Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15276 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15276 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16353-2023 proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrenti – ricorrenti incidentali nonché contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA RAGIONE_SOCIALE;
ricorrente principale – controricorrente incidentale avverso la sentenza n. 20/2023 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 31/01/2023 R.G.N. 156/2022;
Oggetto
Illegittima cessione di azienda -Mancato ripristino del rapporto di lavoro -Obbligo retributivo
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/03/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che :
La Corte d’appello di Brescia ha respinto l’appello della Banca Monte dei Paschi di Siena spa (d’ora in avanti anche ‘Banca MPS’), confermando la sentenza di primo grado che, sul presupposto della inefficacia della cessione di ramo d’azienda dalla Banca MPS a RAGIONE_SOCIALE (accertata con sentenza del Tribunale di Mantova n. 18/2022), aveva accolto l’opposizione della Banca ai decreti ingiuntivi emessi su ricorso dei lavoratori in epigrafe indicati (in ordine al quantum ai medesimi spettante) e condannato la Banca al pagamento delle retribuzioni dalla data di messa in mora (14.10.2016) fino al ripristino dei rapporti di lavoro (avvenuto per tutti l’1.4.2020, con distacco presso RAGIONE_SOCIALE), in una somma inferiore rispetto a quella oggetto dei decreti ingiuntivi per la non debenza di alcune voci retributive, tra cui l’EDR.
Avverso la sentenza la Banca Monte dei Paschi di Siena spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, formulando anche istanza di rimessione del procedimento alle Sezioni Unite. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale con due motivi. La Banca MPS ha depositato controricorso al ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Ricorso principale della Banca MPS
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost., 2094, 2099 e 2126
c.c., per avere la Corte d’appello di Brescia ritenuto che un lavoratore possa rendere – contemporaneamente – due prestazioni a favore di due diversi datori di lavoro ed essere retribuito due volte.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2112 e 2126 c.c. per avere la Corte d’appello di Brescia ritenuto che un lavoratore possa intrattenere – contemporaneamente – due rapporti di lavoro ed essere retribuito due volte.
Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1208 e 1217 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto che i lavoratori abbiano effettuato una valida offerta della prestazione, invece insussistente, avendo essi o fferto a MPS l’identica e unica prestazione che hanno reso verso RAGIONE_SOCIALE.
Con il quarto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1207 c.c. per non avere la Corte d’appello ritenuto: i) che le prestazioni offerte, ma non ricevute, si estinguano, dando luogo solo al risarcimento del danno; ii) che ogni even tuale ‘guadagno alternativo’ conseguito dal lavoratore (ex) ceduto debba essere dedotto dall’eventuale trattamento retributivo a carico dall’ex cedente a seguito della costituzione in mora.
Con il quinto motivo è argomentata la violazione e falsa applicazione degli artt. 25 Cost., 614-bis c.p.c. e 2112 c.c., perché, imponendo il pagamento di una doppia retribuzione, la Corte d’appello ha inteso sanzionare il datore di lavoro che non ottemp eri all’ordine di riammissione in servizio, ossia a un obbligo di facere infungibile, così applicando l’art. 614 -bis c.p.c., inapplicabile al rapporto di lavoro.
Con il sesto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 29, D. Lgs. 276/2003, 38, D. Lgs.
81/2015, 1180 e 2112, comma 6, c.c. per avere la Corte d’appello affermato l’irrilevanza dell’appalto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e negato l’efficacia liberatoria dei pagamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE quale appaltatore.
10. In subordine, la Banca ha riproposto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, D. Lgs. 81/2015 in relazione all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede l’effetto liberatorio dei pagamenti effettuati dall’appaltatore anche nel caso di appalto lecito.
11. I motivi, congiuntamente esaminabili per connessione, non possono trovare accoglimento in quanto la pronuncia impugnata è conforme a numerosi precedenti di questa Corte (v. Cass. n. 17784 del 2019; Cass. n. 16710 del 2020; Cass. n. 23930 del 2020; Cass. n. 23352 del 2020; Cass. n. 468 del 2021; Cass. n. 3403 del 2021; Cass. n. 17187 del 2021; Cass. n. 19528 del 2021; Cass. n. 26262 del 2021; Cass. n. 32907 del 2021; n. 24648 del 2022), a cui si intende dare continuità.
