio del portiere ecc.) indicate al n. 2) dell’art. 1117 c.c. -che, al pari di quelle indicate ai nn. 1) e 3) dello stesso art., sono oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo- sono anche suscettibili, a differenza delle parti dell’edificio di cui ai citati nn. 1) e 3), di utilizzazione individuale, in quanto la loro destinazione al servizio collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità. Pertanto, in relazione ad esse, occorre accertare se l’atto, che nel caso concreto le sottrae alla presunzione di proprietà comune, contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vincolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi, nel secondo caso, l’esistenza di un vincolo obbligatorio propter rem, fondato su una limitazione del diritto del proprietario e suscettibile di trasmissione, in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti, anche in mancanza di trascrizione’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6474 del 25/03/2005, Rv. 580244; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4435 del 27/03/2001, Rv. 545218 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5167 del 25/08/1986, Rv. 447779). In base ai precedenti appena richiamati, dunque, non sarebbe sufficiente il rilievo che il vano adibito a guardiola fosse stato sempre utilizzato a tale scopo, né che la Vitanostra,
abitando nello stabile, fosse consapevole di tale sua utilizzazione, nonché del fatto che nulla era stato versato, per il suo uso, dal Condominio al suo dante causa, poiché per poter configurare una obbligazione propter rem sarebbe stato comunque necessario verificare se l’atto con il quale l’odierna ricorrente aveva acquistato la proprietà esclusiva del predetto vano contenesse, o meno, l’espressa menzione della volontà delle parti di risolvere, o mantenere, il vincolo di destinazione; solo in presenza di una specifica indicazione nel secondo senso, infatti, il giudice di merito avrebbe potuto configurare l’ obligatio propter rem , consistente nell’obbligo della Vitanostra di mantenere la destinazione gratuita del vano adibito a guardiola.
Il principio appena esposto, peraltro, è stato ulteriormente precisato da questa Corte, sempre con riferimento all’alloggio del portiere, in tempi più recenti, mediante l’affermazione che ‘Il negozio con cui, successivamente alla costituzione del condominio, si imprime ad un immobile, ab origine di proprietà di uno dei condomini, il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere, non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem, difettando il requisito della tipicità, giacché non esiste una disposizione di legge che contempli l’obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile’ (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26987 del 24/10/2018, Rv. 654985).
Da tale successivo orientamento, più rigoroso, al quale il Collegio ritiene di dare continuità, discende l’impossibilità di configurare, a carico di un cespite di proprietà individuale di un condòmino, l’esistenza di una obligatio propter rem che si risolva in un vincolo di destinazione perpetua di quel bene, in tutto o in parte, a vantaggio del Condominio.
L’obbligazione propter rem , infatti, come suggerisce la stessa denominazione, è figura giuridica che indica situazioni di carattere
obbligatorio -caratterizzate quindi dall’ agere necesse – la cui peculiarità è data dal fatto che la qualità di debitore discende da quella di proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento.
La causa di tali obbligazioni è riconducibile ad esigenze di carattere generale, collegate alla titolarità o contitolarità del diritto reale, e si specifica in funzione dell’esercizio o della conservazione di un diritto altrui -come previsto, nella disciplina delle servitù, dagli artt. 1030, 1069, secondo comma, 1091 c.c.- o, in alternativa, al principio generale ubi commoda eius et incommoda , secondo il quale chi gode di determinati vantaggi non può non subire gli eventuali riflessi negativi di tale godimento (così è nei casi previsti dagli artt. 882, 894, 896, 1104 c.c.). La necessaria connessione con la situazione di realità proprietà o altro diritto reale di godimento- determina l’accessorietà dell’obbligazione propter rem e la sua ambulatorietà.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, le obbligazioni propter rem sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che possono sorgere per contratto solo nei casi e con il contenuto espressamente previsti dalla legge (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25673 del 15/10/2018, Rv. 650831; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4572 del 26/02/2014, Rv. 630148; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25289 del 04/12/2007, Rv. 601411; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8 del 02/01/1997, Rv. 501544; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8797 del 20/08/1993, Rv. 483508). Più specificamente, si afferma che le obbligazioni propter rem hanno titolo nella legge, al pari dei diritti reali, e sono caratterizzate, oltre che dall’accessorietà e dall’ambulatorietà (dal lato soggettivo passivo), dal requisito della tipicità, vale a dire che esse non possono essere liberamente costituite dall’autonomia privata, ma sono ammissibili solo nei casi voluti dalla legge, e cioè quando una norma giuridica consente
che, in relazione ad un determinato diritto reale ed in considerazione di esigenze permanenti di cooperazione o di tutela di interessi generali, il soggetto si obblighi ad una prestazione accessoria, che può consistere anche in un facere (così, in motivazione, Cass. n. 8 del 1997, già citata). L’orientamento restrittivo, affermatosi a partire dagli anni ’50 (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 141 del 18/01/1951, Rv. 882184), trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di preservare il più possibile la natura di diritto pieno ed esclusivo della proprietà, quale riflesso del diritto di libertà individuale; da ciò discende la sottrazione all’autonomia privata del potere di prevedere liberamente tali obbligazioni al di fuori dei casi tassativamente indicati dalla legge.
