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Obbligo retributivo: stipendio dovuto senza lavoro?

Una lavoratrice ottiene il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato e l’ordine di reintegro, ma il datore di lavoro non ottempera. La Cassazione conferma l’obbligo retributivo del datore di lavoro per il periodo di mancata prestazione, stabilendo che la messa in mora iniziale è sufficiente e non serve una nuova offerta di lavoro dopo la sentenza.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

L’Obbligo Retributivo del Datore di Lavoro Anche Senza Prestazione Lavorativa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale nel diritto del lavoro: l’obbligo retributivo del datore di lavoro sussiste anche quando il dipendente non presta la propria attività lavorativa a causa del rifiuto ingiustificato dell’azienda di riceverla. Questo principio, affermato in un caso di interposizione fittizia di manodopera, rafforza la tutela del lavoratore di fronte all’inadempimento datoriale a seguito di un ordine giudiziale di ripristino del rapporto di lavoro.

Il Contesto della Vicenda Giudiziaria

Il caso nasce dalla richiesta di una lavoratrice di vedersi riconoscere un rapporto di lavoro subordinato direttamente con una grande società committente, anziché con la società appaltatrice per cui formalmente lavorava. I giudici di merito avevano accertato l’esistenza di un’interposizione fittizia di manodopera, dichiarando l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la società committente e ordinandone il ripristino.

Nonostante la sentenza, la società si era rifiutata di riammettere in servizio la lavoratrice. Di conseguenza, quest’ultima ha avviato un nuovo giudizio per ottenere il pagamento delle retribuzioni maturate per un periodo di circa quattro anni (da aprile 2012 a marzo 2016), durante il quale non aveva potuto lavorare per cause non a lei imputabili.

La società datrice di lavoro si è difesa sostenendo che l’obbligazione non fosse di natura retributiva, ma meramente risarcitoria. Inoltre, ha argomentato che la lavoratrice avrebbe dovuto offrire nuovamente le proprie prestazioni lavorative dopo la sentenza che ordinava il reintegro per poter mettere in mora l’azienda.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Obbligo Retributivo

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi della società, confermando la decisione della Corte d’Appello e stabilendo principi chiari sull’obbligo retributivo del datore di lavoro. I giudici hanno ribadito che, una volta accertato giudizialmente il rapporto di lavoro e ordinato il suo ripristino, il rifiuto del datore di lavoro di ricevere la prestazione lavorativa offerta dal dipendente fa scattare l’obbligo di corrispondere la retribuzione.

Cruciale è il punto relativo alla messa in mora. La Corte ha specificato che l’atto introduttivo del primo giudizio, con cui la lavoratrice aveva chiesto l’accertamento del rapporto di lavoro, costituisce già una valida offerta della prestazione e, di conseguenza, una formale messa in mora del datore di lavoro ‘di fatto’. Pertanto, non è necessaria una nuova e successiva offerta di prestazione dopo la sentenza di reintegro.

Le motivazioni

La Corte fonda la sua decisione sul principio di effettività della tutela giurisdizionale e su un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme. Secondo le Sezioni Unite (sentenza n. 2990/2018), il datore di lavoro che, nonostante una sentenza, non ricostituisce il rapporto di lavoro, deve sopportare il peso economico delle retribuzioni, anche senza ricevere la prestazione lavorativa, purché questa sia stata offerta dal lavoratore.

La sentenza dichiarativa dell’esistenza del rapporto di lavoro ha effetto ex tunc, cioè retroagisce all’inizio dell’interposizione. Di conseguenza, la messa in mora effettuata con il ricorso iniziale è rivolta a chi, ex post, viene riconosciuto come il vero datore di lavoro. Questa condizione di mora accipiendi (mora del creditore della prestazione) non richiede ulteriori atti da parte del lavoratore per persistere. L’obbligo che grava sul datore di lavoro per il periodo successivo alla pronuncia giudiziale ha natura retributiva e non risarcitoria, poiché deriva direttamente dal rapporto di lavoro riconosciuto, i cui obblighi (tra cui il pagamento dello stipendio) rivivono pienamente.

Le conclusioni

Questa pronuncia consolida un importante principio a tutela dei lavoratori: il datore di lavoro non può eludere le conseguenze economiche di una sentenza di reintegro semplicemente rifiutandosi di adempiere. L’obbligo retributivo del datore di lavoro diventa un meccanismo che garantisce al lavoratore una tutela effettiva, evitando che subisca ulteriori danni dalla condotta omissiva dell’azienda. La sentenza chiarisce che la volontà del lavoratore di adempiere, manifestata con l’azione legale iniziale, è sufficiente a radicare l’obbligo datoriale, rendendo illegittimo il mancato pagamento delle retribuzioni per tutto il periodo in cui il rifiuto persiste.

Quando sorge l’obbligo retributivo del datore di lavoro se non riammette il lavoratore dopo una sentenza che accerta un’interposizione fittizia?
L’obbligo retributivo sorge a seguito del rifiuto del datore di lavoro di ricevere la prestazione lavorativa offerta dal dipendente. Secondo la Corte, l’offerta può considerarsi già validamente effettuata con la notifica del ricorso introduttivo del primo giudizio, con cui si chiede l’accertamento del rapporto di lavoro. Pertanto, l’obbligo di pagare la retribuzione decorre da quel momento, per il periodo successivo alla sentenza di accertamento.

È necessario che il lavoratore offra nuovamente la propria prestazione lavorativa dopo aver ottenuto la sentenza di reintegro?
No, la Corte ha stabilito che non è necessaria una ulteriore e successiva messa in mora. L’intimazione a ricevere la prestazione, effettuata con l’atto che ha dato inizio al giudizio di accertamento, è sufficiente a costituire in mora il datore di lavoro, anche per il periodo successivo alla sentenza che ordina il ripristino del rapporto.

L’obbligazione del datore di lavoro che non reintegra il dipendente ha natura risarcitoria o retributiva?
L’obbligazione ha natura retributiva per il periodo successivo alla pronuncia giudiziale. La Corte, richiamando le Sezioni Unite, afferma che dal rapporto di lavoro, riconosciuto dalla sentenza, discendono gli ordinari obblighi, tra cui quello di pagare la retribuzione, anche in caso di mora del creditore (datore di lavoro) che si rifiuta di ricevere la prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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