12. La questione della natura dei crediti vantati dai lavoratori per effetto del mancato ripristino del rapporto di lavoro da parte della cedente, nonostante la sentenza di accertamento della illegittimità della cessione, ha trovato soluzione nel senso della natura retributiva e non più risarcitoria, in base all’insegnamento delle Sezioni unite civili di questa Corte con la sentenza n. 2990 del 2018. In tale pronuncia, valorizzando alcuni spunti tratti dalla sentenza della Corte Cost. n. 303 del 2011, si è cercato individuare un punto di equilibrio tra ‘il più generale fenomeno dell’incoercibilità del comportamento e della cooperazione datoriale e il principio della necessaria effettività della tutela processuale e, dunque, della piena attuazione dei dir itti del lavoratore’. Si è quindi adottata un’interpretazione costituzionalmente orientata, in relazione
agli artt. 3, 36 e 41 Cost., con superamento della regola sinallagmatica della corrispettività giudicata ‘inidonea a fornire al lavoratore una tutela effettiva’ e ad evitare che il predetto dovesse subire ‘le ulteriori conseguenze sfavorevoli derivanti dalla condotta omissiva del datore di lavoro rispetto all’esecuzione dell’ordine giudiziale’. Secondo la pronuncia delle S.U. cit., ‘il datore di lavoro, il quale nonostante la sentenza che accerta il vincolo giuridico, non ricostituisce i rapporti di lavoro senza alcun giustificato motivo, dovrà sopportare il peso economico delle retribuzioni, pur senza ricevere la prestazione lavorativa corrispettiva, sebbene offerta dal lavoratore’.
13. A tale indirizzo la Corte costituzionale, con la sentenza n. 29 del 2019, ha riconosciuto valore di diritto vivente sopravvenuto, anche per la fattispecie della illegittima cessione di ramo d’azienda, evidenziando come la pronuncia delle S.U. n. 2990 d el 2018 miri a ‘ricondurre a razionalità e coerenza il tormentato capitolo della mora del creditore nel rapporto di lavoro’. Questo Collegio condivide e fa propri gli argomenti esposti nelle sentenze finora citate, non scalfiti dai motivi di ricorso in esame, che devono pertanto essere respinti.
14. Si è, in particolare, affermato come soltanto un legittimo trasferimento d’azienda comporti la continuità di un rapporto di lavoro che resta unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi, esclusivamente nella misura in cui ricorrano i presupposti di cui all’art. 2112 c.c. che, in deroga all’art. 1406 c.c., consente la sostituzione del contraente senza consenso del ceduto; evidente che l’unicità del rapporto venga meno qualora, come appunto nel caso di specie, il trasferimento sia dichiarato invalido, stante l’instaurazione di un diverso e nuovo rapporto di lavoro con il soggetto (già, e
non più, cessionario) alle cui dipendenze il lavoratore “continui” di fatto a lavorare; d’altro canto, è insegnamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità che l’unicità del rapporto presupponga la legittimità della vicenda traslativa regolata dall’art. 2112 c.c.; al contrario, ove sia accertata l’invalidità della cessione, il rapporto con il destinatario della stessa deve considerarsi instaurato in via di mero fatto e le vicende risolutive di quest’ultimo rapporto non possono ritenersi idonee ad incidere sul rapporto giuridico ancora in essere, rimasto in vita con il cedente; in sintesi, il trasferimento del medesimo rapporto si determina solo quando si perfeziona una fattispecie traslativa conforme al modello legale; diversamente, nel caso di invalidità della cessione (per mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 2112 c.c.) e di inconfigurabilità di una cessione negoziale (per mancanza del consenso della parte ceduta quale elemento costitutivo della cessione), quel rapporto di lavoro non si trasferisce e resta nella titolarità dell’originario cedente (cfr. Cass. n. 17784 del 2019; Cass. n. 21158 del 2019; Cass. n. 21160 del 2019); la sopravvivenza de iure del rapporto di lavoro con la società cedente, non solo comporta, in presenza di una condizione di mora accipiendi , l’obbligo della stessa di corrispondere la retribuzione, ma rende tale rapporto insensibile alle vicende anche estintive del distinto rapporto di lavoro instaurato di fatto col cessionario (da ultimo v. Cass. n. 35982 del 2021).
15. Gli argomenti esposti, e le motivazioni delle sentenze richiamate, assorbono ogni questione relativa alla dedotta violazione dell’art. 614 -bis c.p.c. e degli artt. 27 e 29, D. Lgs. 276/2003, 38, D. Lgs. 81/2015, 1180 e 2112, comma 6, c.c. e rivelano l’inesistenza dei presupposti per la rimessione della causa alla Prima Presidente al fine di una eventuale
assegnazione della causa alle Sezioni Unite. Le questioni sollevate non superano inoltre il vaglio di non manifesta infondatezza ai fini della sollecitata questione di legittimità costituzionale.
Ricorso incidentale dei lavoratori
16. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c. per motivazione contraddittoria, per avere la Corte d’appello respinto l’impugnazione della Banca affermando che anche l’EDR costituiva una voce retributiva dovuta ai lavoratori in forza del principio di irriducibilità della retribuzione e, con insanabile contraddizione, respinto l’appello incidentale ritenendo vincolante per i dipendenti l’acc ordo sindacale del 6.10.2014, con cui l’EDR è stato conglobato nella voce di stipendio con decorrenza dall’1.1.2015, e gli accordi successivi stipulati da RAGIONE_SOCIALE e le RAGIONE_SOCIALE per il contenimento dei costi.
17. Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la Corte d’appello rigettato l’impugnazione incidentale con cui i lavoratori censuravano la integrale compensazione delle spese disposta dal tribunale nonostante l’integrale soccombenza della Banca e in ragione del ‘revirement giurisprudenziale’ e del permanente contrasto nella giurisprudenza di merito; inoltre, per avere compensato le spese del giudizio di secondo grado.
Il primo motivo non è fondato.
19. Come è noto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito dalla legge n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si traduce nel “contrasto irriducibile tra affermazioni
inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (v. Cass. n. 12096 del 2018; n. 16611 del 2018).
20. Tali difetti non si rinvengono nella pronuncia in esame in ragione della coerenza del dispositivo della sentenza d’appello, là dove rigetta integralmente l’appello incidentale di lavoratori (quindi anche il motivo attinente alla voce EDR), e la motivazione adottata nell’esame dell’appello incidentale sulla questione EDR, nel senso della infondatezza della pretesa dei lavoratori atteso che ‘in data 6.10.2014 è stato sottoscritto l’accordo sindacale con il quale l’EDR è stato conglobato nella voce di stipendio con decorrenza dall’1.1.2015’ e che il citato accordo ‘vincola anche gli odierni appellati i quali … alla data di sottoscrizione d ell’accordo erano da considerarsi a tutti gli effetti dipendenti di RAGIONE_SOCIALE. Per lo stesso motivo i lavoratori sono vincolati anche dagli altri accordi sindacali per il contenimento dei costi stipulati da RAGIONE_SOCIALE con le rappresentanze sindacali, accordi depositati da RAGIONE_SOCIALE‘ (v. sentenza d’appello, pp. 24, 25). Tale statuizione è in linea con il rigetto del motivo di appello della Banca sul punto, con conferma della decisione di primo grado che, in relazione al quantum , aveva ‘accolto le contestazioni della Banca relative alla non debenza di alcune voci retributive, tra cui l’EDR’ (sentenza d’appello, p. 2, terzo cpv.). In tale contesto, l’affermazione contenuta a p. 24, primo cpv., in cui si sottolinea essere la voce retributiva EDR ‘emolumento fisso della retribuzion e (che) spetta agli odierni appellati in forza del principio di irriducibilità della retribuzione’ , non impedisce di comprendere l’iter logico della decisione e non scalfisce la coerenza complessiva della
motivazione al dispositivo adottato (v. Cass. n. 12841 del 2016; n. 8894 del 2010).
Anche secondo motivo di ricorso incidentale è infondato.
Occorre premettere che nel caso di specie, di procedimento iniziato in primo grado nel 2021, trova applicazione l’art. 92 c.p.c. nella formulazione successiva alle modifiche apportate dall’art. 13, decreto -legge n. 132/14, convertito dalla legge n. 162/14, secondo cui: “Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero”; a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 77 del 2018, la compensazione delle spese, parzialmente o per intero, può essere disposta ‘anch e qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni’.
La Corte di merito ha confermato la compensazione delle spese del giudizio di primo grado (disposta in ragione ‘del revirement giurisprudenziale … e in quanto permane contrasto giurisprudenziale nell’ambito della giurisprudenza di merito -cfr. Tribunale Siena 89/2020, Tribunale Trento 86/2020, Corte d’appello di Trento 10.12.2020’) , respingendo il motivo di appello incidentale dei lavoratori, sul rilievo del mutamento di indirizzo giurisprudenziale che, se pure iniziato con la sentenza Cass. n. 17784 del 2019, al momento di proposizione delle opposizioni ai decreti ingiuntivi non era ancora consolidato, e del numero elevato di lavoratori coinvolti dal contenzioso, nei cui confronti la Banca ha inteso adottare una identica strategia difensiva, tenuto anche conto della brevità dei termini per proporre opposizione ai decreti ingiuntivi. Si tratta di motivazioni che rientrano nello spettro di legittima applicazione dell’art. 92 c.p.c., come interpretato dalla Corte costituzionale.
24. La compensazione delle spese processuali del giudizio di appello è stata motivata in base al criterio della reciproca soccombenza, espressamente contemplato dal citato art. 92 c.p.c.
25. Per le ragioni esposte, devono essere respinti il ricorso principale e quello incidentale, con compensazione delle spese del giudizio di legittimità data la reciproca soccombenza.
26. Il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 12 marzo 2024