La fattispecie oggetto della presente controversia non è riconducibile alla categoria dell’ obligatio propter rem . In primo luogo, infatti, va chiarito che non sussistono i presupposti per l’applicazione dei principi in tema di condominio e di limitazioni alla proprietà in funzione del godimento della collettività condominiale, essendo dirimente, sul punto, la circostanza che l’immobile in questione non era stato destinato ad alloggio del portiere e a guardiola al momento della costituzione del condominio, poiché esso non era mai divenuto comune a tutti i partecipanti al condominio, essendosene pacificamente riservata la proprietà esclusiva la società costruttrice. Né il vincolo di destinazione risulta esser stato impresso in alcun momento diverso, avendo il giudice di merito soltanto verificato che, di fatto, il vano di cui è causa veniva utilizzato come guardiola. Ne deriva che l’obbligazione propter rem non è mai sorta, da un lato per assenza di un valido titolo costitutivo -non essendo a tal fine sufficiente la mera utilizzazione di fatto, posto che, trattandosi di bene immobile, occorre comunque un atto che rispetti la forma vincolata di cui all’art. 1350 c.c.- e dall’altro lato in quanto, in ogni caso, manca il requisito della
tipicità, posto che non esiste, nel vigente ordinamento, una disposizione di legge che contempli l’obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo ad altri un bene immobile.
Alle esposte considerazioni deve aggiungersi il decisivo rilievo che, proprio in un caso analogo a quello che viene in rilievo nel presente giudizio -nel quale è incontroversa la proprietà esclusiva dell’alloggio del portiere e della annessa guardiola in capo alla Vitanostra: cfr. pag. 5 della sentenza impugnata- questa Corte ha affermato che ‘Il compenso dovuto dal condominio ai proprietari di un alloggio costituente pertinenza destinata al servizio delle unità abitative condominiali, in quanto adibito allo svolgimento del servizio di portierato, deriva la propria causa debendi da un rapporto obbligatorio analogo a quello di locazione, essendo, al pari di questo, a causa onerosa e giustificato da uno scambio periodico tra godimento del bene e corrispettivo in denaro. Ne consegue che il credito pecuniario derivante da tale rapporto si prescrive nel termine previsto, a norma dell’art. 2948, n. 3, c.c., per le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23924 del 27/12/2012, Rv. 624664). Infatti la proprietaria dell’immobile già adibito ad alloggio del portiere, e della annessa guardiola, ha pieno diritto a goderne, direttamente, quanto all’alloggio, ed indirettamente, quanto alla guardiola, mediante la percezione di una somma di denaro, quale corrispettivo del godimento diretto di detto secondo bene, del quale si avvantaggia il condominio; godimento, quest’ultimo, che non essendo presidiato da una causa gratuita valevole tra le parti del presente giudizio non può determinare uno spostamento patrimoniale in danno della odierna ricorrente.
L’accoglimento del primo motivo implica l’assorbimento del secondo, con il quale la ricorrente lamenta la violazione o falsa
applicazione degli artt. 42 Cost., 91, 92, 96, 97, 112, 113, 115, 116, 132, 106 e 269 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente posto le spese di lite a carico dell’odierna ricorrente.
In definitiva, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con cassazione della sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Bari, in differente composizione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Bari, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda